Questo non è certo il Dio
che la maggior parte delle religioni propone.
Non è forse quantificabile.
Non è forse definibile come immagine.
Non è forse legato ad altro che ad impressioni,
a sentire, a sensazioni,
a qualcosa che, quindi, a voi appare inesprimibile,
indescrivibile, irraggiungibile.
Pur tuttavia, al di là di qualsiasi immagine sacra,
vera o non vera,
al di là di qualsiasi grande Maestro,
vero o presunto,
al di là di qualsiasi dottrina religiosa,
al di là di qualsiasi discorso,
al di là di qualsiasi immagine individuale,
l’esistenza di Dio viene sempre recepita,
prima o poi, da un individuo nella sua Realtà,
e questa esistenza compenetra la realtà che voi vivete,
in modo così soggettivo da farsi presente,
da farsi sentire nei momenti meno prevedibili, più inaspettati.
C’è chi, nella storia dell’uomo,
ha trovato, sentito, riconosciuto, incontrato Dio
durante un rapporto amoroso con un’altra persona.
C’è chi l’ha incontrando sulle ali di una canzonetta fischiettata.
C’è chi l’ha trovato semplicemente vivendo una giornata di lavoro,
normale, come tutte le altre.
C’è chi l’ha trovato nella sofferenza,
chi l’ha trovato nella gioia,
ogni individuo può trovarlo in mille e mille cose che sono in Lui,
ed ognuna, creature, una per una,
vi parla proprio di Lui stesso.
Io non sono nulla,
sono una piccola goccia di pioggia
durante un temporale,
un minuscolo granello di sabbia
in uno sconfinato deserto,
un ago di pino
in un bosco di conifere,
un fiocco di neve in una tormenta,
un meteorite in un cielo
popolato da miliardi di stelle;
eppure, senza di me,
quel temporale, quel deserto,
quel bosco e quel cielo
non sarebbero più gli stessi.
E questo, già da solo,
mi dovrebbe rendere felice di esistere
e di far parte di Te, Padre mio.
Hiawatha
In qualunque posto Tu risieda,
dovunque Tu sia,
qualunque cielo Tu possa occupare,
qualunque dimensione Ti appartenga,
io a Te dedico la mia gioia,
io a Te dedico la mia allegria,
io a Te dedico le mie passioni,
io a Te dedico i miei desideri,
io a Te dedico la mia sofferenza,
io a Te dedico i miei dubbi e i miei perché,
le mie resistenze, i miei rimpianti,
i miei rimorsi, i miei sensi di colpa
e le mie disperazioni.
Io Ti dedico, Dio mio, tutta la mia vita,
certo che Tu l’accoglierai tra le Tue mani
e saprai con esattezza ciò che di essa va fatto.
Mi hai insegnato la via dell’umiltà, Padre,
mi hai indicato, attraverso mille esempi,
la strada della semplicità.
Mi hai fatto dire di essere sola e semplice.
Mi hai insegnato a non pretendere nulla dagli altri,
ma a pretendere molto da me.
Mi hai insegnata ad osservare con occhio benevolo
i miei fratelli, le mie sorelle,
i miei genitori, i miei figli,
i miei compagni di viaggio.
Mi hai insegnato a non giudicare,
mi hai insegnato a non criticare,
mi hai insegnato a sentire
ciò che fa parte del Creato
come cose che mi appartengono
anzi, come una parte di me.
Ma, malgrado tutto questo,
io mi sento un essere meschino,
un essere che accetta soltanto con la mente
le cose che Tu mi invii,
un essere che, da un momento all’altro,
pensa solo a se stesso,
giudica il comportamento degli altri,
è distruttivo nei confronti della natura e del mondo,
è distruttivo nei confronti di se stesso.
Ma anche questa, Padre mio,
così come Tu mi insegni,
è una delle strade che mi condurranno fino a Te.
Io vorrei, però, riuscire ogni giorno ad imparare,
a compiere un piccolo sforzo,
affinché le mie parole non siano veleno,
affinché il mio sguardo non sia aggressività,
affinché il mio porgere una mano
non sia solo per prendere,
affinché il mio modo di accarezzare,
o di chiedere una carezza,
non sia un modo di giustificarmi,
o di farmi perdonare.
Aiutami, Padre mio, ogni giorno
a compiere uno di questi piccoli sforzi;
piccoli sforzi che, alla fine, mi porteranno
a poter dire di vivere gli altri,
di vivere i miei compagni,
i miei genitori, i miei figli, i miei amici
e gli stessi estranei come dei veri e propri fratelli.
Non chiedo molto, Padre mio,
in realtà non chiedo molto,
ma sono sicura che il Tuo aiuto giornaliero
mi potrà condurre veramente all’unione
con i Tuoi figli e con Te.
Padre mio,
ho sentito i Tuoi figli parlarmi di evoluzione.
Ho sentito che suggerivano l’idea che Tutto è Uno
e ho pensato anche che, se davvero Tutto è Uno,
dalla più piccola cosa, mi è possibile Padre mio,
se davvero lo voglio, riuscire ad arrivare fino a Te.
E assieme a questo pensiero, Padre mio, io ho gioito.
Ho gioito perché se davvero Tutto è Uno,
ho compreso che io sono Tutto
e sono Uno con gli altri fratelli che mi stanno attorno.
E che ogni carezza che a me non viene data,
che a me viene tolta per essere donata ad un mio fratello,
ha lo stesso valore della carezza che io avrei dovuto ricevere.
E che le stesse parole e lo stesso affetto che prima,
magari, era rivolto a me e adesso vedo rivolgere ad altri,
questo affetto, queste parole, ho compreso, Padre mio,
che sono ancora e sempre miei.
E di questo Padre mio,
di questa mia comprensione,
di questo mio sentirmi unito veramente fino in fondo con Te e con i Tuoi figli,
di questo riuscire a condividere senza invidie,
senza rancori, senza accidia ciò che gli altri hanno
e che apparentemente a me manca,
di tutto questo, Padre mio,
io Ti ringrazio dal più profondo del mio essere.
Moti
Padre mio,
sento su di me il peso dell’evoluzione,
i secoli sono sfilati davanti ai miei occhi,
i millenni sono scivolati alle mie spalle come un fiume
che si perde e si confonde con l’oceano.
Ed io mi trovo improvvisamente accomunato ad altri esseri
che hanno minore esperienza di me,
che hanno forse compreso qualcosa in meno
e con i quali io cerco di intrattenere un rapporto,
un contatto perché sento che essi hanno bisogno di me,
ma che anch’io, in fondo, ho bisogno di loro.
E com’è difficile, Padre mio, fare tutto questo,
com’è difficile far comprendere a loro
quanto essi di me hanno bisogno e quanto io,
a mia volta, abbia bisogno di loro.
Perché se mi metto al loro stesso piano
essi finiscono con il considerarmi un individuo
da assoggettare, da sfruttare, da usare
senza tenere in debito conto, senza accorgersi, magari,
di ciò che cerco di far pervenire loro
attraverso la mia esperienza passata.
Se io invece mi elevo al di sopra di loro
finisco col vederli ritrarre se stessi quasi spaventati,
ritirarsi in soggezione per ciò che io sono.
Aiutami, quindi Padre mio,
a far loro comprendere che se pure il mio cammino evolutivo
è molto più lungo di quello da loro percorso,
ciò non significa che anche io non dovrò ancora camminare,
perché se sono più avanti nel cammino,
non è per particolari capacità,
ma semplicemente perché ciò doveva essere
e che anche loro, prima o poi, giustamente,
attraverseranno il mio stesso sentiero.
Come far comprendere loro, Padre mio,
che in fondo se io sono ricoperto di materia fisica
questo sta a significare che io sono un essere umano,
in questo momento, così come lo sono loro?
Come far loro comprendere
che anche io sono capace di soffrire,
che anch’io incontro la disperazione,
che anche per me la disillusione,
le illusioni infrante possono far male,
che il dolore m’addolora e che la morte a volte mi spaventa?
Come far loro comprendere, Padre mio,
che anche se sulle mie spalle
c’è il peso dei secoli e dei millenni,
che se anche i miei capelli sono diventati bianchi
a forza di essere immersi nella sofferenza in tutte le epoche
che si possano ricordare a memoria d’uomo,
malgrado tutto questo, io sono ancora un essere che abbisogna d’amore
e che amore cerca ancora di poter donare e di poter ricevere?
Padre mio,
forse io non riesco ad essere abbastanza umile in quanto faccio,
o forse non vi è la possibilità da parte degli altri
di poter penetrare la mia corazza,
così come un bambino osserva le lacrime di un adulto
e pensa che quelle lacrime siano, magari, soltanto un gioco.
Fa’ loro comprendere, Padre mio,
che anche le mie lacrime, i miei sorrisi,
le mie tristezze non sono un gioco,
ma sono vere e sincere così come lo sono le loro.
Scifo
Padre, Padre mio,
io comprendo la Tua grandezza,
comprendo il Tuo Amore,
io comprendo la Tua pace,
comprendo che Tu, per farmi giungere a Te,
hai posto sul mio cammino anche la distruzione,
hai posto sul mio cammino la rabbia,
l’odio, il rancore, l’invidia;
hai posto sul mio cammino
tutto quello che di negativo
in un individuo possa esserci.
Io comprendo per questo la Tua realtà,
comprendo per questo la Tua grandezza, Padre mio,
perché so che Tu hai permesso che io uccidessi
e che venissi a mia volta ucciso
per farmi giungere fino a Te.
Hai permesso che prevaricassi gli altri,
tutti i miei fratelli,
e che gli altri prevaricassero me,
per farmi giungere fino a Te.
Hai permesso che io odiassi gli altri,
le persone che avrei dovuto, invece, amare,
e che gli altri mi odiassero, per farmi giungere fino a Te.
Padre mio, la Tua grandezza è fatta anche di questo;
Padre mio, adesso lo so.
E se la Tua grandezza è fatta anche di questo,
anche il Tuo Amore è fatto di questo,
e sono felice per quanto mi hai amato,
sono felice che Tu mi abbia insegnato
a diventare l’Amore stesso.
Viola
Padre nostro,
se ancora una volta ci hai rivestiti di materia,
se ancora una volta ci siamo trovati in mezzo agli altri,
incatenati ai bisogni, ai desideri,
alle necessità del nostro Io,
è perché soltanto Tu sapevi
che di questo noi avevamo ancora bisogno.
Padre nostro,
se ancora abbiamo versato lacrime,
se ancora abbiamo pianto,
perché non siamo riusciti a dare la mano
ad un nostro fratello che soffriva,
se ancora non siamo riusciti ad asciugare quella lacrima
prima che il vento l’asciugasse per noi,
è perché Tu sapevi che il nostro cammino,
la nostra strada, così doveva essere.
Padre nostro,
chissà ancora per quante vite,
chissà ancora per quante esistenze,
così dovremo essere.
Tu non puoi darci la certezza
che questa sia l’ultima esperienza,
Tu non puoi fare questo, Padre nostro,
ma noi confidiamo in Te e speriamo che,
prima o poi, Ti raggiungeremo,
perché siamo certi che Tu,
come un ottimo padre con un’infinita pazienza,
ci aspetterai.
Viola
Padre nostro,
Ti ringraziamo per aver messo lungo la nostra via
il dolore, la sofferenza,
perché da essa noi siamo rinati forti, felici.
Ti ringraziamo per averci dato la gioia,
la felicità nell’osservare anche il solo volo di una farfalla
perché con essa ci hai insegnato a capire,
a comprendere la Tua presenza ovunque.
Padre nostro,
Ti ringraziamo per averci dato tanti altri fratelli
diversi da noi, ma identici a noi,
con i quali abbiamo potuto confrontarci,
scontrarci e comprenderci gli uni con gli altri.
Padre nostro,
Ti ringraziamo per averci offerto l’opportunità
di ascoltare la Tua voce attraverso le creature
che ci circondano,
di contemplare la Tua voce attraverso i semplici fatti
che Tu continuamente ci invii.
Padre nostro,
Ti ringraziamo soprattutto per averci dato
la possibilità di esistere.
Viola
Padre nostro che sei dovunque
sia resa grazie alla Tua esistenza,
il Tuo regno è già qui
sia in cielo che in terra,
sia fatta fa Tua volontà
perché essa è ciò che muove l’intero creato,
e il Tuo regno è ovunque un essere vive,
muore, soffre, gioisce e sente.
Dacci ogni giorno
l’impulso di migliorare noi stessi,
affinché alla nostra fame di Te
possa sempre essere dato il pane
necessario a saziarci,
e aiutaci a donare agli altri
ciò che sentiamo che da Te
ci viene donato.
Viola
Padre nostro,
ti ringraziamo per averci donato
occhi per vedere, orecchi per udire,
bocca per parlare, mente per pensare
e spirito per sentire.
Ma quante volte facciamo buon uso
di ciò che, nel Tuo Amore, ci hai elargito?
Quante volte i nostri occhi
hanno visto solo ciò che volevano vedere?
Quante volte i nostri orecchi
hanno udito solo ciò che volevano udire?
Quante volte !a nostra bocca
si è aperta solo per oltraggiare?
Quante volte la nostra mente
si è soffermata davvero a pensare?
Quante volte il nostro spirito
si è sentito davvero una parte di Te?
Padre nostro,
Ti chiediamo umilmente perdono
per il cattivo uso che facciamo dei Tuoi doni.
Moti
Motore di ciò che è.
Dio presente in ogni dove.
Signore di ogni essere.
Dio che doni e che disponi.
Dio che per creare
ti è bastato affermare:
«Sia l’uomo e sia la donna».
Fa sì che chi hai creato e reso vivo
possa condurre la sua esistenza
sempre libero e sempre in pace.
Tu che sei dentro a ogni cosa,
Tu che sei fuori da ogni cosa,
nelle nuvole e nella notte, ascoltami:
fa sì che io viva i miei giorni,
fino a che avrò bianchi i capelli,
e quando le mie membra saranno stanche,
prendimi fra le Tue braccia
e aiutami a giungere fino a Te,
ovunque Tu sia!
Viola
O Altissimo Signore,
Tu che mi hai indicato la via,
questa via che porta dentro di me.
Signore, io credo in Te,
Signore, io “sento” che Tu esisti;
mio Signore, percorrerò per Te questa via;
affronterò la sofferenza che la costella,
affronterò gli ostacoli
che si pareranno davanti a me,
affronterò i pensieri che mi diranno:
“Torna indietro
perché più avanti c’è la sofferenza,
e alle tue spalle può esserci la pace”.
E questo perché so, o Signore,
perché ho capito, mio Dio,
che se Tu quella via mi hai indicato
è perché alla fine della strada
Tu sei là ad aspettare.
Padre mio,
ho cavalcato mille cavalli imbizzarriti
e da essi ho trovato in me le parole e i suoni
che li rendevano docili e capaci di seguire i miei desideri,
conducendomi lungo le strade paurose della mia interiorità.
Ho incontrato sul mio cammino orde di lupi ringhianti
dai denti snudati come barriere poste sulla mia strada
per fermare il mio avanzare verso di Te,
ma ho saputo tranquillizzarli con la luce di un mio sorriso,
con la forza della mia serenità.
Mi sono imbattuto in tempeste
che facevano rivoltare i mari,
portando in alto quello che era in basso
e ricacciando negli abissi più profondi
quello che era in superficie,
e sono rimasto a galla sopra il pelo delle acque turbolente
solo grazie alla convinzione che io,
qualunque cosa potesse accadere,
non sarei mai morto veramente.
Ho sfidato il fuoco più ardente,
il lampo più abbagliante,
la grandine più tambureggiante
riparandomi sotto la volontà di giungere indenne
nel porto della mia anima.
Ho attraversato momenti in cui il mio corpo
mi è sembrato un peso inutile ed ingombrante
di cui avrei voluto poter fare a meno.
Ho percorso ore interminabili in cui orgoglio,
paure e rancori cercavano di ridurmi come un fuscello
in balia del vento, pronto a spezzarsi
frammento dopo frammento.
Ho vissuto periodi in cui i miei pensieri
sembravano essere pensati soltanto allo scopo
di ferire me stesso o, peggio ancora, di ferire gli altri.
Eppure, sempre, qualcosa dentro di me
è riuscito a modificare ciò che attraversavo
aggrappandosi con tutta la sua speranza
al piacevole soffio di un vento primaverile
o alla risata senza imbarazzo di un bambino
o all’incontro con una nuova, inaspettata, meravigliosa idea.
Infine, Padre mio, ti ho scorto
e tutto ciò che ho vissuto mi è apparso nella sua grandezza,
facendomi riconoscere che di tutto ciò, indubbiamente,
avevo bisogno per arrivare ad essere una parte cosciente di Te.
Andrea
Padre mio, quante volte, nel corso della mia esistenza,
io mi rivolgo a Te per chiederTi qualcosa,
eppure è un po’ di tempo, Padre mio,
che non provo più il desiderio di chiederTi nulla
perché penso di aver oramai compreso che Tu
già mi dai tutto ciò di cui io posso aver bisogno
e che è soltanto la mia mancanza di comprensione
in determinati momenti che mi impedisce di vedere
quanto grande è la Tua magnificenza.
Padre mio, io osservo le mie mani,
osservo il mio corpo,
osservo il mio viso allo specchio e mi tuffo nei miei occhi,
e in essi resto catturato come se fossero delle porte
su degli universi incommensurabili;
guardo le espressioni che un lieve muovere delle ciglia riesce a comunicare,
guardo la gioia, la felicità, la tristezza, l’amarezza, l’ira che,
con pochissimo sforzo, riescono a manifestare e mi chiedo:
«Se una cosa così piccola riesce a fare così tante cose diverse,
stupefacenti nel loro piccolo eppure meravigliose,
che complessità ha l’interezza del mio corpo
e quali enormi possibilità di espressione esso possiede
che io neppure riesco a immaginare, a comprendere fino in fondo?».
A quel punto, quasi annichilito dalla grandezza di quel microcosmo che io sono,
di quella grandiosa realtà che Tu rifletti e in Te si riflette,
non posso far altro, Padre mio,
che ringraziarTi per la Tua bontà.
Scifo
Io volevo chiederti, Padre mio,
quand’è che raggiungerò la Realtà con la ‘R’ maiuscola,
ma ho l’impressione che una domanda del genere
non mi avrebbe fruttato molto perché,
ascoltando quanto i Tuoi deva hanno manifestato nel tempo,
posso arrivare da solo ad una conclusione,
che da una parte è logica ed evidente
e dall’altra parte è disarmante.
Infatti, mi sono risposto da solo
che arriverò alla Realtà con la ‘R’ maiuscola
soltanto nel momento in cui avrò svelato tutta l’illusione.
Certo, non può essere che così!
Questa non può essere che la verità,
ma per me, immerso nell’illusione di tutti i giorni,
immerso nei veli d’illusione che l’Io quotidianamente mi mette davanti,
non posso che sentirmi a volte stanco e quasi disperato
nel rendermi conto di quanta difficoltà incontro
nel mio tentativo di alzare il sipario
di questo Teatro delle Ombre.
Scifo