L’ambiente personale interno e l’ambiente sociale esterno

d-30x30Ambiente interno e ambiente esterno. Dizionario del

Ognuno di voi è inserito in un ambiente, ognuno di voi vive la propria esperienza terrena all’interno di un ambiente che possiede varie caratteristiche, varie peculiarità; avete un ambiente fisico, in cui conducete le vostre esperienze quotidiane, lavorative, affettive, e in questo ambiente ricevete tutti gli stimoli più immediati da chi vi è più vicino e vi frequenta con maggiore possibilità di rapporto rispetto agli altri esseri incarnati assieme a voi. Siete poi inseriti in un ambiente sociale, un ambiente con il quale vi trovate spesso anche a vostra insaputa a interagire, a mediare tramite la vostra comprensione tutti quegli stimoli o quelle regole che l’ambiente sociale, attraverso la creazione dei famosi archetipi transitori, vi invia come elementi su cui tendenzialmente modellare quello che è il vostro comportamento, il vostro modo di essere all’interno dell’ambiente sociale in cui vi trovate a fare esperienza.
Vi è poi l’ambiente cosmico, quell’ambiente così vasto che comprende tutta la realtà ed in cui voi, così spesso, non siete consapevoli se non qualche volta osservando il cielo stellato e rendendovi conto di quante cose esistono che voi non conoscete, non potete conoscere, non potete quantificare, razionalizzare, non potete abbracciare nella loro totalità e che, quindi, sfuggono alla vostra possibilità di comprensione; pur tuttavia, questo ambiente macrocosmico di cui fate parte esiste e con esso anche se non vi rendete conto finite con interagire attraverso i piccoli atti, le piccole azioni, i piccoli movimenti che compite nel corso delle vostre varie incarnazioni.
Voi sapete che noi abbiamo dato di «ambiente» una definizione un po’ diversa da quella usata comunemente nel vostro linguaggio, definendo «ambiente» qualcosa che comprende anche tutto lo spazio raggiungibile dai vostri pensieri, dalle vostre emozioni, e non soltanto dal vostro corpo fisico. In questo insieme di piccoli e grandi ambienti in cui vi trovate a vivere, ognuno di voi è inserito e si trova, a un certo punto, a dover fare i conti con tutti quegli elementi che la sovrapposizione di questi ambienti gli fornisce.
Ed è qui, creature, che incominciano i problemi! Moti

Io direi che il problema principale è quello che l’individuo si deve porre, e a cui deve dare risposta, e cioè: «è l’ambiente che influisce su di me o sono io che influisco sull’ambiente?».
Qualcuno di voi ha parlato dell’ambiente del Cerchio, sottolineando che chi partecipa a questi incontri si trova in un ambiente che lo trasforma, modifica il suo modo di rapportarsi con la realtà, il suo modo di ragionare, di pensare; ma siamo davvero sicuri, creature, che sia così? Io vi dico e sono certo di non sbagliare che qualsiasi ambiente agisca su di voi, esso può agire su di voi soltanto per ciò che voi gli permettete di agire.
Se ci pensate bene, a questo punto la prospettiva è un po’ diversa da quella a cui siete abituati; quanto detto significa, infatti, che tutti gli ambienti in cui vi trovate a vivere hanno un importanza relativa, relativa a voi stessi, a come voi interpretate questi ambienti; non sono gli ambienti che influenzano il vostro modo di essere, ma siete voi che approfittate di ciò che l’ambiente vi offre come possibilità per esprimere voi stessi; quindi, alla fin fine, forse è più esatto e preciso dire che siete voi ad influire sull’ambiente che l’ambiente su di voi, pur apparendo esattamente il contrario a tutti voi.
Ma perché quest’idea non vi solletica? Perché vi sembra così difficile da accettare questa concezione? Perché, vedete, creature, nel momento in cui vi rendete conto che siete voi a influire sull’ambiente e non l’ambiente su di voi, non potete più far le vittime, non potete più scaricare le responsabilità sugli altri, sulla società, sul governo, sulla polizia, sulle leggi, e via e via e via; e siete costretti a puntare gli occhi su voi stessi e comprendere perché il vostro comportamento è tale da influire in maniera negativa sull’ambiente nel quale siete inseriti.
Pensate ai rapporti affettivi che avete.
Anche un rapporto affettivo finisce per costituire «un ambiente» tra due persone, un ambiente in cui l’affettività, il rapporto si fonde, comunica tra le persone e permette di creare qualche cosa una sommatoria, come qualcuno diceva che è diverso, come risultato, dalla semplice somma delle due affettività; ma è questo ambiente affettivo che modifica il comportamento delle persone incluse in questo ambiente o sono le persone incluse in questo ambiente che modificano
l’ambiente affettivo?
State attenti, perché capire a fondo questo, veramente, può cambiare il vostro modo di concepire la vostra realtà, la vostra esistenza, il vostro modo di vivere la vita. E la risposta, in questo caso, è che in realtà siete voi che influite sull’ambiente affettivo, non è l’ambiente affettivo che influisce su di voi. Se l’ambiente affettivo non vi soddisfa è perché «voi» non siete soddisfatti dell’ambiente affettivo; se l’ambiente affettivo vi spinge a cercare (che so io?) altre avventure o altri rapporti, è perché «voi» non riuscite a creare in quell’ambiente affettivo ciò di cui avreste bisogno. La responsabilità, quindi, per ritornare a ciò che molto spesso dicevamo in passato, non è dell’altra persona, o delle altre persone, o dell’ambiente, ma la responsabilità è di voi stessi; e questo ricordatevelo sempre, creature, perché ognuno di voi può guardarsi allo specchio e con sicurezza affermare, senza aver timore di sbagliare: «tu sei responsabile, non il resto della realtà». Scifo

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume terzo, parte seconda, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

L’essere pronti, la meditazione, l’errore e il giusto relativo

Se il coniglio si fermasse a chiedersi perché l’aquila
che sta volteggiando sopra di lui lo spaventa,
la sua vita sarebbe lunga come un 
battito d’ali.
Se l’uomo si fermasse a chiedersi perché sta piangendo o sta ridendo,
fermerebbe le sue lacrime o interromperebbe la propria risata
e avrebbe perso l’occasione per ridere o piangere fino in fondo.
La struttura dell’esistenza dà al coniglio la paura per arrivare
a non essere più un coniglio
e all’uomo il pianto o il riso per arrivare 
alla fine
del suo essere uomo.

continua..

Meditazioni quotidiane 5.1

 

 


Fai per l’altro senza aspettarti nulla in cambio;
non dare per ricevere;
sia il tuo interesse per l’altro qualcosa
che da solo basta per la tua felicità;
se davvero lo ami, sii vicino all’altro
qualunque cosa 
pensi o faccia,
perché il vero amore non ha bisogno
di essere corrisposto e,
quando tu ti aspetti di ricevere qualcosa,
allora stai attento a quello che
pensi,
perché già lì potresti trovarti in faccia
al tuo egoismo mascherato d’amore.
Scifo


 

 


La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando riuscirai a tendere un filo continuo
che collegherà la tua coscienza e la tua vita.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando non subirai quello che stai vivendo
ma quello che stai vivendo ti servirà come stimolo
per cercare di comprendere quello che veramente vuoi.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando riuscirai a trasformare la sofferenza
in una fonte di comprensione e, quindi, di felicità.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando proverai rispetto anche verso chi
non sa rispettarti.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando saprai essere giusto giudice di te stesso
e saprai non condannarti senza
remissione.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando ciò che è del mondo sarà per te
un mezzo e non un fine.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando dirai di amare qualcuno
e non saranno le tue stesse azioni
a
dimostrare il contrario.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando, accorgendoti di essere egoista,
non fingerai davanti a te e al mondo
di essere l’uomo più altruista della Terra.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
non quando piangerai la morte
di un lontano sconosciuto
ma quando ti renderai conto dell’insensibilità
che hai regalato 
a chi ti era più vicino
e cercherai di non commettere più lo stesso errore.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando farai parte della società del mondo
ma seguirai non le sue regole
bensì quelle della tua coscienza.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando non ci sarà più bisogno
delle parole di una fonte esterna a te
per comprendere ciò che è giusto e ciò che non lo è.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando non avrai più bisogno di un Dio
per dare credibilità e senso alla tua vita.
Moti


 

 


Figlio mio, io ho ascoltato, come sempre faccio
– e di questo sii certo – le tue parole.
Non vi è dubbio alcuno che se qualcuno
deve essere identificato come l’unico,
il vero responsabile di ciò che esiste
non possa essere che io,
in quanto tutto ciò che esiste mi appartiene
e in tutto ciò che esiste io mi riconosco,
replica in grande di quella piccola immagine che tu sei.
Io sono il quadro e il pittore,
sono il pennello e la vernice che si deposita sul quadro,
sono colui che dà gioia ma dà anche sofferenza,
sono colui che ti mostra la via per allontanarti da te stesso
ma che contemporaneamente ti indica la strada maestra
per arrivare da me,
sono colui che porta in una mano il petalo
di un fiore
e nell’altra il seme di un dolore,
sono colui insomma che tutto crea e tutto rende così com’è
e non è possibile che, in quanto tale, io non comprenda
i tuoi problemi, non comprenda le tue parole, le tue
domande,
le tue richieste.
Ciò che non vorrei, figlio mio,
è che tu interiormente non capissi ciò che i miei figli ti dicono
e che dalle loro parole ricavassi l’errata impressione
che tutto ciò che stai vivendo non potesse essere 
a te attribuito.
Se così fosse, l’intero Disegno non avrebbe alcun senso
e resterebbe semplicemente un’immagine statica e ferma,
soddisfatta in se stessa e senza alcuna reale necessità.
E’ vero, senza ombra di dubbio, che ogni pennellata
che io ho dato deve essere per forza di cose là dove io l’ho posta,
è vero senza ombra di dubbio che ogni piccolo filo del quadro
deve essere sovrapposto ad ogni altro in quel particolare modo
altrimenti il quadro perderebbe significato,
ma in questo apparentemente rigido schema vi è qualcosa
che tu non hai ancora compreso bene:
quel qualcosa che ti rende libero pur essendo prigioniero
delle mille catene dei fili che io ho
creato.
E allorché, figlio mio,
tu ti renderai conto che il personaggio che è nel quadro,
che in questo momento rappresenti, non sei tu;
allorché ti renderai conto che chi ti sta accanto è un altro personaggio,
ma non è detto che egli stia 
veramente soffrendo;
allorché ti renderai conto che soltanto uscendo dal quadro
per rientrarvi in un altro modo, diverso e migliore,
tu crescerai;
fino a quel momento, figlio mio,
tu ti sentirai costretto, condizionato, impotente, adirato,
ma da quel momento in poi capirai veramente la grandezza
del Disegno e ti inserirai in esso senza più alcun tormento
poiché anche tu scoprirai di essere non soltanto un creato
ma anche un creatore.
La pace sia con te, figlio mio, al più presto possibile.
Moti


 

 


Figlio mio, tu sarai in armonia con gli altri
quando veramente riuscirai a comprendere
che gli altri non sono altri che te stesso;
quando finalmente al tuo interno riuscirai a sentire
che il problema, l’errore, la tristezza, la gioia di colui
che ti sta accanto non esiste soltanto per quella persona
ma esiste lì, in quell’attimo della tua vita,
perché è anche a te che deve servire;
e quel dolore e quella tristezza, quella gioia,
quella confusione e quel tormento hanno il duplice scopo
di costruire un ponte tra di voi affinché l’esperienza di uno
possa essere frutto di esperienza anche per l’altro.


 

 


Tu avrai raggiunto, toccato, l’armonia
allorché anche quelli che percepisci come «difetti»
da parte degli altri saranno da te accettati,
rendendoti conto che gli altri, a loro volta,
hanno il gravoso compito di accettare quelli
che sono i «tuoi» difetti;
e che se uno dei due non incomincia a muovere il primo passo
per essere più magnanimo verso l’altro, ben difficilmente
si arriverà a trovare quel punto di equilibrio
che noi abbiamo definito «armonia»,
che non è fatto di staticità, non è fatto di restare fermi
sulle proprie posizioni,
ma è fatto di comprendere i bisogni degli altri
senza tacere dei propri,
è fatto di cercare di soddisfare le proprie esigenze evolutive
tenendo conto però che anche quelle degli altri
hanno le loro precedenze, le loro priorità.
Non si tratta, quindi, figli nostri, di uniformarvi agli altri,
ma di diventare complementari agli altri,
in modo tale che ogni vostro legame con coloro che vi circondano
diventi un fattore di armonia all’interno del Grande Disegno che,
in se stesso, per il fatto stesso che appartiene a ciò che è
e che, quindi, è in perfetta armonia e in equilibrio con se stesso,
non può essere definito altro che la grande prima armonia
dell’intero esistente.
Moti


 

 


Figlio mio, figlio mio amatissimo che così spesso ti senti triste,
deluso, abbandonato, tradito, tormentato, vilipeso, torturato,
rattristato,
io ti guardo, ti osservo e mi
chiedo se forse non sono stato crudele con te
nell’inserirti in questa vita che sembra
farti così tanto soffrire;
poi, guardo ogni tua sofferenza, ogni tuo momento drammatico
e osservo che veramente ogni attimo che tu vivi è per te una fonte
di grande ricompensa, perché ogni attimo di sofferenza, di dolore,
di tristezza, di dramma che tu attraversi ti regala una briciola
di comprensione con la quale lentamente, un po’ alla volta
ma con 
sicurezza, tu ti incammini lungo la strada che ti porta
sempre più vicino a me,
figlio mio;
ed io, io sono sempre lì in fondo che ti tendo le mie mani
– a te come a qualsiasi altro tuo fratello –
e non aspetto altro che il momento in cui tu potrai afferrarle.
Cosa posso fare per te che già non abbia fatto dandoti tutto ciò che hai:
dalla gioia più intensa al dolore più triste?
Posso soltanto continuare a inviarti, attimo dopo attimo,
le mie vibrazioni d’amore;
e so che tu, anche se non sembra, riesci a percepirle
e sono proprio esse che ti danno la forza di continuare,
anche nei momenti più bui della tua vita.
E allora, figlio mio, alza lo sguardo non verso di me
ma verso quella vibrazione, quel movimento sconosciuto
che senti dentro la tua coscienza e che a me ti richiama;
cercalo, catturalo, fallo tuo, stringilo tra le dita
e vedrai che un po’ alla volta la vita stessa cambierà
la sua qualità e tu con essa.
La pace, figlio mio, sia con te. Ti amo.
Anonimo


 

 


Chi vuole troppo e subito senza saper gioire del poco nel tempo
è come l’avaro che accumula ricchezze di cui, poi, non saprà che fare.
Chi presume di aver compreso tutto mentre il Tutto si dipana
non ha quanto meno compreso che il tutto che ha osservato
è solo una porzione infinitesima della Verità
e che se non ha compreso l’Umiltà difficilmente comprenderà l’Amore.
Chi non ferma il suo procedere per tendere la mano
a chi non ha il suo passo è come se lasciasse indietro una parte di se stesso
e chi è diviso interiormente, per quanto velocemente corra,
non riuscirà mai a lasciare indietro le 
sue cose irrisolte.
Chi giudica la capacità di comprensione degli altri
dimostra di aver compreso ben poco se non si dimostra in grado di mettere
la sua comprensione a disposizione di chi può non aver compreso.
Chi ha fretta di comprendere nuoce alla sua possibilità di comprensione
perché il comprendere non è una questione di lotta contro il tempo,
bensì di raggiungimento di quell’unico, preciso momento
in cui si è in grado di comprendere.
E niente e nessuno lo può far arrivare prima che il tempo giusto sia maturo.
Scifo


 

 


Se il coniglio si fermasse a chiedersi perché l’aquila
che sta volteggiando sopra di lui lo spaventa,
la sua vita sarebbe lunga come un 
battito d’ali.
Se l’uomo si fermasse a chiedersi perché sta piangendo o sta ridendo,
fermerebbe le sue lacrime o interromperebbe la propria risata
e avrebbe perso l’occasione per ridere o piangere fino in fondo.
La struttura dell’esistenza dà al coniglio la paura per arrivare
a non essere più un coniglio
e all’uomo il pianto o il riso per arrivare 
alla fine
del suo essere uomo.
Per questo motivo, coniglio, devi vivere la tua paura.
Per questo motivo, uomo, devi ridere o piangere.
Rodolfo


 

 


Figlio mio, io ti ho collocato nel Disegno
affinché tu seguissi le linee che io ho tracciato per te;
queste linee ti possono apparire delle catene
che non si possono spezzare,
possono apparire come dei binari che costringono il tuo modo
di essere su percorsi che, magari, tu non percorreresti così volentieri,
eppure, nel creare questo Grande Disegno, in esso
io ho messo tutto
ciò che tu sei:
ho messo la tua passione, le tue paure, i tuoi momenti di generosità,
i tuoi attimi di tensione, le tue incertezze, i tuoi dubbi, i tuoi perché,
il tuo sentirti solo, il tuo sentirti portato ad aiutare gli altri,
il tuo desiderare amore, il tuo desiderare di ricevere amore.
Ti auguro, figlio, di riuscire veramente a sentire tuo il Disegno
che ho creato per te.
Moti


 

 


La mia Verità appartiene a tutti coloro che la sanno riconoscere ma,
nel fluire del tempo, appartiene a tutti coloro che da me sono sgorgati.
Che padre sarei se ciò che ho e che so lo nascondessi per condividerlo
soltanto con
i figli che più mi si sono avvicinati?
Ogni volta che il primo raggio di sole sorge
nel più recondito angolo del mondo una creatura
viene iniziata della più grande iniziazione,
quella che le schiude la porta che conduce verso di me.
Ogni volta che l’ultimo raggio di sole del giorno si spegne
oltre il frastagliato orizzonte tutto ciò che sparisce sembra divenire occulto
per chi non sa che la legge naturale compie un ciclico cammino
e che ciò che oggi appare occulto domani rivivrà con rinnovato splendore.
La mia magia non ha sosta e ogni essere mi aiuta ad operarla vivendo,
procreando, operando, sperando, amando perché non vi
è nulla
che non sia magico in ciò che io ho
creato.
Porgi al tuo fratello tutta la Verità che conosci,
perché essa non ti appartiene ma esiste per essere condivisa,
dona al tuo fratello una piccola, incommensurabile magia:
il tuo sorriso.
Anonimo


 

 


Figlio mio, se io ti ho dato la possibilità di osservare la realtà
che ti circonda e tessere su di lei una parte di te stesso,
rendendola il più comprensibile possibile al tuo modo di essere,
questo è stato fatto affinché tu, un po’ alla 
volta,
arrivassi a renderti conto che la realtà che ti circonda
non è a te estranea, ma è una parte di te.
Certamente, con la mente tu potresti arrivare a filosofeggiare
e tradurre il tuo filosofeggiare in un atteggiamento che, apparentemente,
diventa indifferenza nei confronti della vita, della realtà
e di ciò che accade agli altri.
Ma, figlio mio, figlia mia, figli miei, non vi dimenticate
che non è la vostra mente, non sono i concetti della filosofia
che attraversano le vostre teste quello che guida la vostra esistenza;
ciò che guida la vostra esistenza è ciò che è nella vostra coscienza,
e ciò che è nella vostra coscienza va al di là dei concetti filosofici;
quindi non accadrà mai che voi vediate un vostro fratello che sta piangendo
e che quel pianto, malgrado qualunque filosofia possa essere arrivata
alle vostre orecchie,
alle vostre menti, malgrado essa, che voi non piangiate
o non reagiate alla sofferenza di chi vi sta accanto.
Ricordate che anche l’apparente disinteresse alla fin fine è una reazione e se,
in un momento di tristezza, per una creatura che vi
sta a fianco
voi dimostrate indifferenza, essa
 rivelerà alla vostra coscienza,
al vostro sentire, cosa non avete ancora compreso,
fornendole dei frutti tali per cui, alla successiva occasione,
quando voi vi troverete accanto un fratello che soffre
non sarete più capaci di non interagire e condividere con lui,
cercando di alleviare una parte della sua sofferenza.
Se così non fosse, nulla di quanto io ho creato avrebbe un senso
e in me non esiste nulla che non abbia il senso più vero
e pieno che possa esistere.
Moti


 

 


Cerca di fare, figlio,
ciò che così difficilmente fai:
cerca di osservare i tuoi momenti di felicità transitoria
e di farli diventare preziosi,
cerca di capitalizzarli dentro di te e di farli diventare
dei semi 
dai quali farne sbocciare molti altri,
cerca di non dimenticarti di questi semi
che in gran quantità l’esistenza invece ti regala,
cerca di tenerli dentro di te
e di far sì che essi si uniscano, alla fine,
in un concerto meraviglioso
che soltanto tu, con la tua sensibilità,
ma più che altro con la tua comprensione,
puoi veramente riuscire a dirigere.
Moti


 

 


Quand’è che avrete compreso la vita,
quand’è che avrete compreso l’Amore?
Sarà quando sarete accanto a chi piange
e riuscirete a sorridere.
Sarà quando sarete accanto a chi è illogico
e gli darete logicità.
Sarà quando sarete accanto a chi sta soffrendo
e gli darete disponibilità.
Sarà quando sarete accanto a chi vi rifiuta
e vi mostrerete pronti a donare.
Sarà quando gli altri vi toglieranno
e voi lascerete che tolgano,
e tutto questo non per far sì che gli altri
siano come voi pensate che essi debbano essere,
ma per diventare per essi quella parte di realtà
che è lì per dimostrare loro
come il contrario di ciò che essi sono esiste
e potrebbe anche essere 
la soluzione giusta per loro.
In quel momento, senza altri secondi fini,
voi avrete compreso la vita e avrete compreso I’Amore.
Anonimo


 

 


Tu avrai capito la vita non quando farai il tuo dovere
in mezzo agli uomini, ma quando lo farai nella solitudine .
Non quando, pur raggiunta la notorietà,
potrai avere una condotta esemplare agli occhi degli uomini
ma quando l’avrai e nessuno lo saprà, neppure tu stesso.
Non quando tu farai il bene e ne vedrai gli effetti,
ma quando lo farai e non ti interesserà avere gratitudine,
né conoscere l’esito del tuo operato.
Non quando tu potrai aiutare efficacemente e disinteressatamente,
ma quando aiuterai pur sapendo che il tuo aiuto a nessuno serve,
neppure a te stesso.
Non quando tu ti sentirai responsabile
di tutto ciò che fanno i tuoi simili,
ma quando conserverai intatto il senso della tua responsabilità
pur sapendo d’essere l’unico uomo al mondo.
Non quando tu avrai compreso che tutti gli esseri
hanno gli stessi tuoi diritti,
ma quando tratterai l’essere più umile della terra
come se fosse colui che ha nelle sue mani le tue sorti.
Non quando tu amerai i tuoi simili,
ma quando tu stesso sarai i tuoi simili e l’amore.
Kempis


 

 


Vieni con la luce e ti sarà data la chiave che farà conoscere a te,
anziano, l’anziano degli anziani, l’anziano dei giorni,
l’inconoscibile.

Se giusta è la tua vittoria,
piano sarà il tuo sentiero
ed i divini attributi forza saranno in te.

Tale è la legge dal principio alla fine.
Di poi il grande riposo,
riposo che si estende a tutto il creato,
il riposo del Redentore.
Kempis

 

Come avviene una comprensione, un ampliamento del sentire

Supponiamo che uno tra voi, leggendo i giornali, guardando la televisione, parlando con gli altri, scontrandosi e incontrandosi con le altre persone, sappia che esiste, che so io, l’invidia. Il sapere che esiste l’invidia può essere un fatto che non tocca minimamente l’individuo o meglio, lo tocca soltanto a livello di conoscenza: l’individuo in questione sa, conosce, che tra gli esseri umani esiste l’invidia. Ecco, questa è la conoscenza, tanto che l’individuo potrebbe affermare secondo quella successione che prima ho presentato «io conosco l’esistenza dell’invidia».
Però col passare delle esperienze, dei giorni, del tempo, ecco che l’individuo ad un certo punto s’accorge che questa invidia, che sapeva esistere negli altri, esiste in realtà anche in lui stesso, in quanto in certe occasioni si sente invidioso; e s’accorge che questa invidia gli procura un problema di qualche tipo.

continua..

Conoscenza, consapevolezza, comprensione nel ciclo delle vite

d-30x30Conoscenza, consapevolezza, comprensione nel ciclo delle vite. Dizionario del

Formato A4 per la stampa, 9 pagine.

Riparliamo per rendere più chiaro il discorso di coscienza e di consapevolezza visto che questo tema ha creato non indifferenti problemi nell’animo di alcuni di voi, e cerchiamo di fare brevemente un riassunto di quanto è stato affermato precedentemente.
Abbiamo detto che la coscienza è identificabile con il sentire.
La coscienza è identificabile dunque con il corpo akasico completamente strutturato. La consapevolezza è invece qualcosa di molto, molto diverso. Infatti la consapevolezza è la conoscenza di determinate verità indipendentemente dal fatto che queste verità vengano poi dall’individuo che ha quella consapevolezza accettate o meno.
Ma vi faccio un esempio: noi siano venuti qua per anni e anni a parlarvi di piano mentale e di piano astrale, ed ognuno di voi conosce l’esistenza di questi piani; tuttavia non avendo e non potendo avere una prova accettabile a livello razionale della realtà di questi piani di esistenza, non riuscite completamente ad accettarli.
Il fatto di essere a conoscenza di questa realtà è identificabile con la consapevolezza, la quale dunque, ripeto, è la conoscenza di determinate realtà indipendentemente dall’accettarle o meno.
Qualcuno di voi, razionale o meno, potrebbe obiettare che la consapevolezza è un fatto strettamente e squisitamente mentale, in quanto legato alla conoscenza. Ma io vi dico che non è così in quanto la consapevolezza vera e propria è anche legata ad un attività sensoria. Si può affermare, senza ombra di dubbio, senza timore di essere contestati, che la prima vera forma di consapevolezza è legata strettamente alla sensazione. Come già precedentemente vi è stato detto, avevamo affermato che il minerale ha una sua consapevolezza, in quanto egli inserito in un determinato ambiente fisico è consapevole di esistere. Questo significa che il minerale, con i suoi rudimentali apparati sensori, è in grado di ricevere da questi suoi stessi apparati sensori un certo grado di consapevolezza. Consapevolezza che logicamente, proprio in base ai discorsi che vi sono stati fatti fino ad ieri, tende ad ampliarsi via via che l’individualità si evolve, via via che l’individualità passa dunque dal regno minerale al regno vegetale, al regno animale, per arrivare al regno umano (anche se dire «regno umano» è qualcosa di facilmente contestabile).
Ma voi sapete anche che via via che l’individualità si sposta da un piano di esistenza ad un altro (intendendo per piano di esistenza in questo ambito, il regno della natura in cui è inserito), i corpi che esistono sugli altri piani si strutturano, migliorano le loro funzioni e quindi, in qualche modo, influiscono proprio sull’ambiente fisico. Questo significa che, se nel regno minerale l’individualità è costituita semplicemente dalla sua apparizione nel mondo fisico, nel mondo vegetale esiste già un qualche cosa di più strutturato a livello astrale, così come nel regno animale esiste già un qualche cosa di maggiormente strutturato sul piano mentale, così come nel regno umano esiste qualcosa di più strutturato nel piano akasico. Questo significa ancora che la consapevolezza incomincia a «sentire», a subire, ad essere diretta nel suo modo di essere, di esistere, anche dagli altri piani di esistenza, piani di esistenza che, però, proprio per essere tali, sono governati, dominati, indirizzati da quella che è la coscienza.
La consapevolezza dunque, a livello sensorio, esiste in tutti i regni della natura: nel minerale, il quale è strettamente legato ai suoi sensi fisici; nel regno vegetale il quale è ancora legato ai suoi sensi fisici; nel regno animale il quale è ancora legato ai suoi sensi fisici e così pure nel regno umano che è ancora legato ai suoi sensi fisici.

L’interesse per l’altro, l’amore oltre sé, la gratuità

Fai per l’altro senza aspettarti nulla in cambio;
non dare per ricevere;
sia il tuo interesse per l’altro qualcosa
che da solo basta per la tua felicità;
se davvero lo ami, sii vicino all’altro
qualunque cosa 
pensi o faccia,
perché il vero amore non ha bisogno
di essere corrisposto e,
quando tu ti aspetti di ricevere qualcosa,
allora stai attento a quello che
pensi,
perché già lì potresti trovarti in faccia
al tuo egoismo mascherato d’amore.
Scifo

continua..

L’impossibilità di giudicare: alcune ragioni

I corpi dell’individuo incarnato, come ormai dovreste sapere, non vengono costruiti lasciando al caso o alla natura e ai suoi processi fisiologici il compito di formarli, ma hanno uno stretto legame sia con il percorso evolutivo compiuto nel tempo dall’individualità che si incarna, sia con i suoi bisogni di sperimentare il mondo fisico per acquisire quelle piccole o grandi comprensioni che il suo corpo della coscienza non è ancora riuscito a sistemare al suo interno nel corso del suo incessante tentativo di adeguamento alle norme con cui la Vibrazione Prima ha pervaso il Cosmo in cui l’individuo incarnato si trova a essere inserito.

continua..

L’evoluzione della coscienza e del sentire

d-30x30Evoluzione della coscienza. Dizionario del

 

– Evoluzione della coscienza
I piani d’esistenza
Lo stato di coscienza
La coscienza di esistere e di essere
Il sentire

Formato A4 per la stampa, 11 pagine.

Il concetto di «evoluzione della coscienza» può essere assimilato a quello di evoluzione della razza, intendendosi con esso il cammino che ogni individuo compie nel corso delle incarnazioni umane per raggiungere il massimo «sentire».
Raggiunto il massimo «sentire», la massima evoluzione che si può ottenere dal peregrinare nel mondo fisico, l’individuo abbandonerà la ruota delle nascite e delle morti. Andrea

Evoluzione… evoluzione della forma, evoluzione della materia, evoluzione dell’autocoscienza… che cosa significano queste tre affermazioni?
Con evoluzione della forma, si intende il passaggio dalla forma più semplice di vita, quindi la forma minerale, a quella umana per poi arrivare alla super umana. Quindi l’evoluzione della forma significa che l’individuo che si incarna per la prima volta in un minerale, tende poi a costruire a poco a poco i suoi corpi sugli altri piani di esistenza passando da una forma di vita molto semplice, come può essere quella del cristallo, ad una forma di vita più complessa come quella vegetale, da questa poi a quella animale fino ad arrivare alla soglia della coscienza e di conseguenza ad incarnarsi come uomo.
Con evoluzione della materia si intende, invece, lo strutturarsi dei vari corpi siti sui diversi piani di esistenza dell’individualità.
Supponiamo che due individui si incarnino contemporaneamente, in una forma minerale: uno si incarna mettiamo in Africa, dove fa un gran caldo, l’altro in Islanda dove fa un gran freddo. Questi due individui pur essendo «nati» contemporaneamente, pur avendo gli stessi tipi di esperienze (in quanto, come ben potete immaginare, la forma minerale ha un numero limitato di esperienze) cominciano ad evolvere ed a costruirsi un embrione di corpo astrale che già ha delle piccole differenze tra il primo individuo e il secondo.
Dopo che hanno raggiunto la massima evoluzione nel regno minerale, essi passeranno nel regno vegetale ed avranno così nuovi stimoli che saranno utili all’evoluzione dei loro corpi. È chiaro che gli stimoli provenienti dall’esterno, dati principalmente dalle condizioni climatiche, saranno totalmente diversi per quei due ipotetici individui incarnati in Africa e in Islanda, cosicché la formazione degli altri corpi sarà a sua volta leggermente diversa nella sua struttura.
Questa larvata differenziazione diverrà sempre maggiore via via che quegli individui si incarneranno nei regni superiori.
Ed ecco che nel momento in cui essi si incarneranno come uomini, nel momento in cui cioè avranno terminato il loro ciclo di incarnazioni minerali, vegetali ed animali, essi saranno in qualche modo diversi, perché il loro corpo astrale ed il loro corpo mentale si saranno strutturati sulla base di esperienze differenti, anche se molto simili tra loro.
Saranno quindi queste prime differenze che porteranno poi queste individualità, nel momento in cui saranno uomini, ad avere comportamenti diversi di fronte a situazioni simili, e questo poi, in fondo in fondo, non è altro che una frantumazione della Realtà Assoluta, che in questo modo dà corpo a comportamenti diversi per giungere alla fine alla totale unione. Vito

Noi siamo concordi con l insegnamento che parla dell’evoluzione dell’individuo attraverso varie forme e non soltanto attraverso la forma umana.
Noi asseriamo, infatti, che ciò che oggi è un uomo, prima di essere un uomo era un animale, prima ancora di essere un animale era un vegetale e prima ancora di essere un vegetale era un minerale. Ecco, questo a ritroso è il cammino evolutivo di ognuno di voi.
Se potessimo seguire la vostra linea evolutiva all’indietro nel tempo arriveremmo ad un punto in cui la vostra individualità, esprimentesi ancora in un modo molto rudimentale, non era né in un uomo, né in un animale, né in una pianta bensì in un minerale, in qualche cosa che voi, solitamente, siete abituati a considerare completamente inerte e privo di vita. Tuttavia noi affermiamo anche che ogni essere, ogni creatura, ogni pianta, ogni cosa non è costituita solamente da materia fisica ma è costituita anche di materia di altri piani di esistenza.
Così potrei affermare che quel vostro Io minerale di tantissimo tempo fa non era costituito semplicemente di materia fisica ma aveva già in sé e attorno a sé una certa parte di materia astrale, di materia mentale e via e via e via, soltanto che la differenza tra il vostro Io minerale di allora (se così lo si può chiamare, e guardate che questa è soltanto una parola per esprimere non una realtà ma per far comprendere un concetto) ed il vostro Io di adesso è tale per una diversità peculiare che non riguarda tanto il tipo di materia fisica ma riguarda proprio una caratteristica che li diversifica sui vari piani di esistenza.
Qual è questa caratteristica? Questa caratteristica è semplicemente il modo in cui la materia che compone gli altri corpi dell’individuo astrale, mentale e akasico che stiamo esaminando è organizzata, è strutturata, è funzionale.
Intendo, con questo mio panegirico, farvi capire che un minerale pur possedendo ad esempio un suo corpo astrale ha la materia di questo corpo astrale informe e disorganizzata, ancora in via di formazione e ancora poco strutturata mentre, invece, la materia del corpo astrale di un essere umano ha già una struttura abbastanza uniforme e complessa che le permette di funzionare in modo adeguato.
Questo cosa comporta?
Comporta che il minerale, non avendo il veicolo strutturato in modo adeguato a poter recepire le sensazioni, a poter esprimere le sensazioni, ha una vita che è apparentemente inerte mentre l essere umano che ha i veicoli molto più formati e molto più adatti ad esprimere e trasmettere sensazioni ed emozioni, ha la possibilità di trasmettere anche attraverso la gestualità, attraverso la materia del suo corpo fisico, queste sue emozioni, queste sue sensazioni.
Tutto questo discorso è alquanto complesso; per illustrare meglio quello che io vi ho detto questa sera vi abbiamo fatto pervenire il seguente grafico:

Noi abbiamo parlato fino a questo punto, per semplicità, di pochi piani di esistenza. Voi sapete che questi piani, solitamente vengono nominati in numero di sette, tuttavia noi ci siamo limitati ad accennare al piano fisico, all’astrale, al mentale, al piano akasico, e ai piani spirituali in generale.
Quindi supponiamo per il momento e per semplicità che esistano solamente cinque piani, e dividiamo quindi questa specie di quadrato in cinque parti diverse, ognuno rappresentante un piano.
Partiamo dal minerale. Il minerale ha un certa forma all’interno del piano fisico, tuttavia ha una sua corrispondente forma – per quanto rudimentale – che necessariamente esiste per permettere alle vibrazioni che lo collegano alla realtà dell’Assoluto di poter circolare alimentando la spinta del ciclo evolutivo. Come dicevo, tuttavia, questa materia degli altri piani di esistenza non è ancora abbastanza organizzata per poter far sentire, rendere consapevole il minerale di ciò che accade negli altri piani di esistenza. La sua percezione, la sua consapevolezza è quindi limitata quasi totalmente al piano fisico, anche se incomincia, sotto gli impulsi dell’ambiente, a reagire agli stimoli e a crearsi una sua certa consapevolezza interiore di ciò che succede a livello emozionale, incomincia cioè a organizzare molto lentamente la sua materia astrale, che prima era totalmente disorganizzata.
Ecco quindi per riassumere: la consapevolezza del minerale è tutta nel piano fisico ed incomincia a costituirsi anche sul piano astrale.
Passiamo adesso alla forma vegetale.
Il vegetale, a sua volta, ha una forma nel piano fisico, però la sua sensibilità è molto maggiore rispetto a quella del minerale proprio perché attraverso gli stimoli vissuti sotto la forma minerale, un po’ alla volta, la sua materia astrale si è andata organizzando e la sua consapevolezza, questa volta, è molto più avanzata all’interno del piano astrale anche se resta, però, sempre nell’ambito del piano astrale. Voi vi stupireste se riusciste a percepire, a comprendere, in realtà, quanto ogni vegetale abbia una sensibilità spiccata e forte, non molto diversa, in realtà, da quella dell’uomo. La maggiore differenza risiede nel fatto che alla pianta è molto difficile poterla esprimere in modo comprensibile all’essere umano.
Eccoci ora alla forma animale.
Dopo essere passata attraverso la forma minerale e quella vegetale, la materia astrale con cui l’individualità si ricopre formando un nuovo corpo astrale ha una migliore organizzazione e la consapevolezza della creatura non è più soltanto di tipo fisico, ma è ormai totalmente di tipo astrale, quindi emotivo, ed incomincia a formarsi anche sul piano mentale.
Questa figura rappresenta il grado di consapevolezza raggiungibile attraverso le «incarnazioni» nei tre regni della natura. Come si vede, nel regno minerale la consapevolezza è tutta concentrata sul piano fisico, mentre nel regno vegetale essa comincia ad ampliarsi e ad espandersi anche sul piano astrale; nel regno animale oltre a consolidarsi totalmente nel piano astrale si espande nel piano mentale, mentre nell’uomo (anch’egli facente parte del regno animale, ma considerato quale animale superiore) la consapevolezza sui tre piani (fisico, astrale e mentale) è totale e inizia la sua espansione verso i piani superiori cominciando, logicamente dal piano akasico. Naturalmente la figura riportata rappresenta solo una schematizzazione (approssimativa ed incompleta) avente il solo scopo di facilitare la comprensione mentale di quanto stiamo dicendo.
Ecco, quindi, che nell’animale, un po’ alla volta, e grazie agli stimoli che riceve, si va formando anche la consapevolezza a livello mentale Ricordate che questo discorso apparentemente può sembrare inficiato dal fatto che noi abbiamo affermato più di una volta che l Io dell’individuo cambia da incarnazione ad incarnazione. Certo, questo è vero, ma questo non deve far supporre che si ricominci da capo ad ogni incarnazione: in realtà l esperienza vissuta (che sarebbe il limite di consapevolezza raggiunta nel corso delle incarnazioni) si va a trascrivere all’interno del corpo akasico e a ogni nuova incarnazione l’individuo riparte da questa consapevolezza, cosicché la sua consapevolezza via via cresce.
Contemporaneamente al grado di consapevolezza acquisito si ha la costituzione dei corpi sugli altri piani di esistenza. Il minerale ha il corpo completamente strutturato soltanto a livello di piano fisico, mentre la materia del piano astrale comincia ad organizzarsi; questa organizzazione continua anche per quello che riguarda i vegetali che intanto iniziano ad organizzare anche la materia del piano mentale; nel regno animale il corpo astrale è ormai strutturato e si va organizzando la materia del piano mentale che darà poi origine al corpo mentale. A sua volta l uomo avendo i tre corpi inferiori ormai ben organizzati inizierà a dare una forma via già più organica anche alla materia del corpo akasico.
E arriviamo, infine, a parlare di quella «bestia» che, solitamente è l uomo! Il discorso è del tutto analogo a quelli che ho fatto fino a questo momento.
Infatti, se nel caso dell’incarnazione animale la consapevolezza dell’individuo era arrivata al piano mentale, nel corso della vita umana questa consapevolezza mentale diventa via via sempre migliore sino, alla fine, a sconfinare nel piano akasico, dove la consapevolezza diviene gradatamente sempre più strutturata, di pari passo con l’aumento di strutturazione del suo sentire. Scifo

Al suo primo apparire nel mondo fisico dunque l’individualità si trova immersa nella materia sotto forma di minerale; attraverso questa esperienza come minerale l’individualità comincia a strutturare il corpo successivo. Ora però, è bene precisare che non è che ogni minerale sarà poi un uomo, ma sarà un uomo quell’individualità che attraverso quel minerale ha strutturato i suoi altri corpi. Voglio dire, con questo, che quando l’individualità si è «incarnata» in un cristallo e, attraverso le proprie sensazioni, avrà strutturato a sufficienza il proprio corpo astrale, si allontanerà dalla forma minerale per continuare la sua evoluzione attraverso una materia più adatta alle sue esigenze evolutive e che, in questo specifico caso, sarà nel regno vegetale.
Lo stesso fenomeno si verificherà, poi, nel transito incarnativo all’interno del mondo vegetale: attraverso varie esperienze, sperimentando fino in fondo la vita di sensazione (caldo, freddo, umidità, siccità) l’individualità «incarnata strutturerà sempre meglio il proprio veicolo astrale al punto da essere pronta per l’incarnazione animale. Anche in tal caso è chiaro che l’individualità godrà delle esperienze di più vegetali contemporaneamente sicché non è che ogni vegetale sarà in un prossimo futuro un uomo.
È chiaro che tale evoluzione è molto lenta ed è conseguenza logica il fatto che debbano esistere, in questi due regni, numerose incarnazioni, così come è altrettanto logico il fatto che l’individualità si trovi nella necessità di dover esperire attraverso diversi veicoli fisici contemporaneamente.
Passata al regno animale, dapprima come animale inferiore, poi via via sempre più vicina all’uomo, l’individualità inizierà, attraverso a queste nuove esperienze, a strutturare anche il proprio corpo mentale, e questo lo potete verificare personalmente vedendo come, ad esempio, due cani, nelle stesse condizioni esterne e sottoposti agli stessi stimoli abbiano delle reazioni differenti. Questo è dovuto al corpo mentale che si sta strutturando, e il corpo mentale è diverso da individuo a individuo.
Il processo evolutivo continua in questo modo fino a quando l’individualità non è pronta per arrivare alle incarnazioni umane.
Tutto questo significa che se si uccide una zanzara (o un qualsiasi altro animale inferiore) non si fa altro che interrompere in parte l’esperienza di quella individualità, così pure accade per la pianta che viene abbattuta o che muore per gli agenti atmosferici. Quando questo esperire viene interrotto momentaneamente, l’individualità (totalmente inconsapevole) si ritira nel piano akasico dal quale viene poi riproiettata verso nuove esperienze necessarie alla sua evoluzione. Nulla di differente quindi da quello che è il cammino dell’uomo. Vito

«La cercan qui, la cercan là, dove si trovi nessuno lo sa…» diceva una filastrocca dei tempi trascorsi.
Per venire a tempi più moderni, la ricerca potrebbe venire indicata, anche se all’epoca la frase era usata più in termini satirico-politici, cantando: «Io cerco la Titina, la cerco e non la trovo…».
«Cosa sta dicendo questa sera Scifo? È forse possibile che anche sul piano d’evoluzione ad un certo punto ci sia qualche cosa di analogo alle nostre sinapsi e che improvvisamente, per chi sa quale motivo, qualche rotella gli sia saltata?».
Il mio è un tentativo di iniziare un discorso in un modo un poco meno monotono del solito.
Ma a che cosa si riferiva questo mio inizio strampalato? Si riferiva alla ricerca che da più anni andiamo indicando, allorché vi parliamo dell’Io, e di come dovete cercarlo, osservarlo per riuscire ad andare oltre.
Prima, però, di entrare nel merito, vorrei un attimo osservare nell’ottica della serata questo Io, vorrei cioè andare alla ricerca dell’Io, lungo il cammino evolutivo di un individualità e percorrendo le tappe dell’evoluzione individuale, per vedere se in queste tappe l’Io può venire riconosciuto nella prima ondata di evoluzione e si trova presente già all’interno del regno minerale.
Bene, creature, non mi sembra necessario spendere moltissime parole per dire che non è possibile trovare tracce dell’Io nell’individuo incarnato a questo stadio evolutivo; voi sapete, infatti, che l’Io è la risultante delle reazioni dei corpi fisico, astrale e mentale dell’individuo, scaturente dall’affrontare le esperienze della vita all’interno del piano fisico.
Ora, chiaramente, è evidente dalla tabella che vi ho presentato su questo argomento, che l’individuo incarnato nel regno minerale possiede solamente un corpo astrale molto rudimentale, organizzato, cioè, soltanto in minima parte, anche se chiaramente si va strutturando sempre meglio via via che le incarnazioni si susseguono.
Se fosse possibile tradurre in modo ben comprensibile ciò che passa per la pietrosa «testa» del minerale, questo sarebbe sotto forma di «caldo», «freddo», «pioggia», «vento», e via e via e via, quindi semplicemente come delle constatazioni di qualche cosa che accade senza, in fondo, né ragionamento, né percezione emotiva, e quindi, ripeto, che a questo stadio evolutivo dell’individuo non vi è e non vi può essere un Io così come voi lo avete inteso da quando siamo venuti a parlare tra voi.
Come conseguenza logica e inconfutabile, lo stesso discorso, quasi pari pari, può essere portato per l’individuo incarnato allo stadio vegetale; in quanto questo individuo ha sì un corpo astrale più strutturato di quello che aveva nel corso delle molteplici incarnazioni minerali, però se fosse possibile riportarvi come pensieri ciò che passa per la mente alla clorofilla del vegetale, voi potreste avvertire «sento caldo», «sento freddo», «sento pioggia», «sento vento», e via e via e via. Quindi anche in questo stadio l Io non esiste e non può esistere. Quelli tra di voi che più amano gli animali, tendono quasi sempre ad antropomorfizzarli, a vederli non come animali, ma come prolungamenti di esseri umani, a volte addirittura come prolungamenti di se stessi, scambiando spesso il comportamento indicativo tipico degli animali con una sorta di personalità; in realtà, anche per quello che riguarda l’individuo incarnato all’interno del mondo animale, si può affermare che non esiste un Io; questo anche se il corpo astrale, in questo caso, è abbastanza ben organizzato e strutturato, il corpo mentale comincia soltanto allora ad essere strutturato, è soltanto la prima fase di strutturazione, e quindi l’Io non è ancora formato, ma vi è il primo larvato percepire, la prima differenza tra io e non-io.
Se voi, infatti, poteste entrare nella mente dell’animale potreste sentire i suoi pensieri come: «io ho fame», «io ho sete», «io ho freddo», «io ho caldo», l Io c è già, ma si tratta ancora solo di una percezione molto larvata della differenza fra se stessi e gli altri.
Tuttavia, ripeto, anche per quello che riguarda l incarnazione all’interno del mondo animale, non è possibile parlare di un vero e proprio Io.
L’Io vero e proprio, invece esiste, compare allorché l’individuo giunge all’incarnazione umana; l’individuo che giunge alla incarnazione umana, infatti possiede un corpo astrale, ormai molto ben strutturato, un corpo mentale, a sua volta organizzato in modo più o meno uniforme e complesso, quindi gli scambi tra questi due corpi e il corpo fisico sono continui e tali da permettere di fare una distinzione, da permettere di avere coscienza della separazione tra se stesso e il mondo al di fuori di se stesso. Permette, cioè, di rendersi conto che egli è, e il mondo intorno a lui è ma in modo diverso da lui stesso. Scifo

Dalle cose che vi sono state dette, si capisce che l’individualità parte da una condizione di non-Io per ritrovare, scoprire l’Io, per ritornare infine ad una nuova condizione di non-Io; ma se la prima condizione era di totale incoscienza, la seconda, meta dell’evoluzione stessa, è di totale coscienza.
Cosicché quando noi vi parliamo di costituzione dell’autocoscienza, intendiamo parlarvi del superamento, sì, dell’Io, dell’identificarsi, certamente, con tutti gli altri fratelli, del sentire tutti gli altri fratelli uguali a se stessi, ma in totale consapevolezza.
Quando si raggiunge questa condizione, e in questo modo il corpo akasico è totalmente costituito, l’individuo non ha più necessità di incarnarsi, abbandona, come si è soliti dire, la ruota delle nascite e delle morti, ma non è detto che l’evoluzione non continui.
Infatti colui che ha sperimentato attraverso le varie vite, ed ha conquistato la propria consapevolezza ritrovando la vera essenza del suo stesso essere, continua la sua evoluzione su altri piani; piani che noi, genericamente, definiamo piani spirituali.
Questa nuova forma di evoluzione lo porterà, inevitabilmente all’unione con il Tutto, all’identificazione con Dio, identificazione che non significa totale annullamento, perché l’individuo che si unifica a Dio, che entra in comunicazione con Dio, è consapevole di ciò che è stato, è totalmente consapevole di ciò che sono stati i suoi fratelli, tuttavia riesce a sentirli come se fossero lui stesso. Fabius

 

I piani di esistenza

Quando noi veniamo a parlarvi degli altri piani di esistenza, tiriamo fuori, di volta in volta, termini quali piano astrale, piano mentale, piano akasico e via e via e via, aggiungendo poi paroloni su paroloni per spiegarvi quello che intendiamo dire. L’errore che solitamente tutti coloro che ascoltano finiscono col commettere è quello di prendere i termini che noi usiamo come degli schemi rigidi, fissi, in cui la realtà, deve essere per forza di cose, incasellata.
Invece, creature, la situazione è ben diversa: noi usiamo una denominazione particolare semplicemente per fornire a tutti voi un supporto mentale, quindi anche linguistico, per poter portare avanti il filo logico di un discorso, ma dovete sempre cercare di tenere ben presente che questi supporti mentali sono soltanto dei termini di comodo per aiutare a comprendere qualche cosa che è molto al di fuori della normale realtà fisica in cui voi conducete le vostre esistenze.
Non vi è quindi, come potrebbe pensare qualcuno di voi, un salto brusco tra il piano astrale e il piano mentale, o tra il piano mentale e il piano akasico; specialmente per quanto riguarda la materia che compone questi piani, il passaggio da un piano all’altro è quasi imprecisabile, attraverso i concetti, attraverso le parole.
Lo stesso discorso vale per quello che riguarda la Realtà, noi cerchiamo, abbiamo cercato, e cercheremo di farvi avere una visione della Realtà diversa da quella cui voi siete abituati solitamente, e per far questo è necessario – poiché ci rivolgiamo a delle menti abituate a recepire una logica formata di parole e di concetti – che vi presentiamo ciò che vi vogliamo dire attraverso le parole e i concetti.
Queste parole e questi concetti, tuttavia, sono necessariamente relativi, proprio perché rivolti a persone che vivono in un mondo, direi, quasi totalmente relativo.
Sono quindi un altro schema, un altro modo per fornirvi una visione sempre relativa della realtà, visione che può essere forse più larga di quella che ognuno di voi possiede normalmente, ma che tuttavia resta sempre relativa.
«Cosa succede, però, per coloro che vi vengono a parlare dagli altri piani di esistenza?» voi vi chiederete «Anche costoro posseggono una visione della Realtà relativa, oppure c è qualcuno tra tutti questi Maestri che parla avendo una conoscenza della Realtà assoluta?».
Bene, io vi posso assicurare, creature, che fino a quando un individualità non si riunisce all’Assoluto, la sua visione della realtà non può essere altro che relativa, a qualunque piano essa appartenga.
Certamente potrà essere sempre più ampia a mano a mano che procede nell’evoluzione, certamente accade come nel famoso esempio per cui a mano a mano che si sale su una montagna l orizzonte, la visuale si allarga e quindi anche la visione della Realtà diventa più ampia; tuttavia diventa sempre più ampia ma non ne abbraccia la totalità.
Infatti, la Realtà Assoluta, deve essere infinita, totale e si può avere soltanto allorché si rientra coscientemente e totalmente a far parte dell’Assoluto.
Fino a quel momento, creature, non si può avere altro che una visione relativa e, quindi, più o meno limitata.
Concludendo questo mio parlare non posso fare altro, perciò, che affermare che anche quello che ho appena detto fino a questo momento è una visione mia, relativa, a qualunque piano io appartenga e quindi non è una Verità Assoluta! Scifo

Il punto principale sta nel fatto che allorché vi è un incarnazione come vita minerale, non vi è ancora veramente un individualità ma si può considerare una massa di più individualità fuse assieme e quasi indistinte che si uniscono in qualche modo a della materia minerale dalla quale ricevono le prime percezioni, le prime sensazioni.
Voi sapete che da queste percezioni, da queste sensazioni derivanti principalmente dagli scontri con gli agenti atmosferici, provengono delle vibrazioni che tendono a organizzare la materia astrale di queste individualità in gruppo.
Allorché questa materia astrale incomincia ad essere un poco meno informe e ad avere un organizzazione maggiore, l’individualità di gruppo o «anima gruppo», come a volte viene chiamata, incomincia ad avere dei sensi astrali più sviluppati, avverte inconsapevolmente la necessità di poter esprimere questi nuovi sensi attraverso dei mezzi fisici più idonei ad esprimere tutte le sue capacità, a mutarle in meglio, a cambiarle grazie a nuovi mezzi fisici sempre più idonei.
Ecco, quindi, che quest’ «anima gruppo» sposta la propria attenzione, per modo di dire, dalla forma minerale a quella vegetale, ad una forma, cioè, più complessa e che, quindi, può fornirle una massa diversa di percezioni e di sensazioni, una massa più adeguata alle necessità evolutive dell’individualità e che si va via affinando, organizzando e strutturando. Lo stesso processo avviene anche per quello che riguarda il passaggio alla vita animale. Fino a questo punto si parla, quindi, di «anima gruppo».
Ma, dopo un certo numero di vite animali, la materia astrale è ormai organizzata in modo abbastanza complesso e si incomincia ad avere anche una certa strutturazione ed organizzazione di quella che è la materia mentale di questa individualità.
Ecco allora che anche la forma animale risulta troppo semplice e limitata come dotazione di mezzi espressivi necessari al percorso evolutivo dell’individuo. Si accresce, così, il senso di separatività, di Io e non-Io, che porta al frazionamento dell’anima gruppo» la quale così si scinde e incomincia il suo cammino evolutivo attraverso veicoli fisici diversi, veicoli fisici che proprio per la loro maggiore capacità di ricevere percezioni, per il loro maggiore potenziale mentale offrono maggiori possibilità di esprimere l’evoluzione che le individualità facenti parti dell’anima gruppo hanno ormai raggiunto.
Il processo evolutivo dell’individualità continua, così, attraverso l’incarnazione in una sola forma per tutto il periodo in cui l’individuo si incarna come essere umano.
Accade infine, a un certo punto, che anche il veicolo umano non basta più al sentire, alla coscienza dell’individuo che si sta evolvendo, poiché ha raggiunto una strutturazione del suo corpo akasico, della sua coscienza, tale per cui il corpo umano non gli permette più di esprimere la sua evoluzione e quindi di raggiungere nuovi gradi, nuovi avanzamenti evolutivi.
Ecco che vi è allora il famoso abbandono della ruota delle nascite e delle morti, ecco che terminano anche le incarnazioni umane e l entità continua il suo cammino in altre forme, in altri modi di cui non è il caso di parlare adesso. Moti

Al di là del fatto che la vostra scienza è ancora molto lontana dall’avere una visione unitaria di quella che è la Realtà ma tende, ora come ora, a vedere la Realtà frazionata a seconda dei campi di cui si interessa, direi che ciò che noi andiamo dicendo si inserisce perfettamente nel discorso scientifico, anche se forse, sarebbe meglio dire più giustamente che ciò che dice la scienza umana si incastra e collima con ciò che noi andiamo insegnando da più tempo.
L’apparente contrasto, l’apparente dicotomia che si può ravvisare tra le due concezioni consta soltanto nel fatto che la scienza si ferma ad osservare, ad esempio, la costituzione dell’individuo pensando che tutto ciò che costituisce l’individuo avvenga attraverso ferree leggi la cui causa principale è una causa fisica.
In realtà ciò che costituisce l’individuo è sì creato da leggi ben precise e non casuali, tuttavia la causa non nasce dal piano fisico bensì dagli altri piani di esistenza.
Per quello che riguarda la costituzione del corpo fisico, la causa principale viene dal corpo akasico dell’individuo: infatti è il corpo akasico che invia gli impulsi verso la famiglia in cui l’individuo deve nascere, che fa sì che determinati fattori genetici combacino, affinché l’individuo che deve nascere abbia quel determinato corpo e non un altro; è il corpo akasico con i suoi bisogni di nuova comprensione che condiziona la scelta dell’ambiente più adatto alle esigenze evolutive all’individuo che deve nascere. Scifo

 

Lo stato di coscienza

Per evoluzione della coscienza, o meglio dell’autocoscienza, si intende il cammino che l’individualità compie nell’ambito delle incarnazioni umane per raggiungere il massimo sentire per quello che riguarda questa fase dell’evoluzione e quindi abbandonare – una volta raggiunto, appunto, il punto massimo – la ruota delle nascite e delle morti.
In passato, abbiamo definito Il sentire come uno stato di coscienza.
Va da sé – dopo aver dato questa definizione – che esistano vari gradi di stato di coscienza differenti. E va da sé ancora il fatto che si passi da uno stato di coscienza inferiore per giungere ad uno stato di coscienza superiore.
Il massimo grado di uno stato di coscienza più ampio, lo stato di coscienza Assoluto, ovviamente è Dio. Nel mondo della materia, nel mondo delle illusioni, questo stato di coscienza virtualmente si fraziona dando origine a molteplici stati di coscienza relativi.
Poiché lo scopo del nostro parlare è quello di completare il quadro riguardante l’argomento dell’evoluzione, limitiamoci per il momento a seguire la crescita del sentire parallelamente alla crescita dell’individuo, al suo passaggio, quindi, alle sue varie vite, alle sue evoluzioni.
E per rendere le cose più semplici, indichiamo zero lo stato di coscienza che ha l’individuo alla sua prima incarnazione umana, e indichiamo dieci lo stato di coscienza necessario per abbandonare la ruota delle nascite e delle morti.
A questo punto è logico (e mi sembra anche abbastanza chiaro) il fatto che l’evoluzione ad altro non serva che a favorire, ad aumentare di grado il proprio sentire, così come è chiaro che le incarnazioni servono a creare le esperienze, le situazioni per cui questo stato di sentire possa ingrandirsi. E fin qua è tutto semplice e abbastanza evidente.
Le cose, invece, cominciano a complicarsi quando si fanno affermazioni come quella che sto per fare: noi vi abbiamo parlato della comunione degli esseri, vi abbiamo detto che ad un certo punto dell’evoluzione gli individui si sentono tutti fratelli, si sentono uniti, in comunione con tutti gli altri. E vi abbiamo sempre detto che questo stato particolare si raggiunge quando il corpo akasico è totalmente strutturato, quando l’individuo, quindi, non ha più bisogno di incarnarsi nel mondo della materia per sperimentare.
Io vi dico che la comunione degli esseri esiste fin dal primo momento in cui l’individualità si incarna nella forma umana visto che ci limitiamo soltanto a questo momento particolare.
Questo perché, miei cari, esiste anche la comunione del sentire. Infatti, due esseri che abbiano la stessa evoluzione, che abbiano quindi raggiunto lo stesso grado di sentire, sono in armonia, sono in comunione tra di loro, si sentono, stanno bene insieme e via e via e via.
Ma facciamo ancora un esempio, anche perché vi è qualche cosa di più. Chi ha raggiunto un determinato stato di sentire non solo è in armonia con l’individuo che ha il suo stesso sentire, ma è in armonia anche con coloro che hanno un sentire inferiore al suo. Mi spiegherò meglio: se, ad esempio, il figlio E. avesse raggiunto un grado di sentire cinque, questo significherebbe che egli è in armonia con tutti gli individui che hanno raggiunto un grado di sentire cinque, con gli individui che hanno raggiunto un grado di sentire quattro, con quelli che hanno un grado tre, due, uno, zero. Tuttavia il figlio E. non si sentirebbe totalmente in armonia con un figlio che avesse raggiunto un grado di sentire sei, anche se l’individuo con un sentire di grado di sei si sentirebbe in armonia persino con lui.
Ma c è ancora di più.
E logico che per raggiungere un determinato grado di sentire – supponiamo sempre il cinque – si debba passare attraverso un determinato numero di esperienze; e mettiamo, per ipotesi, che per raggiungere questo determinato grado di sentire si debba passare attraverso il comprendere che non si deve uccidere, uno dei principi morali fondamentali.
Ora, può accadere che due individui arrivino ad un sentire cinque imparando questo principio morale del non uccidere attraverso a esperienze diverse.
Facciamo ancora un esempio: può accadere che Tizio arrivi al grado di sentire cinque passando attraverso a una serie di incarnazioni in cui, per esperienza, per imparare questo principio morale, si trovi costretto a dover uccidere degli individui magari a lui estranei, affettivamente estranei, mentre l’individuo Caio, arriva allo stesso sentire passando attraverso a delle incarnazioni in cui si trova costretto – per ragioni evolutive – a dover uccidere, che so, un padre, una madre, un figlio, una persona, comunque, verso la quale prova un particolare sentimento.
Ora, mi pare abbastanza evidente che vi sia una certa differenza tra le due esperienze, anche se il concetto basilare può essere compreso allo stesso modo. Quando questi due individui avranno entrambi sentire cinque, potrà accadere che l’individuo Tizio, potrà far sua l esperienza dell’individuo Caio e non sarà quindi più a lui necessario passare attraverso l esperienza di uccidere una persona cara, perché vibrando ed essendo in armonia con il sentire dell’individuo Caio, trarrà da lui tutta l esperienza, tutte le sfaccettature di questa piccola differenza di concetto. Questo significa che quando noi vi diciamo che non è strettamente necessario passare attraverso l esperienza diretta, diciamo qualcosa di vero: significa che una volta acquisito il principio morale di base, tutte le sfaccettature, tutte le sfumature, di questo stesso concetto possono essere acquisite attraverso un esperienza indiretta come è stato nell’esempio che vi ho appena fatto.
Quando, poi, si raggiunge il sentire più alto, quello che abbiamo definito all’inizio con il numero dieci, allora l’individuo è in armonia con tutti gli esseri, e non solo con gli esseri che esistono contemporaneamente a lui, ma con tutti coloro che sono esistiti e che esisteranno. Quindi per ritornare a Scifo e riallacciarsi ancora ai nostri cari amici atlantidei, vi posso dire che l’individuo che raggiunge il sentire dieci è in armonia con quelli che sono stati gli atlantidei oppure i lemuriani. Infatti, sebbene sia gli atlantidei che i lemuriani non siano più presenti nel mondo della materia, non abbiano quindi più una presenza fisica, essi sono vivi più che mai nell’individuo che ha raggiunto il massimo grado di sentire.
Non solo, vi dirò ancora di più: se, ad esempio, il nostro carissimo fratello Scifo, proprio come Scifo, quand’era incarnato come Scifo, quindi circa quarantamila anni fa, aveva raggiunto – facciamo per ipotesi – un sentire numero nove, egli può essere vivo, anzi egli è vivo – oggi come oggi – nell’ individuo che ha il suo stesso grado di sentire e non solo, se questo individuo fosse in grado, avesse la capacità di mettersi in contatto con questo sentire potrebbe trarre tutte le esperienze che Scifo ha avuto, esperienze che – ricordate – tra razza e razza sono differenti. E quindi, in questo modo, potrebbe rendere ancora più ampio, rendere ancora più perfetto, quello che egli ha raggiunto. Vito

Ragionando su quanto ha detto il fratello Vito poc’anzi, si può comprendere che vi sono alcune conclusioni da poter trarre da tutto il ragionamento riguardo al sentire.
Infatti, se è vero che il cammino evolutivo di ogni razza va avanti attraverso linee diverse da razza a razza è altrettanto vero che il punto di arrivo, il punto di sentire dieci, come è stato definito prima, è sempre lo stesso.
Questo sta a significare, logicamente, che la verità su cui si sta indagando attraverso il continuo incarnarsi, attraverso l’evoluzione della razza, è una verità comune a tutte le razze che si incarnano. E quella cioè che forma il substrato su cui ogni razza, pur attraverso cammini ed esperienze in qualche modo diversi, muove il proprio evolversi.
Un altro concetto derivante da quanto detto prima da Vito può essere il fatto che le verità acquisite da una razza, attraverso la comunione dei sentire, attraverso il contatto tra sentire simili tra razze diverse, può provocare determinate condizioni di flusso di cognizioni, di sensazioni, di scoperte da una razza all’altra. Ecco così che verità raggiunte – per esempio – dalla razza atlantidea possono essere recepite, incontrate e scoperte anche da individui appartenenti alla razza successiva.
Questo spiega in parte ciò che dicevo una volta, ovvero il fatto che osservando i concetti esoterici, i simboli magici e via e via e via, che appartengono alla razza attuale, si possono trovare delle analogie con il linguaggio atlantideo di cui abbiamo parlato tempo fa. E questo (ora dopo i discorsi fatti si può comprendere meglio) avviene non soltanto perché vi è stata una certa fascia temporale di contemporaneità tra razza atlantidea e razza attuale, ma anche perché elementi di coscienza, di comprensione ottenuti dalla razza atlantidea, sono stati recepiti da particolari individui che hanno raggiunto lo stesso stato di coscienza. Scifo

 

La coscienza di esistere e di essere

 Non dovete mai pensare di essere un centro staccato dagli altri centri che, con voi, sperimentano e sono.
Io sono un centro di coscienza, certamente sì, ma i limiti della mia coscienza, i suoi confini non sono così definiti come io posso pensare. Ciò che stabilisce questi confini, questi limiti è rappresentato soltanto dal mio egoismo, in quanto questo centro di coscienza che io adesso rappresento, è soltanto parte di un Tutto che comprende questo centro mio attuale e gli altri che verranno.
L’evoluzione del sentirsi di essere, di esistere è soltanto l illusorietà di un momento di passaggio, passaggio che non esiste soltanto su quel piano che noi chiamiamo materia fisica, ma che è concatenato strettamente con quelle altre sfaccettature di voi stessi che voi conoscete come piano astrale, piano mentale e piano akasico.
I legami che collegano il vostro essere fisico al vostro essere astrale, mentale e poi anche akasico sono talmente stretti che, se così non fosse, non vi sentireste responsabili e comunque vivi nel mondo della materia che vi accompagna nella vostra esperienza. Ciò che voi vedete, fate, recepite, sentite, seguite è soltanto una commistione di impulsi che vi provengono dai quattro piani che costituiscono la parte fondamentale della vostra rappresentazione. Baba

Quindi, per poter veramente comprendere la vostra realtà, per poter veramente comprendere ciò che voi siete, per poter veramente comprendere le nostre parole, è necessario riuscire prima di tutto a comprendere (e non soltanto con la vostra mente, con i vostri pensieri, con i vostri ragionamenti, con la vostra logica, ma con tutti voi stessi), che non siete una parte staccata da tutto il resto.
Quante volte, quante volte nel corso delle vostre vite, vi è capitato di sentirvi uniti a qualcuno o a qualcosa?
Quand’eravate appena nati la vostra coscienza di esistere era ancora limitata alle piccole percezioni sensoriali che avevate, ai momenti di fame, alle carezze che ricevevate, ai suoni, all’alternarsi della luce e del buio, del sonno e della veglia: già allora sentivate, senza quasi rendervene conto, che eravate parte, per lo meno, di una persona che vi prendeva tra le braccia, vi cullava, soddisfaceva i vostri bisogni, e vi dava in qualche modo piacere, abbandonandovi ad essa fiduciosamente, pronti a ricevere e a prendere.
Col passare del tempo, col passare delle esperienze all’interno del piano fisico, col passare dei momenti belli e brutti che ognuno di voi ha vissuto, quante volte vi è capitato di sentirvi un tutto unico non soltanto con altre persone, ma addirittura con degli ambienti, con degli oggetti, magari a voi cari, e tali che suscitavano in voi il desiderio di averli sempre con voi, quasi come se fossero una parte di voi di cui non potete fare a meno?
E quante volte, vi abbiamo visti, figli, nel corso delle vostre vite, innamorarvi; e quante volte, avete pensato, avete detto di non poter fare a meno di un altra persona, e di sentire quell’altra persona come una parte di voi stessi? Spesso, queste parole, erano soltanto un illusione, spesso erano più un volerlo credere, che una realtà dei fatti.
Ciò che avete avvertito è la sensazione di appartenere a tutto ciò che vi circonda che cerca di affiorare in voi, e che cerca di farvi sentire in comunione, partecipi quanto meno di un altra persona e del suo affetto. E quelli, poi, che nel corso della loro esistenza hanno avuto dei figli, sempre hanno avuto l’attimo in cui si sono sentiti, come genitori, un tutt’uno con i propri figli, e questo al di là della riconoscenza o meno dei figli, al di là dell’egoismo che così spesso i giovani manifestano.
E ancora una volta, ripeto, anche questi legami, così forti, così stretti, così duraturi a volte, sono un manifestarsi di ciò che la vostra più intima coscienza sa già, ovvero che voi non siete una parte staccata dalla realtà e dal Tutto, ma che – in realtà – fili invisibili, che non si possono spezzare, vi uniscono con tutto ciò che vi circonda, dagli animali agli oggetti, alle persone, all’Assoluto stesso.
Scopo dell’evoluzione, tra le altre cose, è anche quello di ritrovare questo senso perduto di appartenere al Tutto, e di essere un tutt’uno con gli altri. Questo è, in realtà, ciò che noi vogliamo dire quando parliamo di amare gli altri come voi stessi e di sentire tutti gli altri come fratelli. Moti

 

Il sentire

In questi anni di incontri serrati, creature, vi siete, di volta in volta, lasciati catturare dai nuovi concetti che vi abbiamo presentato e che, per qualche motivo a voi interiore (che so, forse un bisogno di sentirvi importanti perché trattavate grandi temi o perché al corrente di insegnamenti non sempre alla portata di tutti… ) segnavano nel vostro partecipare alle riunioni una sorta di succedersi di fasi, ora esaltanti, ora deprimenti seguendo la vostra facilità o difficoltà di comprendere i concetti e di teorizzare su di essi.
Ecco così la fase del karma, affascinante concetto che permette al povero di trovare una giustificazione alla sua miseria, al sofferente di trovare un perché alla sua sofferenza, al tormentato di scorgere una consolazione ai suoi tormenti e via e via e via.
Ecco i piani di esistenza con quelle meraviglie che essi sembrano portare in sé, tanto simili a favole magiche: chi sta al loro interno sembra poter esaudire ogni desiderio più recondito, ogni speranza più disattesa sul piano fisico, ogni curiosità inappagata, ogni conoscenza mai svelata, rendendoli ai vostri occhi un analogo del Paese delle meraviglie in cui voi, Alici desiderose di essere stupefatte, potevate sognare di arrivare, prima o poi, ad immergervi.
Il concetto di intenzione vi ha poi spalancato la strada verso una nuova fase trovandovi pronti (nella vostra conclamata ansia di conoscere voi stessi più profondamente) a scavare nelle intenzioni degli altri e, qualche rara volta e con brevissime puntate, persino (audacemente, secondo voi!) nelle vostre intenzioni, lottando con tutto il vostro coraggio contro voi stessi riuscendo, alla fin fine, a scalfire solamente la superficie della vostra intenzionalità, quella scomoda ma accettabile, quella non nascosta ma solo velata, in modo da far vedere a voi stessi e agli altri che avevate l audacia e la forza di rivelarvi agli occhi vostri e altrui.
Si sono poi succedute altre fasi. La fase della vibrazione, accettata e discussa con scioltezza forse perché, apparentemente, innocua.
La fase del condizionamento, affrontata con gioia, almeno all’inizio, in quanto vi dava la possibilità di scaricare all’esterno la responsabilità di ciò che siete, che dite e che fate… fino a fermarvi di colpo allorché capivate che la responsabilità continuava ad essere, sempre e comunque, la vostra, dal momento che per poter essere condizionati si deve permettere che ciò che è esterno esplichi la sua attività condizionatrice.
Siete, poi, inciampati nella fase della libertà e del libero arbitrio, perdendovi in essa ed uscendone frastornati, incapaci di svincolarvi da tutti i preconcetti, le frasi fatte, i luoghi comuni, le morali, le concezioni, le ideologie che avevate immagazzinato nel corso della vostra vita (e, se è per questo, anche nel corso delle vite precedenti), e che, se, da un lato vi facevano dei fautori convinti dell’esistenza di un libero arbitrio individuale, dall’altro, sotto sotto, cozzavano contro il pensiero, sepolto nel vostro Io più nascosto, che se il libero arbitrio non esisteva voi non avevate (ancora una volta!) colpe, né tanto meno responsabilità per ciò che siete, ciò che dite, ciò che fate.
Non c è mai stata, invece, creature mie, una fase del sentire.
Certo, sul sentire avete discusso, anche se non molto, tuttavia ciò non ha lasciato in voi grandi conseguenze. Come mai? Forse perché del sentire avevate già letto in altri luoghi? Forse per presunzione ritenendolo un concetto facile da comprendere? Forse perché non vi dava la possibilità di giustificarvi, di depenalizzarvi, di concettualizzare, di teorizzare o anche, soltanto, di sognare?
Eppure il sentire è, per voi che dovete superare la famosa ruota delle nascite e delle morti, un concetto basilare, unico, necessario e insostituibile, senza il quale tutti gli altri concetti finiscono con il perdere ogni forza ed ogni valore!
Come dite, creature? Ah: affermate di averlo compreso, questo sentire? Di averlo assimilato e di aver trovato che non vi è poi molto da capire su di esso? Come mai, allora, accade che quando un ospite vi chiede delle spiegazioni in merito non siete quasi mai in grado di darne una accettabile e, cosa ancora più rara, comprensibile?
Il fatto è che non avete compreso che superficialmente ciò che è il sentire, e qual è la sua essenziale, insostituibile funzione.
Ma immaginiamo, per un momento, quasi per gioco, di renderlo una cosa viva e di potergli chiedere direttamente di parlarci di sé.
Ecco, forse, ciò che egli ci direbbe:

Io sono una creatura di Dio, come voi.
Come voi non nasco perfetto
e in grado di muovermi con sicurezza nelle regioni in cui vivo.
Nasco bambino con tutte le mie incomprensioni,
come un bimbo penso di aver capito e mi comporto di conseguenza
ma basta una piccola azione sbagliata per farmi rendere conto
che ciò che avevo capito era solo frainteso e non era giusto.
Ad ogni esperienza rinasco a me stesso più ampio, più consapevole, più vero,
ad ogni esperienza abbraccio una nuova parte di me stesso e, in questo modo,
una nuova parte della Realtà di cui anche io, come voi,
faccio parte via via più consapevole.
So quale sia il mio destino: abbracciare per intero me stesso
e verso questo fine sono attratto e spinto da qualcosa che è vivo al di sopra di me
ma che, nel contempo, 
mi permea e indirizza tutto me stesso.
Io cerco di afferrare questa entità che, senza capirne il perché,
amo di un amore intrinseco a me, 
ma così forte da muovere ogni mia azione
alla ricerca di espandere me stesso 
nella speranza di arrivare a fondermi,
finalmente, con l’oggetto del mio amore.
Non piango se sbaglio,
non mi abbatto se fallisco,
non mi sento frustrato se non riesco,
non mi vergogno se non capisco,
non mi adiro se non trovo subito la soluzione
ma sono sempre pronto a rinnovare me stesso,
a trarre frutti dai miei sbagli,
a rendere utili i miei fallimenti,
a lottare contro ciò che mi frustra,
a cercare di comprendere ciò che sembra sfuggirmi,
a provare mille soluzioni diverse
fino a quando non troverò quella giusta.
E so che solo allorché sarò pienamente maturo
e tutto il mio essere sarà fuso in un equilibrata e funzionale entità
io troverò la gioia di unirmi con quell’Amore sconosciuto ma potente,
dolce ma tiranno,
forte ma delicato,
costante ma immenso,
che in continuazione mi chiama a Sé
e che costituisce il vero perché della mia esistenza.

Creature, serenità a voi.
Scifo

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume terzo, parte seconda, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior