Curiosità e intenzione. Dizionario del Cerchio Ifior
Soltanto apparentemente ciò che viene detto in queste riunioni è semplice. In realtà, esse trattano di tutte le cose che a voi sono più vicine e, quindi, alla fin fine, più importanti per comprendere la vostra vita perché ognuno di voi ha comunque la curiosità almeno di arrivare a comprendere qual è il senso del proprio esistere sul piano fisico. Ed ecco che, allora, si aggira nei labirinti della propria mente alla ricerca delle risposte, perché ricordate che non è il corpo fisico il corpo che possiede una curiosità, non è il corpo astrale che può possedere una curiosità in quanto governato e spesso travolto dalle emozioni, dai desideri e dalle sensazioni che vengono dal corpo fisico, ma è quella parte di ognuno di voi che abbiamo definito «corpo mentale», cioè la parte che governa il vostro pensiero. In esso risiedono le curiosità, quelle che sorgono dai dati che provengono dal corpo astrale e dal corpo fisico e che contemporaneamente raccolgono le spinte, gli impulsi verso la comprensione che provengono dal corpo akasico, dal corpo della coscienza. L’incontro e lo scontro tra queste vibrazioni di diversa direzione fanno nascere nel corpo mentale dell’individuo la necessità ed i bisogni, la ricerca del perché di ciò che si presenta sotto la sua esperienza nel corso di quell’esistenza.
Messaggio esemplificativo
Voi vi siete chiesti, giustamente, qual è la curiosità giusta e qual è la curiosità sbagliata. Sotto il profilo dell’evoluzione dell’individuo non vi è curiosità «giusta» né curiosità «sbagliata» ma vi è soltanto un tentativo di comprensione attraverso la curiosità a gradi, ovviamente, diversi e che tuttavia è giusta per quell’individuo in quel momento per arrivare a comprendere anche la più piccola delle cose che non aveva ancora compreso fino a quell’attimo.
Al di là, però, di questi ragionamenti strettamente filosofici e quindi lontani alla fin fine da ciò che voi siete, vivete, patite, soffrite nel corso delle vostre esistenze, c’è un modo per cercare di arrivare a comprendere non la curiosità degli altri ma, quantomeno, la curiosità che nasce in se stessi, cercare cioè di arrivare a comprendere se e fino a che punto la curiosità che vi sentite urgere dentro è giusta o sbagliata relativamente a ciò che voi avete compreso fino a quel momento.
Questo non può essere altro che dato dall’intenzione che muove la vostra curiosità.
Ecco, quindi, che nel momento in cui ognuno di voi – bene intenzionato – cerca di arrivare alla profondità del proprio essere per mettere in moto quel «conosci te stesso» che governa in via generale l’evoluzione degli individui, ecco – dicevo – che il modo migliore è quello di cercare ogni volta che vi ponete la domanda non soltanto di andare verso la risoluzione, la risposta alla domanda che vi ponete ma, ancor prima, di comprendere qual è l’intenzione con cui quella domanda ve la state ponendo. In quel modo, anche se la vostra domanda in seguito non avrà la risposta che voi aspettavate o addirittura non avrà alcuna risposta, tuttavia, quel vostro perché avrà espletato la sua funzione perché vi avrà indirizzato a raggiungere qualche cosa di voi stessi che non eravate riusciti a mettere a fuoco; e se quel qualcosa, quella vostra intenzione che potreste riuscire a scoprire è un’intenzione altruistica, bene, siate felici per voi stessi; ma se per caso, come molto più spesso accade, arrivaste a scoprire che la vostra curiosità è mossa dal desiderio di comprendere qualcosa degli altri per avere potere su di loro, è mossa dal bisogno di sentirsi superiore agli altri smascherando magari l’altrui meschinità per coprire la propria, ebbene, non vi abbattete, figli, rendetevi conto che se scoprite che è così vuol dire che siete giunti al punto in cui potete modificare questa vostra non comprensione, e partite da quel punto non per accumulare le azioni negative ma per immergervi ancora un pochino di più in voi stessi e riuscire a cambiare l’impronta del vostro «perché».
