Conoscenza, consapevolezza, comprensione nel ciclo delle vite

Visto l’entusiasmo e la convinzione con cui tutti voi avete risposto sì, allorché vi è stato chiesto se fino a questo punto eravate convinti di aver compreso, farò un attimo una piccola ricapitolazione di quanto è stato detto negli scorsi incontri anche allo scopo di aiutare a comprendere meglio le persone che, magari, non conoscono ciò che fin qui avevamo affermato.
Il cammino che compie l’individuo, nel corso del suo processo evolutivo, va dallo stadio di inconsapevolezza ad uno stadio di sentire. Nell’arrivare a questo estremo, a questo opposto, l’individuo incarnandosi più volte nel mondo fisico ha bisogno di effettuare una sorta di processo interiore per arrivare ad abbandonare la sua inconsapevolezza e raggiungere il proprio sentire.
Questo processo è costituito essenzialmente da delle tappe, ovvero segue determinate regole necessarie per arrivare, per gradi, a costituire un po’ alla volta questo famoso sentire.
La prima tappa è quella della conoscenza, ovvero l’individuo facendo esperienze nel mondo fisico arriva a conoscere attraverso i sensi, attraverso le emozioni, attraverso i pensieri quelli che sono gli stimoli che gli vengono sottoposti dall’esistenza.
Intendiamoci però: questa è veramente e puramente una conoscenza dello stimolo, conoscenza come presenza, come realtà dello stimolo, senza comprendere quelle che sono le cause, gli effetti e senza andare un pochino oltre alla semplice conoscenza.
La seconda tappa di questo processo è quella che noi denominiamo consapevolezza, ovvero il rendersi conto che questi stimoli non soltanto esistono, ma influiscono sull’individuo in questione. E, come diceva prima l’amico Vito, avevo fatto l’esempio dell’individuo che si rende conto che prima esiste il sentimento dell’invidia e che diventa consapevole, in un secondo tempo, che questa invidia costituisce non soltanto un problema per gli altri, ma che magari costituisce un problema anche per se stesso, e questo indipendentemente dal fatto che egli accetti la constatazione che l’invidia appartenga anche a lui.
Con il passare del tempo, delle incarnazioni, degli stimoli che l’esistenza procura, l’individuo sempre fermandoci all’esempio dell’invidia accetterà un po’ alla volta che anch’egli è un essere invidioso; accettandolo riuscirà a guardare questa sua invidia con maggiore serenità, riuscirà ad osservare se stesso nei momenti in cui questa invidia si estrinseca e, quindi, da questa sua osservazione più o meno conscia, arriverà a comprendere i perché della propria invidia.
Ecco così la comprensione dei propri fattori interiori quale terza tappa per raggiungere il sentire.
Allorché questa tappa è raggiunta e si raggiunge la comprensione di un fattore qualunque, pressoché automaticamente questa comprensione si trascrive in quello che è il corpo akasico, il corpo della coscienza, formando un piccolo nucleo di sentire che si unirà ad altri eventuali nuclei già presenti in questo corpo akasico.
Ovvero, per rendere un immagine a cui voi siete abituati, il corpo akasico dell’individuo strutturerà un altra parte della sua materia in modo organico, parte di materia che formerà un disegno già più complesso, più strutturato se altri nuclei di sentire saranno stati raggiunti dalla comprensione di altri fattori, di altri elementi.
Nel corso dell’evoluzione, questo processo viene compiuto più volte, non è che si compia un intero ciclo evolutivo per comprendere un fattore. Ovvero, in continuazione l’individuo, incarnandosi, andando avanti nel suo cammino incarnativo, conosce, diventa consapevole, raggiunge il sentire; magari anche contemporaneamente, ovvero: contemporaneamente può conoscere un fattore, può essere consapevole di un altro fattore, può comprendere un altro fattore ancora, e quindi trascrivere questo fattore oppure un altro ancora che nel frattempo avrà già compreso in precedenza. Scifo