Meditazioni quotidiane 4.2

 

 


Se vedi un tuo fratello che sbaglia
aiutalo a non sbagliare più offrendogli il tuo amore,
e se il tuo amore verrà rifiutato
non accada mai che tu lo getti via,
ma conservalo dentro di te nella speranza
che chi l’ha rifiutato oggi
sia capace domani di richiedertelo.
Moti


 

 


Siate come la terra,
umili come la terra che si lascia continuamente calpestare
dai piedi
degli uomini eppure, continuamente,
offre loro erbe, frutti, e tutto ciò che può loro offrire,
senza rifiutarsi di dare quello che può

solo perché viene umiliata dai piedi
e dalle azioni dell’umanità intera.
Moti


 

 


Qual è la via dell’umiltàfiglio che compi la tua ricerca?
Se un tuo fratello ride di te non ti offendere,
ma guarda te stesso e il tuo modo d’essere:
senza dubbio troverai un motivo valido per unirti alla sua risata.
Se un tuo fratello dimostra freddezza nei tuoi confronti
non ti stupire di questo, ma cerca invece in te il motivo
per cui susciti in lui
indifferenza invece che amore.
Se un tuo fratello ti giudica stupido non risentirti:
se ti osserverai attentamente troverai di certo qualche tuo atto
che tu stesso definiresti stupido.
Se un tuo fratello ti ritiene ignorante non inalberarti,
perché sai benissimo che per ogni cosa che conosci
ve ne sono almeno altre mille di cui non sai assolutamente nulla.
Se un tuo fratello piange per te non deriderlo, non compatirlo,
non soffrire assieme a lui,
ma cerca invece di mutare in te quel qualcosa che gli permette
di attribuire a te l’origine di
lacrime che sono solamente sue.
Fa tutto questo sinceramente, fratello,
riesci a fare tutto questo sentitamente, sorella,
e non avrai più necessità di fare sforzi per essere umile,
e avrai trovato, finalmente, la strada dell’umiltà.
Viola


 

 


Tu che hai lignaggio elevato, blasone e onori, va’ in umiltà.
Tu che hai il tuo sapere come solo patrimonio personale, va’ in umiltà.
Tu che possiedi beni terreni e ori e ricchezze, va’ in umiltà.
Tu che hai un nome insigne all’interno degli uomini insigni, va’ in umiltà.
Tu che hai una mano magica che ritrae l’immaginazione e dipinge la realtà,
va’ in umiltà.
Tu che hai il dono della fantasia che ti fa creare fatti e idee dal tuo intimo,
va’ in umiltà.
Tu che hai capacità arcane e possibilità rare, va’ in umiltà.
Tu che hai in te la fede profonda raggiunta con la tua mente, va’ in umiltà,
perché tutto quello che hai, che conosci, che crei, che credi, che trovi in te,
non ti appartiene più di quanto ti appartenga il corpo che ti riveste,
più di quanto ti appartengano le parole che usi,
gli onori che ti vengono tributati,
le immagini che riproduci o interpreti,
l’occulto che sfiori e il Dio in cui credi.
Va’ in umiltà, perché tu sei l’uomo e sei lo spirito,
sei il naturale e il sovrannaturale,
ma tutto ciò che sei non è tuo:
è un dono dell’Altissimo che ti concede di essere ciò che sei
e di disporne come meglio credi;
e il modo migliore in cui puoi disporne
è quello di farlo con una profonda, sincera umiltà.
Moti


 

 