Dalla favola che avete letto (1 ) e commentato vi era qualcos’altro da poter estrapolare. Non vi siete chiesti, forse, se Krsna, nella favola, può essere definito curioso; se era davvero curioso o se la sua (curiosità) era soltanto uno strumento per attirare l’attenzione del «deva preferito». Voi avete accorciato la strada dicendo che senza dubbio Krsna stava dando una lezione al deva per riportare la sua attenzione su ciò che è importante e ciò che non è importante. Potrebbe essere così, senza dubbio, ma siccome siamo – nella discussione delle favole – nell’ambito del «potrebbe» e non dell’«è», vi è forse un’altra piccola cosa da considerare. Vedete, noi vi abbiamo spiegato che Krsna è un aspetto dell’Assoluto e voi, come bravi discepoli, avete sempre ripetuto questa piccola frase – fatta senza ben chiarirvi che cosa significhi essere «un aspetto» dell’Assoluto.
Voi sapete che, per la creazione della Realtà, l’Assoluto nel muovere la Sua volontà, la Sua vibrazione verso i piani inferiori e creare così l’esistente, un po’ alla volta si scinde, prima in due, poi si moltiplica, si moltiplica e si moltiplica fino a dare l’enorme varietà di forme che voi conoscete come «realtà fisica». Ora, Krsna appartiene – come aspetto della divinità – a una delle prime scissioni (virtuali, naturalmente), ad uno dei primi frazionamenti virtuali dell’Assoluto nel protendersi verso la creazione della Realtà; e nel momento stesso in cui quest’aspetto di Dio diventa una Sua parte che, in qualche modo, si scinde assieme alle altre parti, senza dubbio non è più completamente consapevole, al 100%, di essere ancora l’Assoluto.
Ecco, quindi, che esiste in questa parte, anche nella manifestazione divina, la tendenza a ricongiungersi con l’Assoluto, la tendenza a ritornare alla completezza dell’Assoluto e, quindi, la curiosità di arrivare a scoprire quei punti di contatto che lo renderanno pienamente, totalmente, consapevole di essere tutt’uno con Esso, come magari sta sospettando di essere.
Ecco, quindi, che in quest’ottica, nell’ottica di qualsiasi frazionamento diverso e minore del Tutto, forse può essere accettabile l’idea di un Krsna veramente incuriosito dall’assoluta e meravigliosa perfezione di quella piccola pallina di capra; tant’è vero che ne loda la meraviglia e afferma di non riuscire a comprendere quale fantasia l’Assoluto abbia potuto mettere in moto per creare anche una cosa così piccola eppure, nel suo piccolo, così essenziale e perfetta all’interno della realtà che sta osservando. Moti
1- Si fa riferimento alla “Favola della pallina di capra”che riportiamo per facilitare la comprensione del messaggio:
Il deva preferito di Krsna stava guardando il suo Signore seduto in mezzo a un prato che faceva rotolare tra le dita qualche cosa. Il sole tramontò e, ancora, Krsna stava facendo rotolare quel qualcosa di così piccolo che il suo deva non riusciva a vedere, e continuò a osservarlo attentamente, mentre il sole ancora sorgeva, e sempre Krsna non si toglieva da quella posizione. Alla fine, senza riuscire più a trattenersi dalla curiosità, si avvicinò e gli disse: «Cosa stai facendo, mio Signore? Cos’è che tieni tra le dita?»
«Come, mio caro, non vedi cos’è che ho tra le dita? E’ una pallina di capra»
«Una pallina di capra! Per due giorni, vuoi dire, mio Signore, che Tu hai giocato e guardato questa pallina di capra?»
«Sì, mio caro, e per quanto io l’abbia guardata intensamente e in tutte le posizioni non sono riuscito a comprendere quale atto di fantasia ha messo in moto il Creatore per creare una cosa così bella!» (Ananda)
Dal volume del Cerchio Ifior, Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima, pag. 100-104, Edizione privata