Vero e necessario l’amore che vivono le persone?

Vero e necessario l’amore che vivono le persone?, chiede Samuele nel commento al post Oltre il vedere, la realtà sentita.
Necessario ai loro cammini esistenziali, senz’altro; vero direi che lo è con molte riserve.
Se per vero intendiamo qualcosa che esiste al di là dei bisogni, dei desideri e degli istinti, direi che l’amore di quella natura è sperimentato, nelle coppie e fuori di esse,  da ben pochi umani.
Provate a togliere da ciò che vi lega al vostro partner, il senso di appartenenza, l’appartenervi e possedervi reciprocamente.
Provate a togliere il desiderio e il sesso.

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Oltre il vedere, la realtà sentita

Normalmente l’umano non vede che un film prodotto, sceneggiato, diretto, fruito a suo uso e consumo.
Trascorre la grande parte delle sue innumerevoli vite all’interno del set, nella cittadella delle produzioni cinematografiche, tra attori e attrici, costumisti, scenografi, truccatrici confliggendo, spesso e volentieri, con il regista, con lo sceneggiatore e, naturalmente, con se stesso.
Non sa di vivere in un teatro di posa, gli stanno bene quello e quella ignoranza. Non di rado è pieno di sé.

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Identificazione, vacua passività, neutralità

Il bussare del mondo è solo immagine, in realtà non c’è alcun mondo che bussa, siamo noi che ci sentiamo sollecitati dall’accadere dentro e attorno a noi.
Il mondo accade e, in sé, potrebbe essere solo uno scorrere di fotogrammi: quando questi ci riguardano, quando sentiamo che parlano a noi, quando ci interpellano inizia il processo dell’identificazione. Allora quei fatti, quei fotogrammi sono la nostra vita, sono quello attraverso cui conosciamo, diveniamo consapevoli, comprendiamo.
Questo è solo un aspetto del vivere che coinvolge, in forme e dimensioni differenti, molto del nostro quotidiano: a fianco di questa modalità, tutti ne sviluppiamo un’altra su cui molto vagamente poniamo l’attenzione.

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I tempi e le necessità della crescita interiore

Prima scena. L’altro giorno Caterina mi ha mandato un video di suo figlio adolescente mentre annaffia l’orto e canta una canzone popolare. Il ragazzo, come i suoi due fratelli, è stato educato in casa, niente scuola: la madre si è caricata sulle spalle la consapevolezza dell’inadeguatezza della scuola e ha detto: “Li crescerò tra le capre e i libri, tra l’orto e il computer, tra le storie della campagna e la città, tra l’interiore e l’esteriore, secondo i loro tempi e il loro modi”.
Seconda scena. Primi anni ’70, con un amico accompagniamo al porto di Venezia una ragazza tedesca nostra coetanea, conosciuta sul treno durante il viaggio che dalla Germania ci portava in Italia. La ragazza, ventenne, andava in Israele a vivere in un kibbuz.

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Identificazione, gioco, sentire

Dice Samuele, alla fine della sua riflessione su Novità dal Sentiero: Siamo persone che si allenano a non cadere vittime dell’identificazione, ma che al contempo hanno necessità di partecipare alle sfide della vita facendo anche ragliare l’asino in loro, finché ce n’è. È anche questa la danza tra l’essere e il divenire?
Partecipiamo della vita: ridiamo quando è tempo, piangiamo quando ci accade, seguiamo con interesse lo scorrere del film che chiamiamo vita, il nostro e l’altrui.
La tua riflessione parte dal calcio, dall’appassionarsi ad esso, dall’identificazione, dalla necessità della misura.

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