[…] Noi però oggi stiamo parlando di un percepirsi pacati e quindi placati interiormente, cioè di un’immobilità, pur dentro la variabilità dei pensieri, delle emozioni ed anche degli atteggiamenti o dei comportamenti.
Ed è proprio così: dentro la variabilità della globalità umana c’è uno stato immobile.
L’incontro col mondo misterioso in sé porta a scoprire che ognuno è già altro rispetto a quello che oggi pensa di essere, poiché diventa possibile scoprire dentro di sé la radice di tutto.
Il nostro orizzonte esistenziale e spirituale
Vi propongo queste parole del Cerchio Ifior che mirabilmente esprimono il senso compiuto del procedere interiore e l’approdo nell’esperienza dell’unità.
Quando comprenderò con tutto me stesso che «Tutto È Uno»
che sarà di me, Padre?
Moti
Tu non avrai più la tua famiglia,
ma ogni uomo, animale, pianta, cristallo
sarà un membro della fratellanza universale.
La paura di perdere e del non conosciuto, la vita nel sentire
Vorrei affrontare tre argomenti:
– La paura di perdere.
– La paura di andare oltre il conosciuto.
– La sostanza dell’esistere che si manifesta in ogni singolo e semplice fatto a chi ha la capacità di coglierla.
La paura di perdere
Scrive Samuele nel commento al post La solitudine: “Infine non c’è più niente….” ma nel contempo non c’è né depressione né morte, né tristezza, né desolazione, vero? C’è comunque “altro”, l’accesso all’essere a qualcosa che basta a sé stesso, al di là di ogni perché, direzione e scopo?
Perché è importante il logoramento nella pratica meditativa?
Perché solo quando la mente è logorata dal tempo che non passa, dalla noia, dal non avere agganci e sollazzi, dal dolore fisico della postura, magari, dal disturbo dei pensieri che non vogliono mollare la presa, dal senso di fallimento per la pessima pratica che si sta attuando, solo quando la mente coglie la totale inutilità di quella pratica, stiamo entrando nella pratica vera ed autentica.
Non si pratica una forma qualsiasi di meditazione per divenire migliori, mossi da uno scopo: se lo si fa, si è dei perfetti asini.
La meditazione è pratica di gratuità: è specchio dell’essere che accade e del divenire che scorre senza coerenza e senza essere più tenuto assieme dalla volontà di un soggetto.
La solitudine, la fiducia, il mare dell’ordinarietà
Per una ragione a me inconoscibile, la vita mi ha condotto su una via di solitudine e di assenza di riferimenti certi: non in una religione, in una filosofia, in una pratica ho potuto confidare, ma solo sull’indagine del sentire, sull’attingere a quel pozzo la cui profondità è insondabile alla mente umana e si dichiara esclusivamente nell’osservazione, nell’ascolto, nello stare della contemplazione.
Per una qualche ragione, la vita mi ha condotto in mare aperto pur avendo io paura del mare.
Bene rappresentano il mio cammino esistenziale questi brani di Matteo/Luca/Marco:
Lo specchio interiore, il giusto e il vero
Vi racconto un’esperienza accaduta ad una persona che frequenta questo Sentiero.
Questa persona va in un ipermercato per comperare dei libri che le interessano e che sono particolarmente scontati. Trova i libri, va alla cassa automatica, paga e si avvia verso l’uscita. Strada facendo riflette sulla cifra complessiva spesa e si avvede che è troppo bassa: controlla lo scontrino e scopre che risultano pagati due libri mentre essa ne ha presi tre, uno dunque non è stato pagato.
Per un attimo la persona è attraversata dal dubbio: può uscire e far finta di niente, non ci sono ulteriori controlli; o può tornare indietro e sistemare la cosa.
Il dubbio svanisce, la persona torna indietro e paga il libro non registrato precedentemente.
La stabilità interiore è il frutto della pratica meditativa quotidiana
Se il muratore costruisce male le fondamenta, la casa sarà instabile: ciascuno di noi, ogni giorno, getta le basi della stabilità di domani e lo fa scegliendo cosa coltivare e cosa lasciare andare, di cosa nutrirsi e da cosa stare alla larga.
Ogni giorno coltiviamo pensieri, emozioni ed azioni e tutto questo permette di esprimere il compreso, di confrontarci con il non compreso e getta le basi dei passi futuri, di quello che faremo e saremo domani.
Il cammino della conoscenza, della consapevolezza e della comprensione a volte ci conduce in angoli angusti del nostro essere, su sentieri accidentati e qualche volta pericolosi: non potendo evitare di affrontare le sfide del non compreso, come possiamo operare per mantenerci lucidi, equilibrati il più possibile, consapevoli dei processi nei quali siamo immersi?
Appunti sull’illusione del monaco
Tratteggio di seguito alcune considerazioni stimolate dalla lettura del libro: Il cammino del monaco, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose: sono solo appunti e come tali vanno considerati.
1- L’illusione di poter dedicare l’esistenza a Dio, l’amato. L’esistenza è già di Dio, chi la dedica a chi?
Il monaco dedica la propria vita all’incontro con Dio ma, bisogna precisare, l’artefice dell’incontro non è il monaco, è Dio: quello del monaco è un movimento di apertura, di svelamento, di accoglienza, di resa non di conquista.
Dio non si possiede, si è da Lui posseduti; non lo si raggiunge, si è raggiunti; non lo si conosce, si è conosciuti.
La pretesa della propria unicità
[…] “In quei momenti, in quei rari, rarissimi momenti,
io riesco per un attimo a trovare veramente in me il senso dell’umiltà:
allorché mi sento sperduto, piccola goccia di colore anonima
– ma non per questo meno importante – sulla grande tela che Tu,
con infinita pazienza, costanza e bontà hai creato.” Fonte
Ricorrono due espressioni:
– il senso dell’umiltà;
– l’importanza pur nell’irrilevanza.