L’uomo, che pratica una via interiore, chiama gratuità l’immagine che si e costruito del Divino, cioè di un’Entità Superiore sempre pronta a giungere in suo sostegno per elargire proprio a lui i suoi doni e il suo aiuto.
Via della conoscenza
I fatti sono disconnessi gli uni dagli altri [40G]
L’uomo è pieno di sé quando ritiene che da un’azione derivi un suo merito o demerito, in quanto connette ogni azione con quelle successive, rendendole conseguenti a un suo operare da protagonista. È pieno di sé anche colui che restringe l’agire a un risultato, e poi se lo attribuisce, come se ciò che accade fosse originato dal suo agire.
Gratuità: totale indifferenziazione di tutto ciò che è vita [39G]
[…] Questa provocazione ci porta dritto, dritto ad accostarci al significato di gratuità, così come viene inteso nella via della Conoscenza. Gratuità sta a significare che nella vita niente di ciò che l’uomo compie può mai acquistare importanza, poiché gratuità è la totale indifferenziazione dell’agire.
Il necessario all’io e l’avanzare del “boh!” [38G]
Restare serrati al vostro ‘io’ vi serve per crearvi un’immagine distinta e separata da ciò che vi circonda e per costruire un argine con cui opporvi alla forza dell’indifferenziazione della vita. La creazione di un ‘io’ però necessita di continue connessioni fra emozioni, pensieri e azioni, che vi sforzate di rendere sempre più coerenti.
Trasformando i fatti in problemi [37G]
[…] Il suo costruire concetti sulla vita non rappresenta la realtà, ma soltanto la sua voglia [dell’uomo] di rendere assoggettabile a sé ciò che accade, sovrapponendogli significati che riconducono tutto a un ‘mondo per sé’, in modo da riuscire a controllare l’accadere, oppure ad attenuarlo nei suoi effetti, che l’uomo si immagina sempre indirizzati a lui.
Ci interpretiamo come continuità e come frattura [36G]
Per riassumere, mentre il principio di causalità fa parte dell’abituale logica con cui la mente dell’uomo interpreta ciò che accade, il principio di gratuità viene posto in campo qualora l’uomo senta il bisogno di trovare comunque una risposta che lo soddisfi laddove gli pare non essercene, vale a dire tutte le volte che i conti non gli tornano.
Tra causalità e gratuità per spiegarsi il mistero dell’accadere [35G]
[…] Partiamo, quindi, dai due diversi principi che l’essere umano introduce nel concetto di vita che ha strutturato dentro di sé. Il primo è il principio di causa-effetto, che utilizza per spiegarsi ciò che lo coinvolge direttamente, o che attraversa la sua strada.
Una insostenibile aridità: il grande boh! [34V]
Il silenzio interiore, che non è il silenzio delle parole – anche se porta all’attenzione e alla consapevolezza delle parole che si esprimono – conduce dentro a un tunnel che spalanca le porte a un deserto interiore in cui tutti i concetti entrano in crisi, soprattutto l’idea di essere un’individualità in cammino.
Ogni atto è in sé sacro [V33]
Voi uomini siete parte del tempo della vita, semplice presenza nei fatti che accadono, ma non lo riconoscete, perché siete identificati nella vostra mente. Sui fatti e sugli altri costruite concetti per imprimere il vostro marchio e per esserci come un ‘io’ disgiunto dall’unità dell’essere, sentendovi i protagonisti di ogni azione.
La vita attraversa gli esseri e li usa come tramite [V32]
Nel silenzio interiore tutto appare sacro, e non si giudica, non si aggiunge e non si suggerisce più nulla: si è in ciò che è, istante dopo istante. È in questo la morte della mente giudicante ed è la resa dell’uomo alla vita.