Padre mio,
io vivo i miei giorni come un cerbiatto pauroso del buio;
e nella notte mi avvio lungo le strade della mia città
ed in ogni angolo buio credo di scorgere creature
che vogliono farmi soffrire, farmi del male.
Vado a lavorare: intorno a me mi sembra di vedere soltanto
persone pronte ad approfittare di ogni mio errore,
di ogni mia debolezza, pronte a sopraffarmi
soltanto se mi distraggo un attimo.
Mi guardo allo specchio e gli occhi che vedo così tante volte,
Padre mio, non mi sembrano neppure i miei occhi;
sembrano quelli di uno sconosciuto,
che dallo specchio mi guardano malevoli e che io non comprendo;
la loro luce mi sembra estranea;
ciò che cercano di dirmi, sembra volermi danneggiare.
E allora chiudo gli occhi, i miei occhi e non so se l’altra figura
davanti a me, invece, continua ad osservarmi con la stessa aria
maliziosa, maligna.
Quando riapro gli occhi, Padre mio,
mi sta ancora a guardare;
ed io non so più che cosa fare, dove fuggire, perché so che,
anche se mi allontano, domani, dopo domani, fra tre giorni,
fra un mese, fra un anno, per tutta la vita, prima o poi,
dallo specchio lo stesso viso mi guarderà;
ed in me nascerà ancora la stessa paura, la stessa disperazione,
lo stesso dolore.
Padre mio, come posso sfuggire a tutto questo?
Anonimo
Figlio mio, non vi è molto da dire su ciò che tu mi chiedi.
Non chiudere gli occhi di fronte a quell’immagine;
non evitare di vivere la tua città, perché se tutti gli uomini
le evitassero, le città diventerebbero morte;
invece hanno bisogno di vita per vivere, per diventare sempre migliori.
Non sentirti in affanno allorché sei sul lavoro, perché tu,
la tua famiglia, la tua città, il tuo mondo, ha bisogno che proprio tu,
in prima persona, riesca ad essere un lavoratore coscienzioso,
riesca con l’esempio a dimostrare agli altri che si può vivere,
lavorare ed operare nella società senza essere in contrasto
con le regole morali interiori conosciute e condivise.
Non distogliere lo sguardo dallo specchio;
fissa i tuoi occhi in quegli occhi, che paiono malevoli;
cerca di penetrare in essi ed andare al di là di ciò che tu proietti
su quell’immagine;
cerca di essere consapevole che ciò che non vuoi vedere ti appartiene
e che soltanto tu puoi impedirgli di farti del male,
conoscendo, comprendendo, riuscendo ad eliminare
tutti i motivi di sofferenza.
Se riuscirai a farlo, se riuscirai a non essere più un cerbiatto
spaventato da te stesso,
senza dubbio riuscirai anche a lavorare con felicità, con gioia;
riuscirai anche a girare per le strade sorridendo a coloro che incontri;
riuscirai anche a trovare un sorriso allorché osservi te stesso allo specchio.
Non aspettarti che sia il mondo a cambiare per te;
devi essere tu, figlio mio, a cambiare per il mondo.
Moti
Padre mio,
basterebbe una Tua sola parola per farmi sentire meno solo,
meno abbandonato, più forte di fronte alle avversità, più unito a Te.
Anonimo
Figlio mio, pensi davvero che una mia parola
possa farti sentire meno solo, meno abbandonato,
più forte di fronte alle avversità, più unito a Me?
Ti ho già dato tutte le parole di cui avevi bisogno e,
se non ti sono bastate, come potrebbe ora, una mia nuova parola
riuscire là dove le mie altre parole non sono riuscite?
Lo so che sei un uomo,
e che le tue richieste sono mosse dal tuo tentativo di ottenere,
facendoti umile e vittima ai tuoi stessi occhi,
qualcosa di più di quanto hai già avuto,
perché avverti la mia presunta mancanza come un diritto
che ti è stato tolto.
