Di cosa parla la morte di Gesù figlio di Giuseppe?
Di una vita realizzata ed offerta.
Non è stato il primo, né l’ultimo tra i tanti che hanno offerto agli altri non solo la propria esistenza, ma anche la propria morte.
Quanti sono morti in virtù del compreso e delle loro azioni e quel loro morire è stato un condursi fino in fondo mettendo vita e morte nelle mani del loro prossimo affinché il messaggio fosse completo?
Chi vive comprendendo consapevolmente, non vive mai per sé.
Chi comprende non distingue tra vita e morte, non li considera opposti: un solo respiro lega i due, si muore come si è vissuti.
assoluto
L’operare gratuito, l’amore che non ci appartiene
“Invece se pur restando nel mondo, nella famiglia,
pur lavorando, compirà le sue azioni anonime,
insignificanti, dedicandole a Te;
se amerà e servirà di più i suoi cari
donando a Te quella vita apparentemente inutile;
se cercherà di pulire, abbellire, facilitare
la vita degli altri per amore a Te, o Signore,
allora sì che Ti mostrerai.”
(L’intero testo alla fine del post)
La contemplazione del Dio vivente e la conoscenza di sé
1- Appunti dopo la riflessione contenuta nel post Alcune parole su questo pontificato.
Dal vangelo di Tommaso (il testo integrale):
2. Gesù disse: Colui che cerca non cessi di cercare, finché non trova e quando troverà sarà commosso, e quando sarà stato commosso contemplerà e regnerà sul Tutto.
3. Gesù disse: Coloro che vi guidano vi dicono: “Ecco! Il Regno è nel cielo”, allora gli uccelli del cielo vi saranno prima di voi. Se essi dicono: “Il Regno è nel mare”, allora i pesci vi saranno prima di voi. Ma il Regno è dentro di voi ed è fuori di voi. Quando conoscerete voi stessi, sarete conosciuti e saprete che siete figli del Padre Vivente. Ma se non conoscerete voi stessi, allora sarete nella privazione e sarete voi stessi privazione.
(Marcello Craveri, I vangeli apocrifi, Einaudi, pag. 484)
L’amore per sé, la dignità, l’usare l’altro
Amore per sé e dignità sono indissolubilmente legati: l’uno genera l’altra e viceversa.
Qui mi interessa esaminare la questione dell’amore per sé e della dignità come esperienze interiori e nella relazione con l’altro.
L’uso quotidiano dell’altro: ogni giorno esso viene come simbolo vivente nelle nostre vite e narra innanzitutto di noi e, in parte varia, di sé.
Il primo e principale uso che facciamo dell’altro è dunque quello di utilizzarlo come mezzo per lo svelamento: è la lente che ci permette di vederci meglio.
E’ un uso non consapevole, esistenziale e più che altro inconscio.
Le basi di un nuovo monachesimo. Quasi un manifesto
- Al sentire guardiamo e non alla tradizione del monachesimo.
- Al sentire e non alle religioni.
- Al sentire affidiamo il nostro procedere, a quella comunione che celebra l’incontro di tutti coloro che vibrano all’unisono con il compreso comune.
- Sul sentire confidiamo perché ci conduca in seno all’Assoluto.
Il sentire è ciò che costituisce il compreso delle coscienze: un nuovo monachesimo è pensabile solo nell’ottica della comunione dei sentire.
La vita assorbita nella contemplazione dell’Assoluto
Come nella storia, ciascuno di noi tocca una parte dell’elefante e dice: “L’elefante è questo!”
Nella realtà, nessuno di noi conosce niente altro che particolari, aspetti dell’elefante /Assoluto.
E’ conoscibile l’Assoluto all’umano? Apparentemente no, per la semplice ragione che solo il sentire assoluto conosce se stesso, il sentire relativo conoscerà i gradi che gli sono accessibili data l’ampiezza delle comprensioni conseguite. Ma la questione non è così semplicemente risolvibile.
Il sentire relativo è tale finché non sente l’unione assoluta. Non finché è immerso nel tempo, perché una volta uscito dalla dimensione del divenire e del tempo, quel sentire sarà ancora relativo.
L’inesistenza del soggetto e l’Assoluto come unica realtà
Pone alcune questioni rilevanti Massimo nel suo commento al post Gradi sentire e libero arbitrio: Supponiamo che il grado 90 sia sufficientemente caratterizzato da altruismo e da una ampia consapevolezza. La navigazione attraverso queste più ampie possibilità, nel percorso che porta al grado 91, è semplicemente meno prevedibile (nel senso che ci sono, per struttura, più percorsi possibili) e quindi sembra più autonoma ma ugualmente “non liberamente scelta”, oppure vi è veramente una libera scelta (1) all’interno delle possibilità disponibili? (5) La generazione di karma è veramente evitabile sulla base di una “nostra” scelta nell’agire?
La via nel silenzio e nella discrezione
Da giovani volevamo avere tempo, spazio, orizzonte vasto: la vita è stata generosa e ce li ha donati.
L’umano pensa sempre nei termini del fare: in un eremo non fai, stai.
Quando il mondo vortica, tu sei immobile.
Quando l’umano desidera, nulla ti attraversa.
Difficile comprendere, quando tutta la vita è azione condizionata, cosa significhi lo stare, l’essere senza condizione.
Sentire assoluto e relativo
Nella sezione Domande e risposte, Marco pone una domanda piuttosto elaborata che sintetizzerei così: “Perché mai l’Assoluto deve manifestare il suo sentire assoluto attraverso dei sentire relativi, quando anche noi, in una incarnazione esprimiamo il nostro sentire più ampio conseguito?” Se volete comprendere meglio la questione, leggete comunque la domanda di Marco.
Mi sembra di capire che Marco si chieda perché mai, se l’Assoluto ha sentire 100, debba esprimere il sentire 1, il 2, il 3 e via dicendo.
La volontà di Dio e il pane quotidiano
Un tempo l’umano credeva che le forze delle natura esprimessero la volontà di Dio.
Oggi, ad esempio, crede che una guarigione inspiegabile sia dovuta all’intervento divino.
E’ sbagliato questo credere? Dipende.
Se l’umano ritiene che all’origine di tutta la manifestazione ci sia l’intenzione divina e quindi ogni fenomeno ed ogni fatto non siano altro che la rappresentazione di quella intenzione, direi che c’è poco da obiettare, semmai c’è da intendersi.