La differenza tra via interiore e via spirituale

Nella via interiore il centro è rappresentato dai propri processi di conoscenza-consapevolezza-comprensione.
Nella via spirituale, a questi processi si associa la centralità, la preminenza della relazione con la radice di sé e dell’esistente, con l’Assoluto.
Nella via spirituale si può parlare di vocazione monastica, del dedicare una vita al processo di unificazione; nella via interiore questo non è necessario, e di norma non è presente.

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Il Maestro, la sua relazione con l’Assoluto, la compassione

Con il termine Maestro mi riferisco a quella figura storica, Gesù di Nazareth, attraverso la quale ha preso forma un insegnamento e una prassi di vita originati dall’ampiezza del sentire conseguito dalla coscienza che l’ha generato.
Con il termine Assoluto mi riferisco a quel Padre con cui Gesù si sentiva unito.
La compassione di cui parlo, è la pratica d’amore che da quella unione con l’Assoluto deriva.

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Lo spirito guida, secondo il Cerchio Ifior e il Cerchio Firenze 77

Fonte: Annale 2010 del Cerchio Ifior, pag 184 e seg.

D – Come (e «sponsorizzato» da chi) avviene l’abbinamento «spirito guida» e guidato?

Chi decide se un’entità può diventare lo spirito guida di un’incarnato? Chiaramente non può avvenire per scelta casuale, e non è che un’entità disincarnata abbia di punto in bianco il ghiribizzo di decidere: «ora faccio lo spirito guida di Pinco o di Pallino”! Se così fosse l’intera Realtà finirebbe ben presto per trovarsi nel caos più assoluto.
Esistono, proprio per evitare questa situazione, sia dei limiti strutturali della Realtà, sia una gerarchia di entità che accordano il «permesso» per un tale compito.

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Le trasformazioni del pianeta e l’evoluzione del sentire

Un brano del Cerchio Ifior, dal loro Forum, dicembre 2016.
Adesso che ho la possibilità di osservare il nostro meraviglioso pianeta da diversi punti di osservazione, la mia meraviglia e il mio stupore per la sua bellezza ne escono accresciuti, confermando le sensazioni che provavo quando, incarnato, la mia percezione soggettiva della realtà in cui ero inserito mi permetteva soltanto una visione limitata e parziale di tale realtà, pur avvertendo già allora, dentro di me, la certezza che tale bellezza pervadeva non soltanto la piccola porzione di mondo in cui conducevo la mia esistenza ma tutto il pianeta e l’immenso cosmo di cui fa parte.

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Dal sentire all’azione: coerenza, autoindulgenza, umiltà

La coerenza è la corrispondenza tra sentire/pensiero/azione.
Il compreso trova manifestazione in ciò che pensiamo, proviamo affettivamente ed emotivamente e in ciò che agiamo quotidianamente.
La questione della coerenza non si pone quando una comprensione è completamente acquisita e strutturata: si pone prima di allora, quando ancora mancano dei tasselli al suo pieno dispiegamento.
Quando un determinato aspetto del vivere e dell’essere è stato compreso, non c’è scelta: prima di allora c’è spazio per l’interferenza della cultura, dell’identità, della morale.

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La pratica della presenza al Reale che viene e che è

Proseguiamo l’argomentare iniziato con Le fondamenta della vita interiore e di quella spirituale.
La pratica della presenza al Reale che viene e che è costituisce la radice della vita spirituale: il cammino di conoscenza, consapevolezza e comprensione matura in una pratica che si dispiega nell’insieme del vissuto quotidiano ed esistenziale.
L’esperienza della presenza al Reale è il frutto dell’attitudine meditativa che prende la forma:
– dell’ascolto;
– dell’osservazione;

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Le fondamenta della vita interiore e di quella spirituale

La presunzione di avere una vita interiore e spirituale rimane nascosta agli occhi di molti di noi.
Cosa ci rende persone della via interiore? Le idee che professiamo?
Cosa ci qualifica come interni alla via spirituale? Una meditazione ogni tanto?
Vediamo la presunzione negli altri, ma in noi ci rimane difficile: finché non la vedremo, non comprenderemo nemmeno quanto lunga sia la strada che dobbiamo percorrere per affacciarci sulla Realtà.
L’ignoranza ci ottunde lo sguardo: coniugata con la preclusione e il pregiudizio, ci acceca.

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La morale personale e il sentire che evolve

Se avette tempo, leggete quello che il Cerchio Ifior dice sulla morale.
L’esperienza dell’evoluzione del sentire è plastica, concreta, quasi fisica direi: si inscrive nei comportamenti quotidiani, nei pensieri che attraversano la mente, nella qualità e quantità delle emozioni, nelle relazioni soprattutto.
È nel rapporto con l’altro che tutto si palesa e si evidenzia: i passi compiuti e quelli da compiere, sono sotto i nostri occhi quando l’altro bussa con il suo essere, i suoi bisogni, le sue richieste, le sue paure.

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Il mito di “ciò che già siamo” e del ritorno all’origine

Pare che l’umano disponga di una natura originaria, di una condizione che gli appartiene ma che non conosce perché immerso nell’illusione e nell’ignoranza.
Vivere sarebbe liberare quella natura dal condizionamento e portarla a manifestazione: l’illuminazione sarebbe l’affermazione dello stato originario, non contaminato e non condizionato.
Come sempre, possiamo guardare alla questione dal punto di vista del divenire e da quello dell’essere, qui mi occuperò del primo.
Nell’ottica del divenire esiste un essere umano portatore di un nome, di una identità: quella identità non è un corpo, ma è la risultante della relazione tra i corpi costitutivi dell’umano, il corpo della coscienza e i suoi tre veicoli transitori (mentale, astrale, fisico).

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La via a Dio è operare il bene?

Da tempo avevo in mente questo post ma, per ragioni diverse, l’ho sempre rimandato. Oggi leggo, sull’ultimo numero dell’Espresso, un articolo di Sandro Magister, il vaticanista del settimanale, che riporta delle affermazioni di due importanti teologi valdesi, Paolo Ricca e Giorgio Tourn e da quanto essi dicono prendo le mosse per dire poche e semplici cose.
Dice Paolo Ricca: “La malattia è che siamo tutti volti al sociale, cosa sacrosanta, ma nel sociale esauriamo il discorso cristiano e fuori da lì siamo muti”:
Giorgio Tourn afferma: “È chiaro che la sola testimonianza dell’amore fraterno non porta automaticamente a conoscere Cristo. Non c’è oggi un silenzio di Dio, ma il silenzio nostro su Dio”.

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