Ma io non posso che dirti ancora una volta che tu ti senti solo
perché non sai stare veramente con te stesso,
che tu ti senti abbandonato perché non ti senti più il figlio prediletto,
che tu ti senti debole di fronte alle avversità perché non hai che te stesso
per affrontarle e risolverle,
che tu non ti senti del tutto unito a Me perché non credi davvero,
con tutto te stesso, alla mia esistenza.
Ti domandi se il tempo trascorso è stato buono,
chi può risponderti se non te stesso?
Io non posso che darti dei parametri con cui misurarti,
con cui confrontarti, ma sei tu il solo che possa dare risposta
certa a ciò che chiedi.
Sarà stato un tempo buono:
se avrai trovato del tempo per osservare te stesso,
invece che posare il tuo sguardo, sempre,
sulle lusinghe della vita materiale;
se avrai trovato del tempo da dedicare agli altri,
invece che addurre a tua scusante la mancanza di tempo per farlo;
se sarai riuscito, almeno qualche volta,
a fare dei tuoi sensi di colpa lo stimolo per modificare il tuo modo
di essere invece che farli diventare la fabbrica di altri sensi di colpa,
sempre più opprimenti;
se avrai detto meno «ti voglio bene » ma avrai dimostrato di più
coi fatti la verità dei tuoi sentimenti;
se avrai saputo prendere su te stesso la responsabilità dei tuoi errori
senza cercare in continuazione il modo per attribuirla agli altri
o alle circostanze o alla vita in generale;
se non ti sarai sentito sopraffatto dalle nuove responsabilità
che l’esistenza ti ha proposto ma sarai riuscito a integrarle nella tua vita
assieme alle altre responsabilità che, comunque sia, sempre ti appartengono;
se avrai saputo essere un genitore attento e comprensivo,
dolce ma severo, aperto ma disponibile,
pronto a correggere ma anche ad ammettere i propri errori,
rendendo la tua esperienza non un sentiero che i tuoi figli
dovranno percorrere per forza allo stesso tuo modo,
ma un’indicazione su come tu sei riuscito a tracciarlo per te stesso;
se avrai saputo essere un figlio indipendente ma affettuoso,
capace di partecipare ma anche di seguire la propria strada,
che ha saputo comunicare le proprie esigenze senza dimenticarsi
o prevaricare quelle degli altri,
a cui non è stato necessario chiedere nel momento del bisogno
e il suo dare è stato spontaneo e sentito,
e la rinuncia non ha lasciato insormontabili rimpianti;
se non avrai fatto incaute promesse sull’onda dell’entusiasmo
per dimenticarle non appena l’entusiasmo si spegneva;
se avrai lavorato per il piacere di farlo e di sentirti utile;
se avrai trovato, anche nei momenti più difficili,
la capacità di trovare qualcosa di positivo;
se nella malattia avrai saputo trovare lo stimolo
per guarire interiormente;
se di fronte alla morte non ti sarai sentito morire dentro;
se avrai fatto qualcosa per gli altri consapevole di non averlo fatto
per altruismo ma per un tuo bisogno personale che, combinazione,
corrispondeva alla necessità di qualcun altro;
se non avrai condotto oltre il lecito la tua vita sulla scia delle tue illusioni;
se le tue parole non saranno stati semplici fonemi emessi per apparire,
ma lo specchio del tuo sentire;
se le tue emozioni avranno fatto capire a chi ti ama ciò che provi
veramente e non riesci, magari, ad esprimere;
se i tuoi pensieri saranno stati tesi alla ricerca dei tuoi veri perché
più che alla ricerca della felicità, perché non esiste vera felicità se
non si è consapevoli di quello che davvero si desidera;
se, infine, avrai compreso fino in fondo almeno una piccola verità
su te stesso che non avevi mai sospettato.
Eliminando tutti quei «se »figlio mio,
non avrai reso il tuo tempo più o meno buono ma, senza alcun dubbio,
lo avrai reso degno di essere vissuto.
