Senso di colpa. Dizionario del Cerchio Ifior
Sensazione interiore di aver commesso delle azioni o omissioni che hanno provocato danni o problemi a se stessi o agli altri.
Messaggio esemplificativo
Io vorrei occuparmi del «vero» senso di colpa, quello che non nasce da influenze più o meno esterne all’individuo ma che nasce, invece dalla sua interiorità.
Nel corpo akasico non esistono «se» e «ma» e «forse», il corpo akasico è più realista del re ed in esso hanno posto soltanto le certezze: fino a quando una certezza non è stata raggiunta in maniera definitiva non è entrata veramente a far parte del corpo akasico dell’individuo.
Voi vi chiederete: «Come fa il corpo akasico a essere certo di essere nel giusto»?
Lo abbiamo già detto in precedenza ma vale senz’altro la pena ripeterlo: il corpo akasico non pensa ma lavora in termini di sentire, di vibrazioni di sentire. È come un direttore d’orchestra che senta suonare tanti strumenti a lui collegati e cerchi di farli suonare perfettamente in accordo con una musica che sente suonare esternamente a se stesso e che «sente» essere perfettamente giusta. Questa musica esterna è costituita dalle vibrazioni emesse in continuazione dagli archetipi permanenti e la certezza della comprensione giusta il corpo akasico la ricava nel momento in cui la vibrazione tipica di quella comprensione diventa indistinguibile dall’analoga vibrazione che appartiene a un archetipo transitorio.
Capisco che vi possa sembrare che tutto questo mio discorso con il senso di colpa non c’entri poi molto, ma non è così, miei cari!
Se guardate il vostro passato vi accorgerete di aver fatto più di una volta delle azioni terribili: tuttavia non tutte vi hanno provocato, poi, dei veri sensi di colpa.
Questo perché gli errori fatti erano causati da un’incomprensione: certamente ci si può sentire in colpa se, inavvertitamente, si fa del male a un’altra persona ma il senso di colpa che ne deriva è un senso di colpa che influirà molto relativamente su di voi. Pensate al bambino piccolo: se rompe un oggetto piangerà perché l’oggetto non è più come lo voleva o a seguito delle reazioni del possessore dell’oggetto che, magari, lo sgriderà per averlo rotto, ma il suo senso di colpa finirà lì, nelle reazioni immediate del suo Io alla situazione. Questo accade perché il bimbo non ha ancora acquisito se non in minima parte i collegamenti con tutto ciò che riguarda l’akasico (ovvero la sua coscienza e gli stessi archetipi, sia transitori che permanenti).
Quelli che, invece, costituiranno un macigno per la vostra coscienza saranno i sensi di colpa conseguenti a un’azione che sapevate di dover compiere in maniera diversa e che invece, sotto l’influenza del vostro Io, avete compiuto in maniera sbagliata.
Nel momento in cui il vostro Io non vi sovrasterà più con le molteplici invenzioni che riesce a creare per giustificare il vostro comportamento e il suo «sbagliare sapendo di sbagliare», in quel momento il senso di colpa affiorerà alla vostra coscienza.
E già, creature: sono distinguibili due diversi momenti nell’influenza che il senso di colpa ha su di voi e sulla vostra vita: c’è infatti una prima fase in cui la vostra coscienza si accorge che ciò che state facendo è sbagliato e non riesce ad arrivare al vostro Io per impedirgli di commettere l’errore e c’è la seconda fase in cui l’errore è stato compiuto e, finalmente, il vostro corpo akasico riesce a renderne consapevole anche la vostra coscienza di individui incarnati.
A quel punto il senso di colpa che, prima, aveva lavorato sotterraneamente, disturbandovi in mille modi diversi (dalle ansie, alle paure, alle fobie, agli psicosomatismi), adesso viene a galla nella vostra consapevolezza e vi trovate di fronte alla realtà del vostro agire.
È in questo preciso momento che si dovrebbe inserire uno degli insegnamenti che più spesso vi abbiamo citato negli ultimi tempi: «non lasciatevi sovrastare dai sensi di colpa».
Con queste parole non abbiamo mai inteso dire che dovete mettere da parte i vostri sensi di colpa con una scrollata di spalle o qualcosa del tipo: «Be, ormai è fatta» bensì che dovete prendere atto dell’errore fatto e, approfittando della presa di coscienza raggiunta, operare al vostro interno per comprendere al meglio possibile il vostro errore in maniera da non commetterlo più.
Ciò che, invece, l’uomo incarnato tende a fare è colpevolizzarsi per gli errori fatti e rende questa colpevolizzazione un motivo di immobilismo che, magari, appaga il suo senso di autopunizione, ma, comunque, non serve a migliorare la situazione per quanto riguarda la comprensione.
In ultima analisi il senso di colpa può essere considerato alla luce della legge dell’ambivalenza: se da un lato danneggia l’individuo limitandolo nella conduzione di una vita serena, dall’altro lo aiuta sventolandogli sotto il naso le bandierine di allarme e gridandogli a gran voce che, con un po’ di buona volontà e sincerità con se stesso, può arrivare a comprendere fino in fondo ciò che aveva, evidentemente, compreso solo in maniera parziale o, quanto meno, in una maniera che non teneva conto di sfumature meno trascurabili di quanto potevano apparire. Scifo
Dal volume del Cerchio Ifior, Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima, pag. 45-47, Edizione privata