Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
La pratica del buddhadharma solo per il buddhadharma è la pratica di aprire la mano del pensiero. Anche il nostro vivere e morire, di solito lo pensiamo nella nostra mente. Così man mano che s’invecchia, cresce la paura della morte. Finché si è giovani il pensiero di dover morire non è impellente, ma invecchiando il momento della morte si avvicina davvero e molte persone, impaurite, si chiedono “e ora che faccio?”: questo avviene perché pensano alla morte nella propria testa.
buddhadarma
I precetti: la liberazione momento per momento [Antai-ji3]
Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Come sapete il buddismo sottolinea soprattutto due concetti che in sanscrito sono detti rispettivamente anitya, che vuol dire “impermanenza”, “transitorietà” e pratītya-samutpāda, che significa, detto in poche parole, che tutto ciò che viene in esistenza è prodotto di cause e condizioni, nulla si crea dal nulla né da se stesso, e niente è immodificabile.
Buddhadharma: la condizione di essere svegli [Antai-ji2]
Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Aprendo una volta sola la mano del pensiero, tutti i problemi si sistemano. Per quanto ci s’ingegni a mettere in ordine ogni cosa di testa propria, non ci si riesce. Infatti è la nostra mente che suscita tutti i problemi, e per questo dobbiamo aprire la mano del nostro pensiero. Ecco il significato di “lasciar cadere corpo e mente”, abbandono di corpo e mente. In quel momento tutti i problemi cessano. Vi è una breve poesia che dice:
Cosa significa buddhadharma? [Antai-ji1]
Kōshō Uchiyama rōshi. Kyūdōsha. Il cercatore della Via. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Dopo la morte del mio maestro Sawaki rōshi, nel 1965, sono divenuto l’abate del monastero Antai-ji. Dichiarai allora che non sarei rimasto in carica per più di dieci anni e mi sarei ritirato nel 1975. Ecco, quel giorno è giunto. Il tempo vola!