Se così non è stato, figlio mio, adoperati – per amor tuo – nel far sì
che lo sia il tempo che hai davanti e che stai incominciando a vivere.
Che la pace sia con te e con tutti gli uomini.
I tuoi fratelli
C’è un tempo per vivere
e un tempo per morire,
c’è un tempo per gioire
e un tempo per piangere,
c’è un tempo per abbracciare
e un tempo per allontanare,
un tempo per stringere
e un tempo per lasciare,
c’è un tempo per tutto,
ma non lasciate che il tempo vi scivoli addosso
in modo tale che voi possiate poi dire
che il vostro tempo è stato vissuto invano.
Florian
Ma in definitiva, Padre mio, esisti o non esisti?
Quel Dio che a volte invoco dentro di me,
specialmente nei momenti in cui più ho bisogno di aiuto,
ha una sua realtà, una sua esistenza o è soltanto
l’espressione di un mio bisogno,
la raffigurazione mentale di ciò che io vorrei?
Moti
Figlio mio, tu mi hai dato centinaia di nomi diversi,
tu mi hai attribuito la capacità e la possibilità di decidere
il bene o il male per intere nazioni facendomi un Dio degli eserciti,
tu mi hai ricoperto di oro e di offerte;
tu hai fatto di me un’immagine che occhieggia la realtà dell’umanità
incarnata da quadri, statue, palazzi marmorei, chiese, basiliche;
tu mi hai posto in tutti i posti dove io, in realtà, meno sono.
Certo che esisto, figlio mio,
ed esisto dentro di te perché io sono te, così come tu sei me
e mai potremo essere separati.
Scifo
Padre, Padre mio, mi rivolgo a Te
perché sono convinto che nessun altro, in questo momento,
possa fornirmi esauriente risposta ad una domanda
che non mi appartiene in modo particolare,
ma che appartiene ai miei fratelli che ancora peregrinano
nel mondo della materia.
Io li ho osservati e tuttora li osservo, e vedo, e sento nei loro cuori,
un malcelato timore di una nuova guerra.
Io mi faccio partecipe di questo loro sentimento
e mi prendo il diritto di farmi loro portavoce.
Che significato può avere, Padre nostro, alle soglie del Duemila,
una guerra che porterebbe con sé soltanto distruzioni e morte?
Certo, si diceva una volta, la guerra è una lezione che gli uomini
non imparano mai abbastanza e, forse, a quasi cinquantanni
da un conflitto particolarmente doloroso,
l’uomo può aver dimenticato quelle tragedie;
tuttavia la coscienza di ognuno di quei fratelli si ribella
all’idea di un nuovo conflitto.
Ti prego, Padre, Tu che permetti questi incontri,
che ci offri la possibilità di sentire,
in qualche modo, la Tua voce, dai una risposta,
affinché i timori si possano trasformare, ancora una volta,
come soltanto Tu sai fare, in serenità.
Viola
Figlio mio, la tua voce è giunta a me, assieme a quella di migliaia,
di milioni di altri figli, che in queste ore tormentate e tormentose
per tanti, si pongono angosciati lo stesso dilemma,
spaventati da uno spettro che si ricordano o che hanno sentito raccontare
più e più volte e che, proprio per questo, temono.
Se io, figlio mio, dovessi rispondere a un altro dei miei figli,
la mia risposta, certamente, sarebbe diversa da quella che a te,
amatissimo figlio, posso dare.
Ma a te, mio caro, che hai seguito per mesi, per anni gli insegnamenti
che arrivano attraverso le barriere dei vari piani,
a te non posso far altro che ricordare ciò che questi insegnamenti ti hanno dato:
tutto ciò che accade, che è accaduto e che accadrà, accade sempre e soltanto
per fare il tuo bene;
anche le più immani tragedie, anche le più grandi catastrofi,
i più dolorosi dolori avvengono non per far soffrire, bensì per far crescere.
In realtà l’ultima grande guerra che ha sconvolto questo pianeta
e che viene tramandata come guerra mondiale,
molto meglio sarebbe se venisse tramandata come guerra personale,
in quanto essa è stata la guerra di ognuno degli individui
che hanno partecipato, con se stessi e con la propria coscienza.
Infatti, tu, figlio, che sai quanto il sentire di ogni individuo sia diverso dall’altro,
quanto la realtà che ogni individuo percepisce è diversa da quella che il suo fratello,
anche il più vicino, il più simile a lui, percepisce,
tu puoi comprendere quanto lo stesso avvenimento possa avere significato
e influenze diverse per persone diverse.
Ecco così che la traccia, apparentemente identica, che attraversa tutta l’umanità,
si scompone in migliaia di altre piccole tracce
che hanno in sé i germi di sentire diversi.
Lo so, tu vorresti, adesso, una risposta precisa:
un sì o un no, se gli avvenimenti che temi si verificheranno davvero
oppure se vi è una speranza che prima o poi, anche all’ultimo minuto,
prevalga quel buon senso, quel sentire, quell’amore che, vi è stato detto,
giace all’interno di ognuno di voi.
Ma non esiste, figlio mio, una risposta che sia un sì o un no a questa domanda,
in quanto, proprio in virtù di quanto tu sai, di quanto per molto tempo
è stato cercato di insegnarti, vi sarà un sì per una parte di umanità,
un no per un’altra parte perché vi sarà ancora chi avrà bisogno
di attraversare un conflitto,
ma vi sarà anche chi non avrà questo bisogno.
Questo è così difficile, figlio mio, da comprendere!
Certo, ti sento parlare spesso di quelle famose varianti
che ti sono state ipotizzate e tu annaspi dentro di te per cercare
di comprendere con la tua mente, eppure è proprio in virtù
di questo frazionarsi della realtà per adeguarsi al sentire dell’individualità
di ognuno di voi, che esiste una logica e un perché in tutto ciò che vi circonda.
Così, se tu dalla guerra avrai bisogno di comprendere
ciò che non riesci a comprendere ebbene tu, figlio, tu in prima persona,
vivrai una qualche guerra, mentre tu, figlio, che da una guerra non potrai trarre
nulla di nuovo per la tua coscienza, non attraverserai questa esperienza.
Non era questo che ti aspettavi da me,
figlio mio, ma come posso darti sempre ciò che vuoi?
A te mando in continuazione, principalmente, ciò di cui hai bisogno e tu,
figlio mio, hai bisogno di crescere, e crescere significa comprendere,
comprendere significa allargare il tuo sentire,
e allargare il tuo sentire significa unirti agli altri,
e unirti agli altri significa, alla fine, unirti a me.
Infinite sono le strade che portano a me
ed ognuna, nel corso della tua evoluzione,
tu la percorrerai.
Pace a te, figlio mio amatissimo.
Moti
Padre, Padre mio, io sto cercando risposte
e trovo solo domande.
Mi sono interrogato sulla vita e mi sono
chiesto: «Chi è che è vivo?»
Forse il mio corpo fisico è vivo?
Forse è vivo il mio Io?
Forse è viva la mia coscienza?
Forse, forse, forse.
E a forza di domande sono giunto alla conclusione
che solo Tu, Padre mio, sei vivo.
E io, Padre mio, mio amatissimo Padre,
io mi sono interrogato su me stesso, sulla realtà, su ciò che io sono,
su ciò che potrei essere, su ciò che sarò, su qual è la mia coscienza,
la parte conscia di me, se è il mio corpo fisico che è conscio,
se è il mio Io che è conscio, se lo è la mia coscienza.
Se, se, se.
E alla fine – anche un po’ stanco – mi sono detto che in fondo
forse (anzi, senz’altro) la risposta è che soltanto Tu, Padre mio,
sei cosciente.
Anonimo
Figlio carissimo, figlio mio carissimo,
sei ancora ben lontano dall’aver compreso!
Infatti, io non sono vivo,
io non sono cosciente:
semplicemente, figlio, Io Sono!
Scifo
Padre mio, al di là di ogni filosofia,
al di là di ogni parola, resta un unico fatto,
per me importante, primario, indimenticabile,
terrificante, esacerbante, inevitabile,
insopportabile: io sto soffrendo.
Mille e mille religioni nell’intero susseguirsi dei secoli
hanno agitato davanti a i miei occhi il miraggio di un Paradiso
dove la sofferenza non trova posto e il mio desiderio più grande
è quello di riuscire a raggiungerlo, ma è così difficile.
E’ così difficile, Padre mio, non soltanto penetrarvi
ma anche solo trovare la porta per farlo,
e anche quando si è riusciti a individuare
quella che potrebbe essere la porta giusta,
riuscire ad aprirla appare un ostacolo insormontabile.
Aiutami, Padre mio, dammi le chiavi del Paradiso,
affinché io possa scrollarmi dalle spalle l’immane peso
della mia continua sofferenza.
Baba
Figlio mio, il Paradiso non è là dove molti lo cercano:
esso non risiede nell’alto dei cieli,
né nelle grandi praterie e tanto meno su un monte
così alto da sfidare le nuvole.
Esso è così a portata di mano per chiunque voglia raggiungerlo
che sfugge all’attenzione del ricercatore
in quanto esso non è un dove né un quando,
ma è una condizione interiore che già esiste,
nascosta e non riconosciuta nel più riposto anfratto
dell’anima di ogni uomo.
Io ti ho dato ogni cosa per raggiungerlo
attraversando le molte porte che ostacolano il tuo faticoso procedere
e per ogni porta già ti ho dato la chiave:
la paura della morte sarà sconfitta dalla gioia di vivere,
il timore di guardarsi dentro sarà superato dall’audacia di scrutare se stessi,
l’egoismo dell’Io più incatenato sarà dissolto da un solo atto di vero altruismo,
l’avidità di possedere e possedere ancora sarà trasformata dal saper donare
metà di ciò che si possiede a chi non ha nulla,
il senso del potere verrà modificato dall’uso giusto che del potere può essere fatto,
la presunzione potrà essere sconfitta da ogni piccolo atto di umiltà,
l’odio potrà essere cancellato da un unico attimo di vero amore,
il rimpianto per ciò che si è perso potrà essere rimpiazzato
dalla consapevolezza di ciò che si ha avuto,
la tristezza potrà essere annullata da un sorriso fatto con vera partecipazione,
il dolore vedrà la sua sconfitta
non appena ne riconoscerai e accetterai la necessarietà.
Ogni porta ti è stata svelata, ogni chiave ti è stata data.
Devi solo trovare il coraggio di aprire ogni soglia e il Paradiso sarà tuo.
Per sempre.
Ananda
Figlio mio, tu non stai attraversando onde,
tu non stai solcando mari,
tu non stai viaggiando in posti sconosciuti e attraverso
realtà che ti sfuggono in continuazione.
Il tuo lungo percorso, il tuo lungo peregrinare
attraverso ciò che da me proviene,
in realtà non è altro che un continuo muoverti
all’interno di te stesso.
Ogni posto che vedi è il tuo posto.
Ogni affetto che hai è il tuo affetto.
Ogni vita che vivi è la tua vita ed è il tuo modo di vivere.
Non hai bisogno di cercare la tua isola,
figlio mio, non ti sei mai mosso dal suo suolo.
Moti
Hei, tu, piccolo uomo!
Hei, tu, piccolo uomo, sballottato tra i flutti dell’esistenza..
Sì, sto parlando con te, non allungare la mano verso il tuo vicino,
non è a lui che mi rivolgo, è a te!
A te personalmente!
E non ti girare indietro, per piacere, sto guardando te!
E’ a te che mi rivolgo;
a te, che hai sempre desiderato avere un rapporto con me,
un rapporto privilegiato con me!
Sono 26 anni che hai un rapporto privilegiato con me
(e devo dire che non hai neanche pensato a fare una festa!)
