Misticismo, religione, sentire

In questi anni di incontri serrati, creature, vi siete, di volta in volta, lasciati catturare dai nuovi concetti che vi abbiamo presentato e che, per qualche motivo a voi interiore (che so… forse un bisogno di sentirvi importanti perché trattavate grandi temi o perché al corrente di insegnamenti non sempre alla portata di tutti (2) segnavano, nel vostro partecipare alle riunioni, un succedersi di fasi, ora esaltanti, ora deprimenti, seguendo la vostra facilità o difficoltà nel comprendere i concetti e nel teorizzare su di essi.
Ecco, così, la fase del karma, affascinante concetto che permette al povero di trovare una giustificazione alla sua miseria, al sofferente di trovare un perché alla sua sofferenza, al tormentato di scorgere una consolazione ai suoi tormenti e via, e via e via.
Ecco i piani di esistenza, con quelle meraviglie che essi sembrano portare in sé, tanto simili a favole magiche: chi sta al loro interno sembra poter esaudire ogni desiderio più recondito, ogni speranza più disattesa sul piano fisico, ogni curiosità inappagata, ogni conoscenza mai svelata, rendendoli ai vostri occhi un analogo del Paese delle Meraviglie in cui voi, Alici desiderose di essere stupefatte, potevate sognare di arrivare, prima o poi, ad immergervi.
Il concetto di intenzione vi ha poi spalancato la strada verso una nuova fase, trovandovi pronti (nella vostra conclamata ansia di conoscere voi stessi più profondamente) a scavare nelle intenzioni degli altri e, qualche rara volta e con brevissime puntate, persino (audacemente, secondo voi) nelle vostre intenzioni, lottando con tutto il vostro coraggio contro voi stessi e riuscendo, alla fin fine, a scalfire solamente la superficie della vostra intenzionalità, quella scomoda ma accettabile, quella non nascosta ma solo velata, in modo da far vedere a voi stessi e agli altri che avevate l’audacia e la forza di rivelarvi agli occhi vostri e altrui. Si sono, poi, succedute altre fasi: la fase della vibrazione, accettata e discussa con scioltezza forse perché, apparentemente, innocua; la fase del condizionamento, affrontata con gioia, almeno all’inizio, in quanto vi dava la possibilità di scaricare all’esterno la responsabilità di ciò che siete, che dite e che fate… fino a fermarvi di colpo allorché capivate che la responsabilità continuava ad essere, sempre e comunque, la vostra, dal momento che per poter essere condizionati si deve permettere che ciò che è esterno esplichi la sua attività condizionatrice.
Siete, poi, inciampati nella fase della libertà e del libero arbitrio, perdendovi in essa ed uscendone frastornati, incapaci di svincolarvi da tutti i preconcetti, le frasi fatte, i luoghi comuni, le morali, le concezioni, le ideologie che avevate immagazzinato nel corso della vostra vita (e, se è per questo, anche nel corso delle vite precedenti), e che, se da un lato vi facevano dei fautori convinti dell’esistenza di un libero arbitrio individuale, dall’altro, sotto sotto, cozzavano contro il pensiero, sepolto nel vostro Io più nascosto, che se il libero arbitrio non esisteva allora voi non avevate (ancora una volta!) colpe né, tanto meno, responsabilità per ciò che siete, ciò che dite e ciò che fate.
Non c’è mai stata, invece, una fase del sentire. Certo, sul sentire avete discusso, anche se non molto; tuttavia ciò non ha lasciato in voi grandi conseguenze. Come mai? Forse perché del sentire avevate già letto in altri luoghi? Forse per presunzione, ritenendolo un concetto facile da comprendere? Forse perché non vi dava la possibilità di giustificarvi, di depenalizzarvi, di concettualizzare, di teorizzare o anche, soltanto, di sognare? Eppure il sentire è, per voi che dovete superare la famosa ruota delle nascite e delle morti, un concetto basilare, unico, necessario e insostituibile, senza il quale tutti gli altri concetti finiscono con il perdere ogni forza e ogni valore!
Come dire, creature? Ah, affermate di averlo compreso, questo sentire? Di averlo assimilato e di aver trovato che non vi è poi molto da capire su di esso? Come mai, allora, accade che quando un ospite vi chiede una spiegazione in merito non siete quasi mai in grado di darne una accettabile e, cosa ancor più rara, comprensibile? Il fatto è che non avete compreso che superficialmente ciò che è il sentire e qual è la sua essenziale, insostituibile funzione.
Ma immaginiamo, per un momento e quasi per gioco, di renderlo una cosa viva e di potergli chiedere direttamente di parlarci di sé.
Ecco, forse, ciò che esso ci direbbe:

Io sono una creatura di Dio, come voi.
Come voi non nasco perfetto 
e in grado di muovermi con sicurezza
nelle regioni in cui vivo.
Nasco bambino, con tutte le mie incomprensioni
e come un bimbo penso di aver capito
e mi comporto di conseguenza,
ma basta una piccola azione sbagliata
per farmi rendere conto che ciò che avevo capito
era solo frainteso e non era giusto.
Ad ogni esperienza rinasco a me stesso più ampio, più consapevole, più vero;
ad ogni esperienza abbraccio una nuova parte di me stesso e, in questo modo,
una nuova parte della realtà di cui anche io, come voi, faccio parte via via più consapevole.
So quale sia il mio destino: abbracciare per intero me stesso,
e verso questo fine sono attratto e spinto 
da qualcosa che è vivo al di sopra di me
ma che, nel contempo, mi permea e indirizza tutto me stesso.
Io cerco di afferrare questa entità che, senza capirne il perché, amo di un amore intrinseco a me,
ma così forte da muovere ogni mia azione alla ricerca di espandere me stesso
nella speranza di arrivare a fondermi, finalmente, con l’oggetto del mio amore.
Non piango, se sbaglio;
non mi abbatto, se fallisco;
non mi sento frustrato, se non riesco;
non mi vergogno, se non capisco;
non mi adiro, se non trovo subito la soluzione…
ma sono sempre pronto a rinnovare me stesso,
a trarre frutti dai miei sbagli,
a rendere utili i miei fallimenti,
a lottare contro ciò che mi frustra,
a cercare di comprendere ciò che sembra sfuggirmi,
a provare mille soluzioni diverse
fino a quando non troverò quella giusta.
E so che solo allorché sarò pienamente maturo e tutto il mio essere sarà fuso
in un’equilibrata e funzionale entità,
io troverò la gioia di unirmi con quell’Amore sconosciuto ma potente,
dolce ma tiranno, forte ma delicato, costante ma immenso
che in continuazione mi chiama a Sé
e che costituisce il vero perché della mia esistenza. Scifo

1 Sfumature di sentire, vol. 2, pag. 208.

2 È tipico degli interventi di Scifo essere fortemente ironico (qualcuno particolarmente scottato dalle sue parole preferisce il termine “sarcastico) e pungente eppure, come noterete anche alla fine di questo brano, dotato di improvvisi slanci mistici.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte seconda, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior