Il piano di esistenza fisico e il suo corpo

d-30x30Piano di esistenza fisico e il suo corpo. Dizionario del

Vediamo come l’essere nasce, come incomincia a poco a poco a prendere contatto con gli altri suoi veicoli e a costruire, in questo modo e di conseguenza, la propria personalità.
Innanzi tutto l’entità che è chiamata a prendere posto in quel determinato corpo, comincia a prendere i suoi propri e veri contatti dopo il parto, immediatamente dopo la nascita vera e propria; questi primi contatti sono relativi al piano immediatamente successivo a quello fisico che, come tutti voi ricorderete, è il corpo astrale.
Questi primi contatti vanno, via via che il corpo fisico segue la sua inevitabile crescita fisica, ampliandosi fino a divenire completi, stabili; per compiere questo cammino, per arrivare alla perfezione, sono necessari più o meno sette anni del vostro tempo, sette anni del piano fisico; questo, affinché quella persona abbia il suo corpo astrale ben strutturato e ben allacciati i contatti con il relativo veicolo fisico.
Più o meno contemporaneamente l’individuo che userà, per la nuova incarnazione, quel determinato corpo, comincia anche a formare i primi contatti con il proprio veicolo mentale; però per arrivare alla completezza, per arrivare alla perfezione dei contatti con il proprio corpo mentale dovranno passare più anni, anni che vengono genericamente indicati in quattordici.
A questo punto voi potreste affermare con tutta tranquillità, che la personalità dell’individuo è strutturata, formata verso i quattordici anni.
Ciò è errato, prima di tutto perché, per il momento, non abbiamo ancora fatto menzione dell’eventuale allacciamento con il corpo akasico (non dimenticatevene l’importanza) e poi perché dovete tenere sempre ben presente una cosa: questi limiti di tempo che noi abbiamo dato (in questo caso abbiamo parlato di sette e quattordici anni) sono indicativi e non validi, genericamente, per tutti gli individui. La differenza dipende soprattutto dal grado evolutivo dell’individuo che si incarna.
Ci si potrebbe fermare sulle cose che ho appena detto, cercando di vedere in particolare come si manifesta praticamente, nel comportamento di quello stesso essere, l’allacciamento in questione, qual è lo sviluppo e come lo si vede praticamente; questo sarebbe un discorso molto interessante però è molto complesso e porterebbe via troppo tempo. Vorrei ricordarvi ancora, prima di allontanarmi, che la personalità vera e propria, così come è stata definita dal paziente amico Boris, è comprensiva di qualcosa di più, direi anche di quegli impulsi (anche se piccolissimi) che il corpo akasico invia al corpo fisico; questo, per farvi comprendere come, molto spesso, nei nostri discorsi ci limitiamo per fornirvi una maggiore possibilità di comprensione, dandovi soltanto delle piccole gocce di Verità per volta. Vito

Collegamento coscienza-corpi al momento di una nuova incarnazione

d-30x30Nascita/incarnazione. Dizionario del

Vorremmo parlare di un punto importante, quello che riguarda il collegamento tra spirito e materia – se così vogliamo dire – al momento della formazione, della creazione di un nuovo individuo incarnato sul piano fisico. Vedete, figli cari, ciò che vi porta fuori strada, che vi impedisce di comprendere nel modo giusto questo piccolo particolare è il fatto che continuate, malgrado il nostro insegnamento, a considerare il corpo akasico come se fosse colui «che fa». «Il corpo akasico (qualcuno ha detto) ha ‘scelto’ il corpo in cui deve fare esperienza, il corpo akasico ha fatto questo, ha fatto quell’altro» come se avesse una sorta di propria volontà tale da poter influire consapevolmente e nel modo migliore e più giusto in quello che sarà il suo cammino attraverso l’esperienza del piano fisico.
Ora, certamente il corpo akasico è qualcosa di molto importante per ognuno di voi, questo senza alcuna ombra di dubbio, però questa caratteristica di consapevolezza, questa caratteristica di coscienza, questa caratteristica di poter agire, di poter fare, diventa vera e pienamente effettiva in tutta la sua grandezza soltanto allorché l’individualità avrà abbandonato il piano fisico, o meglio – per essere più precisi – soltanto allorché l’individualità non si incarnerà più sul piano fisico, allorché cioè il corpo akasico avrà strutturato tutta la sua materia e sarà completamente consapevole. Prima di questo momento, il corpo akasico può essere considerato l’antitesi dell’Io; così come abbiamo detto che l’Io, in realtà, è una proiezione del corpo akasico al punto che, osservando l’Io, ognuno di voi può arrivare a capire cos’è che il corpo akasico ha compreso o non ha compreso. Allo stesso modo il corpo akasico, per ambivalenza – come direbbe il nostro amico Scifo – è ciò che l’Io dimostra, in quanto sono strettamente dipendenti, legati l’uno all’altro.
Ora, quando accade che sta per avvenire una nuova incarnazione, il corpo akasico «non sceglie» (anche se a un certo punto di evoluzione si illude magari di poter scegliere), non sceglie il corpo, il luogo e il tempo in cui avverrà l’incarnazione, ma semplicemente emette una vibrazione, e questa vibrazione si va a collegare a della materia incominciando, tramite questa forma vibratoria e le sue differenziazioni, a strutturare la materia che incontra.
Non vi è quindi ancora un collegamento neanche al momento del concepimento, ma vi è una partecipazione vibratoria da parte del corpo akasico, il quale mette in questa vibrazione che ha emesso tutte le vibrazioni che sono riferibili a ciò che ha compreso o ciò che non ha compreso; ed è questa somma di vibrazioni, questo loro interagire l’una con l’altra, questo loro scambiarsi vibrazioni all’interno dei vari piani di esistenza, che raduna la materia di ogni piano che attraversa e incomincia a plasmarla, a formarla in modo tale da avere un corpo che si adatterà il più possibile a quelle che sono le più immediate esigenze evolutive di comprensione del corpo akasico. Ecco, quindi, che tutto il periodo della gestazione sarà un periodo in cui queste vibrazioni continueranno ad agire influenzando con il loro movimento la costituzione di tutti gli elementi del nuovo corpo che si va creando; ma il vero e proprio allacciamento, il vero e proprio collegamento, inizia allorché tutti i corpi sono pronti ad esperire, allorché sono separati dall’ambiente protettivo materno e quindi il corpo incomincia da se stesso, da solo, a vivere la propria esperienza, scontrandosi immediatamente con l’impatto del piano fisico in cui si trova – spesso sgradevolmente – proiettato.
Ecco, è da questo punto che incominciano ad allacciarsi i collegamenti dei vari corpi: astrale, mentale ed akasico. Sono stato chiaro su questo? Volete qualche delucidazione?
Non si può ridurre questo discorso a una precisa formula matematica, anche perché non si tratta di una sola vibrazione, ma di un’enorme quantità di vibrazioni, come è enorme la parte non compresa ancora dal corpo akasico, e come è enorme in tutti i suoi particolari, in tutte le sue sottigliezze ciò che egli invece, magari, ha compreso fino a quel momento; ed ogni comprensione e ogni non-comprensione emette una vibrazione che si unisce o si fonde e arriva poi a proiettarsi fin sul piano fisico, con tutto quello che abbiamo spiegato. Moti

Quando il corpo fisico, astrale e mentale si dissolvono, al termine dell’incarnazione, cosa diventano?
Voi sapete che, quando l’individuo abbandona i suoi vari corpi, li abbandona un po’ per volta, uno per volta anzi; voi sapete addirittura (quelli più a fondo nell’insegnamento) che li abbandona strato dopo strato, non tutti in una volta; e quegli strati da cui l’individualità si ritira, un po’ alla volta, perdono poi, senza la forza di coesione dovuta alle vibrazioni dell’individualità, perdono la coesione tra le unità elementari che compongono la materia di quel corpo e queste unità elementari, un po’ alla volta, si separano, si lasciano, e rientrano nel ciclo interno del piano di esistenza a cui appartengono, diventando quindi, in qualche modo, materia possiamo dire «indifferenziata», pronta ad essere poi usata per altre necessità che si possono presentare, per permettere che – attraverso le modifiche della materia – possa continuare l’evoluzione di altri individui della razza.
Potremmo dire che, in una Realtà in cui tutto ha una sua funzione e nulla esiste per caso ma ottempera a diversi scopi, essa viene «riciclata». Georgei

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume terzo, parte prima, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

 

Meditazioni quotidiane: 1.2

 

 


Questo non è certo il Dio
che la
maggior parte delle religioni propone.
Non è forse quantificabile.
Non è forse definibile come immagine.
Non è forse legato ad altro che ad impressioni,
a sentire, a sensazioni,
a qualcosa che, quindi, a voi appare inesprimibile,
indescrivibile,
irraggiungibile.
Pur tuttavia, al di là di qualsiasi immagine sacra,
vera o non vera,
al di là di qualsiasi grande Maestro,
vero o presunto,
al di là di qualsiasi dottrina religiosa,
al di là di qualsiasi discorso,
al di là di qualsiasi immagine individuale,
l’esistenza di Dio viene sempre recepita,
prima o poi, da un individuo nella sua Realtà,
e questa esistenza compenetra 
la realtà che voi vivete,
in modo così soggettivo da farsi presente,
da farsi sentire nei momenti meno prevedibili, più inaspettati.
C’è chi, nella storia dell’uomo,
ha trovato, sentito, riconosciuto, incontrato Dio
durante un rapporto amoroso con un’altra persona.
C’è chi l’ha incontrando sulle ali di una canzonetta fischiettata.
C’è chi l’ha trovato semplicemente vivendo una giornata di lavoro,
normale, come tutte le altre.
C’è chi l’ha trovato nella sofferenza,
chi l’ha trovato nella gioia,
ogni individuo può trovarlo in mille e mille cose che sono in Lui,
ed ognuna, creature, una per una,
vi parla proprio di Lui stesso.

Scifo 


 

 


Io non sono nulla,
sono una piccola goccia di pioggia
durante un temporale,
un minuscolo granello di sabbia
in uno sconfinato deserto,
un ago di pino
in un bosco di conifere,
un fiocco di neve in una tormenta,
un meteorite in un cielo
popolato
da miliardi di stelle;
eppure, senza di me,
quel temporale, quel deserto,
quel bosco e quel cielo
non sarebbero più gli stessi.
E questo, già da solo,
mi dovrebbe rendere felice di esistere
e di far parte di Te, Padre mio.

Hiawatha


 

 


In qualunque posto Tu risieda,
dovunque Tu sia,
qualunque cielo Tu possa occupare,
qualunque dimensione Ti appartenga,
io a Te dedico la mia gioia,
io a Te dedico la mia allegria,
io a Te dedico le mie passioni,
io a Te dedico i miei desideri,
io a Te dedico la mia sofferenza,
io a Te dedico i miei dubbi e i miei perché,
le mie resistenze, i miei rimpianti,
i miei rimorsi, i miei sensi di colpa
e le mie disperazioni.
Io Ti dedico, Dio mio, tutta la mia vita,
certo che Tu l’accoglierai tra le Tue mani
e saprai con esattezza ciò che di essa va fatto.

Moti


 

 


Mi hai insegnato la via dell’umiltà, Padre,
mi hai indicato, attraverso mille esempi,
la strada della semplicità.
Mi hai fatto dire di essere sola e semplice.
Mi hai insegnato a non pretendere nulla dagli altri,
ma a pretendere molto da me.
Mi hai insegnata ad osservare con occhio benevolo
i miei fratelli, le mie sorelle,
i miei genitori, i miei figli,
i miei compagni di viaggio.
Mi hai insegnato a non giudicare,
mi hai insegnato a non criticare,
mi hai insegnato a sentire
ciò che fa parte
del Creato
come cose che mi appartengono
anzi, come una parte di me.
Ma, malgrado tutto questo,
io mi sento un essere meschino,
un essere che accetta soltanto con la mente
le cose che Tu mi invii,
un essere che, da un momento all’altro,
pensa solo a se stesso,
giudica il comportamento degli altri,
è distruttivo nei confronti della natura e del mondo,
è distruttivo nei confronti
di se stesso.
Ma anche questa, Padre mio,
così come Tu mi insegni,
è una delle strade che mi condurranno fino a Te.
Io vorrei, però, riuscire ogni giorno ad imparare,
a compiere un piccolo sforzo,
affinché le mie parole non siano veleno,
affinché il mio sguardo non sia aggressività,
affinché il mio porgere una mano
non sia solo per prendere,
affinché il mio modo di accarezzare,
o di chiedere una carezza,
non sia un modo di giustificarmi,
o di farmi perdonare.
Aiutami, Padre mio, ogni giorno
a compiere uno di questi piccoli sforzi;
piccoli sforzi che, alla fine, mi porteranno
a poter dire 
di vivere gli altri,
di vivere i miei compagni,
i miei genitori, i miei figli, i miei amici
e gli stessi estranei come dei veri e propri fratelli.
Non chiedo molto, Padre mio,
in realtà non chiedo molto,
ma sono sicura che il Tuo aiuto giornaliero
mi potrà condurre veramente all’unione
con i Tuoi figli e con Te.

Viola


 

 


Padre mio,
ho sentito i Tuoi figli parlarmi di evoluzione.
Ho sentito che suggerivano l’idea che Tutto è Uno
e ho pensato anche che, se davvero Tutto è Uno,
dalla più piccola cosa, mi è possibile Padre mio,
se davvero lo voglio, riuscire ad arrivare fino a Te.
E assieme a questo pensiero, Padre mio, io ho gioito.
Ho gioito perché se davvero Tutto è Uno,
ho compreso che io sono Tutto
e sono Uno con gli altri fratelli che mi stanno attorno.
E che ogni carezza che a me non viene data,
che a me viene tolta per essere donata ad un mio fratello,
ha lo stesso valore della carezza che io avrei dovuto ricevere.
E che le stesse parole e lo stesso affetto che prima,
magari, era rivolto a me e adesso vedo rivolgere ad altri,
questo affetto, queste parole, ho compreso, Padre mio,
che sono
ancora e sempre miei.
E di questo Padre mio,
di questa mia
comprensione,
di questo mio sentirmi unito veramente fino in fondo con Te e con i Tuoi figli,
di questo riuscire a condividere senza invidie,
senza rancori, senza accidia ciò che gli altri hanno
e che apparentemente a me manca,
di tutto questo, Padre mio,
io Ti ringrazio dal più profondo del mio essere.

Moti


 

 


Padre mio,
sento su di me il peso dell’evoluzione,
i secoli sono sfilati davanti
ai miei occhi,
i millenni sono scivolati alle mie spalle come un fiume
che si perde
e si confonde con l’oceano.
Ed io mi trovo improvvisamente accomunato ad altri esseri
che hanno minore esperienza di me,
che hanno forse compreso qualcosa in meno
e con i quali io cerco di intrattenere
un rapporto,
un contatto perché sento che
essi hanno bisogno di me,
ma che anch’io,
in fondo, ho bisogno di loro.
E com’è difficile, Padre mio, fare tutto questo,
com’è difficile far comprendere a loro
quanto essi di me hanno bisogno e quanto io,
a mia volta, abbia bisogno di loro.
Perché se mi metto al loro stesso piano
essi finiscono con il considerarmi un individuo
da assoggettare, da sfruttare, 
da usare
senza tenere in debito conto, senza accorgersi, magari,
di ciò che cerco di far pervenire loro
attraverso la mia
esperienza passata.
Se io invece mi elevo al di sopra di loro
finisco col vederli ritrarre se stessi quasi spaventati,
ritirarsi in soggezione per ciò
che io sono.
Aiutami, quindi Padre mio,
a far loro comprendere che se pure il mio cammino evolutivo
è molto più lungo di quello da loro
percorso,
ciò non significa che anche io non dovrò ancora camminare,
perché se sono più avanti nel cammino,
non è per particolari capacità,
ma semplicemente perché ciò doveva essere
e che anche loro, prima
o poi, giustamente,
attraverseranno il mio
stesso sentiero.
Come far comprendere loro, Padre mio,
che in fondo se io sono ricoperto di materia fisica
questo sta a significare che io sono
un essere umano,
in questo momento,
così come lo sono loro?
Come far loro comprendere
che anche io sono capace di soffrire,
che anch’io incontro la disperazione,
che anche per me la disillusione,
le illusioni infrante possono far male,
che il dolore m’addolora e che la morte a volte mi spaventa?
Come far loro comprendere, Padre mio,
che anche se sulle mie spalle
c’è il peso dei secoli e dei millenni,
che se anche i miei capelli sono diventati bianchi
a forza di essere immersi nella
sofferenza in tutte le epoche
che si possano ricordare a memoria d’uomo,
malgrado tutto questo, io sono ancora un essere che abbisogna d’amore
e che amore cerca ancora di
poter donare e di poter ricevere?
Padre mio,
forse io non riesco ad essere 
abbastanza umile in quanto faccio,
o forse non vi è la possibilità da parte degli altri
di poter penetrare la mia corazza,
così come un bambino osserva le lacrime di un adulto
e pensa che quelle lacrime siano, magari, soltanto un gioco.
Fa’ loro comprendere, Padre mio,
che anche le mie lacrime, i miei sorrisi,
le mie tristezze non sono un gioco,
ma sono vere e sincere così come lo sono le loro.

Scifo


 

 


Padre, Padre mio,
io comprendo la Tua grandezza,
comprendo il Tuo Amore,
io comprendo la Tua pace,
comprendo che Tu, per farmi giungere a Te,
hai posto sul mio cammino anche la distruzione,
hai posto sul mio cammino la rabbia,
l’odio, 
il rancore, l’invidia;
hai posto sul mio cammino
tutto quello 
che di negativo
in un individuo possa esserci.
Io comprendo per questo la Tua realtà,
comprendo per questo la Tua grandezza, Padre mio,
perché so che Tu hai permesso che io uccidessi
e che venissi a mia volta
ucciso
per farmi giungere fino a Te.
Hai permesso che prevaricassi gli altri,
tutti i miei fratelli,
e che gli altri prevaricassero me,
per farmi giungere fino a Te.
Hai permesso che io odiassi gli altri,
le persone che avrei dovuto, invece, amare,
e che gli altri mi odiassero, per farmi giungere fino a Te.
Padre mio, la Tua grandezza è fatta anche di questo;
Padre mio, adesso lo so.
E se la Tua grandezza è fatta anche di questo,
anche il Tuo Amore è fatto di questo,
e sono felice per quanto mi hai amato,
sono felice che Tu mi abbia insegnato
a diventare l’Amore stesso.   

Viola


 

 


Padre nostro,
se ancora una volta ci hai rivestiti di materia,
se ancora una volta ci siamo trovati in mezzo agli altri,
incatenati ai bisogni, ai desideri,
alle necessità del nostro Io,
è perché soltanto Tu sapevi
che di questo noi avevamo ancora bisogno.
Padre nostro,
se ancora abbiamo versato lacrime,
se ancora abbiamo pianto,
perché non siamo riusciti a dare la mano
ad un nostro fratello che soffriva,
se ancora non siamo riusciti ad asciugare quella lacrima
prima che il vento l’asciugasse per noi,

è perché Tu sapevi che il nostro cammino,
la nostra strada, così doveva essere.
Padre nostro,
chissà ancora per quante vite,
chissà ancora per quante esistenze,
così dovremo essere.
Tu non puoi darci la certezza
che 
questa sia l’ultima esperienza,
Tu non puoi fare questo, Padre nostro,
ma noi confidiamo in Te e speriamo che,
prima o poi, Ti raggiungeremo,
perché siamo certi che Tu,
come un ottimo padre con un’infinita pazienza,
ci aspetterai.

Viola


 

 


Padre nostro,
Ti ringraziamo per aver messo lungo la nostra via
il dolore, la sofferenza,
perché da essa noi siamo rinati forti, felici.
Ti ringraziamo per averci dato la gioia,
la felicità nell’osservare anche il solo volo di una farfalla
perché con essa ci hai insegnato 
a capire,
a comprendere la Tua presenza
ovunque.
Padre nostro,
Ti ringraziamo per averci dato tanti altri fratelli
diversi da noi, ma identici a noi,
con i quali abbiamo potuto confrontarci,
scontrarci e comprenderci gli uni con gli altri.
Padre nostro,
Ti ringraziamo per averci offerto l’opportunità
di ascoltare la Tua voce 
attraverso le creature
che ci circondano,
di contemplare la Tua voce
attraverso i semplici fatti
che Tu continuamente ci invii.
Padre nostro,
Ti ringraziamo soprattutto per averci dato
la possibilità di esistere.

Viola


 

 


Padre nostro che sei dovunque
sia resa grazie alla Tua esistenza,
il Tuo regno è già qui
sia in cielo che in terra,
sia fatta fa Tua volontà
perché essa è ciò che muove l’intero creato,
e il Tuo regno è ovunque un essere vive,
muore, soffre, gioisce e sente.
Dacci ogni giorno
l’impulso di migliorare noi stessi,
affinché alla nostra fame di Te
possa sempre essere dato il pane
necessario a saziarci,
e aiutaci a donare agli altri
ciò che sentiamo che da Te
ci viene donato.

Viola


 

 


Padre nostro,
ti ringraziamo per averci donato
occhi per vedere, orecchi per udire,
bocca per parlare, mente per pensare
e spirito per sentire.
Ma quante volte facciamo buon uso
di ciò che, nel Tuo Amore, ci hai elargito?
Quante volte i nostri occhi
hanno visto solo ciò che volevano vedere?
Quante volte i nostri orecchi
hanno udito solo ciò che volevano udire?
Quante volte !a nostra bocca
si è aperta solo per oltraggiare?
Quante volte la nostra mente
si è soffermata davvero a pensare?
Quante volte il nostro spirito
si è sentito davvero una parte di Te?
Padre nostro,
Ti chiediamo umilmente perdono
per il cattivo uso che facciamo dei Tuoi doni.

Moti


 

 


Motore di ciò che è.
Dio presente in ogni dove.
Signore di ogni essere.
Dio che doni e che disponi.
Dio che per creare
ti è bastato affermare:
«Sia l’uomo e sia la donna».
Fa sì che chi hai creato e reso vivo
possa condurre la sua esistenza
sempre libero e sempre in pace.
Tu che sei dentro a ogni cosa,
Tu che sei fuori da ogni cosa,
nelle nuvole e nella notte, ascoltami:
fa sì che io viva i miei giorni,
fino a che avrò bianchi i capelli,
e quando le mie membra saranno stanche,
prendimi fra le Tue braccia
e aiutami a giungere fino a Te,
ovunque Tu sia!

Viola


 

 


O Altissimo Signore,
Tu che mi hai indicato la via,
questa via che porta dentro di me.
Signore, io credo in Te,
Signore, io “sento” che Tu esisti;
mio Signore, percorrerò per Te questa via;
affronterò la sofferenza che la costella,
affronterò gli ostacoli
che si pareranno 
davanti a me,
affronterò i pensieri che mi diranno:
“Torna indietro
perché più avanti c’è la sofferenza,
e alle tue spalle può esserci la pace”.
E questo perché so, o Signore,
perché ho capito, mio Dio,
che se Tu quella via mi hai indicato
è perché alla fine della strada
Tu sei là ad aspettare.

Florian


 

 


Padre mio,
ho cavalcato mille cavalli imbizzarriti
e da essi ho trovato in me le parole e i suoni
che li rendevano docili e capaci di seguire i miei desideri,
conducendomi lungo le
strade paurose della mia interiorità.
Ho incontrato sul mio cammino orde di lupi ringhianti
dai denti snudati come barriere 
poste sulla mia strada
per fermare il mio
avanzare verso di Te,
ma ho saputo tranquillizzarli con la luce di un mio sorriso,
con la forza della mia serenità.
Mi sono imbattuto in tempeste
che facevano rivoltare i mari,
portando in alto quello che era in basso
e ricacciando negli abissi più profondi
quello che era in superficie,
e sono rimasto
a galla sopra il pelo delle acque turbolente
solo grazie alla convinzione che io,
qualunque cosa potesse accadere,
non sarei mai morto veramente.
Ho sfidato il fuoco più ardente,
il lampo più abbagliante,
la grandine più tambureggiante
riparandomi sotto la volontà di giungere indenne
nel porto
della mia anima.
Ho attraversato momenti in cui il mio corpo
mi è sembrato 
un peso inutile ed ingombrante
di cui avrei voluto poter fare a meno.
Ho percorso ore interminabili in cui orgoglio,
paure e rancori 
cercavano di ridurmi come un fuscello
in balia del vento, pronto a spezzarsi
frammento dopo frammento.
Ho vissuto periodi in cui i miei pensieri
sembravano essere pensati soltanto allo scopo
di ferire me stesso o, peggio ancora,
di ferire gli altri.
Eppure, sempre, qualcosa dentro di me
è riuscito a modificare ciò che attraversavo
aggrappandosi con tutta la sua speranza
al piacevole soffio di un vento primaverile
o alla risata senza imbarazzo di un bambino
o all’incontro con una nuova, inaspettata, meravigliosa idea.
Infine, Padre mio, ti ho scorto
e tutto ciò che ho vissuto mi è apparso nella sua grandezza,
facendomi riconoscere 
che di tutto ciò, indubbiamente,
avevo
bisogno per arrivare ad essere una parte cosciente di Te.

Andrea


 

 


Padre mio, quante volte, nel corso della mia esistenza,
io mi rivolgo a Te per chiederTi qualcosa,
eppure è un po’ di tempo, Padre mio,
che non provo più il desiderio di chiederTi nulla
perché penso di aver oramai compreso che Tu
già mi dai tutto ciò di cui
io posso aver bisogno
e che è soltanto la mia mancanza di comprensione
in determinati momenti che mi impedisce di vedere
quanto grande è la Tua magnificenza.
Padre mio, io osservo le mie mani,
osservo
il mio corpo,
osservo il mio viso allo specchio e mi tuffo nei miei occhi,
e in essi resto catturato come se fossero delle porte
su degli universi incommensurabili;
guardo le espressioni che un lieve muovere delle ciglia riesce a comunicare,
guardo la gioia, la felicità, la tristezza, l’amarezza, l’ira che,
con pochissimo sforzo, riescono a manifestare e mi chiedo:
«Se una cosa così piccola riesce a fare così tante cose diverse,
stupefacenti nel loro
piccolo eppure meravigliose,
che complessità ha l’interezza del mio corpo
e quali enormi possibilità di espressione esso possiede
che io neppure riesco a immaginare, a comprendere fino in fondo?».
A quel punto, quasi annichilito dalla grandezza di quel microcosmo che io sono,
di quella grandiosa realtà che Tu rifletti e in Te si riflette,
non posso far altro, Padre mio,
che ringraziarTi per la Tua bontà.

Scifo


 

 


Io volevo chiederti, Padre mio,
quand’è che raggiungerò la Realtà con la ‘R’ maiuscola,
ma ho l’impressione che una
domanda del genere
non mi avrebbe fruttato molto perché,
ascoltando quanto i Tuoi deva hanno manifestato nel tempo,
posso arrivare da solo ad una conclusione,
che da una parte
è logica ed evidente
e dall’altra parte è
disarmante.
Infatti, mi sono risposto da solo
che arriverò alla Realtà con la ‘R’ maiuscola
soltanto nel momento in cui avrò svelato tutta l’illusione.
Certo, non può essere che così!
Questa non può essere che la verità,
ma per me, immerso nell’illusione di tutti i giorni,
immerso nei veli d’illusione che l’Io quotidianamente mi mette davanti,
non posso che sentirmi a volte stanco e quasi disperato
nel rendermi conto di quanta difficoltà incontro
nel mio tentativo di alzare il sipario
di questo Teatro delle Ombre.

Scifo

L’imprinting della coscienza nell’esperienza della materia

d-30x30L’imprinting. Dizionario del

L’’imprinting è quel processo per cui, all’interno della massa akasica indifferenziata, si vengono a imprimere degli orientamenti vibratori provenienti dalle esperienze vissute dalla materia akasica allorché è collegata, all’inizio della propria evoluzione, con quella che è la materia fisica.
Facciamo un piccolo passo alla volta e fermiamoci.
Voi avete detto che, quindi, l’imprinting influenza la massa akasica della razza che si va a incarnare e, quindi, è uguale per tutti i componenti di quella razza.
Primo errore!
Infatti, la vita dei minerali a cui la razza, al suo iniziare il percorso evolutivo, è collegata possono essere dislocati in posti molto diversi come condizioni ambientali e, di conseguenza, sperimentare “esperienze” diverse.
Inoltre, i minerali non hanno tutti la stessa composizione, quindi reagiscono diversamente all’umidità o al caldo, o al freddo, al fuoco, al ghiaccio, e via e via e via, e siccome ci sono tanti collegamenti per la massa akasica, certamente ci sarà la possibilità che venga fatta esperienza di tutti questi fattori; però si vanno a iscrivere nella massa akasica non riempiendo tutta la massa akasica, ma facendo delle zone all’interno della massa akasica: questa parte di massa akasica collegata a questa porzione di materia fisica riceve questo stimolo, quest’altra parte riceve quest’altro stimolo, e via e via e via e via. D’accordo su questo?
Questo significa, ovviamente, che nel momento in cui la massa akasica si frantumerà, i vari pezzi della massa akasica frantumata non necessariamente avranno le stesse impronte di esperienza fatte all’interno del minerale.
All’interno della porzione di massa akasica che si frantuma vige sempre una certa uniformità e coerenza di “imprinting”, al punto che possiamo affermare tranquillamente che tale massa viene delimitata, nel suo frantumarsi, dal fatto che quell’imprinting che ha fornito quel certo tipo di vibrazione accomuna quella massa e, quindi, in qualche modo la tiene legata assieme; circoscrive, quindi, le possibilità di frattura della massa akasica (per dirla in maniera più semplice).
Arrivati a questo punto, facciamo un piccolo salto… di qualche centinaio di migliaia di anni, e arriviamo alla seconda fase dell’imprinting, la fase che permette l’acquisizione di elementi, di impronte, attraverso le esperienze fatte all’interno del mondo vegetale.
Chiaramente … (voi sapete che il discorso nella realtà si replica molto spesso, quasi sempre direi, attenendosi regolarmente alla legge del “così in alto, così in basso”) il discorso è molto simile a quello che abbiamo fatto per quello che riguarda l’imprinting proveniente dal regno minerale. Ancora una volta, l’esperienza fatta dal vegetale all’interno del piano fisico porterà una vibrazione modulata in maniera diversa alla massa akasica a cui è collegata, a seconda del tipo di esperienza che la pianta, il vegetale, avrà subito. Ecco, quindi, che ci sarà una parte collegata, per esempio, (che so?) … al fatto che ci sono vegetali che vivono prevalentemente al caldo o vivono prevalentemente al freddo, vegetali che vivono nell’acqua di mare o in cima ai monti, vegetali a vita prevalentemente diurna o prevalentemente notturna, e via e via e via e via; tutto questo dà molte diverse possibilità di orientamento; giusto?
Il procedimento sarà ancora una volta lo stesso: questa impronta si andrà a depositare nella porzione di massa akasica corrispondente, fino a quando questa massa akasica si frantumerà, ancora una volta seguendo questa linea di frattura dovuta alla comunità di vibrazione. Non sto a ripetere il discorso per quello che riguarda il regno animale, anche perché è ovvio e di conseguenza.

L’evoluzione della forma del vivente: dal minerale all’umano

d-30x30L’evoluzione della forma del vivente. Dizionario del

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Viene inteso con “evoluzione della forma”, il fatto che necessariamente la forma animata deve subire delle modificazioni, per poter permettere all’entità che la anima di esprimere il suo grado evolutivo. Sarebbe assurdo, infatti, pensare che un’entità di alta evoluzione possa animare una materia che non le permetta di esprimere questa sua evoluzione.
Se così fosse, infatti, vi sarebbe un grosso spreco in questa incarnazione, ma nulla nell’universo è sprecato: nel cosmo, nell’universo, nel creato, vige la più perfetta economia delle cause, per cui nessuna causa inutilmente può essere mossa. Ananda

Da tutte queste definizioni, non facili né da comprendere, né da spiegare, ognuno di voi può restare confuso… apparentemente possono sembrare concetti inutili, apparentemente possono sembrare soltanto speculazioni filosofiche sulle quali in pratica, nella vita di tutti i giorni, non si può contare.
Bene: noi speriamo invece che ognuno di voi arrivi a rendersi contro che queste cose non sono soltanto speculazioni filosofiche, ma servono proprio alla vostra quotidianità!
Ma in definitiva, creature, dopo tutte queste definizioni forse un po’ astruse, inaspettate o confuse per tutti voi, come può venire definita l’evoluzione? Non quindi l’evoluzione di una razza, non l’evoluzione della materia o della forma ma proprio “evoluzione” e basta.
Vedrò io di fornirvi un elemento di questo tipo che può tornarvi utile per dare delle basi su cui appoggiarsi, poi, in futuro.
Evoluzione: passaggio da parte dell’individuo da uno stato di coscienza semplice ad uno stato di coscienza più complesso.
Oppure ancora, evoluzione: passaggio dell’individuo da uno stato di sentire ad uno stato di sentire più ampio, maggiore.
Apparentemente queste due definizioni sembrano essere la stessa cosa, tuttavia in realtà così non è: se voi osservate, per esempio, un animale, potete vedere che questo animale nel corso della sua incarnazione animale subisce un’evoluzione, ovvero passa da uno stato di coscienza più semplice ad uno stato di coscienza più evoluto. Tuttavia voi sapete – per discorsi fatti in precedenza – che l’animale possiede dei corpi abbastanza strutturati soltanto per quello che riguarda il piano fisico e il piano astrale e che soltanto in alcuni casi vi è un corpo mentale che incomincia ad essere strutturato. Quello che è il corpo akasico dell’animale, in realtà, è qualcosa di non strutturato, di uniforme e (se così si può definire figurativamente) è un ribollire di materia akasica in cerca di sistemazione.
Ora – secondo il nostro pensiero – può essere detto che un individuo ha un sentire soltanto allorché l’individuo incomincia ad avere una certa struttura fisica all’interno del piano akasico. Non è necessario che questa struttura sia molto ampia però – secondo, appunto, il nostro filosofeggiare – soltanto nel caso in cui è una porzione di corpo akasico strutturata si può davvero parlare di sentire.
Come conseguenza di quanto ho affermato, non avendo l’animale un corpo akasico strutturato non si può affermare che la sua evoluzione corrisponda a passaggi di sentire ma, tutt’al più, a passaggi di coscienza intesa, nel caso dell’animale, a passaggi, in particolare, di coscienza sensoriale. Si può quindi parlare, a proposito dell’animale, di “evoluzione sensoriale”.
A questo punto potrete comprendere benissimo da soli, senza che io vi tedi coi miei discorsi, che si può applicare il discorso dell’evoluzione a qualsiasi cosa vi possa venire in mente: vi è così un’evoluzione mentale, vi è un’evoluzione dei desideri, vi è un’evoluzione delle percezioni fisiche (e basta, d’altra parte, osservare la diversità delle percezioni fisiche tra il bambino e l’adulto), vi è un’evoluzione razziale, sociale e via e via e via. Scifo

La materia indifferenziata e il cosmo

d-30x30La materia indifferenziata e il cosmo. Dizionario del

Come mai concetti così semplici, alla fin fine, come quelli dell’unità elementare arrivano a porsi, in determinati momenti in maniera tale da creare dei problemi, delle domande, dei dubbi che prima non erano stati posti?
Vediamo un attimo di riprendere molto brevemente questo discorso dell’unità elementare; perché, anche se non ha poi un’importanza così suprema, forse partire con un concetto sbagliato riguardante l’inizio della costituzione della materia può condurre ad accumulare poi sviste su sviste, fino ad arrivare ad avere una concezione in gran parte errata di tutto quello che siamo andati dicendo nel tempo. Il problema – se non ho interpretato male le vostre domande, i vostri dubbi – era se ogni piano dell’esistente, costituito quindi da materia, ha una sua unità elementare che è diversa da un piano all’altro.
Ora, alcuni di voi hanno già risposto, vuoi forse un po’ più bravini, forse un po’ più fortunati perché sono riusciti a pescare nei cassettini della loro memoria alcune cose che erano state dette, ma indubbiamente si può dire che la materia che compone tutta la Realtà è costituita da che cosa? Dall’Assoluto; questo significa che l’Assoluto compenetra tutte le materie e che tutte le materie fanno capo a Lui, tutte sono parte dell’Assoluto. Questo significa ancora che tutta la materia, in partenza, è la stessa. Questo significa, in definitiva, che, anche andando nei vari piani di esistenza, la base di ogni piano di esistenza, di ogni unità elementare di ogni piano di esistenza, in realtà è costituita dalla stessa materia, che non è altro, poi, che la materia dell’Assoluto.
Ora, dov’è che cambia da un piano all’altro la materia? Giustamente, cambia non tanto per la diversa aggregazione, per la quantità di materia aggregata, quanto per il movimento che in essa mette la “vibrazione prima” per cui fornisce a questa materia delle qualità diverse da piano a piano; quindi non è la materia che cambia, è la qualità messa in luce, chiamata in luce dal movimento acquisito attraverso le piccole vibrazioni successive immesse nella materia dalla “vibrazione prima” che fan sì da costituire le qualità tipiche di ogni piano di esistenza.
Ecco, così, che la materia fisica è come voi la conoscete: abbastanza greve, pesante, senza dubbio molto meno capace di trasformarsi, di modificarsi rispetto alle materie degli altri piani di esistenza; quella astrale, invece, è molto più facilmente modificabile, dai desideri, dalle sensazioni, dalle emozioni, e via dicendo; quella mentale è ancora più rapidamente modificabile sotto la spinta del pensiero, e quella dell’akasico, creature?
E la materia dell’akasico, a sua volta, è messa in movimento e acquisisce le sue qualità – sempre attraverso le spinte della “vibrazione prima” – però arrivando a modificare le proprie vibrazioni grazie al ritorno dell’esperienza fatta sul piano fisico.
Ecco così che si completa il circolo tra “vibrazione prima”, che attraversa i piani di esistenza per arrivare sul piano fisico e che poi torna indietro, aiuta a tornare indietro l’esperienza, che arriva al piano akasico e, quindi, trasforma anche la materia del piano akasico.

La vibrazione, la “vibrazione prima”, la materia  

d-30x30La vibrazione, la “vibrazione prima”, la materia. Dizionario del

Abbiamo iniziato a parlare dei piani di esistenza partendo dall’esame del piano che meglio conoscete perché è in esso che siete abituati ad esercitare la massima forma di consapevolezza, cioè il piano fisico.
Facendo un breve riassunto, avevamo affermato che tutta la materia che compone il piano fisico è, in realtà, composta da un unico elemento che abbiamo denominato “unità elementare”; particella che, nel piano fisico, non è ulteriormente divisibile.
Ovvero, per chiarire meglio che cosa intendo dire con quest’ultima affermazione: scomponendo l’unità elementare del piano fisico, spezzandola negli eventuali elementi costituenti, ciò che si otterrebbe non sarebbe più materia fisica così come voi la intendete, bensì qualche cosa di diverso che sfuggirebbe all’analisi e alla stessa scoperta da parte di qualunque mezzo fisico – per quanto raffinato e sensibile – che possiate creare con la materia del vostro piano di esistenza.
Avevamo anche affermato che, in definitiva, proprio per il fatto di essere totalmente composta dallo stesso unico elemento, tutta la materia del piano fisico ha la stessa natura, la stessa composizione qualitativa, ma non la stessa composizione quantitativa.
Così, se vi fosse possibile scomporre in unità elementari un diamante e una goccia d’acqua, scoprireste che non vi è alcuna differenza tra di essi e che le differenze che notate nella materia più grossolana del vostro piano di esistenza risiedono solamente nel numero, nella quantità di unità elementari presenti in essa.
Se ragionate con attenzione, questo discorso spiega molte cose, tuttavia non riesce a spiegare tutto.
Non spiega – ad esempio – come mai tutta la materia del piano fisico, pur essendo tutta costituita dallo stesso elemento, non ha le stesse caratteristiche e la stessa fenomenologia.
È innegabile, infatti, che il fuoco e il ghiaccio hanno due temperature molto diverse tra loro, e che una foglia è verde e il petalo di una margherita è bianco e via e via.
Cos’è, dunque, che provoca queste diverse caratteristiche da punto a punto del piano fisico? La maggiore o minore aggregazione delle unità elementari può dare ragione della diversa densità di materia, della diversa solidità e compattezza che contraddistingue – ad esempio – il legno dal vino e il vino dal fumo, ma non spiega certamente perché la fiamma è luminosa e il marmo, invece, non lo è. Vi deve quindi essere, secondo un semplice ragionamento logico, qualche cosa d’altro che differenzi le varie aggregazioni di unità elementari, fornendo loro quella gran varietà di caratteristiche e di qualità che scorgete intorno a voi.
Se vi dico che questo differenziatore delle qualità della materia è la vibrazione, non faccio di certo un’affermazione eccezionale, in quanto ciò è già ben noto alle vostre scienze fisiche, che hanno individuato i vari tipi di vibrazione inerenti alla materia giungendo – pur con molte approssimazioni, e facendo largo uso di convenzioni di comodo – a classificare le caratteristiche della materia a livello fenomenico in base al tipo di vibrazione che la contraddistingue.
Secondo questo criterio di classificazione appare chiaro che, in ultima analisi, fenomeni come luce, suono, calore, elettricità, magnetismo e radioattività non sono altro che effetti causati da diversi tipi di vibrazione della materia a livelli sempre più piccoli.
Intendo affermare perciò che la materia del vostro piano, di per sé, se fosse inerte e cioè immobile, sarebbe tutta indifferenziata, tutta identica e senza variazioni – eccetto la sua densità – da un punto all’altro del piano fisico, se non esistesse quella caratteristica – la vibrazione – che con i suoi effetti agisce all’interno di tutta la materia creando le caratteristiche che la differenziano.
Cerchiamo ora di fare un esempio per chiarire il discorso fatto.
Supponiamo che la materia sia la penna e che la mano sia la vibrazione.

La materia e la sua struttura: approfondimenti

d-30x30La materia e la sua struttura: approfondimenti. Dizionario del

Forse vi starete chiedendo perché esistono e quali sono i limiti che vi impediscono di vedere la realtà materiale che vi circonda senza essere soggetti all’illusione.
La risposta – che, probabilmente, in gran parte vi sfugge – è, in fondo, abbastanza semplice: i limiti sono strettamente indispensabili e necessari proprio per non farvi comprendere la grandezza del “disegno”. Se voi poteste veramente vedere tutte le materie che sono intorno a voi – a parte il fatto che, se le vedeste tutte contemporaneamente, non riuscireste a capirci praticamente nulla – ma se riusciste a guardarle discernendo in un modo abbastanza comprensibile la grandezza del “disegno”, ad un certo punto dell’evoluzione ciò vi renderebbe talmente storditi da restare bloccati in voi stessi e non riuscireste ad assaporare la vita che conducete.
Ricordate che se siete incarnati sul piano fisico è perché dovete comprendere; se dovete comprendere significa che dovete fare esperienza; se dovete fare esperienza la vostra principale – ripeto: “principale” – preoccupazione deve essere quella di vivere la vostra vita e per far ciò è necessario che la vostra attenzione sia puntata principalmente su voi stessi e sulla vita che state vivendo, o – meglio ancora – su ciò che la vita che state vivendo fa introiettare a voi stessi per smuovere la vostra interiorità e portarvi poi alla comprensione.
Ecco perché certe qualità che permettono di vedere una parte della realtà al di là del piano fisico, vuoi… che so io… la chiaroveggenza, ad esempio, incominciano a comparire soltanto a un certo punto dell’evoluzione, verso la fine, quando cioè l’individuo ha raggiunto un’evoluzione tale per cui, anche possedendo queste doti, la sua vita non verrà sommersa, nascosta da queste doti, ma egli riuscirà comunque e sempre a trarre comprensione dall’esperienza fisica che sta vivendo.
Potreste arrivare a generalizzare quanto ho appena detto arrivando a pensare che, magari, la possibilità di dare una sbirciatina negli altri piani sia comunque e sempre indice di ottima evoluzione. Non sempre è necessariamente così, questo è un campo in cui non è possibile generalizzare o schematizzare all’eccesso, dal momento che vi possono essere migliaia di diversità, migliaia di sfumature nelle varie possibilità; potrebbe essere che la persona ha bisogno di quel tipo di esperienza per comprendere; potrebbe essere una situazione karmica per cui quella persona è costretta – per esempio, per qualche cosa commesso in precedenza – a percepire tutte le volte che un’altra persona sta male, o che una persona viene uccisa, o che un bambino viene rapito come succedeva nel caso di quel veggente famoso; questo indipendentemente dall’evoluzione, ma per necessità karmica.
Non c’è, quindi, una regola fissa sulla questione che vi possa permettere con certezza di stabilire il gradi di evoluzione di una persona in base ai presunti poteri che possiede. A volte volete costringere la realtà in un uovo, ma le pareti di questo uovo son talmente leggere che la realtà sfugge sempre; non è sempre tutto così facilmente quadrabile. D’altra parte che non ci si trovi davanti ad un indicatore sicuro di evoluzione è il fatto che esistano un numero grandissimo di persone con buona o ottima evoluzione che, pure, non possiedono o non manifestano poteri particolari, ma vivono la loro vita nel più semplice e anonimo dei modi.
Un altro piccolo punto che aveva dato dei problemi era il discorso dell’arancio (poi diventato un mandarino, non si sa come mai!).
In realtà, forse è stato presentato abbastanza confusamente il concetto proprio in partenza, in quanto non era stata data la molla iniziale del discorso; era stato detto, come esempio figurato per spiegare l’unità elementare e cosa succede allorché si spezza un’unità elementare, che supponendo il caso che l’unità elementare del piano fisico fosse un’arancia, spezzando l’arancia (quindi spezzando l’unità elementare) non si otterrebbero più due mezze arance (due mezze unità elementari del piano fisico) ma si otterrebbe invece un insieme di materia del piano successivo; senza entrare nel particolare che, certamente, questo insieme di materia del piano successivo conteneva in sé, compenetrata, anche la materia degli altri piani di esistenza, e questo discorso andava ripetendosi poi su tutti i vari livelli di esistenza fino ad arrivare poi dove sapete voi.

La natura della materia del piano fisico

d-30x30La natura della materia del piano fisico. Dizionario del

Certamente avrete pensato che, in tutto il periodo in cui vi abbiamo fatto pervenire le nostre parole, non vi fosse tra i vari discorsi un vero nesso logico, un discorso unitario, come se le comunicazioni seguissero un andamento caotico e disordinato; infatti, accanto a qualche accenno – peraltro molto saltuario – a concetti filosofici, vi è stato accennato anche alla Realtà, affermando che essa non è quella che i vostri sensi normalmente percepiscono; vi abbiamo parlato di epoche lontane; vi abbiamo parlato di fatti pratici inerenti la quotidianità della vostra vita ma, soprattutto, abbiamo dato rilevanza ai concetti di Io, di Auto-conoscenza e di Amore.
Tutto ciò – invece di essere un’accozzaglia caotica di elementi, come a qualcuno può essere sembrato – aveva la funzione di stimolare il vostro intimo, di far sì che incominciaste prima di tutto a ricercare voi stessi, in quanto – e non ci stancheremo mai di ripeterlo, anche se alcuni di voi saranno invece già stanchi di sentircelo dire di continuo – il primo passo verso la comprensione del Tutto muove proprio dalla comprensione di voi stessi.
È per questo motivo – ad esempio – che abbiamo sempre evitato di parlare in modo diretto a lungo di Dio: come potete, infatti, aspirare a conoscere prima e a comprendere poi anche la più elementare questione che riguarda Dio, se non riuscite neppure non solo a capire gli altri uomini e la fratellanza di fatto e non di parole che vi lega ad essi, ma addirittura a comprendere che cos’è che volete veramente in realtà?
In realtà …realtà…realtà…
Abbiamo affrontato più volte – anche indirettamente – il concetto che la Realtà non è quella che a voi appare, anzi, la vostra percezione del reale è non soltanto frammentaria e incompleta, ma spesso addirittura illusoria a causa di fattori inerenti il vostro più profondo sentire e, in particolare, a causa dell’Io che si serve della mente – punto di passaggio delle percezioni della realtà esterna – per modificare, a mano a mano che entra in voi, la percezione di ciò che è reale all’esterno di voi.
Ma esiste davvero una realtà all’interno del mondo fisico, oppure il mondo dei fenomeni in cui vivete è tutto un sogno, plasmato dalle vostre percezioni limitate e dai vostri desideri che – come spesso abbiamo visto – hanno la tendenza ad indurvi a vedere solo ciò che più vi appaga ed a cercare di modificare in questa prospettiva tutto ciò che va contro il vostro Io?
Per questa volta lasciamo per un poco da parte l’influenza che ha l’Io nel modificare la realtà percepita tramite i vostri sensi, ed esaminiamo invece la realtà esterna alla vostra mente e – quindi – al di fuori delle alterazioni soggettive che l’Io produce sulla realtà allorché essa viene a scontrarsi con i suoi impulsi; facciamo – o cerchiamo di fare – cioè un discorso inerente la realtà oggettiva esterna, effettiva, del mondo fisico.
Avevamo già affermato che solo una porzione limitata della realtà esterna è riconosciuta e abbracciata dalle vostre percezioni e che – malgrado questo – siete in grado di conoscere l’esistenza di cose che, pure, non riuscite a vedere, a sentire, a gustare, a toccare o ad odorare, cioè a percepire, per via normale; così, ad esempio, sapete che esiste ossigeno intorno a voi e che esso è un elemento necessario alla sopravvivenza del vostro corpo fisico, anche se dell’ossigeno non avete alcuna percezione diretta, riconoscibile tramite i vostri sensi.
Avevamo anche detto che se possedeste un organo della vista molto più acuto – così acuto da essere in grado di scorgere gli atomi, uno per uno – il mondo che siete abituati a vedere non esisterebbe più sotto quell’aspetto: le forme sparirebbero e tutto ciò che ora vedete intorno a voi – e perfino il vostro corpo – non vi apparirebbe altro che un vorticare di piccolissime particelle – più o meno compatte e uniformi – così numerose che non riuscireste più a fare distinzione tra forma e forma perché anche gli spazi che ai vostri occhi appaiono, in condizioni normali, completamente vuoti, sono in realtà pieni di materia.
Se poi voi riusciste a vedere ad un livello percettivo ancora più acuto, le differenze che avreste potuto osservare nel caso precedente, riguardo alla costituzione della materia del mondo fisico – ovvero la grandezza e la composizione dei vari atomi – si trasformerebbero a loro volta e vedreste che, ad un certo punto, l’unica differenza nella materia che vi circonda risiede nella densità delle particelle e che tutte queste particelle sono identiche le une alle altre.
A questo punto avreste scorto la realtà prima del piano fisico, la reale forma della sua materia, cioè ciò che, in ultima analisi, costituisce tutto il piano fisico, tanto che è possibile affermare che ogni cosa che vedete intorno a voi non è altro che una ripetizione di queste particelle di base dalle quali, per loro maggiore o minore aggregazione, proviene tutto ciò che vi circonda.
Questa particella che – per intenderci – chiamerò “unità elementare”, è insomma l’elemento costituente, la base, che forma tutta la materia del vostro piano di esistenza e che, quindi, struttura e organizza la realtà concreta intorno a voi.
Quest’unità elementare può essere assimilata al concetto di atomo, così come lo avevano postulato Democrito e, in seguito, Platone, quale fondamento ed elemento unico costituente il divenire della realtà oggettiva della materia, anche se l’indivisibilità è una caratteristica valida – per l’unità elementare – solo finché si resta, appunto, all’interno del piano fisico.