Ma perché ti guardi intorno con aria smarrita?
Non è questo che desideravi?
Non desideravi forse, finalmente, avere una risposta dal tuo Dio?
Come? Cosa stai dicendo? Ah, il tono!
Capisco: tu sei di quelli che si fermano al tono di chi sta parlando
e magari non ascoltano neanche una parola di quello che viene detto!
Ho capito.
Va be’, cercherò di cambiare il tono, può darsi che questo ti aiuti.
Figlio mio, ti va bene così?
No, neanche questo.
Ma cos’è che ti turba? Non sei convinto di parlare con Dio?
Ah, vedo, vedo: stai esaminando tutte le ipotesi
che potrebbero venirti in mente.
Ascoltami, figlio.
Io che ti parlo sono il tuo Dio, ma non sono il dio degli eserciti,
non sono il dio del giorno né il dio della notte,
non sono il dio del bene né il dio del male;
se vuoi pensare a me, pensami come il dio della vita
e mi penserai nel modo più vicino in cui tu possa definirmi.
Ascoltami, figlio;
ascoltami, se vuoi, su questa strana cosa che ti sta succedendo.
Stai pensando: «E se non fosse Dio?
Se questa voce che sto sentendo fosse, che so io,
la voce della mia coscienza?
No, no, per carità, lasciamo stare la coscienza perché,
quando si tira in ballo la coscienza,
si sa da dove si parte ma non si sa mai dove si arriva!
Può essere pericoloso!
Potrebbe essere un’allucinazione!
Vediamo: un’allucinazione da volontà di potenza
dovuta a traumi infantili, magari di origine sessuale.
No, lasciamo questo agli psicanalisti!
Ma, allora, se non trovo risposta?
Se tu non trovi risposta, potrebbe anche essere davvero
che chi ti sta parlando sia Dio!
Non era così che t’aspettavi la cosa, vero?
Eppure, vedi, figlio mio carissimo,
sono millenni che io, in una maniera o nell’altra ti parlo;
certamente tu non sempre mi stai ad ascoltare,
e qualche volta ho dovuto ricorrere a dei mezzi un po’ drastici
per attirare la tua attenzione: ho incendiato dei rovi,
ho suonato delle trombe, ho fatto cadere addirittura mura di città,
però bisogna dire che l’attenzione l’ho attirata!
Tuttavia non sei mai riuscito a trattenere la tua attenzione
per lungo tempo su di me.
Certo, ti sei creata un’immagine di Dio.
«L’immagine di Dio – dicono i dotti – è tendenzialmente antropomorfica;
questo significa che è anche antropocentrica!», ovvero che tu nel tempo,
nei secoli, hai cercato di farti un’immagine di Dio a somiglianza di te stesso;
pensando, evidentemente, che io sono te.
No, hai ragione, non ti va bene, preferisci dire così:
«.. pensando, evidentemente, che tu sei me!»
Forse è quello che ti manca: la concezione della fusione dei due termini:
non esiste «io sono te» o «tu sei me»,
esiste «Noi due siamo Uno»!
Questo, nel tempo, figlio mio, dovrai imparare veramente a comprendere;
e lo comprenderai soltanto quando lo sentirai veramente dentro di te.
Anonimo
Nel corso della tua vita, figlio mio, tu ricordi.
Tu ricordi di fare colazione al mattino,
tu ricordi di chiedere l’affetto di chi ti sta accanto,
tu ricordi i torti che ti sono stati fatti,
tu ricordi i lavori che stai facendo
o che non sei riuscito a compiere,
tu ricordi i momenti che hai perduto,
tu ricordi gli amori che non hai vissuto,
tu ricordi le sensazioni che non hai incontrato,
tu ricordi i libri che non hai letto,
tu ricordi le cose che non hai appreso.
Fratello mio, caro fratello,
ricordati anche di essere felice, qualche volta.
