Ottimismo e pessimismo. Dizionario del Cerchio Ifior
Tutti noi alterniamo con facilità momenti di ottimismo e momenti di pessimismo. Direi che è quasi una condizione naturale dell’uomo incarnato sull’onda delle speranze o delle disillusioni del suo Io e, ancora una volta, non si può che sottolineare che l’osservazione di queste due fasi può essere utile per arrivare ad essere consapevoli di ciò che ci muove all’interno della vita che conduciamo.
Il problema principale consiste, secondo le Guide, nella difficoltà in cui ci mette l’Io dal momento che difficilmente riesce a essere realista e obiettivo: dal momento che la rappresentazione della sua realtà è sempre in funzione di se stesso, della sua gratificazione e del suo tentativo di controllare la vita che conduce, la sua obiettività è sempre poco attendibile o, quanto meno, parziale. Sarebbe compito nostro non lasciare che il suo giudizio sulla realtà ci faccia perdere di vista come stanno veramente le cose, cercando di operare un controllo su di esso. Detto a parole sembra una cosa facile ma non è veramente così: in fondo si tratta – come dicono le Guide – di imparare a strumentalizzare l’Io mentre l’Io cerca di strumentalizzare la nostra vita. Non è cosa facile, ci dicono, ma neanche cosa impossibile da farsi, quindi credo che varrebbe sempre la pena provare. Se poi il tentativo fallisce… beh, certamente ci penserà l’esistenza, con le sue proposte d’esperienza, ad aiutarci a capire!
Messaggio esemplificativo (1)
«Io, per conto mio, preferisco essere pessimista! Certo perché così son pronto a tutto quello che succede, se le cose vanno male ero preparato, se vanno bene, tanto di guadagnato, sono contento ed il mio pessimismo mi ha in qualche modo parato dai colpi dell’esistenza». Scifo
«Io, invece, preferisco essere ottimista, trovo sciocco, in fondo, tagliarmi la testa prima che sia il momento in cui io me la debba tagliare. Molto meglio, quindi, essere ottimisti e confidare che le cose andranno sempre e comunque nel verso giusto». Moti
Questi sono due modi, creature, per affrontare l’esistenza di tutti i giorni: chi tra voi si sarà riconosciuto in un atteggiamento, chi nell’altro, ma qual è il migliore dei due atteggiamenti? Noi diciamo che, comunque sia, è sempre meglio essere ottimisti che pessimisti. Certamente l’ottimista poi si troverà (o potrebbe trovarsi) di fronte alla sofferenza perché le cose non vanno nel verso giusto, però, intanto, avrà trascorso un periodo della sua vita in apparente felicità e tranquillità; il pessimista, invece, dal canto suo, non fa altro che anticipare dentro di sé, nella sua mente, nei suoi pensieri, le possibili avversità che gli potranno capitare, non ottenendo altro, alla fin fine, che di prolungare nel tempo queste avversità fino a quando esse si presenteranno per davvero. Il che significa che soffrirà allo stesso modo dell’ottimista allorché si troverà davanti alle avversità, però in precedenza aveva già sofferto di più per avere anticipato queste avversità dentro di sé.
Siete d’accordo su questo? Ed allora, se siete d’accordo cercate di essere ottimisti nel corso delle vostre giornate.
Ottimisti però non significa voler essere ottimisti a tutti i costi e negare l’evidenza, significa pensare che le cose, comunque, si aggiusteranno in qualche modo e quindi adoperarsi affinché si aggiustino, qualunque sia la situazione in cui uno si può venire a trovare. Scifo
Quello che dovete, figli e fratelli, comunque tenere sempre presente, è il fatto che l’essere ottimisti e l’essere pessimisti sono due condizioni che appartengono entrambe all’Io. Chi è ottimista o chi è pessimista è insomma il vostro Io, e questo accade sempre e comunque a qualsiasi punto dell’evoluzione ognuno di voi incarnato si trovi ad essere, poiché nel momento in cui è presente sul piano fisico, voi sapete che possiede comunque un Io. Rodolfo
Se, dunque, l’ottimismo ed il pessimismo appartengono all’Io, anche il realismo appartiene all’Io? Anche il realismo è una condizione proprio dell’Io per cui esso osserva la situazione che vive e riesce ad osservare la realtà con occhi realistici? Billy
Se pensate questo, creature, state sbagliando grandemente! Anche chi tra di voi afferma che cerca di essere realista nel considerare le cose, qualunque cosa, in realtà non riesce mai ad essere veramente realista, e tutta la sua osservazione è condizionata dai bisogni del proprio Io e, quindi, dai propri bisogni evolutivi. Essere realistico veramente, significa andare al di là dei desideri, porsi al di sopra dei desideri, porsi al di sopra delle sensazioni, porsi al di sopra delle emozioni, porsi persino al di sopra dei pensieri.
Questo significa che l’unica parte di voi che può essere realistica non può essere che la vostra coscienza ed il vostro corpo della coscienza, il quale, tessendo le fila del vostro muoversi lungo la scala evolutiva, si situa al di sopra dei corpi inferiori e quindi non si fa governare dai sentimenti, dai desideri, dalle emozioni né, tanto meno, dai pensieri, ma semplicemente tiene conto dei fattori che ha inscritto come comprensioni al proprio interno. È quindi realista per quanto gli è possibile esserlo. Scifo
Certamente, figli, se poi volete esaminare il realismo dal punto di vista filosofico, secondo la filosofia che noi cerchiamo di portarvi, l’unica conclusione che si può arrivare a proporre su chi è veramente realista non è che giungere ad affermare che vi è una sola entità in grado di essere realista, ovvero Colui che tutto E’, e quindi tutto conosce, nella sua più intima essenza e nella sua più vera natura. Tutto ciò che non è ancora o non è più strettamente collegato con esso non può, alla fin fine, essere veramente realista con la «R» maiuscola, quanto meno perché come il corpo akasico, il corpo della coscienza non ha ancora tutti i dati per poter veramente avere una visione completa della realtà. Moti
«Padre, padre mio, perché mi hai abbandonato?», disse l’uomo; «Sia fatta la Tua volontà e non la mia», disse il Cristo; eppure erano la stessa persona. In lui erano presenti entrambe le qualità: il pessimismo e l’ottimismo della creatura incarnata ed il realismo di Colui che è a più stretto contatto con la Divinità. Poteste, potessimo, ognuno di noi, nel corso della nostra vita, riuscire a cogliere quella sottile differenza tra la nostra natura umana e la nostra natura divina! Se riuscissimo a far questo, tutta la nostra vita ne sarebbe cambiata, trasformata, e noi abbandoneremmo questo continuo immergersi nella materia, per arrivare a comprendere e a tramutare noi stessi. Viola
1 Le chiavi del Paradiso, pag. 60 e segg.
Dal volume del Cerchio Ifior, Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata