Un momento, creature care, qui non stiamo parlando della religione, sia essa cattolica, induista, zoroastriana o bantu. Stiamo parlando di Dio; e vi garantisco che – tutto sommato – Dio ha ben poco a che fare con le varie religioni, e i loro sacerdoti – in linea di massima – hanno ben poco a che fare con Dio: forse che Dio ha affermato che qualche cosa, sesso compreso, è peccaminoso? No, creature mie, questo è stato affermato da uomini che avevano un interesse personale da portare avanti, un’immagine da dare in pasto alla massa e da cui trarre vantaggi individuali per mezzo di organizzazioni ciclopiche dai proventi incalcolabili.
E non me ne vogliano per queste mie parole i sedicenti Ministri di Dio; quei pochi – almeno – che predicano la castità e sono convinti di ciò che dicono, tanto da essere veramente casti loro stessi. In quanto agli altri, quelli che predicano la castità altrui ma si dimenticano spesso e volentieri della loro, a costoro dico soltanto: «Buon per voi, creature, che Dio non giudica nessuno! Ma cercate di non dimenticarvi che prima o poi sarete voi stessi a dovervi giudicare e, vi garantisco, la clemenza non vi servirà a nulla!».
Ritornando alla nostra indagine sul concetto di immoralità nelle due situazioni esaminate, vediamo di fare il punto: la seconda situazione – abbiamo detto – non è immorale rispetto alla prima né a causa della diversa intenzione dei due protagonisti, né a causa di influenze moralizzanti dello spirito né, tanto meno, a causa della disapprovazione o del rimprovero divino.
Non resta allora altra possibilità che affermare che l’idea di moralità o di immoralità non nasce dalla situazione, bensì da chi si sofferma a osservare la situazione stessa; e cioè che non è l’azione compiuta a far scaturire la connotazione morale-immorale, ma che è l’osservatore attivo che la fa nascere dentro di sé, sia egli il protagonista della situazione, sia egli un semplice spettatore.
A questo punto non ho esitazione alcuna nell’affermare che la moralità non esiste, così come non esiste l’immoralità, se non – e questo è un concetto che già abbiamo espresso e che spesso ancora ripeteremo – relativamente a ogni individuo. E’, cioè, relativa e non assoluta, e perciò inesistente nella realtà oggettiva; variabile da individuo a individuo; e non solo: variabile da momento a momento per ogni individuo.
D’altra parte basta osservare come la moralità sia diversa da stato a stato, da epoca a epoca, per rendersi conto di quanto essa sia un concetto fumoso e relativo; per restare in tema di sessualità potete – ad esempio – immaginare benissimo che cosa sarebbe capitato solo cinquant’anni fa alla sprovveduta bagnante che avesse osato indossare un costume da bagno attuale, anche quello che ora, comunemente, è ritenuto tra i più castigati!
È curioso osservare come la moralità e l’immoralità siano sempre usate con facilità e prodigalità quando si tratta di situazioni inerenti proprio la tematica sessuale mentre, per altre tematiche, il termine morale sembra in disuso: il politico che accetta tangenti per favorire appalti che si rivelano essere causa di gravi sciagure è considerato – sempre che venga smascherato – «disonesto» ma raramente viene tacciato di immoralità; il capo religioso che predica umiltà e carità paludato in vesti sontuose e assiso su un seggio d’oro viene definito, tuttalpiù, un «furbo», ma quasi nessuno osa definirlo un immorale; lo scienziato che inventa nuove armi batteriologiche letali quanto e più di un considerevole numero di bombe, viene definito «all’avanguardia»… ma non certo all’avanguardia dell’immoralità; il comune cittadino che usa un mezzo della comunità senza pagare il pedaggio si definisce un «audace» o un «contestatore del sistema», ma non gli viene neanche per un attimo l’idea di stare agendo in modo immorale.
Eppure, la morale viene sbandierata da uomini illustri, da organizzazioni spiritualeggianti, da sistemi etico-filosofici i quali, tuttavia – in perfetta moralità – sono pronti a stigmatizzare l’immoralità… solo che ne vedano il vantaggio; ma sono altrettanto pronti ad adottare la tattica del «chiudo gli occhi per non vedere così nessuno può ritenermi responsabile» appena ciò corrisponde al loro interesse.
La morale, creature, è una cosa fittizia che l’uomo ha creato per i suoi scopi ma che non è necessaria nell’ordine delle cose, poiché non è una creazione di Dio ma una creazione dell’uomo e, come tale, asservita ai suoi intenti, usata per opprimere quando vuole opprimere, o per auto esaltare se stesso, quando ha il desiderio di sentirsi migliore e al di sopra dei suoi simili.
Così alla domanda che era stata fatta: «Seguire la morale è un bene dell’anima o serve per il bene della specie?» non posso far altro che rispondere che la morale non è un bene per nessuno, neanche per chi ha avuto la brutta idea di inventarla. Scifo