Anonimo
Se tu non fossi come sei,
io non avrei nulla da dirti ma mi ritirerei nella quiete
del mio stato perfezionando con calma e pazienza
la più piccola assonanza del mio essere.
Se tu non fossi così come sei,
potresti essere anche peggio ed allora non avrei nulla da dirti
perché !e mie parole suonerebbero alle tue orecchie
prive di senso e, per questo, le rifiuteresti.
Se tu non fossi come sei,
magari saresti migliore,
forse così migliore da non avere bisogno di me
oppure migliore solo quel tanto da indurmi a ricercare
nuovi concetti, nuove idee, nuove parole da regalarti.
Ma tu sei come sei,
ed il tuo essere così mi avvince a te per sorreggerti,
abbracciarti, infonderti iniziativa, rinfocolare domande,
stimolare la tua fantasia e le tue idee,
far gareggiare il tuo amore e il tuo egoismo
nella speranza che, finalmente,
ti abbandoni al giusto vincitore in modo definitivo.
Non puoi sfuggirmi perché sono dentro di te,
non puoi ignorarmi perché tutto ti riconduce a me,
non puoi tradirmi perché non ho nulla da perdere,
non puoi odiarmi perché non sai darmi un volto,
non puoi fare altro che desiderarmi e cercarmi, e,
inconsapevolmente, tendere a me
come il fiume verso i! mare.
Viola
Figlio mio, se anche io ho posto lungo il tuo cammino lo sconforto,
se anche io, figlio mio, ho posto sul tuo cammino la disperazione,
se anche io ho posto sul tuo cammino il dolore,
la sofferenza più esacerbante, figlio mio,
sta’ certo che se mi vorrai ascoltare mi sentirai,
che se veramente mi vorrai cercare mi troverai,
ovunque e sempre, purché tu riesca a imparare
ad avere fiducia in me.
Viola
Figlio mio, ciò che io intendo per ricerca è forse
più giustamente denominabile come «riscoperta»:
riscoperta di te stesso, del tuo vero «Sé»,
di ciò che dentro a te giace,
sepolto ma non silenzioso,
sommerso ma intransigente,
sfuggente eppure concreto quanto e forse più
di ciò che le tue mani ora stringono,
ora afferrano, ora percuotono, ora accarezzano.
I tuoi drammi e le tue felicità sono sue conseguenze.
Le tue lacrime e i tuoi sorrisi sono sue manifestazioni.
Arriva a Lui e tristezza e gioia avranno un nuovo senso,
così che la tua vita avrà colori e forme nuove,
più intensi, più limpidi, più reali.
Non credere a chi vuole importi l’idea che la materialità
è sinonimo di peccato,
o che la spiritualità è sinonimo di paradiso,
perché ogni cosa che esiste,
esiste perché è necessaria ad aiutarti nel tuo cammino.
Così dì a colui che cerca di costringerti a seguire le sue idee
monolitiche che materia e spirito sono separate solo
per chi nulla ha ancora compreso.
Se credi in un Dio, pensa che l’espressione
«Tutto mi parla di Te» è vera fino
alle sue estreme conseguenze.
Se non credi in Dio, sii fiero di te stesso
e certo di essere nel giusto se conduci la tua vita amando
te stesso e gli altri perché così senti di fare,
e non per obblighi morali, sociali o di tradizione.
E sappi, infine, che non ha importanza che tu sia convinto
di stare ricercando: prima o poi, e comunque,
nell’ombra qualcosa troverai che ti trasformerà,
perché sarai pronto ad essere diverso.
E allora saprai, senza ombra di dubbio,
che la tua ricerca sarà arrivata alla fine.
Moti
Figlio mio, io ti osservo nel corso della tua ricerca,
ti vedo fermarti nelle tue giornate
e cercare insistentemente un perché,
cercare in te i motivi, le cause di ciò che stai vivendo,
di ciò che ti succede, di ciò che ti colpisce, che ti addolora,
che ti frantuma, che ti rattrista in continuazione.
