Desiderio. Dizionario del Cerchio Ifior
Il desiderio esiste nell’uomo per spingerlo a ricercare in continuazione ciò che ancora non possiede, in funzione dei continui bisogni di comprensione della sua coscienza per la quale ristagnare non è mai una condizione ideale.
Ovviamente, il desiderio è utile nel momento in cui assolve questa funzione, ma diventa, invece, dannoso, quando ciò che si desidera diventa preminente rispetto alle altre esigenze della vita, facendo perdere spesso l’obiettività, la razionalità, l’attenzione verso i bisogni di se stessi e degli altri.
Messaggio esemplificativo
La sorgente del desiderio sta non sul piano astrale bensì in parte sul piano akasico (nel corpo akasico dell’individuo) e in parte nell’Io dell’individuo; ovvero, dalle comprensioni o non-comprensioni che esistono nel corpo della coscienza dell’individuo e in ciò che queste comprensioni o non-comprensioni fanno nascere all’interno dell’individuo (nel suo corpo astrale, che è preposto proprio a questo) con l’incontro-scontro con la realtà; ovvero con il reagire dell’Io all’interno del piano fisico in cui si trova a vivere, e quindi il suo tentativo di espandere il possesso della realtà, e quindi di se stesso.
E le emozioni, creature? Qual è la loro sorgente?
Le emozioni si trovano ad agire, a interessare «tutta» la materia del piano astrale, a seconda della finezza delle loro vibrazioni. La sorgente delle emozioni non è altro che il desiderio: le emozioni sono una diretta conseguenza del desiderio e del fatto che questo desiderio venga o meno appagato, venga o meno frustrato, all’interno, dai tentativi che l’individuo compie per cercare di acquisire comprensione all’interno del suo corpo della coscienza. Come conseguenza di questo elemento che ho appena detto, si può dedurre che le emozioni non possono esistere dove non vi sia desiderio. Quindi, dal fatto che il desiderio nasce dalle comprensioni o non-comprensioni del corpo akasico si può dedurre che il desiderio esiste sempre e comunque allorché un individuo ha qualcosa ancora da comprendere, quindi è ancora inserito nella ruota delle nascite e delle morti, ovverosia è incarnato in un corpo fisico. Da questo se ne deduce che nessun individuo incarnato (per quanto evoluto possa essere), proprio per il fatto stesso di essere incarnato e di usufruire necessariamente di questo interscambio tra akasico e fisico, tra realtà «superiore» e realtà «inferiore»), potrà mai essere privo di desideri e di emozioni. Scifo
Si può comprendere, allora, come il concetto di «abbandono del desiderio» che è stato trasportato nel tempo dalle dottrine orientali, non abbia una connotazione molto positiva o, quanto meno, una connotazione molto accettabile allorché si conosce la Realtà nella sua costituzione più intima. Infatti, com’è che si può fuggire dai desideri quando vi è un corpo fisico che ha dei bisogni? Com’è possibile abbandonare il desiderio quando vi è un corpo astrale che vibra e che osserva nel mondo, tante altre creature che hanno bisogno e che soffrono e che, quindi, fanno nascere in consonanza con il corpo akasico dell’individuo il desiderio che esse non soffrano più? Com’è possibile abbandonare il desiderio quando la mente, che osserva ciò che si sta vivendo personalmente, continua a sussurrare che vi deve essere per forza di cose la maniera per vivere in un modo migliore, più giusto, più vero, più reale?
Non è possibile, figli nostri. L’abbandono del desiderio vi può essere soltanto allorché tutto ciò che poteva essere compreso, senza lasciare nulla indietro, è stato ormai compreso. Allora non si desidererà più; o, meglio ancora, vi sarà un altro tipo di desiderio: quello che spingerà l’individuo che ha compreso a mettere in atto la sua comprensione in maniera diversa, non attraverso l’incarnazione sul piano fisico, per aiutare le altre creature che ancora non hanno raggiunto la stessa comprensione. Certamente non è possibile con la forza di volontà non desiderare; soltanto il fatto di «non voler desiderare» in realtà è un desiderio! Non è possibile in nessun modo abbandonare il desiderio ripeto se non sono stati abbandonati quegli impulsi che ancora chiedono della comprensione. Se qualcuno di voi, ad esempio, non desiderasse alcunché, non sarebbe vivo, non parteciperebbe alla storia della Realtà, non interagirebbe con essa e sarebbe alla stregua di un dipinto fatto su un muro su cui viene data una mano di vernice che lo copre e lo rende bello ma inutile per tutti. Moti
Dal volume del Cerchio Ifior, Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima, pag. 108-110, Edizione privata
Indice del Dizionario del Cerchio Ifior