Figlio mio, è il momento di cambiare qualcosa,
è il momento di imparare a camminare
veramente senza più essere tenuto per mano,
è il momento del ripensamento, della riflessione,
della meditazione per comprendere che tu non sei qua
per godere delle cose della materia,
per godere degli ori, dei brillanti,
degli oggetti più o meno belli che la mente umana ha creato,
ma è il momento per incominciare a credere che c’è qualcosa di più
che giace al tuo interno, qualcosa che ti unisce, inevitabilmente,
a tutti gli altri, anche a quelli meno simpatici,
anche a quei figli che, in cuor tuo, eviteresti di incontrare,
anche a quei fratelli a cui, spesso e volentieri,
per una ragione sciocca e banale, volti le spalle.
E’ il momento di comprendere che ciò che ti circonda
è fatto anche per te e se, magari,
io ti ho fatto perdere
momentaneamente un affetto caro,
ti sto dimostrando che quel fiore,
quella stella, unica che brilla in cielo, è tua,
così come essa appartiene a tutti gli altri tuoi fratelli.
E’ il momento in cui, figlio mio, devi cercare di sforzarti di capire
che soltanto sorridendo agli altri,
che soltanto essendo disponibile nei confronti di tutti gli altri
riuscirai veramente a scavalcare, a superare la sofferenza,
anche quando questa sofferenza porta il nome «morte».
Viola


 

 


Pace a te, figlio, pace a te, figlio e fratello,
benvenuto, figlio mio amatissimo, benvenuto tra noi!
Io ero qui ad aspettarti,
ero qui che ti tendevo le braccia per accoglierti sul mio seno,
per farti sentire quell’affetto da cui così spesso,
nel mondo fisico, fuggivi,
quell’affetto che i tuoi sensi limitati, il tuo correre affannoso,
il tuo egoismo, ti impedivano di fermarti ad ascoltare.
Figlio mio, fratello mio, amico mio, compagno, sono qui per te,
abbandona quell’aria smarrita, staccati da quel corpo che ormai, per te,
non ha più alcun significato,
accetta con gioia, con felicità, il fatto 
che la morte del tuo corpo fisico
vuole ancora dire vita, che non sei morto, ma sopravvivi.
Sopravvivere, figlio mio, al di là di quella che è la materia fisica,
ritrovarti in un mondo meraviglioso, sconosciuto, diverso,
ma altrettanto bello e intenso di quello che hai appena lasciato:
qua tu ritrovi accanto a me il paradiso perduto,
tutto ciò che puoi desiderare e volere adesso potrà essere tuo,
fino a quando non sarai sazio dei tuoi desideri, delle tue passioni,
e allora un’altra terra sconosciuta, figlio mio, ti attenderà,
ed anche su quella sponda io sarò con gli altri ad attenderti
per prenderti per mano.
Figlio mio, quando io riuscivo a farmi ascoltare da te
ti dicevo che la morte non esiste,
ti dicevo che quella che tu consideravi essere la vita
in realtà era solo una piccola porzione della verità,
ti dicevo che tu non credevi, 
non riuscivi a credere veramente
nella mia esistenza e che avresti potuto credere
veramente
soltanto allorché tu mi avessi
raggiunto.
Figlio mio, ora mi sei accanto,
ora puoi comprendere che ciò che ti dicevo era la verità,
ora puoi comprendere che, quando io ti parlavo rassicurandoti sul mio amore,
non pronunciavo soltanto parole dette per il gusto di illuderti.
Sono qui, figlio mio, per aiutarti a vivere ancora, e ancora,
e ancora
esperienze sconosciute, diverse, inaspettate, indescrivibili,
inesprimibili, travolgenti, dolcissime, perché anche qui,
in questa lunga vita che ti attende, nulla avviene per caso.
Anche qui, come nella Terra che hai appena abbandonato e che ancora,
con rimpianto, 
pensi sia la tua patria, la tua dimora,
anche qui, figlio mio amatissimo, tutto ciò che ti
accadrà sarà ancora,
sempre e soltanto, per
il tuo vero bene.
Figlio mio, dammi ora la tua mano e seguimi nella terra dei sogni:
io ti accompagnerò lungo il tuo sopravvivere.
Moti


 

 


Io vorrei vedere le mie creature felici,
io vorrei che i miei figli avessero, nel corso delle loro esistenze,
attimi di vera unione con me e vorrei che riuscissero a sentire
veramente la mia presenza.
Io vorrei che fossero liberi,
liberi da ogni
costrizione che loro stessi si creano,
liberi
dal dolore nel quale molto spesso tendono a crogiolarsi,
a giocare con un senso quasi masochistico e sadico che crea,
per se stessi e per gli altri, nuova sofferenza.
Io vorrei vederli liberi e sicuri nel loro camminare
perché io non dimentico nessuno,
e anche se la mia voce non sempre giunge,
io vorrei che i miei figli avessero la certezza
che io sono sempre accanto a loro, anzi, sono dentro di loro,
e quindi è chiaramente impossibile il poterli abbandonare.
Io vorrei che le mie creature diventassero degli uomini maturi,
riuscissero a camminare con la testa alta,
riuscissero a non soffrire per delle piccole cose,
riuscissero a minimizzare gli avvenimenti della vita
nell’esistenza che conducono.
Io vorrei vederli sempre sorridenti
e andare incontro alla vita con la certezza di poter fare tanto
per poter dare aiuto a tutti gli altri fratelli,
ricordandosi del’amore con cui li amo,
ricordando che sono completamente uguali, identici,
per nulla differenti dai loro fratelli
e che non si può dunque attuare una selezione,
non si può scegliere il migliore o dire qual è il peggiore,
perché non vi può essere comparazione,
in quanto le mie creature sono veramente tutte uguali
poiché io sono dentro di loro.
Io vorrei ancora, e chissà quanto tempo ancora aspetterò,
udire le mie creature non più
alla ricerca di futili cose
che scompaiono
assieme alla scomparsa del corpo fisico,
ma vorrei vederli alla ricerca di qualcosa di diverso
che li aiutasse ancora a crescere.
Io vorrei vedere le mie creature tenersi per mano
e insieme andare incontro al domani
con la certezza di avermi dentro di loro.
Michel


 

 


E quando avrai compreso che le parole che io mando a te
non devono restare soltanto delle semplici parole.

E quando avrai compreso che nelle parole che io mando a te
non v’è soltanto un significato, ma migliaia di significati
che tu potrai scoprire.

Quando avrai compreso tutto questo, figlio mio amatissimo,
potrai finalmente alzare gli occhi e cercarmi,
e potrai pure star certo che allora mi troverai!
Florian


 

 


E io sarò Maestro per te, figlio mio.
Tu mi starai accanto ed io ti starò accanto,
tu desidererai ed io vedrò i tuoi desideri,
tu amerai e io gioirò del tuo amore,
tu soffrirai e io cercherò di lenire la tua sofferenza
allorquando mi sarà possibile farlo,
tu chiederai ed io – se potrò – ti darò,
tu pretenderai ed io – se potrò – ti darò,
tu implorerai, ed io – se potrò – ti darò,
tu ti aspetterai da me sempre dolcezza e amore
e io – se potrò – dolcezza e amore ti darò,
ma non aspettarti ciò che io non posso darti, figlio.
Se io sono qua per esserti Maestro,
e tu sei qua per essermi discepolo, spesso inconsapevole,
non attenderti che io risolva i tuoi
affanni,
poiché, se così facessi, non sarei un buon Maestro.
Non attenderti che io ti indichi una sola direzione in cui andare,
perché altrimenti 
costringerei la tua strada in una sola via
mentre tu hai il diritto di vedere davanti a te spiegarsi l’intera realtà.
Non aspettarti che io sorrida sempre:
il sorriso può essere utile e bello quando, dentro di te,
a sua volta splende un sorriso;
ma nel momento in cui tu il tuo sorriso lo tieni nascosto
e stretto in un pugno, 
in quel momento io, come Maestro,
non potrò far altro che mostrarti a mia volta il pugno,
affinché tu impari dalla mia mano 
come le mani si possono
e si debbono aprire.
Non aspettarti che io ti possa dire sempre la verità completa, totale,
in quanto la verità completa e totale la potrai raggiungere soltanto allorché
sarai pronto ad accettarla, 
altrimenti ne faresti un cattivo uso.
Non aspettarti che altri credano in me
soltanto perché tu magari in me hai fiducia;
se io sono tuo Maestro questo non significa che altri debbano accettarmi
come loro
Maestro.
Non aspettarti che io faccia per te cose meravigliose:
la cosa più meravigliosa che io posso farti è quella di insegnarti
ad affrontare la vita, ad accettarla, a viverla e a portare avanti il tuo cammino
accorgendoti che non esisti tu solo, ma che vivi e fai esperienza
insieme a tanti fratelli come te.
Non aspettarti che io ti porti al cospetto dell’Assoluto:
soltanto tu, figlio mio, soltanto tu puoi incamminarti lungo quella strada
e percorrere quel cammino.
Non aspettarti, insomma, da me nulla di ciò che non ti aspetteresti
da chiunque altro.
Se è vero che la mia evoluzione è maggiore della tua
(e non può essere altrimenti, se no io non potrei esserti Maestro)
tu non puoi veramente comprendermi,
tu non puoi sapere il perché del mio comportamento,
tu non puoi capire perché, magari, quando ti aspetti dolcezza
io ti porgo indifferenza,
quando tu ti aspetti ira io ti do affetto.
Il fatto è, figlio mio, che mentre tu non sai,
non sai ancora ciò di cui hai veramente bisogno,
i tuoi bisogni sono per me, dal momento in cui sono tuo Maestro,
la cosa più importante che nell’universo possa esistere,
la cosa intorno alla quale ruota tutta la Realtà che ci vede uniti, io e te,
in questa danza dolcissima che cerca di portarci verso il compimento della tua opera,
piccolo tassello di quel mosaico che l’Assoluto ha dipinto nell’Eternità.
Moti


 

 


E poi, e poi, e poi, figlio mio, se tu la felicità, la vera felicità,
non riesci ancora a sentirla,
a raggiungerla, cosa fare allora,
cosa fare per non essere infelice, ché l’infelicità quella sì, ahimè
così spesso tu prendi tra le mani e te 
la tieni a fianco!?
Cerca di fare, figlio, ciò che cosi difficilmente fai:
cerca di osservare i tuoi momenti di felicità transitoria
e di farli diventare preziosi,
cerca di capitalizzarli dentro di te e di farli diventare dei semi
dai quali farne sbocciare molti altri,
cerca di non dimenticarti di questi semi che in gran quantità
l’esistenza invece ti regala,
cerca di tenerli dentro di te e di far sì che essi si uniscano, alla fine,
in un concerto meraviglioso che soltanto tu, con la tua sensibilità,
ma più che altro con la tua comprensione,
puoi veramente riuscire a dirigere.
La pace sia con tutti voi, figli.
Moti


 

 


Figlio mio, io ti ho posto sul mondo,
affinché tu potessi andare incontro a te stesso,
e nell’andare incontro a te stesso muoverti
verso di me.
Ma tu, distratto dalle lusinghe della vita,
cerchi di percorrere strade sulle quali trovi ostacoli
contro i quali finisci col cozzare
andando incontro alla sofferenza,
e allora quando ti ritrovi di fronte alla sofferenza,
in quel momento ti ricordi di me, chiedi il mio aiuto,
chiedi che io in qualche modo
intervenga per far sì che tu riesca
a cambiare la qualità della tua vita.
Ma io non posso farlo, figlio mio,
non posso farlo più di quanto già lo abbia fatto nel momento in cui
ti ho posto sulla strada quell’ostacolo che ti ha procurato sofferenza;
ed è perché ti amo, come pochi padri riescono ad amare i propri figli,
che ho disseminato tutte le tue strade di ostacoli.
Non è stato per fermare il tuo cammino,
per rendere più difficile il tuo procedere,
ma è stato affinché ogni ostacolo ti facesse comprendere
che tu hai la forza di superare qualsiasi cosa,
ti facesse comprendere che non
esiste un dolore così grande
che non possa essere da te trasformato in qualcosa di positivo
per te stesso e per gli altri,
ti facesse comprendere che, se tu vuoi veramente raggiungermi,
niente e nessuno riuscirà mai a
fermare il tuo cammino.
La pace sia con, te figlio mio, con amore.
Moti


 

 


