Abbiamo bisogno di tempo per comprendere

I giorni altro non sono che il calendario delle possibilità di comprendere: non un’ora, non un giorno che non portino una possibilità di profondità, di discesa nel ventre del vivere e dell’accadere.
Comprendere è il frutto della discesa nelle viscere di ciò che viene.
Il comprendere inizia con lo sperimentare attraverso i sensi; prosegue con il capire cognitivamente ciò che la situazione porta; si veste, quando si è pronti, di consapevolezza e di presenza; mette in evidenza il limite del non compreso ed infine, nel tempo ed attraverso ripetuti tentativi, struttura una tessera di sentire, una comprensione che va ad assommarsi a tutte le comprensioni già acquisite e amplia il grado di sentire complessivo.

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Il sogno di un amore diffuso

Ciò che oggi prende forma e si realizza, è sempre stato lì.
Il bambino, il ragazzo,il giovane questo intuivano, a questo aspiravano, questo sentivano fosse il loro orizzonte, pur senza possedere una limpidezza di sguardo.
Quest’uomo, il cui calendario ha perduto molti fogli, vede e sente con chiarezza, comprende nella carne che il sogno è divenuto realtà diffusa che lo attraversa e percorre e costituisce ogni aspetto dell’essere e dell’esistere.

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La fiducia, sfida quotidiana

L’ultimo arrendersi si confronta con la fiducia.
Le ultime ore di Gesù, quando oramai è evidente che la sua vita e la sua missione vanno rapidamente chiudendosi, sono assorbite dalla relazione con il Padre, dalla tensione interna ad essa; l’ultima sfida, il perdere tutto, l’assoluta gratuità che si impone aldilà dei bilanci e delle valutazioni umane, la logica del puro dono che non ha bisogno di ragioni e di scopi, il dolore, la solitudine, il resistere.
Infine conterà solo quel mettersi nelle mani di.

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La solitudine relativa nel cammino di unificazione

Andiamo incontro allo scomparire della nostra egoità da soli e non ci portiamo niente e nessuno appresso.
Alla fine del cammino siamo nudi e poveri: 
poveri di presunzione, poveri di potere, poveri di orpelli.
I molti, o pochi, affetti di una vita sono lì, ma non sono abiti di cui ammantarci: li indossiamo come abiti da lavoro, con la stessa naturalezza; sono parte del cammino, ed anche sua sostanza, ma non sono oggetto di attaccamento e non conferiscono appartenenza ed identità.

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Non rimane altro che vivere

Finché c’è un soggetto, c’è un fare basato sulla volontà.
Ma quando il soggetto non è più rilevante? Chi fa?
Chi deve migliorare, evolvere, comprendere?
Questo significa che non c’è più nulla da comprendere e viene superato il comprendere stesso?
No, significa semplicemente che non si è sospinti da un bisogno – che sarebbe la manifestazione di un soggetto -, ma si asseconda semplicemente il movimento del vivere all’interno del quale la comprensione è un fatto interno, costitutivo.

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