Le stagioni dell’umano e della natura

Se faccio un parallelo tra le stagioni della natura e quelle dell’uomo, mi viene da porre in relazione l’estate con la vecchiaia.
L’estate è dominata dallo stare, dal giungere a compimento di processi la cui genesi è nell’autunno.
L’autunno è l’inizio della vita perché accoglie in sé il frutto maturo, il seme, dell’estate: una vita che finisce deposita il compreso in una vita che inizia.

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La realtà soggettiva

Esempio del mendicante – Supponiamo che in una serie di fotogrammi siano rappresentate due creature: un mendicante ed uno che passa a lui di fronte.
A questo punto nasce una variante: la creatura che passa di fronte al mendicante può scegliere tra fare l’elemosina o non farla. Fare l’elemosina è un fatto materiale, cioè togliere, da una certa quantità di monete in una borsa, una moneta e passarla nelle mani del mendicante.
Ecco della variante la prima serie di fotogrammi: la creatura passa davanti al mendicante e fa l’offerta, cioè toglie delle monete dal suo portamonete e le passa al mendicante.

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La nostra malattia vera

«Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? 26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? 27 E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita? 28 E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; 29 eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro. 30 Ora se Dio veste in questa maniera l’erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede? 31 Non siate dunque in ansia, dicendo: “Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?” 32 Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose.33 Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. 34 Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno. Matteo 6,25-34  

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La mente crea idoli e miti

[…] Il saggio, per definizione, vede le cose come le vede Dio stesso perché, penetrando in sé, è immerso in Dio. Al fondo della sua contingenza, ha scoperto l’essere; al fondo della sua distinzione, l’unità indivisibile; al fondo del tempo, l’eternità stessa. Egli è passato sul piano della vita eterna, è penetrato nel regno di Dio.
Ma come spiegare meglio? E’ diventato un solo spirito con Dio. E’ affondato in Dio, il suo pensiero è affondato, il suo volere è affondato, il suo io non esiste più. E’ entrato nel suo Io divino […] Henry Le Saux, Diario spirituale, pag. 154, Mondadori.
Ciò che Henry dice è ampiamente condiviso da uno stuolo di discepoli e di maestri sparsi nel tempo.
A me mette solo disagio: perché?

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La realtà unitaria di Dio

Vi propongo questo brano del Cerchio Firenze 77 sulla natura di Dio, utile per la riflessione e per addentrarsi nella dimensione dell’essere che usa approcci molto differenti da quella del divenire.
Non mi convince pienamente l’affermazione di chiusura: E quindi la vita degli esseri è la condizione necessaria – se di condizione vogliamo parlare – a rendere assoluta la coscienza divina, l’esistenza divina, perché se la natura dell’Assoluto è sottoposta ad una condizione siamo nelle peste.
Credo che si possa formulare il concetto in modo differente: se consideriamo l’Assoluto come tutto assoluto, allora quel tutto assoluto non può che essere la sorgente del molteplice nel momento in cui dalla dimensione dell’essere si passa a quella del divenire.
Propongo il testo anche per imparare a misurarsi con la riflessione su qualcosa di infinitamente più vasto di noi e del nostro ordinario speculare: troppo spesso rinunciamo ad indagare la realtà e rimaniamo confinati in quegli ambiti dove le nostre piccole menti sanno muoversi.
Per affrontare temi come questo bisogna passare dal ragionare al sentire, usando come strumento d’indagine essenzialmente l’intuizione.

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Se ancora ha un senso pregare

E quale può essere la mia preghiera, se ancora ha un senso pregare?
Come posso rivolgermi  a Te, se tu non sei una persona?
Come posso pregarti per chiederti qualcosa, quando già tutto tu mi dai prima che lo chieda?
Come posso pensare di capire qual’è il mio bene e quello domandare, quando il mio sguardo non va oltre le mie limitazioni ed il mio giudizio di conseguenza è così parziale?
Posso pregare solo di scusare la mia presunzione di sostituirmi a te nel sapere che cosa mi è necessario, senza considerare che solamente il vero bene è la vera mia necessità, non quella che credo tale.
La mia preghiera può essere solo un ringraziamento.

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Morire, rinascere, comprendere

In certi ambienti non si dice “Buona Pasqua!” ma “Buona rinascita!” E’ un’espressione che ho usato anche io in passato, finché non ne ho colto il limite.
Oggi, se qualcuno mi augura di rinascere mi viene da rispondere “No, grazie, ne faccio volentieri a meno.”
Siamo in periodo pasquale, oggi è il venerdì santo, la morte di Gesù.
Il mito racconta che si troverà poi la sua tomba vuota e che, dopo un po’ di tempo, alcuni che l’avevano conosciuto, avranno esperienze interiori tali da poter dire di aver rincontrato il Maestro.
I due di Emmaus dicono di incontrare uno straniero, quindi una figura a loro non conosciuta nelle sue apparenze ma, quando questa parla e condivide gesti e situazioni allora sorge in loro l’evidenza che è lui, il Maestro.

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Il mito della natura incondizionata

Un amica ci invia questo link relativo alla formazione dei nostri figli e all’educazione in genere.
Le tesi sostenute, comuni a tanto pensiero libertario, a mio parere non rispondono a molte domande.
Esiste una natura incondizionata dell’essere umano? Quella che determinate correnti spirituali chiamano il Sè corrisponde certamente a quella natura, ma l’umano, nel suo cammino incarnativo, con quali dimensioni ha a che fare?
Quale struttura antropologica ne governa la manifestazione?
Noi diciamo, seguendo l’insegnamento del Cerchio Firenze 77 e del Cerchio Ifior, che l’incarnazione umana è momento funzionale alla edificazione del corpo della coscienza: una coscienza genera una sequenza di molte decine di rappresentazioni/vite attraverso le quali acquisisce i dati/comprensioni e gli atomi di sentire che ne vanno a costituire il corpo.

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Incarnazione di dio?

Non è complesso confutare la tesi del dio-uomo riferita a Gesù di Nazareth, o ad altri: un veicolo umano non può contenere niente altro che una coscienza umana.
Non a caso, quando la coscienza, il suo corpo per essere precisi, ha raggiunto la completezza ad essa possibile, dà luogo all’ultima incarnazione umana, genera per l’ultima volta quella rappresentazione che chiamiamo vita e che è tale perché si manifesta attraverso dei veicoli transitori e limitati: la mente, le emozioni, il corpo fisico.
Da quel punto in poi, quella coscienza diverrà il corpo, il terreno di sperimentazione, il contenitore dei tre corpi spirituali che per ampiezza di sentire la precedono: come il corpo fisico, il corpo emotivo, il corpo mentale sono stati gli strumenti dello sperimentare della coscienza e di ciò che attraverso essa transitava, così la coscienza diviene il terminale dei corpi con una maggiore ampiezza di sentire e il piano della coscienza, il suo mondo, diviene l’ambiente nel quale quella manifestazione avviene, così come l’ambiente fisico-terrestre è stato l’ambiente della manifestazione della coscienza e dei suoi veicoli.

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