L’amore e il suo messaggero

Un genitore che va dai carabinieri e denuncia il proprio figlio tossico.
Un popolo, quello italiano, a cui va insegnata l’etica della responsabilità e della coerenza.
Due esempi che estraggono l’amore dal contesto astratto ed edulcorato in cui spesso lo confiniamo e lo fanno divenire piede di porco che scassina l’ordine mortifero di singoli e popoli.
Se affermo che un genitore deve sapere dire dei sì e dei no, tutti siamo d’accordo e comprendiamo anche che quei no sono atti d’amore quanto quei sì.
Se invece affermo che ha un senso la pressione dei popoli del nord sugli italiani e sui popoli mediterranei affinché gestiscano più responsabilmente i propri paesi, allora, probabilmente, il senso del mio ragionare si perde ed anche l’adesione ad esso.

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Relazione, sacralità dell’incontro con il “mondo in sé”

[…] La via della Conoscenza afferma che solamente un essere che vive una quiete interiore può riconoscere il mondo in sé.
[…] Colui che si trova immerso in uno stato di quiete interiore vive la propria umanità in modo naturale, cioè è costantemente in contatto col mondo in sé, continuando a provare emozioni, a vivere pensieri ed a manifestare comportamenti.
Nel mondo in sé la relazione è interconnessione: si è immersi in un mondo dove tutti gli esseri sono interconnessi fra di loro senza distinzioni e senza paragoni.

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Ciò che incontro attraverso te

Ciò che incontro attraverso te non è altro che ciò che devo apprendere.
Ciò che la coscienza genera attraverso me e attraverso te, è l’oggetto del mio apprendere.
Tu sei lo strumento, il mezzo, il testimone che con il suo semplice esserci attiva ogni processo a me necessario.
Tu sei l’attrice, l’attore utile e indispensabile sul mio palcoscenico esistenziale. senza di te nulla potrei né vedere, né comprendere.
Quando ho un conflitto con te, la mia mente ha un conflitto con te, le coscienze non hanno conflitti.

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Quando l’altro ci delude

Un caro amico, e una colonna di questo cammino, mi faceva notare quanto pesante gli rimane reggere il limite di alcuni compagni di viaggio che in certi frangenti si mostra in tutta la sua portata.
Come dargli torto? Non gli darò torto, è così, è dura. Ma perché è dura? Per un complesso di ragioni.
1- Perché in noi, perlomeno in quelli che sono più a contatto con la propria natura, è evidente che tutti procediamo insieme e, per farlo, abbiamo bisogno che ciascuno faccia la propria parte. Se tu non fai la tua, non solo a me tocca anche la tua, ma l’organismo, qualunque esso sia, viene ostacolato, rallentato e appesantito nel suo procedere.

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Lo smarrimento interiore e il bisogno di un nemico

Personaggi improponibili gridano sollevando ansie e paure in persone già smarrite e disorientate dalla pressione di una crisi troppo lunga e paralizzante.
E’ già successo: parecchio tempo fa, il movimento di popolo guidato da un tragico ometto soffiava sullo stesso fuoco.
Nell’assenza di conoscenza e consapevolezza, nell’ignoranza di sé, nel disorientamento esistenziale l’ansia e la paura delle persone crescono e hanno bisogno di appigli, di un credo, e di un nemico, di un colpevole, di un bersaglio su cui scaricare la propria frustrazione.
Smarrimento – vittimismo – invenzione del colpevole: il processo-madre che ha generato tragedie lungo tutto il tempo.

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Le crisi interiori cicliche

Definisco crisi lo smarrimento dovuto alla perdita di senso di ciò che si vive.
Negli affetti, nel lavoro, nella via interiore questo è comune e, direi, anche sano. Perché?
Perché è fisiologico e naturale perdersi. Chi si perde? L’identità.
Chi si ritrova? L’identità.
La crisi è dinamica dell’identità che trova nutrimento in ciò che vive, o lo perde e si smarrisce.
Una coscienza non va in crisi, non è identificata con ciò che sperimenta e su quello non coltiva aspettative o sogni, non proietta desideri e bisogni.

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L’amore per sé, la dignità, l’usare l’altro

Amore per sé e dignità sono indissolubilmente legati: l’uno genera l’altra e viceversa.
Qui mi interessa esaminare la questione dell’amore per sé e della dignità come esperienze interiori e nella relazione con l’altro.
L’uso quotidiano dell’altro: ogni giorno esso viene come simbolo vivente nelle nostre vite e narra innanzitutto di noi e, in parte varia, di sé.
Il primo e principale uso che facciamo dell’altro è dunque quello di utilizzarlo come mezzo per lo svelamento: è la lente che ci permette di vederci meglio.
E’ un uso non consapevole, esistenziale e più che altro inconscio.

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La confidenza fraterna

Una via interiore, spirituale, richiede un alto tasso di confidenza fraterna.
I piani della relazione sono molteplici:
– identitario
– esistenziale
– trascendente.
Non esiste persona nella via che non abbia sue questioni identitarie da sistemare e da portare a compimento, di conseguenza le relazioni tra i membri di un cammino e con la loro guida hanno sempre dei risvolti psicologici e immanenti.

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Tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere

C’è qualcuno che non vive questa tensione, almeno fino a quando l’identità non ha mollato la presa?
Leggo e sento in ambito spirituale fesserie immani sull’accettazione di sé e sul superamento di questa tensione: l’essere divisi è la nostra risorsa, è il processo di combustione che genera i chilowatt di potenza necessari al procedere e alla trasformazione.
Di più: c’è chi è giunto alla fine del suo processo di trasformazione e supera naturalmente il conflitto, e c’è chi del conflitto ha bisogno per procedere.

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