Ti vedo volgere gli occhi intorno a te e chiederti perché
quella persona non ti ama, perché non ti aiuta,
perché si rifiuta di tenderti una mano,
perché non ti sente suo fratello.
Ti vedo ascoltare ciò che gli altri dicono,
e soffrire perché nelle loro parole non riesci ad avvertire
ciò che vorresti avvertire,
non riesci ad avvertire amore, tenerezza, dolcezza.
Poi osservo la tua mente e osservo te,
all’interno della tua mente,
allorché esamini attentamente le azioni degli altri,
le esamini e ti erigi a giudice, a critico,
ti erigi a scopritore della realtà altrui, della Verità altrui,
pensando di trovare così dei motivi in loro
che possano scusare ciò che tu hai compiuto,
che possano permetterti di dire:
«Io ho fatto il mio possibile, ma in realtà la verità
è che sono gli altri a sbagliare».
Figlio mio, chiudi i tuoi occhi,
figlio mio, tappati le orecchie,
figlio mio, fa’ tacere la mente rivolta all’esterno
e osserva te stesso:
se davvero vuoi trovare la Verità non cercarla al di fuori di te,
perché io là non l’ho posta.
Là vi sono le verità altrui, ma le verità altrui, figlio mio,
per te sono irraggiungibili,
non sono altro che proiezioni dei tuoi bisogni, dei tuoi desideri,
dei tuoi pensieri, delle tue passioni.
Ciò che invece, figlio mio, per te è raggiungibile, osservabile,
conoscibile, comprensibile, assimilabile, verificabile
è la tua realtà interiore;
ed è lì, figlio mio, che io ho posto la Verità che tu puoi scoprire.
Non aver timore, non aver timore di te stesso
ed osservati fino in fondo:
se davvero è la Verità quella che vai cercando,
nel tuo più profondo essere, senza dubbio, la troverai.
Scifo
Io sono la purezza cristallina del miele
e il ronzio delle api.
Io sono il palpitare di vita delle lucciole
e lo stormire delle fronde.
Io sono il gioco di un bimbo
e la mano tremante di un vecchio.
Io sono il vostro lavoro,
la vostra casa e i vostri cari.
Io sono la primavera, l’estate,
l’autunno e l’inverno.
Io sono la vita che è in voi,
le parole degli uomini e quelle dei maestri,
sono la preghiera accorata
e il silenzio misterioso,
sono l’azione improvvisa
e il sentirsi ostacolati,
sono il raggio di Sole e l’ombra della notte,
sono la vita e sono la morte.
Io sono il dolore,
che vi fa agognare la gioia.
Io sono la malattia,
che vi fa apprezzare la cura di voi stessi.
Io sono l’odio,
che vi aiuta a comprendere che è l’Amore
ciò che andate cercando.
Io sono l’avversità,
che vi insegna ad essere forti in voi stessi.
Io sono il contrasto,
che vi induce a cercare la serenità interiore.
Io sono la paura,
che vi spinge a trovare il coraggio
per affrontare voi e gli altri.
Io sono la noia,
che vi fa desiderare di non ristagnare.
Io sono la rabbia,
che vi costringe a mostrare i vostri veri sentimenti.
E sono il rifiuto,
che vi fa capire come ci si può sentire ad essere rifiutati,
e sono l‘Amore,
che continuamente vi chiama e vi ricorda
che è l‘Amore che governa il Creato,
e sono anche la passione che incendia i vostri sensi,
sono la delusione che sferza il vostro orgoglio,
sono la menzogna e la sincerità,
la violenza e la dolcezza,
l’avidità e la generosità,
l’egoismo e l’altruismo.
Io sono il canto che tutto pervade e fa vibrare,
perché Io sono la voce instancabile del Tutto
che canta la sua armonia senza interruzione e senza posa,
forte nella sua certezza che, prima o poi,
sarete capaci di udirla e di unirvi al suo canto.
Fratelli, sorelle, siate sempre presenti a voi stessi e all’Amore.
Viola