Figlio mio che insegui la Verità,
scolpisci nel tuo cuore queste parole
affinché essa non ti sfugga tra le dita,
inafferrabile come l’acqua del mare o il soffio del vento:
sia la tua vista sempre acuta e attenta,
mai abbagliata dal lampo o distratta dal tuono;
sia il tuo desiderio sempre giusto
affinché ti sia da sprone e non da catena;
sia la tua mente sempre pronta
a cogliere la differenza tra il lupo e il cane;
sia la tua anima sempre disposta
a trasformare se stessa nell’assaporare la vita.
Sarà così che non dovrai più rincorrere la Verità
ma sarà la Verità stessa a venirti incontro.
Baba


 

 


Non è la tua capacità di produrre meraviglie che ti rende grande,
non è la tua capacità di stupire che ti rende importante,
non è la tua capacità di essere portavoce della Verità che ti rende unico.
La tua grandezza, la tua importanza, la tua unicità, figlio nostro,
risiedono nella tua capacità di saper uscire indenne dal giardino degli incanti
mantenendo intatto il tuo senso della realtà,
preservando il tuo saper donare compassione e partecipazione agli altri,
conservando la tua umanità come un dono prezioso da offrire agli altri.
Baba


 

 


Tu, creatura, chi sei?
Tu sei ciò che dai agli altri.
Tu sei la compassione che sai donare a chi sta soffrendo.
Tu sei la dolcezza che trasmetti a chi è amareggiato.
Tu sei il sorriso che porgi a chi è infelice.
Tu sei tutto quello che di te agli altri arriva.
Tu sei.
Tu, da solo, non sei nulla, creatura.
Tu sei.
Tu sei gli altri, oltre che te stesso.
Tu sei.
Tu sei in me, figlio mio.
Tu Sei.
Scifo


 

 


Ti amo per le tue paure.
Ti amo, figlio mio, per il tuo pianto egoistico.
Ti amo perché sei un iceberg.
Ti amo perché stai piangendo, figlia mia.
Ti amo anche quando ti vedo incapace nel prendere
delle decisioni importanti per te e per chi ti sta accanto.
Ti amo quando vedo che soffri e sembri fare della sofferenza
l’unica ragione della tua vita.
Ti amo quando ti vedo vacillare sotto le sferzate della vita
e non riesci a trovare in te la forza per fronteggiarle
pur sapendo di possedere questa forza.
A
mo le tue difficoltà, amo quando ti senti sola,
e vorrei farti capire che non lo sei, e vorrei poterti dire:
«Tu non sarai mai solo» così come mai solo sarà un qualsiasi individuo,
non solo chi ha scelto di percorrere un certo tipo di strada,
ma qualsiasi individuo in questa vita.
Ti amo quando non vuoi ascoltarmi.
Ti amo quando sei così ostinato da voler continuare
a perseverare nei tuoi errori.
È vero, i miei amici latini dicevano «repetita juvant»
ma non sempre gli errori portano a buone soluzioni,
soprattutto quando sono reiterati.
Ti amo quando mi rivolgi invece un pensiero d’affetto,
quando sei tranquillo e sereno con te stesso,
quando sembri aver compreso che
è inutile dibattersi
come un pesce all’amo perché la vita è così e va affrontata,
giorno dopo giorno, accettando quello che porta ma, soprattutto,
cercando di capire cosa può avere insegnato,
cosa può insegnare ciò che ha portato.
Ti amo quando ascolti e riascolti le mie parole
e le interpreti in tutte le maniere tranne in quella giusta.
Ti amo anche quando mi rivolgi un pensiero malizioso
e cerchi di interpretare magari una piccola frase
– da me o da altri fratelli detta – senza voler vedere il vero significato,
quando fai finta di non capire qual era l’indicazione che volevamo darti.
Ti amo quando ti rendi conto che più di una volta nelle nostre parole
ci sarebbero quelle indicazioni per rendere meno dolorose
e sofferenti le vostre decisioni, le vostre scelte.
Ti amo quando, insomma, non solo chiudi un occhio ma li chiudi tutti e due,
ci metti il prosciutto davanti, o quello che ti pare,
e proprio non vuoi osservare la realtà.
Ti amo sempre e comunque, figlio mio,
anche perché, in fondo, ogni volta che ti osservo
non faccio altro che rivedere ciò che sono stato prima di te.
Michel