L’essere pronti, la meditazione, l’errore e il giusto relativo

Se il coniglio si fermasse a chiedersi perché l’aquila
che sta volteggiando sopra di lui lo spaventa,
la sua vita sarebbe lunga come un 
battito d’ali.
Se l’uomo si fermasse a chiedersi perché sta piangendo o sta ridendo,
fermerebbe le sue lacrime o interromperebbe la propria risata
e avrebbe perso l’occasione per ridere o piangere fino in fondo.
La struttura dell’esistenza dà al coniglio la paura per arrivare
a non essere più un coniglio
e all’uomo il pianto o il riso per arrivare 
alla fine
del suo essere uomo.

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Perché è importante il logoramento nella pratica meditativa?

Perché solo quando la mente è logorata dal tempo che non passa, dalla noia, dal non avere agganci e sollazzi, dal dolore fisico della postura, magari, dal disturbo dei pensieri che non vogliono mollare la presa, dal senso di fallimento per la pessima pratica che si sta attuando, solo quando la mente coglie la totale inutilità di quella pratica, stiamo entrando nella pratica vera ed autentica.
Non si pratica una forma qualsiasi di meditazione per divenire migliori, mossi da uno scopo: se lo si fa, si è dei perfetti asini.
La meditazione è pratica di gratuità: è specchio dell’essere che accade e del divenire che scorre senza coerenza e senza essere più tenuto assieme dalla volontà di un soggetto.

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La stabilità interiore è il frutto della pratica meditativa quotidiana

Se il muratore costruisce male le fondamenta, la casa sarà instabile: ciascuno di noi, ogni giorno, getta le basi della stabilità di domani e lo fa scegliendo cosa coltivare e cosa lasciare andare, di cosa nutrirsi e da cosa stare alla larga.
Ogni giorno coltiviamo pensieri, emozioni ed azioni e tutto questo permette di esprimere il compreso, di confrontarci con il non compreso e getta le basi dei passi futuri, di quello che faremo e saremo domani.
Il cammino della conoscenza, della consapevolezza e della comprensione a volte ci conduce in angoli angusti del nostro essere, su sentieri accidentati e qualche volta pericolosi: non potendo evitare di affrontare le sfide del non compreso, come possiamo operare per mantenerci lucidi, equilibrati il più possibile, consapevoli dei processi nei quali siamo immersi?

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L’orizzonte della stabilità interiore e la chiara visione

Definisco stabilità interiore quella condizione emotiva, cognitiva ed esistenziale in cui un naturale fluttuare appoggia sulla chiara visione del proprio procedere esistenziale ancorato ad una visione unitaria di sé e della vita.
La chiara visione del personale procedere sorge quando si esce dalle nebbie dell’ignoranza e si diviene capaci di decodificare quanto il presente porta come insegnamento e quanto come semplice presa d’atto.
La chiara visione nasce dal discernimento dei fatti, delle reazioni personali conseguenti e dalla capacità di non nascondersi di fronte alle proprie responsabilità, affrontando ciò che va affrontato e alleggerendo su ciò che lo richiede.

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La pratica della presenza al Reale che viene e che è

Proseguiamo l’argomentare iniziato con Le fondamenta della vita interiore e di quella spirituale.
La pratica della presenza al Reale che viene e che è costituisce la radice della vita spirituale: il cammino di conoscenza, consapevolezza e comprensione matura in una pratica che si dispiega nell’insieme del vissuto quotidiano ed esistenziale.
L’esperienza della presenza al Reale è il frutto dell’attitudine meditativa che prende la forma:
– dell’ascolto;
– dell’osservazione;

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