Paranormale, medium, sensitivi e ricercatori spirituali

Vi è poi, in un angolo del nostro giardino, l’immagine di colui che vi promette di mettersi in contatto con i vostri cari scomparsi, giocando sulla vostra speranza che ciò accada, sul vostro desiderio che ciò avvenga. Ma a costui, tutti voi, figli nostri che conoscete l’insegnamento, senza dubbio non darete molto credito perché sapete che ben difficilmente la persona che abbandona il piano fisico è subito consapevole di ciò che egli è sul piano di esistenza in cui è passato dopo la sua morte. Prima di acquisirne la consapevolezza (e supponendo che possieda la quantità di evoluzione giusta perché ciò possa avvenire) deve, comunque, riesaminare la vita che ha appena vissuto (il che non avviene in un attimo del vostro tempo fisico), deve aver superato la fase in cui, sul piano astrale, dà una forma per lui tangibile e vera ai desideri cercati in vita e rimasti insoddisfatti o alle paure subite e non risolte, e via dicendo.
Solo in seguito, quando questa fase sarà passata, se ne avrà il desiderio (e non sempre esso vi è), potrebbe cercare di mettersi in contatto con le persone rimaste sul piano fisico. Ma quante volte accade, figli e fratelli, che quando egli si trova nello stato interiore adatto per poter cercare questo contatto si rende conto di non possedere le conoscenze adatte per realizzarlo come vorrebbe, oppure che il tempo, sul piano fisico, è ormai trascorso tanto che le persone che desidererebbe contattare hanno abbandonato, a loro volta, la vita fisica!
Da tutti questi argomenti si può dedurre, miei cari, che per attraversare il giardino degli incanti è necessario, prima di tutto, possedere una preparazione a livello di conoscenza ma, soprattutto, la capacità di essere obiettivi e non facili prede dei propri desideri e delle proprie illusioni, oltre che un grande equilibrio emotivo e psichico. Senza questi attributi il viaggio nel mistero può diventare un’allucinazione dalla quale è difficile uscire, perdendo di vista quella che è la ben più importante realtà esistenziale di se stessi. Certo, anche da un’esperienza del genere l’individuo finirà col trarre comprensione ed evoluzione, ma vale la pena, figli, aggiungere nuove sofferenze e nuovi errori a quelli che già vi accompagnano nel vostro viaggio attraverso la vostra vita quotidiana? Io dico di no, miei cari, e lo faccio non perché intendo preservare gelosamente l’esclusività di accesso al mondo incantato, bensì perché ho scoperto io stesso, attraversando quel giardino, che il fenomeno meraviglioso lo stavo già vivendo senza un attimo di tregua ogni volta che vedevo sorgere il sole, che sentivo spirare il vento, che annusavo il profumo di un fiore, che lavoravo, che creavo qualcosa con le mie mani, che amavo un’altra creatura. E che tutti questi misteri erano ancora, per me, sconosciuti e incompresi, ancorché incontrati quotidianamente.
Una delle certezze inalienabili del giardino degli incanti è che non vi è, in esso, alcuna certezza: tutto quello che si incontra può (quanto meno teoricamente) essere vero ma, contemporaneamente, può non esserlo affatto.
Come muoversi, allora, tra le tante meraviglie, senza correre il rischio di perdere la propria obiettività e il proprio senso della realtà, figli?
L’errore principale di tutti coloro che percorrono questa strada spinti dai propri bisogni interiori è situato proprio all’inizio del loro cammino, ed è quello di iniziarlo ritenendo che ciò che incontreranno sarà la realtà e che, tuttalpiù, lungo la strada potrà capitare che troveranno alcuni casi in cui, dietro il sipario del meraviglioso, si celerà una realtà ben diversa e più «normale». Quanti di voi sono pronti a ritenere una luce che si spegne e si riaccende nella propria casa un avvertimento ultraterreno o il segnale di presenze ultrafisiche? Quanti tra di voi vedono muoversi un oggetto (magari posto su un televisore) e l’interpretano come un intervento di forze paranormali di qualche tipo quando esistono, invece, spiegazioni completamente normali e fisiche per giustificare quell’accendersi o spegnersi della luce o il movimento dell’oggetto?
Non dico che non possa avvenire realmente che questi piccoli fenomeni possano avere un’origine insolita, ma asserisco che ciò accade in un numero limitatissimo di casi e che è soltanto il vostro desiderio che la realtà sia quella, il che appaga il vostro Io, a farvi accettare proprio quella spiegazione e non un’altra.
Al fine di non soggiacere a illusioni e cocenti disillusioni, dovreste iniziare il vostro approccio all’insolito in maniera diversa, cioè considerando come prima e più probabile ipotesi che ciò a cui assistete ha un’origine normale e spiegabilissima facilmente, e lasciare come ultima possibilità (dopo aver scartato con la logica e la ragione siffatta ipotesi) il ritenere quanto avete osservato frutto di una realtà alternativa a quella fisica in cui vivete. Infatti, a parer nostro, è molto più utile e meno pericoloso per chi non vuole essere, come dicevo prima, illuso e disilluso, sbagliare attribuendo a un fenomeno ultrafisico cause terrene, che sbagliare in senso opposto. E, in ogni caso, se è una volontà non terrena a provocare il fenomeno, esso si ripeterà, probabilmente accentuato e diversificato poiché, se lo scopo è quello di attrarre la vostra attenzione per qualche motivo, certamente chi lo provoca (dal momento che dimostra di possedere le capacità per farlo) non desisterà dal tentare di farvi comprendere quanto vi voleva suggerire.
Insomma, o figli, la via della ragione è il solo e unico strumento che vi può far da sostegno nell’attraversare il nostro giardino incantato. Purtroppo, ahimè, specialmente in ambiente spiritico, questo non viene tenuto in molta considerazione, e non soltanto da parte dei frequentatori degli incontri «spiritici», ma anche da parte dei cosiddetti «ricercatori». Un esempio per tutti: le «identificazioni spiritiche». La letteratura del paranormale è zeppa di casi di identificazione spiritica, dal più semplice al più complesso, accreditati e ritenuti inspiegabili in altra maniera che riconoscendo come reale l’intervento della persona in questione. Che illusione, figli nostri, e quante spiegazioni alternative esistono! Il 90 per cento di esse è costituita da persone che riconoscono un caro scomparso perché dice loro «cara mamma» o «caro papà» e asserisce di «essere ormai uno spirito di luce» che, magari, viene a parlare per una «missione spirituale».
Già in precedenza abbiamo visto quanta probabilità vi sia che questo avvenga veramente e quali sono i motivi che giustificano la bassa percentuale di realtà di questi interventi. Vi sono, poi, casi un cui la manifestazione fornisce dati e date sulla sua vita a «prova» della sua identità. Quasi sempre si tratta di elementi che possono essere riscontrati dal ricercatore da una semplice lettura della pagina dei necrologi. Accade persino, talvolta, che in questi dati vi siano degli errori, in particolare nelle date di nascita o di morte e ciò, miei cari, dovrebbe già mettere in guardia: può accadere che l’entità che ha lasciato il mondo fisico da non molto tempo non abbia ancora accettato del tutto il suo abbandono del piano fisico (la psicologia del dopo-morte, ricordatelo, è ancora la stessa della persona quando era in vita) cosicché un rifiuto della propria morte può portare a non volerne ricordare la data in modo esatto, ma, nella maggioranza dei casi, non esiste nessuna motivazione psicologica per non ricordare esattamente la propria data di nascita. Certo, come accade di solito, si può tirare in ballo la poca fluidità delle energie… ma questo è poco credibile perché, nell’insieme di una manifestazione di tal genere, l’energia necessaria a pronunciare una data è ben poca cosa rispetto a quella necessaria all’intervento stesso; come minimo ciò dovrebbe alimentare i dubbi e la cautela, non vi sembra, miei cari? Quante volte, ancora, ho osservato presunte identificazioni spiritiche con dati all’apparenza difficili da riscontrare mentre, magari, con una spassionata riflessione, si poteva scoprire che la persona che faceva da tramite poteva aver accesso a quegli stessi dati in qualche maniera, magari perché il suo mestiere la metteva nella condizione di poter accedere ad archivi storici! Non dico che, in tutti questi casi vi sia l’inganno, ma affermo che, quanto meno, vi è la possibilità di una drammatizzazione inconscia.
Non mi soffermo sul fatto che non esiste quasi mai la prova che, anche quando si tratti veramente di intervento spiritico, chi comunica sia veramente colui che afferma di essere: se riteniamo possibile l’intervento di entità con la capacità di manifestarsi dobbiamo, per forza di cose, considerare che queste entità possono anche, per loro bisogni interiori (ad esempio la necessità di ricevere vibrazioni di affetto da parte degli astanti) assumere una falsa identità recependo, magari, i dati necessari dai desideri inespressi dei presenti.