Gratuità e responsabilità

Mi appresto a scrivere questo post stimolato da una discussione nella comunità: il tema che affronto è scontato per tanti versi, ancora da indagare per altri ed è con l’intenzione di indagare che scrivo.
Quando parliamo di gratuità intendiamo l’operare mosso da una intenzione libera da ogni tornaconto personale e da ogni connotazione egoica: chi opera nella gratuità è libero da se stesso ma, il suo operare, non necessariamente è uno spargere semi al vento, quasi sempre è inserito all’interno di una progettualità e quindi ha una direzione realizzativa.

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La via della fiducia

Passiamo vite nella morsa che ci stringe tra controllo e preoccupazione.
Cerchiamo di controllare e preordinare il flusso degli eventi; ci preoccupiamo della nostra salute, dei nostri figli, dei nostri partner.
Nelle nostre vite c’è un deficit di fiducia e un eccesso di pretesa: coltivare la fiducia significa riporre la pretesa.
Forse qualche mente adesso pensa che io voglia sostenere l’abbandono al fatalismo, al destino, alla volontà di Dio convenzionalmente e popolarmente intesa.
Esiste una volontà generale di Dio che si esercita nell’uomo, e questo non può essere altrimenti essendo l’umano espressione del sentire divino, ma non esiste il Dio altro da sé che crea e determina i dettagli del nostro quotidiano.

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Risiedere in sé stessi

Osservare, ascoltare, tacere, imparare, coltivare la compassione: queste sono le disposizioni interiore necessarie per risiedere in sé stessi, questa è l’essenza del Sentiero contemplativo.

Osservare ed ascoltare
Cosa giunge a me in questo momento come sensazione, emozione, pensiero, sentire di coscienza?
Cosa giunge dall’ambiente interiore e da quello esteriore?
E, su ciò che giunge, quali etichette vi appongo, quali giudizi e quali aspettative?

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Credere che vivere sia “fare”

Fino ad un certo punto del suo cammino esistenziale, l’umano ha bisogno di misurarsi con il fare, con la manifestazione attiva e preponderante di sé.
Da un certo punto in poi, questa propensione diminuisce e la persona diviene più riflessiva, più attenta alla sostanza e meno identificata con la produzione e la eccitazione, meno desiderosa di collocarsi sul palcoscenico della vita.
Noi ci rivolgiamo a questa seconda categoria di persone, per la prima non abbiamo risposte.

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Declinazioni dell’Assoluto

Ho pubblicato in Novità dal Sentiero una breve presentazione dell’ispirazione quacchera, tra le articolazioni del mondo cristiano certamente una delle più vicine al nostro cammino.
La “luce interiore” dei quaccheri è certamente assimilabile al “processo intuitivo” del quale parliamo nel Sentiero.
Il processo intuitivo non è solo l’espressione del compreso contenuto nella coscienza, è ben altro e vorrei tornare a rifletterci brevemente.
Ogni essere che assume una forma e un’espressione nel tempo e nello spazio (*/**) di cosa è espressione?
Potremmo rispondere dell’Assoluto, ma è una affermazione piuttosto generica. Diremo invece che è espressione di uno degli innumerevoli gradi del sentire dell’Assoluto:

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La radice del lamento

Sono passato ieri davanti alla stazione di Marotta, una località turistica della costa, e ho visto che nelle due misere aiuole l’erba era alta un metro e sono rimasto basito.
Ho telefonato a mio fratello, che a Marotta abita e che ha ancora, a differenza di me, alcuni contatti nell’amministrazione comunale, per chiedergli se poteva fare qualcosa.
Avrei potuto brontolare, lamentarmi, ingiuriare gli amministratori disattenti, e forse anche incapaci, e chiuderla lì. Ma non è nella mia natura, se c’è un problema, tendo a farmene carico.

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La fine della scuola?

Finisce un anno scolastico, ma purtroppo non finisce la scuola.
Il più grande cantiere di umiliazione delle risorse personali, sarà ancora lì dopo la pausa estiva.
Come può un sistema sociale fondato sul niente fare a meno della sua piallatrice, della sua macchina del vuoto?
Come potrebbe altrimenti produrre individui seriali privi di strumenti critici e di analisi, di capacità di gestione e di trasformazione di sé e della realtà attorno, disposti a farsi valutare senza fine, a farsi etichettare e incasellare, ad accettare la bulimia dei contenuti senza protestare, a rimanere prigionieri di spazi e tempi, ad essere trattati come polli in batteria?

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La vicinanza che aiuta

In una coppia, se i due affrontano la vita leggendola alla luce dello stesso paradigma, tutto è più facile: quando in una officina gli operai sono esperti ed affiatati, il lavoro scorre molto più agevolmente e con meno fatica per tutti. La presenza di un apprendista che non conosce il lavoro, richiede uno sforzo e una dedizione particolari ma, in genere, l’apprendista impara e quello sforzo è ripagato dalla suddivisione futura dei compiti e dei carichi.
Quando in una coppia, uno dei due non ne vuol sapere di condividere il paradigma, la cosa si complica: un apprendista lo puoi anche licenziare, un partner pure, ma è più complicato.

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Essere gratitudine

Prendo lo spunto per questo post dal Lunedì nel Sentiero di oggi.
C’è l’esperienza dell’essere grati e quella dell’essere gratitudine.
Essere grati implica un soggetto: c’è qualcuno che è grato. E’ una esperienza importante che assume una portata variabile a seconda della nostra disposizione e di ciò che riceviamo dall’altro, o dalla vita.
Essere gratitudine è un’esperienza di tutt’altra natura: c’è la gratitudine libera dal soggetto che, semmai ci fosse, è da essa attraversato e marginalizzato occupando la gratitudine il centro dell’esperienza.

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