Il ciclo del vivente che da amore torna ad amore

“Tu creatura, chi sei?
Tu sei ciò che dai agli altri
Tu sei la compassione che sai donare a chi sta soffrendo.
Tu sei la dolcezza che trasmetti a chi è amareggiato
Tu sei il sorriso che porgi a chi è infelice
Tu sei tutto quello che di te agli altri arriva
Tu sei
Tu, da solo, non sei nulla, creatura
Tu sei

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Lasciamo che l’amore operi in noi

Se spostate lo sguardo da queste parole che state leggendo verso destra, vedete una tazza vuota e la frase: L’amore sostanzia la realtà.
La tazza vuota è il simbolo del vuoto di sé: vuoto di presunzione di conoscere, vuoto di giudizio, vuoto di aspettativa, vuoto di una soggettività che occupa uno spazio a discapito dell’altro, vuoto di bisogni, vuoto di ingombro di sé.
La frase significa quel che afferma: la sostanza della realtà è costituita dall’amore. Ogni fatto (pensiero, emozione, azione), ogni accadere altro non è che articolazione del principio d’amore, l’unico realmente esistente, l’alfa e l’omega del processo del divenire, il principio che mai muta perché precede ogni divenire e non è corrotto dalla natura effimera di questo.

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Una responsabilità prioritaria: non alimentare l’inimicizia

Questo tempo è attraversato da correnti di inimicizia molto forti, molto pervasive e che intessono gli animi e le relazioni.
Non descriverò qui i mille volti di questa inimicizia, sono più che evidenti anche agli occhi dei meno accorti.
Voglio invece parlare della responsabilità di chi ha compreso l’importanza e la delicatezza di questo tempo di transizione per le coscienze.
Mi risulta incomprensibile e non accettabile l’atteggiamento di quanti si voltano schifati di fronte all’essere attuale del mondo: non comprendo la presunzione che sostiene quella avversione, non condivido il tirarsene fuori, la critica di chi non si misura con i processi.

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Non aver timore di dare

Il solo avviarsi del processo del dare già ci libera.
Più il processo si consolida e diviene non solo intenzione, non solo pensiero ma si veste di affetto, di emozione e, infine, culmina nell’azione, più sentiamo realizzarsi la nostra vera natura e l’autentico scopo del nostro esistere.
L’amore è sostanza dell’essere e del divenire, l’alfa e l’omega delle nostre vite e ora assume la forma del ricevere, ora del dare; ora del sì, e ora del no; in un momento quella dell’esserci, e in un altro quella dello scomparire.
L’umano non ha difficoltà a prendere, ma non è un prendere sano perché è mosso dalla sua egoità.

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Amare non è una esperienza fondata sul sentimento

Vangelo di Tommaso. Gesù disse: «Ama il tuo fratello come la tua anima. Custodiscilo come la pupilla del tuo occhio».
Paralleli con i sinottici a fondo pagina.
Ama il tuo fratello come la tua anima: nel Sentiero non parliamo di anima ma di coscienza e consideriamo che essa sia la sorgente di tutto ciò che viviamo.
La coscienza crea noi e la realtà, i vari gradi di sentire che la compongono e contraddistinguono altro non sono che aspetti del sentire assoluto.
Dunque la coscienza, nella illusoria frammentazione dell’Uno, non è che aspetto di Esso.
Amare l’anima non è una pratica che coinvolga il sentimento: è comprendere la sua natura e con questa, la natura dell’Assoluto.
Amare non è provare qualcosa affettivamente: è abbracciare nella comprensione l’incomprensibile alla ragione.

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L’operare gratuito, l’amore che non ci appartiene

“Invece se pur restando nel mondo, nella famiglia,
pur lavorando, compirà le sue azioni anonime,
insignificanti, dedicandole a Te;
se amerà e servirà di più i suoi cari
donando a Te quella vita apparentemente inutile;
se cercherà di pulire, abbellire, facilitare
la vita degli altri per amore a Te, o Signore,
allora sì che Ti mostrerai.”
(L’intero testo alla fine del post)

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L’interesse per l’altro, l’amore oltre sé, la gratuità

Fai per l’altro senza aspettarti nulla in cambio;
non dare per ricevere;
sia il tuo interesse per l’altro qualcosa
che da solo basta per la tua felicità;
se davvero lo ami, sii vicino all’altro
qualunque cosa 
pensi o faccia,
perché il vero amore non ha bisogno
di essere corrisposto e,
quando tu ti aspetti di ricevere qualcosa,
allora stai attento a quello che
pensi,
perché già lì potresti trovarti in faccia
al tuo egoismo mascherato d’amore.
Scifo

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L’amore e il suo messaggero

Un genitore che va dai carabinieri e denuncia il proprio figlio tossico.
Un popolo, quello italiano, a cui va insegnata l’etica della responsabilità e della coerenza.
Due esempi che estraggono l’amore dal contesto astratto ed edulcorato in cui spesso lo confiniamo e lo fanno divenire piede di porco che scassina l’ordine mortifero di singoli e popoli.
Se affermo che un genitore deve sapere dire dei sì e dei no, tutti siamo d’accordo e comprendiamo anche che quei no sono atti d’amore quanto quei sì.
Se invece affermo che ha un senso la pressione dei popoli del nord sugli italiani e sui popoli mediterranei affinché gestiscano più responsabilmente i propri paesi, allora, probabilmente, il senso del mio ragionare si perde ed anche l’adesione ad esso.

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Il sogno di un amore diffuso

Ciò che oggi prende forma e si realizza, è sempre stato lì.
Il bambino, il ragazzo,il giovane questo intuivano, a questo aspiravano, questo sentivano fosse il loro orizzonte, pur senza possedere una limpidezza di sguardo.
Quest’uomo, il cui calendario ha perduto molti fogli, vede e sente con chiarezza, comprende nella carne che il sogno è divenuto realtà diffusa che lo attraversa e percorre e costituisce ogni aspetto dell’essere e dell’esistere.

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