Insoddisfazione. Dizionario del Cerchio Ifior
Assieme all’inquietudine, l’insoddisfazione è uno dei primi segnali che avverte l’individuo che non è soddisfatto della sua vita o, per lo meno, di una parte della sua vita.
Il suo scopo è indurre la persona a modificare qualcosa per sentirsi meglio e non avvertire il disagio procurato dall’insoddisfazione che può portare, alla lunga, a corrompere o alterare i rapporti che nel tempo si erano instaurati con se stessi e con gli altri.
Purtroppo, quando le Guide ci suggeriscono di modificare qualcosa per annullare l’insoddisfazione il risultato è che, solitamente, si cerca di modificare le situazioni esterne, invece di quelle interne: siamo insoddisfatti del nostro lavoro e allora si cerca un altro lavoro, siamo insoddisfatti del rapporto con il proprio compagno e allora si cerca un compagno diverso, e via dicendo.
In questo modo si può riuscire a mettere a tacere per qualche tempo la propria insoddisfazione ma non ad annullarla ed essa si ripresenterà ancora più avanti nel tempo.
Questo accade perché ciò che va cambiato è al nostro interno, non all’esterno: se non cambiamo la nostra interiorità qualsiasi cambiamento che faremo solo all’esterno non avrà altro risultato che ripresentarci l’insoddisfazione e la sofferenza che porta con sé in maniera ancora più accentuata perché, nel frattempo, probabilmente altri elementi causa di insoddisfazione si saranno aggiunti a quelli di partenza, rendendo sempre più difficile interrompere quel circolo vizioso che si è andato creando.
Messaggio esemplificativo (1)
Fratelli, quando vi accorgete della vostra insoddisfazione, quando vi accorgete che la vostra vita non vi gratifica o «sembra» non gratificarvi o darvi ciò che voi volete, quando sentite quel nervosismo sotto pelle che rende i vostri giorni noiosi, sempre uguali, insopportabili a volte, fermatevi un attimo prima di dare il via a una catena di cause-effetti che vi porterà verso una sofferenza maggiore; fermatevi per il vostro stesso bene ed osservate ciò che state vivendo, non proiettando sugli altri le colpe della vostra insoddisfazione, ma cercando dentro di voi i segni di essa in modo tale da poterla risolvere, da poter comprendere cos’è che vorreste veramente, e a quel punto, se davvero volete dare una svolta alla vostra vita, darla nel modo migliore e che meno sofferenza possa poi portare per voi.
Il senso di insoddisfazione deriva sempre da un messaggio che il vostro sentire vi manda: senza dubbio il vostro corpo akasico, allorché si trova in una situazione di cristallizzazione, deve fare qualche cosa per smuovervi da quella situazione, altrimenti la sua esperienza risulterebbe inutile, non vi sarebbe nuovo allargamento di sentire, nuova comprensione; ecco così che le vibrazioni che continua ad inviare assumeranno un’intensità tale per cui l’individuo sarà portato a reagire in qualche modo all’interno del piano fisico per uscire da questa cristallizzazione, e questo – come ho detto prima – farà sì che sia l’Io stesso dell’individuo a portarlo ad agire; tanto è vero che, esaminando come vi comporterete, cioè come il vostro Io vi avrà spinto a comportarvi, sarebbe possibile arrivare a comprendere quali sono le vostre motivazioni e qual è la vostra necessità di comprensione. Perché ricordate che alla fin fine l’Io, questa risultante, quest’ombra sul piano fisico di voi stessi, non è altro che l’esempio di ciò che il vostro corpo akasico non ha ancora compreso e quindi su esso è giusto operare il più possibile. Rodolfo
Ricordate che le situazioni opposte non è detto che vogliano dire cose opposte; anzi, quando un individuo è talmente soddisfatto della sua vita, è talmente contento di ciò che sta facendo – specialmente allorché lo sbandiera di fronte a tutti – è talmente gratificato da tutto ciò che vive, molto probabilmente verrà il momento in cui si troverà di fronte alla necessità – spesso obbligata – di dover modificare gran parte di ciò che riteneva fisso e acquisito nella sua vita.
«Cattiveria», direte voi: sembra veramente un cattivo scherzo del destino che quando l’individuo, apparentemente, ha trovato la felicità, ecco che l’esistenza fa in modo da portargliela via appena possibile! Ma, se ci pensate bene con un attimo di attenzione, capirete che non è assolutamente così.
Certamente l’individuo può essere felice, può essere contento, può essere gratificato dal suo lavoro, dalla sua famiglia, dalla sua casa, da ciò che possiede, ma se veramente tutto ciò che ha gli desse tutto ciò di cui ha bisogno…
Riuscite ad immaginarvi una situazione del genere? A quel punto, quanto tempo passerebbe prima che tutto questo diventasse per lui un’abitudine e quindi finisse per diventare qualcosa di insopportabile, qualcosa di non più gratificante, qualcosa di ormai dato per scontato, qualcosa di cui – alla fin fine, sì – cercherebbe anche di fare a meno?
Questo significa che qualsiasi cosa, sottoposta al vaglio di un Io non compreso, di un’interiorità non osservata, alla fine può portare all’abitudine e all’insoddisfazione. L’unica ricetta, quindi, per essere sempre felici non è quella di non avere travagli nella vita, non è quella di non avere sofferenze nella vita, non è quella di non avere dolori, di non avere problemi, di non avere contrasti, di non avere soldi e via e via e via, ma è quella di affrontare ognuna di queste situazioni come fosse una cosa nuova, necessaria, dalla quale si può imparare, trarre qualche cosa; perché – rendetevene conto – comunque sia, ciò che vivete dovete viverlo, e non soltanto perché rientra nel vostro karma ma anche perché rientra nel disegno divino, e voi fate parte del Disegno Divino e, quindi, in qualche modo, malgrado il vostro supposto libero arbitrio, dovete affrontare tutto ciò che nel Disegno sta scritto perché, altrimenti, se non affrontate quelle esperienze che sono scritte nel Disegno, non riuscirete a comprendere, non riuscirete ad andare avanti nel cammino, non riuscirete, un po’ alla volta, ad osservare il Disegno dall’alto invece di essere fili inconsapevoli del Disegno. Ognuno di voi deve essere pronto a rimettere in discussione la propria vita, mantenendo magari le posizioni che ha raggiunto ma non accontentandosi di esse, non fermandosi alle acquisizioni raggiunte ma cercando di allargarle, di migliorarle, anche soltanto nelle sfumature; non è detto che dobbiate modificare completamente ciò che avete compreso fino a quel punto ma, senza dubbio, dovete cercare di allargare nei particolari la vostra comprensione.Non soltanto l’individuo che ama «vede» i cambiamenti nell’altro, ma è tenuto a ricercarli! Allo stesso modo, voi non soltanto dovete accettare le vostre comprensioni, ma siete tenuti a cercare di ampliarle; proprio quello è il vostro compito finché siete incarnati, e per qualche tempo anche dopo. Scifo
(1) L’arcobaleno interiore, pag. 117 e segg.
Dal volume del Cerchio Ifior, Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata