Meditazioni quotidiane: 1.1

 

 

 


In nome dell’Uno che nei cicli generatori
prende l’universo stesso come sua forma,
in nome della vita unica che respira in tutto l’universo,
che si limita e manifesta nelle forme,
in nome dell’irrefrenabile e incessante evolversi di ogni vita,
possiate riconoscere l’illusione delle forme,
possiate riconoscere la radice di ogni vita
animatrice,
possiate riconoscere l’unità spirituale dell’universo
affinché possiate essere
consapevolmente Uno col Padre.
Amen

CF 77

 


 

 

 


Il problema dell’individuo
non è quello di divenire,
ma quello di essere.
Non è quello di conoscere,
ma quello di comprendere.
Non è quello di sapere,
ma quello di sperimentare.
Nell’individuo la volontà
è la base della potenza.
La comprensione quella dell’amore.
La consapevolezza quella della saggezza.

CF 77


 

 

 


Sia che crediate in noi,
sia che ci avversiate,
sia che ci ascoltiate con amore,
sia che vi tappiate le orecchie per non sentirci,
sia che vi commuoviate per la nostre parole
sia che deridiate chi ci ama,
fermatevi un attimo ad ascoltare voi stessi;
entrate in voi in silenzio ed ascoltate quella musica dolce
che sentite vibrare nel più riposto segreto del vostro essere,
dietro allo schermo dei vostri pensieri,
sotto la coltre del vostro razionalismo,
accanto ai vostri sentimenti, ai vostri slanci, al vostro amore.
Potrebbe essere che, ciò che noi chiamiamo «spirito»
sia proprio ciò che voi riuscite a sentire.
E allora perché non cercare di raggiungerlo e di capirlo
visto che – malgrado sia così celato dentro di voi –
riuscite tuttavia a percepire la sua dolcezza?
Quanto spesso, figli, vi fermate a guardare all’esterno di voi,
senza riuscire a portare tra le vostre mani quella scintilla che è lì,
nel vostro profondo sentire, appositamente per illuminarvi il cammino,
indicarvi la vostra strada e rendervi più semplice
e meno doloroso il vostro avanzare?
Quanto spesso, figli, siete pronti ad erigervi a giudici
di coloro che vi stanno attorno e che sfuggono alla vostra comprensione,
dimenticando che siete con essi un cosa sola e che, giudicando loro,
giudicate anche voi stessi, in quanto siete stati,
siete o sarete ciò che oggi essi sono?
La pienezza che andate cercando non è fatta di barriere
e renderà sazia la vostra sete d’amore solo allorché,
nel corso della vostra inconsapevole e, così spesso,
disperata ricerca di Dio attraverso voi stessi,
saprete affermare con certezza,
non di fronte al mondo, ma nel profondo del vostro intimo:

«Ho visto uomini che chiamavano e cercavano Dio;
ognuno di essi lo chiamava con un nome diverso e li ho sentiti fratelli.
Ho visto tanti uomini che aiutavano gli altri uomini nel nome di un ideale
e li ho sentiti fratelli.
Ho visto uomini che aiutavano altri uomini nel nome della libertà,
e anche questi li ho sentiti miei fratelli.
Ho sentito, poi, un uomo che non aveva nomi per Dio,
un uomo che diceva di non credere alla Sua esistenza,
un uomo che si teneva lontano da qualunque religione,
un uomo che, parlando con gli altri uomini delle sue idee,
si definiva ateo convinto.
L’ho visto asciugare la lacrima di un bimbo che piangeva
e ho sentito me stesso».

Moti


 

 

 


Mi sono visto appallottolare la mia vita
come una lettera sgualcita e indesiderata
senza neppure cercare di leggere e comprendere quello che c’era scritto.
Io ho sempre guardato ma non ho mai visto,
pensavo di fare e non facevo,
cercavo di agire e restavo immobile,
volevo abbracciare ma le mie braccia sapevano soltanto stringere
l’angoscia della mia incapacità.
Ora, dopo lettere e lettere appallottolate e mai lette
riconosco i miei errori:
innumerevoli volte potevo dire e non ho detto,
potevo tramutare in lacrime ciò che
vivevo
ma ho preferito nasconderle dentro
di me,
potevo manifestare l’intensità delle mie emozioni
e invece le ho tenute chiuse
così in profondità
che io stesso non riuscivo
a riconoscerne la forza.
Più di questo non sono riuscito a fare:
la paura della mia verità è stata così forte
da indurmi a chiudere gli occhi su me stesso
avvelenando a poco a poco i miei rapporti con me stesso e con gli altri.

Il Poeta


 

 

 


Credevo che fossero i tuoi occhi
ciò che accendeva il mio amore,
poi mi sono accorto che il mio amore non diminuiva
quando tu dormivi.
Pensavo che fosse il tuo sorriso a rendere vivo
il sentimento che provavo per te,
poi mi sono accorto, con stupore,
che il mio amore continuava a essere sempre più forte
anche nei momenti in cui il sorriso era ben lontano dal tuo volto.
Avevo pensato che il mio amore fosse acceso
e scatenato dal tuo corpo fisico,
poi, col passare degli anni, del tempo,
il tuo corpo fisico non è più lo stesso
eppure scopro con stupore che il mio amore
per te è rimasto inalterato.
Ho immaginato che il mio amore
venisse acceso dall’affetto che tu mi dimostravi sempre,
eppure, adesso che tu non mi puoi più  dimostrare quell’affetto,
il mio amore continua ad essere infuocato come una volta,
forse con maggiore tenerezza,
con maggiore comprensione,
ma non per questo meno forte, meno importante.
E, allora, mi sono interrogato sul mio amore
e ho capito che esso era acceso dalla stessa luce
che brillava dentro di me e dentro di te,
e che questa luce aveva fatto di due esseri diversi due esseri uguali,
che diventavano un essere solo talmente legato
che nulla e nessuno lo poteva più separare.
E allora, anche nel momento in cui le tue mani
non potevano più essere strette dalle mie,
il mio amore ha continuato ad amare
ed io ti ho sentito sempre e comunque,
fortemente, accanto a me.

Scifo


 

 

 


Io sono una creatura di Dio, come voi.
Come voi non nasco perfetto
e in grado di muovermi con sicurezza nelle regioni in cui vivo.
Nasco bambino con tutte le mie incomprensioni,
come un bimbo penso di aver capito e mi comporto di conseguenza
ma basta una piccola azione sbagliata
per farmi rendere conto che ciò che avevo capito
era solo frainteso e non era giusto.
Ad ogni esperienza rinasco a me stesso più ampio,
più consapevole, più vero,
ad ogni esperienza abbraccio una nuova parte di me stesso
ed una nuova parte della Realtà di cui anche io, come voi,
faccio parte via via più consapevole.
So quale sia il mio destino:
abbracciare per intero me stesso,
verso questo fine sono
attratto e spinto
da qualcosa che è vivo al
di sopra di me
e che, nel contempo, mi permea e indirizza tutto me stesso.
Io cerco di afferrare questa entità che, senza capirne il perché,
amo di un amore intrinseco a me ma così forte
da muovere ogni mia
azione alla ricerca di espandere me stesso
nella speranza di arrivare a fondermi, finalmente,
con l’oggetto del mio amore.
Non piango se sbaglio,
non mi abbatto se
fallisco,
non mi sento frustrato se non riesco,
non mi vergogno se non capisco,
non mi
adiro se non trovo subito la soluzione
ma
sono sempre pronto a rinnovare me stesso,
a trarre frutti dai miei sbagli,
a rendere utili
i miei fallimenti,
a lottare contro ciò che mi frustra,
a cercare di comprendere ciò che sembra sfuggirmi,
a provare mille soluzioni diverse fino a quando non troverò quella
giusta.
E so che solo allorché sarò pienamente maturo
e tutto il mio essere sarà fuso in un’equilibrata e funzionale entità
io troverò la gioia di unirmi con quell’Amore sconosciuto ma potente,
dolce ma tiranno,
forte ma delicato,
costante ma immenso,
che in continuazione mi chiama a Sé,
e che costituisce il vero perché della mia esistenza.

Il cammino della coscienza, Scifo


 

 

 


Ascolta
il frusciare degli alberi sotto la tempesta:
è il Grande Spirito che ti parla.
Ascolta
il canto del fiume lungo le sue rive, ascoltalo:
è il Grande Spirito che ti parla.
Ascolta
le voci degli anziani, ascoltale:
è sempre il Grande Spirito che ti parla.
E ascolta
il pianto e le risa dei tuoi figli:
in essi, ancora, troverai il Grande Spirito che ti parla.
E poi, infine, ascolta
il silenzio del tuo cuore,
e anche quel silenzio è il Grande Spirito che ti parla.

Hiawatha


 

 

 


In un limpido mattino,
sdraiato sulla cima di una collina,
osservavo nel cielo il volo di un’aquila,
maestoso, imponente,
come una enorme farfalla
padrona del cielo stesso.
E’ stato allora che ho trovato
la via della mia umiltà,
quando mi sono reso conto
che neanche nella mia più fervida
fantasia o immaginazione,
sarei mai riuscito a creare
un’immagine di tal fatta!

Scifo


 

 

 


Mio padre è il sole,
con i suoi 
raggi accarezza il mio corpo.
Mia madre, è la luna,
illumina 
anche i miei giorni più bui.
Mio padre è il mare,
circonda tutto il mio mondo.
Mia madre è la terra,
mi offre
in continuazione i suoi frutti.
Mio padre è il vento,
porta le nubi e le allontana.
Mia madre è la pioggia,
ristora la mia sete
e pulisce la mia anima.
E io, chi sono io?
Io sono mio padre,
io sono mia madre,
io sono mio figlio,
io sono un uomo.

Anonimo


 

 

 


Se riuscissi ad ascoltare la Tua voce,
se riuscissi a risuonare con essa,
se riuscissi ad unirmi al coro della vita,
fondendo la mia voce con quella della vita stessa,
se riuscissi ad ascoltare veramente
invece di ascoltare in maniera frammentaria,
se fossi sincero con me stesso quando mi osservo
invece di notare solo una
frazione di me stesso,
se riuscissi ad ammettere serenamente i miei errori
invece di cercare continuamente motivi per giustificarli,
se capissi che non devo perdonarli bensì comprenderli,
se fossi capace di accettarli come segni di mie incomprensioni
invece di volerli a tutti i costi ritenere giusti
ma non compresi dagli altri,
se andassi incontro alla mia coscienza
almeno quanto tendo ad andare incontro al mio Io,
la mia vita sarebbe più facile,
i miei sensi di colpa sarebbero più utili,
i miei rapporti sarebbero più sinceri,
il mio amore saprebbe perdonare,
la mia speranza non vacillerebbe mai
e io sarei un uomo migliore
di quanto mai avrei sperato di diventare.

Rodolfo


 

 

 


Perché le stelle brillano nel cielo?
Perché l’universo è così grande
che non riusciamo a vederne la fine?
Perché sì vive?
Perché si muore?
Perché si lotta tutti i giorni?
Perché si smette di lottare?
Perché si ride?
Perché si piange?
Perché io esisto?
Perché, invece di chiedermi tutte queste cose,
non mi chiedo il perché dei miei perché?

Scifo


 

 

 


Ci siamo incontrati ancora in una sera
della mia vita in cui mi sono scoperto
inesorabilmente solo con me stesso.
I nostri occhi erano un unico sguardo
pieno di rimpianti irrecuperabili,
di promesse e compromessi, di speranze e disillusioni,
di musica mai suonata e canzoni mai fatte nascere
ma tenute imprigionate nel profondo del mio cuore.
Io ti amerò per come sei non per come vorrei che tu fossi,
e vorrei che anche tu mi amassi per le mie bellezze
ma anche per le mie
incomprensioni.
Se ti vedrò, se mi vedrai, se ci vedremo
il più possibile così come siamo
io sarò la stampella che ti sorreggerà
nel tuo cammino verso il cambiamento,
e tu sarai lo specchio che mi mostrerà incessantemente,
con fermezza e con
costanza,
quello che devo trasformare in me,
lasciandomi aiutare per poterti aiutare.
Così, guardando con attenzione dentro ai miei occhi,
riconoscerò finalmente me stesso senza più sentirmi solo,
perduto,
incompreso, tradito, deluso, abbandonato,
frustrato, impaurito, ferito, spezzato.

Il Poeta


 

 

 


Guardami negli occhi
e dimmi cosa vuoi da me,
è una vita che sei al mio fianco
presenza costante ma silenziosa,
fedele e inflessibile, e adesso cosa vuoi da me,
perché mi guardi così?
«Stai arrivando infine nel mio porto,
io esisto per essere al tuo fianco
e sono tua da sempre, finché non sarai tu
ad essere mio, quando avrai accettato il riflesso
dei miei occhi senza luce,
nei quali un bagliore del sole, per caso,
è sembrato riflettersi».
Ma cosa stai dicendo?
«Per caso» non esiste,
è solo un modo per seppellire le proprie responsabilità
fingendo d’essere disarmati davanti alla vita.
«Per caso» è una frase fatta,
una consolazione disperata,
un’ammissione di impotente sconfitta,
un silenzio che non raggiunge una fine in attesa di perché
che non trovano fiato per esprimere se stessi.
Non è per caso che l’aria
fa dondolare la foglia che si stacca dal ramo,
non è per caso che l’aquilone si scaglia nel cielo
alla ricerca di un’illusoria libertà,
non è per caso che un bimbo reclama a gran voce
il suo primo sorso di vita,
non è per caso che io mi sono specchiato nei tuoi occhi
e non ho avuto paura.

Il Poeta


 

 

 


Inconoscibile e inconosciuto,
di volta in volta, nei secoli, madre o padre,
persecutore o lenitore del dolore,
infinitamente buono o irrimediabilmente
severo, quintessenza di bontà
oppure indifferente persecutore.
Col cuore non sono riuscito a definirti,
con la logica e la ragione non ho potuto descriverti.
Passano i secoli, trascorrono i millenni,
le società e le civiltà sorgono e tramontano
alla fine del loro ciclo,
la polvere si condensa in forme
e le forme si disciolgono in polvere,
ma la mia conoscenza sembra sfiorarti
senza mai raggiungerti,
e tutto quello che la mia scienza può dire di Te
continua ad essere un «non so»
ora sussurrato con dispiacere,
ora gridato con rabbia,
ora imposto con prepotenza,
ma quasi sempre proferito con ben poca umiltà.
Niente mi prova veramente la Tua esistenza,
eppure in me permane da sempre la certezza che Tu,
così inconoscibile e inconosciuto,
esisti veramente.
Perché questa mia fiducia
in un’esistenza mai provata?
Perché mi rivolgo a Te
nei momenti di insopportabile dolore,
anche quando la mia vita sembra essere stata
ben lontana dal manifestare
veramente la fede in Te?
Perché, travolto dalla sofferenza,
arrivo a maledirti negandoti con forza,
dimostrando con la mia maledizione che,
in realtà, nel mio cuore, sono convinto che Tu esista,
perché non avrebbe senso maledire ciò che non esiste!?
Da qualche parte deve esistere una risposta
che spieghi il mantenersi vivo di questo incredibile amore
che continua contro ogni logica,
anche nell’ignoranza dell’oggetto di sì tanto amore.
E così, spesso avvolto nella mia inconsapevolezza,
io ti vado cercando in continuazione errando faticosamente
lungo i tortuosi
sentieri delle mie esistenze,
giustamente mai del tutto soddisfatto delle risposte
che incontro nel mio cammino,
senza posa spinto ancora alla Tua ricerca
proprio dalla mia insoddisfazione
e dall’irragionevole, inesprimibile, inarrestabile sensazione
che fino a quando non ti avrò incontrato
non avrò raggiunto né compreso veramente il vero fine del mio esistere.

Moti


 

 

 


E quando non avrò più bisogno
di rivolgermi al Padre
accetterò in ogni istante della mia vita
la Sua volontà.
Quando la mia volontà,
i miei desideri,
i miei bisogni
collimeranno perfettamente coi Suoi,
solo allora potrò dire
di essere in contatto con la Realtà.

Florian

 

Samadhi e unione: tutto è relativo e tutti imparano

Si legge che maestri o yogi sperimentano nel cosiddetto “samadhi” lo stato di coscienza cosmica: è vero? e come accade?
I vari livelli di sentire che si raggiungono solo quando si ha l’evoluzione necessaria – e che possono saltuariamente essere sperimentati mediante una disciplina che ponga la mente in stato di quiete e lo stesso corpo astrale in stato di equilibrio – sono così belli a sentirsi, a sperimentarsi, danno una tale benedizione che sono scambiati dal soggetto che li sperimenta per lo stato massimo di coscienza cosmica, mentre così non è.

continua..

La realtà soggettiva

Esempio del mendicante – Supponiamo che in una serie di fotogrammi siano rappresentate due creature: un mendicante ed uno che passa a lui di fronte.
A questo punto nasce una variante: la creatura che passa di fronte al mendicante può scegliere tra fare l’elemosina o non farla. Fare l’elemosina è un fatto materiale, cioè togliere, da una certa quantità di monete in una borsa, una moneta e passarla nelle mani del mendicante.
Ecco della variante la prima serie di fotogrammi: la creatura passa davanti al mendicante e fa l’offerta, cioè toglie delle monete dal suo portamonete e le passa al mendicante.

continua..

Come nasce la realtà

Non è lo spettatore che si commuove alla proiezione delle scene commoventi del film, ma è la commozione dello spettatore – commozione proveniente dal più profondo del suo “sentire” – a determinare il succedersi sullo schermo delle scene commoventi.
Questo è il modo di considerare la Realtà non secondo il punto di vista dal relativo all’Assoluto, ma dall’Assoluto al relativo, da Dio all’uomo.
Cerchio Firenze 77, Per un mondo migliore, pag. 179, Edizioni mediterrane

Il film di ciascuno è la propria vita: noi pensiamo che le scene scorrano secondo logiche loro, invece esse accadono perché create dal nostro sentire, dalla coscienza che è origine di noi e del nostro vivere.

continua..

Natura delle relazioni

Il lettore A e il lettore B leggono lo stesso libro*; prima questione: siamo certi che leggano le stesse pagine?
Seconda questione: se ciascun capitolo, e a volte ciascun paragrafo del libro, contempla non solo lo sviluppo della storia principale, ma anche un certo numero di varianti di quella storia, quali varianti starà leggendo il lettore A e quali il lettore B?
Se il libro è la narrazione della loro relazione, quando i due sono veramente ed effettivamente in relazione?
Solo quando leggono la stessa pagina e la stessa variante di paragrafo, o di capitolo. Altrimenti i due sono in relazione ma, fondamentalmente, ciascuno vive per conto proprio e l’altro è nella scena della propria vita solo ad uso e consumo degli apprendimenti necessari.
I due sono in relazione effettiva solo nella condivisione del sentire: è il sentire che stabilisce l’effettiva presenza di contatto e comunione, che supera la semplice rappresentazione di due che vivono assieme e condividono scene e niente altro, per affermare la comunione realizzata.

continua..

La realtà unitaria di Dio

Vi propongo questo brano del Cerchio Firenze 77 sulla natura di Dio, utile per la riflessione e per addentrarsi nella dimensione dell’essere che usa approcci molto differenti da quella del divenire.
Non mi convince pienamente l’affermazione di chiusura: E quindi la vita degli esseri è la condizione necessaria – se di condizione vogliamo parlare – a rendere assoluta la coscienza divina, l’esistenza divina, perché se la natura dell’Assoluto è sottoposta ad una condizione siamo nelle peste.
Credo che si possa formulare il concetto in modo differente: se consideriamo l’Assoluto come tutto assoluto, allora quel tutto assoluto non può che essere la sorgente del molteplice nel momento in cui dalla dimensione dell’essere si passa a quella del divenire.
Propongo il testo anche per imparare a misurarsi con la riflessione su qualcosa di infinitamente più vasto di noi e del nostro ordinario speculare: troppo spesso rinunciamo ad indagare la realtà e rimaniamo confinati in quegli ambiti dove le nostre piccole menti sanno muoversi.
Per affrontare temi come questo bisogna passare dal ragionare al sentire, usando come strumento d’indagine essenzialmente l’intuizione.

continua..

Se ancora ha un senso pregare

E quale può essere la mia preghiera, se ancora ha un senso pregare?
Come posso rivolgermi  a Te, se tu non sei una persona?
Come posso pregarti per chiederti qualcosa, quando già tutto tu mi dai prima che lo chieda?
Come posso pensare di capire qual’è il mio bene e quello domandare, quando il mio sguardo non va oltre le mie limitazioni ed il mio giudizio di conseguenza è così parziale?
Posso pregare solo di scusare la mia presunzione di sostituirmi a te nel sapere che cosa mi è necessario, senza considerare che solamente il vero bene è la vera mia necessità, non quella che credo tale.
La mia preghiera può essere solo un ringraziamento.

continua..

realtà

La realtà del sentire, dell’Assoluto, del divenire

Estratto dal libro “Per un mondo migliore”, Cerchio Firenze 77, Edizioni Mediterranee.
Tratto da http://goo.gl/5GvTTu

In verità vi dico che non v’ è cosa piú insensata che tapparsi le orecchie per non dimenticare ciò che si è udito. 0 chiudere gli occhi e non voler piú vedere perché si è convinti che non vi sia nulla di piú bello di ciò che si è visto. 0 credere importante ritrovare nell’oceano la lacrima che un lontano giorno, scendendo lungo il volto, cadde nel fiume. (Dali)

 La realtà del “sentire” (Kempis)

Niente quindi spiriti che sono creati e che evolvono, o acquistano coscienza o esperienza; ma completezza di coscienza divina che comprende ogni sentire.
L’idea stessa degli « esseri », o spiriti, che evolvono o prendono coscienza, è un’illusione; come lo è la molteplicità intesa come realtà vera, perché tutto, in effetti, è una sola Realtà, un solo Essere: Dio.

Finché si dice che l’uomo ha una parte immortale, cioè che sopravvive alla morte del suo corpo, non vi sono problemi di comprensione: al massimo uno non ci crede, ma capisce che cosa non crede.
Invece, quando si parla di che cosa è questa parte immortale, come nasce, eccetera, la questione si fa assai più complessa. Intanto – se non la si inquadra in un disegno generale che spieghi, sia pur per sommi capi, la struttura della Realtà si può dire quello che si vuole come la mitologia (senso occulto a parte) insegna. E in effetti, quando si è cercato di spiegare chi è l’uomo, da dove viene e quale è il suo destino, lo si è fatto disinteressandosi di quella che è la Realtà – cioè il complesso di come le cose sono in sé, della vera condizione e qualità di tutto ciò che esiste.[…]
Il testo completo in pdf.

Immagine da http://goo.gl/ufgdpK


realtà soggettiva

La realtà soggettiva, la realtà oggettiva

Vi invito vivamente a leggere e a riflettere su questa parole che giungono da una fonte quantomai autorevole, il Cerchio Firenze 77: qui potete scaricare l’intero testo in pdf.

FRANCOIS – Degli altri voi non vedete la realtà del loro essere, ma vedete quello che appare. Ciò significa che vedete, al massimo, quello che gli altri mostrano di sé.
Non solo, ma anche l’immagine che gli altri danno dl se stessi può essere da voi distorta, può essere esaltata o peggiorata.
Così che quando vi innamorate di qualcuno, vi innamorate di una immagine. Chissà se il vostro innamoramento potrebbe persistere se di chi amate conosceste non l’immagine, ma la realtà.

DALI – Il fatto che gli altri vi mostrano solo un’immagine, e non la realtà, è talmente vero che si può dire sia una pura coincidenza che, talvolta, le intenzioni degli altri corrispondano alle intenzioni che voi credete che gli altri abbiano.
Il più delle volte, invece, voi attribuite agli altri intenzioni che gli altri non hanno; oppure non vedete le loro vere intenzioni e su quello che voi pensate che gli altri siano, sull’immagine che di essi vi siete fatti, costruite la vostra relazione con loro, il vostro mondo. Non crediate che quello che io dico si riferisca a casi o persone limite: è cosa di tutti e di tutti i giorni.

KEMPIS – Quindi, gli altri non sono importanti per voi a condizione che riusciate a cogliere la loro vera realtà, il loro vero essere; ma sono importanti per le reazioni che in voi riescono a suscitare; e le suscitano solo se voi siete sensibili a quegli stimoli che essi volontariamente o involontariamente vi inviano.

DALI – Perciò gli altri sono per voi come una sorta di specchio; essi possono su voi solo ciò che voi permettete che possano. Ma non “permettere ” nel senso di ” concedere “, cioè come colui che ha un’autorità e che accondiscende a qualche richiesta; ma ” permettere ” nel senso di lasciare che gli altri abbiano presa su voi, essere in loro balìa; che poi, invece, è spesso essere in balia della propria immaginazione e della propria debolezza.

KEMPIS – Gli altri, per voi, non sono tanto creature reali quanto immagini costruite dalla vostra mente, spesso animate dalla vostra immaginazione. Ma sono proprio quelle immagini e proprio quel processo che le crea, che fa sì ch’esse meglio si adattino ai vostri bisogni evolutivi, che rende le relazioni degli uomini altamente produttive ai fini della maturazione della coscienza individuale. […]

CF77. Estratto dal libro “le Grandi verità ricercate dall’uomo” – Edizioni Mediterranee.
Tratto da: http://is.gd/R0WhfL