Le emozioni: osservarle per conoscersi e comprendersi

d-30x30Le emozioni: osservarle per conoscersi. Dizionario del

«Conosci te stesso».
Questa è forse una delle frasi più ripetute nelle varie forme di insegnamento e anche voi che partecipate da anni alle riunioni del Cerchio vi siete più volte scontrati con essa, arrivando ad avvertire la forza e la giustezza di tale imperativo ma trovandovi anche, di continuo, di fronte alla cruda realtà costituita dalla difficoltà di mettere in pratica quelle poche parole mentre il «voi stessi» che cercate di conoscere vi sfugge di continuo come un’inafferrabile fantasma.
Vedete, fratelli cari, conoscere se stessi è un compito che richiede pazienza, costanza, volontà e, soprattutto, coraggio perché molto spesso quello che viene alla luce non è edificante agli occhi di chi osserva. Il fatto è che il punto di partenza da cui, inevitabilmente, dovete muovervi è costituito dall’osservazione del vostro Io, il quale, per forza di cose, contiene tutti i vostri lati peggiori, quelli che derivano dalla vostre incomprensioni (ma anche qualche lato pregevole, se volete consolarvi, perché andando più a fondo riuscireste a trovare anche gli echi e i riflessi delle vostre comprensioni che, a loro volta, si proiettano sull’Io).
Se, poi, pensate che la vostra osservazione di voi stessi è fatta con gli occhi del vostro Io, vi renderete conto che il compito che vi aspetta è di impervia soluzione, perché l’Io tende a non essere obiettivo se non, addirittura, a falsificare e modificare la realtà oggettiva secondo le proprie aspettative. Mi sembra già sentire alcuni di voi pensare, demoralizzati, che allora cercare di conoscere se stessi, oltre ad essere faticoso e tormentoso, è qualcosa di impossibile e, in definitiva di inutile.
Fatevi coraggio, figli e fratelli, perché non è così: non dimenticate che l’interpretazione data dal vostro Io alle proprie azioni è certamente poco attendibile, tuttavia vi è un osservatore ben più attento che «sente» quali sono gli elementi importanti osservati, li ordina, li raccoglie, li confronta, li relaziona arrivando, comunque, a trarre da essi delle porzioni di comprensione; questo osservatore è, ovviamente, il vostro corpo akasico, il vostro corpo della coscienza, al quale non importa che arrivino dati confusi, apparentemente slegati, mal interpretati e via dicendo perché la sua necessità è che i dati arrivino ed è poi compito suo costruire con essi ciò che è utile per la crescita dell’individuo.
Questa seconda parte del ciclo va riguardata proprio in quest’ottica: il farvi osservare qualche vostro aspetto che, solitamente, osservate poco e male, per fornire nuove possibilità interpretative alla vostra coscienza e, perché no, nuove direzioni semisconosciute in cui muoversi alla ricerca del «conosci te stesso».
Cerchiamo di comprendere, nel modo più semplice e sintetico possibile, cosa significhi interpretare le emozioni e per quale motivo può essere utile farlo.
Come abbiamo visto in precedenza le emozioni nascono all’interno del corpo astrale dell’individuo sotto una triplice spinta: da un lato vi sono gli avvenimenti che l’individuo vive quotidianamente, grandi o piccoli che siano, dall’altro vi sono i desideri dell’Io che si sente più o meno insoddisfatto da quanto sta vivendo e, infine, vi è la vibrazione del desiderio di acquisire comprensione da parte del corpo della coscienza. Questa triplice spinta focalizza le emozioni individuali e fornisce ad esse, di volta in volta, connotazioni diverse, tant’è vero che accade di vivere in maniera emotivamente anche molto diversa un qualsiasi episodio ripetitivo.
Ora, osservare le proprie emozioni aiuta inevitabilmente a comprendere qualche cosa di più su se stessi perché all’occhio dell’osservatore (anche se, magari inespresse) sorgono delle domande dall’osservazione stessa e queste domande, ancorché, magari, represse dall’Io, attirano con le loro vibrazioni l’attenzione del corpo akasico su quanto sta accadendo cosicché questi può raccogliere elementi per aggiungere nuovi fattori di comprensione.