Quando siamo persi a noi stessi

Molte zone delle Marche sono sott’acqua, molte persone hanno perduto molto, alcune la vita.
Ci sono responsabilità precise nel campo della programmazione urbanistica e ci sono responsabilità più generali, non imputabili ai soli cittadini marchigiani, quelle relative al cambiamento climatico.
Parlavo ieri mattina, dopo aver spalato per ore fango, con un terzista – un imprenditore che lavora in campagna per conto degli agricoltori – e convenivamo che nessuno è pronto a ciò che il cambiamento climatico comporta: non gli agricoltori, non gli amministratori, non i cittadini in genere: sembra che i nostri occhi non riescano a vedere l’evidente, a coglierne la portata e a indurci a reagire con prontezza e con la radicalità necessaria.
Osservo con molta attenzione i fatti del mondo, ieri le scene all’Olimpico di Roma, l’intervista a Di Battista del TG3 (di cui scrivo in questo post), i toni di una campagna elettorale irrealistica, pura propaganda di imbonitori di una massa impaurita.
Tutte le volte che l’umano è in preda alla paura e reagisce a questa con l’aggressività, produce mostri.
Quando siamo persi a noi stessi dovremmo evitare di accompagnarci ad altri altrettanto persi a sé stessi: dovremmo sederci e respirare; entrare in una libreria come quella della foto e sfogliare qualche libro che parli dell’essenziale; dovremmo non alimentare in noi ciò che ci oscura lo sguardo del sentire.
Dovremmo, ma a volte, guardando il mondo, mi coglie lo sconforto.

Immagine da: http://goo.gl/mZfAJk


 

Biò e Favorì, storie di un altro tempo che parlano all’interiore di oggi, un libro di Catia Belacchi

“Cosa ne sapeva la piccola Lisa, diventata adulta, della competenza e della cura che occorrevano per far crescere il grano che a lei bambina tanto piaceva mietere? Cosa ne sapeva delle lenzuola che vedeva stese, tutte tessute al telaio dalle donne di allora? O della canapa che veniva coltivata presso tutte le famiglie contadine? E dei pastori che ogni anno, durante la transumanza, vedeva immancabilmente passare per andare al mare o tornare verso l’Appennino?
Quel mondo era ormai scomparso e Lisa lo aveva solo sfiorato, non veramente conosciuto; non solo, stavano per scomparire ormai, anche gli ultimi protagonisti di quel mondo.
Ho deciso allora di raccontare quelle storie raccogliendo le ultime testimonianze da chi poteva ancora fornirle. Spero di aver colto lo spirito che sta dietro ogni esperienza e di aver saputo trasmettere gli insegnamenti che da questi racconti emergono.
Voglio credere, inoltre, che quel mondo che ha formato la mia generazione, in qualche modo, con questo libro, continui a vivere e sia d’aiuto alle generazioni future perché senza storia personale, senza storia di popolo ci troveremmo ad essere individui insicuri come lo è un bambino che non ha creato un legame affettivo solido coi genitori. Solo essendo saldi in noi, e in questo la memoria ci aiuta perché ci costituisce nell’immagine interiore, solo riuscendo ad essere in contatto col senso del nostro esistere non saremo spaventati dai cambiamenti personali e sociali e non coglieremo l’altro come minaccia ma come opportunità, come colui o colei che, per il solo fatto di presentarsi nella mia vita, mi induce a conoscermi e a trasformarmi.
Questo libro guarda dunque al nostro passato prossimo non però in modo nostalgico ma riconoscendo in esso la radice creativa dell’oggi.”
Dall’introduzione di Catia Belacchi al libro: Biò e Favorì, scene di vita nella prima metà del novecento tra le valli del Metauro e del Cesano.
Quaderni del Consiglio regionale delle Marche.

Chi cambia la realtà?

Tutti coloro che hanno in sé comprensioni nuove.
Come si formano le comprensioni? Attraverso le esperienze e l’acquisizione di un nuovo sguardo che da queste germoglia fino a maturare in comprensione.
Le comprensioni acquisite genereranno nuove esperienze e nuovi punti di vista e questi ancora nuove comprensioni.
Dunque la realtà non è cambiata da coloro che hanno capito qualcosa: filosofi, politici, uomini di cultura, economisti; il loro aver capito può generare cambiamenti transitori ma non il cambiamento del paradigma.
Qual’è la differenza tra capito e compreso? Il capito è iscritto nella mente/identità, il compreso nella coscienza. Il compreso produce coerenze personali, il capito no.
La natura di una società predatrice (di persone, di risorse, di relazioni) cambia perchè nell’intimo di un numero rilevante di persone avviene un mutamento nel loro paradigma personale, nel modo in cui si rapportano con sé, con l’altro, con l’ambiente, con la tecnologia.
Il cambiamento intimo è la conseguenza del compreso, di ciò che si è iscritto in modo indelebile nel sentire; il compreso è preceduto dal capito e questo è generato dalle esperienze.
Il cambiamento nelle persone avviene nel silenzio e nella riservatezza, comunque in un ambito che non ha risonanza sociale. Nessun giornale titolerà mai: “Il Tale ha compreso che non può più considerarsi vittima!”
Il cambiamento indotto dalle comprensioni è come il lievito nella massa: apparentemente immobile, nel tempo cambia la natura degli elementi di cui è parte e introduce nell’ambiente l’evidenza della sua presenza.
Discreta e silenziosa è la presenza delle persone che hanno comprensioni nuove, privo di desiderio di mostrarsi il loro cammino.
Nell’intimo esse sanno che cambiando il proprio sguardo tutto il mondo diviene nuovo; cambiando il proprio modo di relazionarsi, ognuna delle loro relazioni cambia; cambiando le proprie domande e le proprie risposte, anche le domande e le risposte degli altri cambiano.
Le comprensioni nuove sono dunque il nucleo saldo di ogni cambiamento personale e sociale e sono precedute dalla conoscenza e dalla consapevolezza:
persone con nuove comprensioni, persone con nuova conoscenza, persone con nuova consapevolezza possono far fiorire una nuova stagione per tutti.

Immagine tratta da: http://www.goodwillteam.it/whats-up/makers/


Avremmo poche, elementari, esigenze

La prima: non vergognarci
Ci sono aspetti della realtà che poco si presentano ad interpretazioni. Il capo dello stato male rammenta la stagione del ’76, o forse la rammenta anche bene ma non riesce a vedere le differenze indiscutibili tra l’allora e l’oggi.

continua..