Tratto dalla rivista “Lettere e scritti” anno 2006 numero non conosciuto.
Presentiamo a voi un brano che riporta una domanda rivolta al Maestro del Cerchio Marina da parte di un partecipante che, di fronte alla complessità ed alla vastità del contenuto del messaggio della via della Conoscenza, si domandava come fosse possibile per noi uomini mettere in pratica questo insegnamento. Soggetto fa qui un breve excursus sul vero significato della via della Conoscenza, rivisitandone velocemente le tappe ed i fraintendimenti che normalmente le menti vi applicano sopra. Riteniamo la risposta particolarmente interessante, soprattutto per chi abbia già letto il nostro libro “La via della Conoscenza” Hermes Edizioni. Rimandiamo perciò la lettura del libro a chi, affrontando questa risposta, volesse maggiori chiarimenti su concetti tipici della via della Conoscenza, quali: non-mente, dualità, deserto, gratuità, gioco, ecc.
Domanda: mi chiedo in che misura voi riteniate che persone come noi siano in grado di mettere in pratica gli insegnamenti della via della Conoscenza. Mi sembra che arrivare al concetto di non-mente sia una cosa poco umana, soprattutto per la nostra cultura.
Soggetto: Davvero? Che sorprendente questa domanda. Mi dà modo per spaziare, per divertirmi un po’. Ti pare che io sarei qui a proporre qualcosa che è impraticabile all’umano, soltanto per farmi bello davanti ai vostri occhi e per esaltare la mia capacità di articolare discorsi sofisticati, di darvi una prospettiva che mai si raggiunge stando qui, ma si raggiunge sempre stando chissà dove? Ma ti pare possibile che io possa proporre qualcosa che non sia possibile raggiungere qui? Basta che ci intendiamo sul chi la raggiunge e sul come la raggiunge.
La tua domanda messa così è – se mi permetti – sciocca, messa dal mio punto di vista diventa invece raffinata. Perché è sciocca? Perché noi non ci aspettiamo nulla da voi. Ci vorrebbe altro che io mi aspettassi qualcosa da delle menti! E’ terribile! Da delle menti mi aspetto soltanto che si continuino ad auto-ingannare e, anche quando professano la via della Conoscenza, mi aspetto soltanto che si continuino ad auto-ingannare. Che cosa mi aspetto io invece? Che delle menti, spesse volte a loro insaputa messe dentro la via della Conoscenza, si trovino “sgambettate” dalla via della Conoscenza ed a poco, a poco, qualcos’altro affiori. Questo io sostengo e quindi, in questa prospettiva, c’è ben poco da stabilire quanto si può raggiungere, o quanto non si può raggiungere, perché dietro questo “si può raggiungere” ci siete sempre voi. Allora il nodo centrale è un altro, e cioè qual è la struttura della via della Conoscenza e perché io affermo che nella via della Conoscenza è possibile arrivare a tutto ciò che noi diciamo.
Perché io affermo che nella via della Conoscenza non c’è un obiettivo così irrealistico? Perché ben conosco che cos’è la via della Conoscenza e so bene che, se la via della Conoscenza è percorsa semplicemente da delle menti che si incantano e che amano la via della Conoscenza, niente succede se non che delle menti diventino più sottili, più argute, più capaci di fare bei discorsi, più capaci magari di essere attente agli altri, e via dicendo, ma sempre delle menti, cioè c’è sempre un io. Ed allora che senso ha proporre a voi il discorso della non-mente? Ma io ve lo sto proponendo, o sto proponendo lo sgambetto della via della Conoscenza? Perché è questo il nodo. Quante volte noi vi abbiamo detto che la via della Conoscenza è piena di trabocchetti per la mente, non certo per voi come sostanzialità, visto che voi come sostanzialità non siete mente, e quindi siete questa stessa voce che vi parla?
Che cosa significa chiedersi come avviene il processo di cui vi abbiamo parlato? Significa interrogarsi su come ciascuno di voi si sia mangiato e declinato la via della Conoscenza. Se pensate che ciascuno di voi sforzandosi, seguendo i nostri piccoli, o grandi consigli riuscirà ad un certo punto ad essere non-mente, davvero, davvero, davvero avete frainteso l’intero discorso.
Che cos’è la non-mente ridotta a poche parole? E’ ciò che ad un certo punto vi ficca lì dove quella famosa gratuità, di cui vi abbiamo parlato, vi serra talmente tanto che queste domande muoiono e vi trovate ad un certo punto lì – e non ne saprete mai il perché – non soltanto a non esprimere più giudizi, ma a non esprimere desideri, se non quello che, tutto ciò che avviene, sia. Quello che io cerco di farvi capire è che la via della Conoscenza è semplicemente un modo di porvi a poco, a poco di fronte agli inganni che la vostra mente vi tende, da una parte, e ai trabocchetti che la via della Conoscenza vi prepara a vostra insaputa e che rende voi, di volta in volta, più facile preda di quel qualcosa che non vi appartiene.
Proviamo a dirlo in altri termini. C’è una parte della via della Conoscenza di cui certamente voi siete gli autori. Qual è la parte? Per esempio, quella di accettare alcuni presupposti della via della Conoscenza, accettandoli ovviamente con la vostra mente ed interpretandoli ovviamente con la vostra mente. Ma c’è un’altra parte che appartiene a tutti voi, a chi più ed a chi meno, e cioè la parte che vi fa dire: “Che bella, che interessante!”, o comunque: “Che ostica, ma comunque che interessante che è la via della Conoscenza, mi sembra che valga la pena di spenderci non solo il mio tempo, ma almeno una parte della mia dedizione” e questo ovviamente è una cosa che fate voi, voi, voi con la vostra individualità. Ma c’è un’altra parte che vi riguarda, cioè quella che io potrei chiamare la vostra soddisfazione, perché se la via della Conoscenza non vi soddisfa minimamente, non solo intellettualmente, ma anche perché notate per esempio che vi alleggerite un pochino nella vostra esistenza – se non succede questo, certamente prima o dopo abbandonate la via della Conoscenza – e però questo alleggerirvi voi in qualche maniera di nuovo lo reputate vostro. E’ qualcosa che penetra nella vostra esistenza e fa guardare, per esempio, all’altro o all’altra che sta accanto a voi con occhi diversi, magari con l’occhio del gioco, e questo vi appartiene, vi appartiene sempre come individui e quindi come dualità. Ma c’è un’altra cosa che vi appartiene della via della Conoscenza, che cos’è? C’è, per esempio, la fase in cui voi diventate talmente stanchi della via della Conoscenza e non sapete bene perché, che vi muoiono anche le speranze rispetto alla via della Conoscenza. Vi ricordate il famoso deserto? E anche questo vi appartiene, appartiene a voi come individui, eppure da questo momento in avanti comincia sempre più a succedere qualcosa che non vi appartiene; vi succedeva anche prima, a flash, a lampi, ma che perlopiù si confondevano sempre con tutto quello che vi apparteneva. Guarda caso, la via della Conoscenza la posso suddividere in ciò che vi appartiene e in ciò che non vi appartiene. Finché vi appartiene, siete ai prodromi della via della Conoscenza, o sostanzialmente siete ai prodromi del vostro modo di guardare alla via della Conoscenza, perché la via della Conoscenza fin dall’inizio è altra cosa, ma diciamo che finché voi guardate a tutte le cose che dovete fare – e cioè sorridere su ciò che succede, sminuirvi un poco, e via dicendo – siete sempre con l’occhio puntato su che cosa? Su ciò che di nuovo vi appartiene.
Ma che cosa succede ad una certa profondità della via della Conoscenza? Che, pur sapendo che ancora qualcosa vi appartiene, sempre più il vostro sguardo si posa su qualcosa che non vi appartiene e vi stupite perché di volta in volta scoprite che fate delle cose di cui non sapete il perché, eppure le fate, e scoprite che, per esempio, nel deserto non vi siete cacciati voi, ma che comunque vi ci trovate dentro, che non siete stati voi a perdere interesse alla via della Conoscenza, pur continuando a fare tutto ciò che facevate prima senza alcuna soddisfazione, eppure cominciate a capire che dentro a questo, proprio per questo, proprio perché non avete più soddisfazione, proprio perché non vi interessa più, c’è qualcosa che non vi appartiene, eppure c’è qualcosa che vi appartiene. Che cos’è che vi appartiene in quel momento? Proprio questa esperienza di deserto e quindi dell’assenza di un’emozionalità, chiamiamola, positiva, motivante, e via dicendo. Che cos’è che non vi appartiene? Il fatto che ci siete andati dentro e non sapete perché, il fatto che non sapete come uscirne, il fatto che, stando lì dentro, comunque qualcosa del vostro modo di stare nella vita, che è derivato da tutte le vostre esperienze precedenti, fatte dentro la via della Conoscenza, non muta; tutto questo non vi appartiene.
E più il vostro sguardo comincia a spostarsi su ciò che non vi appartiene, più cominciate a sperimentare qualcosa che è tipico della via della Conoscenza, cioè la scarsa importanza delle domande, che vogliono sempre precisare; mentre all’inizio sono fondamentali, mentre all’inizio dilagano le domande, mentre all’inizio crescono le domande, mentre all’inizio le domande dentro la via della Conoscenza servono proprio per puntare l’occhio su ciò che vi appartiene, o su ciò che può appartenervi e che ancora non vi appartiene. Noi abbiamo detto, ad un certo punto del nostro percorso, che a ridosso dell’esperienza del deserto nasce, in chi attraversa la via della Conoscenza e sta comunque dentro la via della Conoscenza, magari volendo ancora riappropriarsene, quel grande “Bo!”.
Cosa vuol dire quel grande “Bo!”? Qualcosa rispetto al quale io non ho risposta, che non è più un qualcosa di specifico, ma è un qualcosa di generale. Non c’è niente più che mi appartenga veramente, se non quel grande “Bo!”. E’ diverso dire che ciò che mi appartiene è un grande “Bo!”, dal dire che qualcosa mi appartiene di ben preciso, magari di conquiste fatte, o di risultati ottenuti, o di modalità perseguite, e via dicendo. Di che cosa è pieno quel grande “Bo!”? Di domande? No, perché se uno vi facesse delle domande, voi non avreste risposta. Il “Bo!” è pieno di non risposte e quel “Bo!” veramente fa porre l’occhio su ciò che non vi appartiene, su ciò che non avete più come risposta, sul fatto che le domande che vi sorgono non trovano risposta. E allora che senso ha stare lì in una situazione in cui non trovate risposta? Ecco la grande domanda. Ma lì questa domanda muore. Perché? Perché non trovate senso ad andare da un’altra parte, ed allora la via della Conoscenza che cosa diventa? Lo stare lì, in una situazione in cui non siete più motivati a stare dentro la via della Conoscenza, ma meno ancora siete motivati a stare da un’altra parte. Per fare esperienza di che cosa? Di una cosa fondamentale: che in questa situazione sempre meno la mente ha qualcosa da dire, se non protestare contro questa cosa, ma è ben misera cosa, e sempre più allora voi vi accorgete che dentro di voi affiora via, via una pacatezza che prima non sperimentavate. E voi dite: “E’ mia?” No, perché dentro questa esperienza di pacatezza voi avete la netta percezione che non è vostra, non è vostra, non è vostra. E voi mi direte: “Nel momento in cui la percepisco è mia”; no, non è vero. Questa è la grande differenza: non è vero. Tutti i grandi mistici fanno esperienza di qualcosa, che ad un certo punto non appartiene a loro, hanno questa percezione e dopo la mantengono, nel ricordo, quando escono dallo stato mistico. Non stiamo parlando di questo, ma stiamo parlando di qualcosa di più semplice, di più banale, per così dire, che mi indica che la via della Conoscenza, laddove comincia ad affermarsi veramente, vi spoglia della vostra pretesa di raggiungere qualcosa e vi fa sempre più osservare quei sottili movimenti che avvengono in voi e che vi stupiscono sempre.
Proviamo a vedere quest’ultima cosa importante. Com’è che si percorre la via della Conoscenza? Prima sempre posando l’occhio su ciò che mi manca della via della Conoscenza, e che corrisponde a ciò che dice questa via, poi su che cosa? Su ciò che c’è già, se io pratico la via della Conoscenza. Cos’è che c’è già? Tutto c’è già ed è già lì, completo. Allora piano, piano uno comincerà a fare un’esperienza “principe”, cioè la capacità di stupirsi sempre di più per cose banali, per cose semplici, per ciò che prima era assolutamente non importante e tenderà a sminuire tutto quello che prima definiva importante. Guarda caso cosa sta succedendo! Perché, ricordate bene, ciò che per voi è importante è sempre ciò che è stabilito dalla mente, e uno mi può obiettare: “Ma anche quando definisco qualcosa che non è importante, questo è stabilito dalla mente”. No, no, perché quel qualcosa si contrapporrà di nuovo alla mente, che blatererà dicendo: “Eh, ma che stai facendo? Non vedi che cosa banale?”. Invece quando qualcosa sorgerà, che non vi appartiene, che vi farà sorridere su questa affermazione della mente, voi vi troverete, per parecchio tempo, quasi divisi a metà, una parte che protesta ed una parte che sorride, una parte che si incanta ed una parte che vitupera l’incanto, una parte che si rinnova nell’incanto momento dopo momento, o comunque in tanti momenti, e una parte che si annoia, si annoia, si annoia e che vorrebbe di nuovo impossessarsi di qualcosa per godere di questo reimpossessamento.
Quindi, cosa ti potrei dire io, in definitiva, e dove mi aspetto che tu arrivi? Sicuramente non dove tu ti aspetti, ma da tutt’altra parte. Qual è quest’altra parte? Quella che tu non puoi vedere, perché quello che tu vedi oggi è soltanto ciò che tu puoi rideclinare per te, dentro la via della Conoscenza, così come l’hai capita. C’è una parte che non ti appartiene, ma tu prima devi attraversare quella parte che pensi ti possa appartenere – in quanto risultato di una via della Conoscenza così come tu l’hai compresa – ma c’è una parte che non ti appartiene. Questo è l’assioma fondamentale della via della Conoscenza ed è l’assioma di tutte le strade evolutive, nel momento in cui attuano quella svolta famosa che trasforma l’evolversi in sparire. Io so che immediatamente le menti possono insorgere e dire: “Sì, ma lo sparire è semplicemente una comoda parola, perché davvero niente mai sparisce”. Davvero niente mai sparisce? Mi fate ridere. Tutto ciò che non è mente sparisce e nessuno mai rimpiange niente. Un passero sparisce e non rimpiange di essere stato passero, ma un uomo pensa che non si possa sparire del tutto. Cosa vuol dire sparire del tutto? Che non si può togliere le vesti che coprono l’essenza e invece io protesto e affermo che tutto ciò che voi dite è veste che ricopre un’essenza e l’essenza non si chiama con il vostro nome e cognome, non si chiama con la vostra identità e neppure con la somma di tante identità costruite nel tempo; l’essenza è ciò che si sradica, tra virgolette, dalla vostra identità, ciò che fa morire le vostre identità e quindi necessariamente ciò che fa morire la mente, che è quella che crea l’identità. Senza pensiero non c’è identità, non c’è identità per quanto vi riguarda; l’identità sta soltanto lì, nel pensiero.
Dal mio punto di vista, la via della Conoscenza non porta alla scomparsa del pensiero nel quotidiano, cioè quello che usate normalmente per vivere nel quotidiano, ma porta all’indebolimento progressivo di quello che per voi è importantissimo e cioè l’identità, magari riducendovi, per carità, magari un’identità che afferma: “Riducendomi, io mi sminuisco e nel mio sminuirmi ritrovo l’identità”. Non è questa la via della Conoscenza, questa è una traduzione della via della Conoscenza attraverso la vostra mente, passaggio obbligato, ma non definitivo. Tutto ciò che è definitivo della via della Conoscenza è semplicemente ciò che non vi appartiene e quindi che voi non potete controllare, che non potete dirigere, che non potete dominare e che attraverso il quale che cosa potete fare allora? Stupirvi, incantarvi; stupirvi, incantarvi.
Quante volte voi vi dimenticate di celebrare l’esistenza attraverso l’incanto e avete sempre bisogno di celebrare l’esistenza attraverso la vostra azione? Questa è la diversità. Quante volte le menti recitano il canto della propria azione e quasi mai il canto della celebrazione? Nella celebrazione non c’è niente che vi appartenga, se veramente è celebrazione, e cantate qualcosa che riconoscete nello stupore, nella meraviglia, nel rinnovarsi della meraviglia; questa è la celebrazione. Ma per la maggior parte del tempo voi vi mangiate più o meno tutto ciò che incontrate. Dunque la mia risposta è che sono sicuro, sono certamente sicuro che quello che io vi propongo non può essere raggiunto dalle vostre menti, mai e poi mai, e sono anche sicuro che quello che io propongo non può essere raggiunto dalla non-mente, mai e poi mai; pensateci, non può essere raggiunto perché è già l’essenza della non-mente, c’è già, basta scoprirlo, ma per scoprirlo bisogna che questa mente taccia, taccia e taccia.