Orgoglio. Dizionario del Cerchio Ifior
Neppure il concetto di orgoglio può sfuggire alla legge di ambivalenza che è applicabile certamente a qualsiasi moto interiore dell’essere incarnato.
Come le Guide hanno spiegato, infatti, all’orgoglio può venire attribuita una connotazione positiva o negativa a seconda delle motivazioni che lo mettono in essere, cosa, peraltro, valida per qualsiasi caratteristica interiore dell’individuo incarnato.
Quello che è certo, comunque, è che l’orgoglio è messo in atto dall’Io e, in quanto tale, ne subisce l’influenza tendendo a diventare una catena che, spesso, induce l’individuo a non voler ammettere i propri errori, a non chiedere scusa per le proprie azioni, a non volersi piegare davanti alla verità che gli viene presentata preferendo talvolta arrivare alla rottura di un rapporto piuttosto che ammettere i propri errori.
Messaggio esemplificativo (1)
Viste le mie qualità e la mia avvenenza io non posso fare altro che cimentarmi nell’orgoglio della propria bellezza. Allora… sbagliavo ad essere orgogliosa della mia pelle morbida, dei miei occhi neri come il giaietto, dei capelli vaporosi e fluenti, del mio corpicino sinuoso, scattante, armonioso… e via dicendo? Può anche darsi di sì ma, sinceramente, come non andare orgogliosa degli sguardi ammirati che suscitavo, dei desideri che scatenavo, dei… Zifed
Fermati un momento, cara, ricorda quanto ha detto una volta Scifo e riesamina questo tuo orgoglio. Di che cosa sei orgogliosa, in realtà? Di una aggregazione di unità elementari che sono le stesse in tutto il piano fisico, cosicché non c’è differenza di qualità tra le unità elementari che componevano i tuoi begli occhioni e le unità elementari che compongono il letame! Boris
Eh no, caro, ora mi offendo: questo accostamento irriverente non mi sembra proprio dei più indicati, perbacco! Zifed
Ma se non basta a farti comprendere che tale tipo di orgoglio è assurdo, io ti chiedo: quanto è durata la tua bellezza e quindi quanta ragione di esistere nel tempo aveva il tuo orgoglio e che cosa hai fatto tu per averla, quale merito hai avuto di essa? Boris
Be’, veramente… a parte il fatto che sono morta giovane e quindi non ho avuto il tempo di vedere sfiorire il mio corpo, in verità quel corpo mi è venuto su da solo. Zifed
Oh, bene: anche un gobbo non ha merito per la sua gobba, e anche la gobba cresce da sola, non è vero, cara? Quindi un gobbo dovrebbe possedere il tuo stesso tipo di orgoglio, non ti pare? Boris
Certo, capisco dove vuoi arrivare, capisco: orgoglio… «orgogl-Io» direbbe Scifo giocando con le parole. Ma è valido davvero per ogni tipo di orgoglio citato dal bel principe Shirab – fra l’altro mi sarebbe piaciuto conoscerlo di persona: saremmo stati una bellissima coppia, invidiata da tutti e… oh!… ci sono ricaduta.. Zifed
Io vi parlo, fratelli cari, non dall’alto di una grande evoluzione, ma dalle conclusioni che ho tratto – credo giustamente – dalla mia propria esistenza di individuo che più e più volte ha dovuto piegarsi alla legge del karma immergendosi nella materia fino a comprendere – spesso anche con la sofferenza – gli errori commessi nel corso di molte vite. Come voi potete immaginare, incarnarsi più volte significa avere la possibilità di sperimentare una grande gamma di Io diversi, di ambienti diversi e – quindi – anche di esperienze diverse.
C’è stata – per esempio – tra le mie molte vite un esistenza in cui il mio impulso maggiore era quello di conoscere, di sapere. Dedicai quella mia vita allo studio e la mia conoscenza – ai tempi, almeno, in cui l’apprendevo – era veramente fuori dall’ordinario, sì che ne andavo molto orgoglioso e forse, fino a un certo punto, anche a ragione. Io vivevo in un’abbazia al di fuori dei passaggi commerciali usuali e dalle vie provinciali, cosicché – come accadeva di frequente all’epoca – essa divenne una specie di isola di cultura galleggiante in un marasma generale che la sfiorava senza lasciare però su di essa grosse tracce.
Era costume di coloro che arrivavano all’abbazia per chiedere asilo temporaneo di fare dei doni e questi doni erano costituiti spesso, più che da oggetti preziosi, da notizie, da conoscenze apprese, da testi raccolti dai viandanti nel loro vagare e, in fondo, completamente inutili per loro dato che l’analfabetismo tra il popolo toccava percentuali incredibilmente alte.
Si era andata così formando all’abbazia una biblioteca considerevole ed eterogenea, biblioteca che era mio compito curare e alla quale dedicai per lungo tempo tutto me stesso. I ritmi di vita tranquilli di quel luogo e il molto tempo libero che trovavo tra i miei compiti materiali e le regole spirituali che seguivamo, era da me riempito dalla lettura e dalla meditazione sui testi che catalogavo o che mandavo ai fratelli restauratori o a quelli che copiavano le parti più fragili e rovinate.
La mia cultura fu davvero – almeno per l’epoca – enciclopedica e alla luce dell’ora mi rendo conto di quanto avrebbe potuto essere maggiore se molte cose non mi fossero sfuggite, vuoi per ignoranza, vuoi perché ripudiate nel nome della religione che praticavo. Tuttavia ne andavo orgoglioso e non passava giorno che il rispetto degli altri fratelli mi si dimostrasse in più occasioni: a me si ricorreva per sciogliere un dubbio teologico, per dirimere un controversia legale tra proprietari terrieri, per spartire in modo appropriato un’eredità contestata o contesa e così via.
Morii molto vecchio, rispettato ed ammirato; alla mia morte però, nel periodo in cui voi sapete che si riesamina criticamente la propria vita, essa mi fu causa di molti tormenti, malgrado a molti di voi possa sembrare una esistenza tranquilla e di facile prova.
Cosa è stato, fratelli miei, che mi ha tormentato? Il capire che il mio orgoglio per la mia cultura era privo di significato cristiano: cosa avevo fatto, invero, per meritarmi e guadagnarmi tale cultura se non leggere e studiare, cioè fare una cosa che faceva parte del mio interesse di allora e quindi privo, in realtà, di un vero sforzo? E quante volte avevo riso con sufficienza e apertamente di chi asseriva delle sciocchezze, invece di offrirgli l’occasione di conoscere ciò che io avevo avuto la fortuna di conoscere e lui no?
La mia conoscenza era vasta e sterile, non dava frutti che a me stesso, e questi frutti erano sì belli all’esterno, ma marci all’interno perché si chiamavano orgoglio, presunzione, sufficienza, vanagloria. Ah, quanto più è da ammirare l’ignorante che agisce istintivamente in aiuto a un suo fratello, in confronto a chi, come il mio Io di allora, risponde a una richiesta d’aiuto con una dotta citazione!
E quante volte mi sono scoperto a usare parole difficili, frasi complesse, cognizioni inusuali, non tanto per far comprendere agli altri – ché altrimenti avrei chiaramente potuto farlo meglio adattando la mia conoscenza alla loro capacità di comprensione – ma per dimostrarmi superiore, per essere reputato intelligente più di quanto in realtà non fossi, per compensare dietro a quel paravento le mie mancanze interiori.
Fratelli miei, la cultura non può essere motivo di orgoglio se non viene usata nel modo giusto: la conoscenza delle cose che più arrivano ad essere trattenute dalla mente umana è cosa talmente piccola che più giusto sarebbe che, più un uomo fosse colto, più grande diventasse non il suo orgoglio ma la sua umiltà. Io dico a chi ritiene con orgoglio di possedere una vasta conoscenza e un’ampia cultura: «Sei tu certo, fratello, che ciò che tu sai e di cui ti inorgoglisci sia la verità e che tra cent’anni tu potresti affermare le stesse cose che ora conosci, senza timore di essere deriso?» Quanti uomini erano orgogliosi della loro conoscenza dell’astronomia e deridevano coloro che affermavano che era la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa! Con queste mie parole non intendo affermare che la cultura sia inutile o che essa debba venire osteggiata, ma invito ogni uomo a non cristallizzarsi nel proprio sapere, a non ritenerlo verità accertata, ad essere sempre pronto a metterlo in discussione, ad essere sempre pronto a non usarlo per pavoneggiarsi, ma a metterlo a disposizione di tutti coloro che ne possono avere bisogno, senza, peraltro, farlo pesare. Andrea
Facciamo ancora alcune altre considerazioni sui moventi umani dell’orgoglio, moventi tutti inscrivibili nella sfera essenzialmente materiale, anche se indubbiamente la loro origine individuale è invece di ordine psico-socio-ambientale.
La prospettiva in cui intendo esaminare questi aspetti dell’orgoglio è legata all’insegnamento della realtà che noi vi andiamo facendo.
È chiaro, infatti, che se noi vi parliamo di illusione, di uniformità della materia fisica, di vari piani di esistenza oltre a quello fisico, di reincarnazione, di karma, non lo facciamo solamente perché ci diletta raccontarvi favole nuove, astratte e, forse, anche indimostrabili, ma proprio perché la comprensione e l’accettazione di questi argomenti possano da voi venire applicati alla vostra vita di tutti i giorni facendovene scorgere nuovi aspetti e mutando, gradatamente, la vostra visione della vita e di voi che questa vita state vivendo. Lo scopo è quello, insomma, di fornirvi degli stimoli per ampliare la vostra concezione della vita e per rendervi in grado di guardare sotto un’angolatura più ampia le esperienze che state vivendo. Noi vi parliamo della composizione della materia affermando che nel piano fisico la materia è uniforme per qualità al di là di quelle che possono essere le vostre percezioni. Bene, come conseguenza di questo, che cos’è che dà un valore spropositato a una perla rispetto al valore dato un grano di miglio? Chiaramente delle convenzioni: sociali, economiche o politiche che siano.Ma la realtà è che società, economia e politica sono solo delle soggettivazioni – per quanto, fino ad un certo punto, utili e perfino necessarie all’evoluzione… ma questo è un altro tipo di favola – sono cioè delle relatività e quindi non fisse, immutabili, tanto che – supponendo un’improvvisa sovrapproduzione delle perle – il valore della perla non sarà più, economicamente, lo stesso.
E allora c’è da chiedersi, creature care: che senso ha dannarsi l’anima, vivere nell’ansia e nelle preoccupazioni, lasciarsi prendere dall’ingordigia e dall’avidità, ostentare la propria ricchezza e andarne orgogliosi, quando questa ricchezza – in realtà – non ha nessun valore se non per la mente?
Certo, non vi dico di regalare tutto ciò che avete e di vivere in povertà – eppure c’è chi l’ha fatto, sentitamente, e ha ottenuto molto di più di quanto regalava – anche perché lo stato generale dell’uomo attuale è tale per cui solo pochissimi riescono a comprendere veramente a fondo l’illusione che stanno vivendo, ma vi suggerisco solo di non affannarvi oltre misura per ciò che, tanto, all’abbandono delle unità elementari che costituiscono il vostro vestito materiale, dovrete perdere ad ogni modo.
Noi vi parliamo di reincarnazione, affermiamo che siete stati non soltanto il vostro lo attuale ma tanti altri lo, diversi per sfaccettature e per caratteristiche. Anzi, vi diciamo addirittura che, prima ancora di avere un’Io che si adirava perché non riusciva a graffiare su di una roccia le sue idee primitive, siete stati animali, e prima ancora materia apparentemente priva delle qualità che, abitualmente, siete soliti attribuire alla vita. Nelle idee di coloro che pensano romanticamente alla reincarnazione, quando cercano di pensare alle proprie vite precedenti tendono a immaginarsi belli, colti, ricchi, famosi, virtuosi e via e via e via.
Com’è diversa la Realtà, creature care! Certo, qualcuno tra voi potrebbe anche essere stato un tempo Leonardo da Vinci – è solo un’ipotesi, badate bene: non vorrei che qualcuno tra voi prendesse per vero quest’esempio – ma, anche se così fosse, non riuscireste a concepire quante persone insulse, avare, meschine, straccione, senza lustro, siete state oltre a quell’ipotetico Leonardo.
Che senso ha, allora, l’orgoglio per uno stato sociale attuale, quando anch’esso non è che un momento, un episodio insignificante di una pletora di vite tra le quali domina, con buona probabilità, la povertà, l’anonimato, e l’appartenenza alle classi meno abbienti?
Se vi fossero stati tanti sacerdoti e tante sacerdotesse, tanti re e tante regine, tanti pittori e tanti musicisti quanti se ne odono descrivere da chi dice di ricordarsi qualche sua o altrui vita passata, vi garantisco che l’umanità attuale sarebbe ormai tutta composta da nobili artisti ben addentro alla conoscenza delle leggi universali… e basta guardarsi intorno, in un raggio anche di pochi metri, per vedere quanto ciò sia falso!
Noi vi parliamo anche di karma, di necessità per ognuno di voi di vivere in un certo ambiente, con certe persone e, addirittura, con ben precise caratteristiche fisiche. Ma allora, creature care, anche la vostra bellezza di una vita non vi appartiene più di quanto vi appartengano la luce del sole e delle stelle. E – ricordatelo – vi sono appartenuti anche corpi senza grazia, ventri prominenti, gambe storte, nasi camusi e – perché no? – arti deformi, gobbe e natiche sbucciate e arrossate dal sole.
C’è di che essere orgogliosi, dunque? Di che vantarsi o far mostra? Giudicate un po’ voi… Scifo
Orgoglio, abbiamo detto un giorno, significa essere consapevoli dei propri meriti e in questo, avevamo aggiunto, non vi è nulla di negativo.
Quand’è allora, figli nostri, che l’orgoglio travalica quel confine incerto che trasforma in vizio la virtù?
Allorché l’orgoglio non è più consapevolezza quieta delle proprie qualità – per transitorie o durature che esse possano essere – ma diventa far mostra di sé, usare i propri pregi per imporsi agli altri, far sì che essi servano per celare le proprie manchevolezze. Quando, in parole povere, questa consapevolezza delle proprie qualità viene asservita all’Io per i suoi fini.
Può sembrare un controsenso quanto ho appena affermato: noi vi suggeriamo spesso di ricercare la vostra consapevolezza e poi affermiamo, come io ho appena fatto, che essa può diventare uno strumento egoistico. State attenti però: la consapevolezza di cui noi parliamo è una consapevolezza totale, mentre quella che voi potete raggiungere attualmente è solo una consapevolezza parziale di alcune delle vostre qualità interiori.
E la parzialità e il frazionamento di qualsiasi cosa, miei cari, è sempre un’arma a doppio taglio; se infatti può costituire la piattaforma sulla quale costruire qualcosa di più completo, d’altro canto, proprio per questi suoi caratteri di incompletezza, può portare a compiere errori di varia natura. Quante volte è successo – ad esempio – che uomini i quali avevano raggiunto una certa consapevolezza di Dio, ma non avevano raggiunto altri fattori di consapevolezza ugualmente importanti e necessari, hanno commesso grandi errori nel cercare di costringere altri fratelli a credere con la forza o nel perseguitare e punire coloro che non avevano raggiunto lo stesso tipo di consapevolezza?
Siate dunque consapevoli dei vostri meriti, orgogliosi delle vostre qualità, ma non dimenticate di ricercare altre fonti di consapevolezza che renderanno il vostro orgoglio giusto e valido non solo per voi stessi ma anche per coloro che vi circondano.
Ricordate che non inseguite il vero Sé solo per voi stessi, ma che lo fate anche affinché ciò che voi riuscite a scoprire possa essere messo al servizio di altri fratelli; fratelli non ancora arrivati allo stesso punto del cammino cui voi già siete pervenuti.
Solo allora il vostro orgoglio avrà un senso e solo allora coloro che guardano a voi come fonte di esempio – i vostri figli, i vostri fratelli, i vostri amici – ne trarranno veramente qualcosa di utile perché non inquinato, se non in minima parte, dagli impulsi del vostro Io. Ancora una volta debbo dirvi: sembra una meta lontana, figli, sembra un orizzonte sfocato e apparentemente irraggiungibile quanto noi, a volte, vi proponiamo; eppure quel seme che noi depositiamo in voi, se lo saprete annaffiare con il vostro Amore e con la vostra Costanza, germoglierà molto più in fretta di quanto voi possiate immaginare. Moti
Noi vi diciamo che siete ben lontani dal conoscere la realtà e Dio stesso, che è la Realtà per eccellenza – e di questo ognuno di voi può, senza sforzo alcuno, riconoscere la verità – ma se è così, che senso ha essere orgogliosi di una conoscenza che, senza ombra di dubbio, è relativa, parziale, infinitesima e, come tale, errata perché largamente incompleta?
Se vi diciamo che non conoscete pressoché per niente neppure voi stessi – e ciò malgrado viviate con voi da anni e, quindi, siate chi più frequentate e avete la possibilità di conoscere – non vi viene da sorridere del vostro essere orgogliosi per la conoscenza di ciò che è all’esterno di voi?
Non vi viene da dubitare che quasi sempre vi buttate a capofitto in quelle conoscenze esteriori, ammantandovi di esse agli occhi degli altri, proprio perché non avete il coraggio di guardare voi stessi e la vostra ignoranza? Coraggio, creature care, non vi abbattete! Non sto criticando, né giudicando, né condannando alcuno: io stesso – se è vero ciò che affermo a proposito della reincarnazione – sono stato un pover’uomo pieno di difetti, di parzialità e di cocciuta ostinazione nel volermi pavoneggiare a tutti i costi con ciò che, in realtà, non mi apparteneva per nulla.
Le mie parole sono soltanto delle constatazioni su uno stato attuale – e peraltro necessario, torno a ripeterlo – del sentire generale dell’umanità. Scifo
Padre, perdonami l’orgoglio che mi impedisce di chiedere scusa per un mio errore, quello stesso orgoglio che non mi fa piegare di fronte all’altrui ragione, quello stesso orgoglio che mi fa incrinare un matrimonio, rovinare un rapporto, sciupare un’amicizia, piuttosto che chinare il capo ed ammettere di avere errato.
Ti prego, Padre mio, perdonami anche per quell’orgoglio che non mi fa accettare le idee degli altri, che mi impedisce di sentirli miei fratelli anche nei momenti in cui mi rivolgono delle critiche – giuste o sbagliate che esse siano – che non mi fa comprendere che un rimprovero, una opposizione, possono anche essere segno di aggressività repressa ma sempre sono segno di non indifferenza, cioè d’amore nei miei confronti.
Concedimi il Tuo perdono, Padre mio, per tutte le lacrime che, per orgoglio, non ho lasciato sgorgare dai miei occhi. Tu lo sai che c’erano, ed erano copiose dentro di me, ma sai anche quanta fatica mi costa mantenere integra la mia immagine di essere orgoglioso, forte, invulnerabile alle avversità, intoccabile dal dolore. Aiutami, Ti prego, Padre mio, a trovare l’unico orgoglio che veramente valga la pena di possedere: quello di sentirmi una Tua creatura e di poterTi chiamare Padre. Viola
1 Sussurri nel vento, pag. 34 e segg.
Dal volume del Cerchio Ifior, Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata