L’esperienza esistenziale dell’estate

Le persone che possono realizzare un maggiore contatto con sé, vivono in modo particolare la stagione dell’estate: spesso essa produce disorientamenti, ansie, apatie, a volte stati di svuotamento profondo che inducono ad abbandonare situazioni e persone. Non di rado un senso di solitudine accentuato si insinua ed enfatizza gli altri stati.
Per alcuni, l’unica difesa è cercare di valicare indenni questa stagione: nel Sentiero contemplativo vediamo le cose un po’ diversamente.
Per potermi addentrare nel tema dell’esperienza esistenziale dell’estate debbo fare un parallelo con quello che accade al seme/frutto delle piante.

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Non essendo mai la vita contro di noi

Nel Sentiero è acquisito il concetto che la vita non ci è mai avversa: abbiamo capito il concetto, abbiamo anche compreso il principio? Non so.
È un’ottica così nuova, così rivoluzionaria del modo di intendere i fatti che ci accadono, che credo a noi serva molto tempo per interiorizzarla compiutamente.

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L’origine degli psicosomatismi e la loro risoluzione

 Tratto da: Annali del Cerchio Ifior, 15 marzo 2011
[…] Giunti a questo punto è forse il caso di fare un’ulteriore ricapitolazione di quanto abbiamo detto fin qui nel nostro esame del sistema akasico/fisico dell’individuo incarnato, fornendo, nel contempo, ulteriori elementi che si possono dedurre dalle os­servazioni che vi abbiamo fin qui proposto.

Se si vuole cercare la genesi dello psicosomatismo è ovvio, a questo punto del nostro ragionamento, che bisogna trovarla all’interno delle incomprensioni che l’individuo non ha risolto.

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Sentire e responsabilità procedono assieme

Tratto qui di alcune perplessità espresse nei commenti al post L’umano non dà la vita, né la morte: l’appunto è che questo approccio potrebbe condurre ad una deresponsabilizzazione. Dal momento che è la coscienza che decide, io come identità posso sollevarmi dalla responsabilità del mio agire.
Questione antica, che a volte nella storia ha portato a non divulgare la conoscenza nel dubbio che questa avrebbe potuto condurre ad un uso distorto, o ad un abuso del conosciuto.
Questione che in questa nuova epoca deve essere affrontata in modo nuovo: oggi la conoscenza, anche quella più esoterica, è disponibile a chiunque, ma questo non significa che chiunque attinge ad essa.

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Esiste una sfida troppo grande per noi, troppo dura?

Avvio questa riflessione stimolato dalla domanda di Paolo in commento al post L’identità, l’opposizione, il pane duro, il non voler vedere: “Come distinguere il pane duro – da masticare pazientemente – con un sasso, che non è il caso di provare a mangiare?”
La questione è rilevante: esiste per l’umano il sasso, l’indigeribile, l’inaffrontabile?
I giorni scorsi ho incontrato una coppia di genitori che ha perduto una figlia in giovane età: esiste sasso più grande?
No, non esiste; chiunque sia genitore questo lo sa.

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La contemplazione, i suoi linguaggi e la loro evoluzione

“Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Tutto passa, solo Dio non cambia. La pazienza ottiene tutto. Chi ha Dio non manca di nulla: solo Dio basta!
Il tuo desiderio sia vedere Dio, il tuo timore, perderlo, il tuo dolore, non possederlo, la tua gioia sia ciò che può portarti verso di lui e vivrai in una grande pace”
Paolo mi ha condiviso questo brano di Teresa D’Avila, invitandomi a dire qualcosa sull’evoluzione dello spirito e del sentire contemplativo.

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I limiti della percezione affettiva ed emozionale

A., commentando il post L’uomo di oggi, ieri è stato animale, vegetale, minerale, dice:
“Chiaro, ma le evoluzioni continue a tutti I livelli dove arriveranno? Qual è lo scopo ultimo e si arriverà mai ad un traguardo? Come N. anche io faccio difficoltà con questi concetti.”
Passando i commenti per la mia moderazione, ho deciso di non pubblicarlo ma di discuterlo qui: il tema è proprio uno di quelli basici e A. dovrebbe conoscerlo; considerando che è arrivata da poco, può darsi che abbia perso alcuni passaggi fondamentali, che non abbia letto e meditato alcuni post che di questo parlavano, miei o del CI.

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L’ecologia della mente e la compassione per sé

Prendo lo spunto da questo tweet di Enzo BianchiAmico, vigila sui tuoi pensieri perché i pensieri diventano parole, vigila sulle tue parole perché le parole diventano azioni, vigila sulle tue azioni perché le tue azioni diventano il tuo comportamento il tuo stile, la tua persona.
Ho diverse cose da aggiungere, innanzitutto: le tue intenzioni divengono la tua persona.
È dalle tue intenzioni che sorge il tuo pensiero e la tua azione, e le intenzioni sono figlie del compreso e del non compreso.
Siccome il compito di una vita non è quello di mostrare il compreso, ma quello di lavorare il non compreso, ecco allora che le nostre intenzioni saranno sempre spurie, condizionate da un limite di comprensione.

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Morire giovani, la lezione dell’impermanenza

A colei che, nell’impermanenza, ha visto la vita con gli occhi di M. e che contempla il disegno dell’Architetto
Forse avrete notato che nella home di questo sito è rappresentata l’immagine di un papavero, tra tutti i fiori – assieme al soffione – uno di quelli che non fa mistero della sua inconsistenza, del suo essere effimero, transitorio, impermanente.
Mai l’umano si rappresenterebbe come un papavero, niente più dell’impermanenza lo mette in scacco.

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Il vero dare e il bisogno esistenziale dell’altro

Il piacere di ricevere un grazie, una gratificazione è un sentimento umano e normale. Tuttavia è importante riuscire ad andare oltre a questo, è importante poiché riuscire a dare ciò che si sente agli altri senza aspettarsi una risposta positiva, significa aver veramente compreso interiormente che l’importante è il dare e non il ricevere.
Capire questo significa perdere molte delle tensioni che ognuno di voi avverte nel corso delle proprie giornate: molto spesso vi adirate con gli altri perché non vi rispondono come sarebbe, magari, anche giusto che vi rispondessero: molte volte tramutate in astio un passo che avete fatto soltanto perché la persona verso cui vi siete rivolti ha rifiutato l’incontro con voi, o il vostro aiuto, o le vostre parole, arrivando a definirla superba, o stupida, o via dicendo.

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La reincarnazione: comprendere il percorso di una individualità

d-30x30La reincarnazione. Dizionario del

L’argomento di cui parleremo, senz’altro stimolerà la vostra curiosità, infatti, è nostra intenzione di trattare un poco più da vicino il problema dell’incarnazione.
Ogni volta che abbiamo iniziato questo discorso abbiamo notato che in chi ascoltava le nostre parole veniva innescata la curiosità di conoscere e di sapere quali erano state le loro esperienze nel corso delle vite precedenti; da sempre abbiamo ritenuto giusto non parlarvi di queste cose perché pensiamo che il sapere che cosa si è stati non serva assolutamente a nulla, infatti il conoscerlo può appagare certamente la curiosità del momento, ma non può senz’altro arricchire interiormente l’individuo che ne viene a conoscenza, e lo scopo principale del nostro parlare è proprio quello di far crescere interiormente l’individuo.
È nostra intenzione, quindi, iniziare il discorso della reincarnazione da un punto di vista più «filosofico», se così vogliamo dire; che cosa intendiamo noi quando usiamo il termine «reincarnazione»?
Con questo termine noi intendiamo la nascita e la rinascita di una stessa individualità in vari ambienti, in epoche diverse, in momenti diversi. Nascite diverse che portano quello stesso individuo alla crescita interiore, ad una maggiore conoscenza, ad una maggiore apertura verso il mondo spirituale.
Val la pena ricordare per apprendere quello che vogliamo dirvi che l’individualità, l’individuo, colui cioè che si incarna, fin dalla sua prima incarnazione (e quindi già nel mondo minerale) porta con sé tutti gli attributi divini dei quali però non ha coscienza. Le reincarnazioni servono appunto all’individuo per prendere coscienza di questa propria divinità interiore: ecco il vero significato della reincarnazione.
La vostra religione, quella ufficiale, invece e purtroppo ritiene che la reincarnazione non esista in questi termini, tutt’al più la si può trovare in qualche sporadico caso e magari «in via del tutto eccezionale», inoltre ritiene che ogni individuo abbia la possibilità di «salvare la propria anima» nel corso di una sola esistenza.
Io voglio dire, soprattutto a coloro che da più tempo seguono i nostri insegnamenti, che secondo noi, invece, in una sola vita l’individuo, nella migliore dell’ipotesi, può raggiungere la consapevolezza di uno solo di quegli attributi divini che fanno parte di lui. Ho detto nella migliore delle ipotesi poiché, molto spesso, soprattutto all’inizio del cammino evolutivo, occorrono vite e vite prima di riuscire a mettersi in contatto con uno solo degli attributi divini, occorrono molte esperienze per scoprire, tanto per fare un esempio, e comprendere totalmente il vero significato del concetto di amicizia.
Quindi vedete, se per comprendere soltanto un concetto così semplice non è sufficiente una vita, immaginate da soli quante incarnazioni siano necessarie prima di riuscire a superare il proprio egoismo! Fabius

Una delle domande che si pone spesso chi medita sulla reincarnazione è il perché del reincarnarsi in epoche, in paesi, in ambienti diversi di volta in volta; naturalmente questo non accade a caso o soltanto per necessità temporali e via dicendo. Ma questo rientra in un piano di evoluzione ben prestabilito in quanto un individuo, l’individualità che compie il suo cammino evolutivo incarnandosi più volte sul piano fisico, deve trovare ogni volta l’ambiente adatto a quello che deve sperimentare, alle esperienze che deve fare.
Ecco quindi che si può considerare che l’evoluzione di un individuo va in qualche modo di pari passo con quella che è l’evoluzione generale della società: infatti le prime incarnazioni di ogni individuo avvengono sempre presso razze, presso popoli che sono a livello culturale e societario molto primitivo, questo perché all’inizio dell’evoluzione le cose da comprendere da parte dell’individuo sono quelle più semplici, quelle basilari, ovvero deve arrivare a comprendere ad esempio che vi deve essere un senso di amicizia, di amicizia tribale con gli altri fratelli che vivono accanto a lui, deve arrivare a comprendere che si fanno i figli, questi figli devono necessariamente da lui essere protetti, aiutati e sfamati e via dicendo. Un altra cosa è il cammino evolutivo dell’individuo allorché egli ha assimilato questi concetti basilari, ha necessità di sperimentare cose sempre più sottili, più rarefatte, più imprecisate, delle sfumature e concetti che in popolazioni primitive naturalmente potrebbe avere soltanto con difficoltà la possibilità di sperimentare; ecco che allora le reincarnazioni successive arriveranno in epoche successive, quando le mentalità del popolo presente sono cambiate, sono migliorate, sono più civilizzate tra virgolette naturalmente e offrono quindi nuovi stimoli, nuove condizioni, nuove sfumature più adatte a quella che deve essere la sua nuova comprensione, il suo nuovo tentativo di comprendere queste sfumature.
Vi è quindi una sorta di procedere di pari passo tra l’evoluzione dell’individuo e l’evoluzione di tutta la razza che si sta incarnando; naturalmente questo è un discorso solamente accennato, ma potete immaginare che un concetto di questo tipo avrebbe bisogno di spiegazioni molto grandi, molto complesse, tanto che si potrebbe affermare che ogni singolo cammino evolutivo di un individuo può essere un caso a sé stante e formare quindi il tema per una intera serie di incontri di discussione.
Un altro tipo di problema che di solito ci si pone è quante incarnazioni l’individuo abbia nel corso della sua evoluzione e di quanto queste incarnazioni siano intervallate temporalmente tra di loro. Bene, soffermiamoci a considerare come incarnazioni solamente quelle compiute nel corpo umano perché altrimenti andremmo troppo oltre col discorso.
Possiamo dire che le incarnazioni che un individuo ha come essere umano prima di terminare il suo ciclo di nascite e di morti sono diverse centinaia. Forse questa è una cosa che non tutti riescono a comprendere: difatti se parlate con persone che pure dicono di credere alla reincarnazione e che pensano di sapere qualcosa delle loro vite passate, queste persone solitamente si limitano ad affermare di essere, che so io, delle entità che è tantissimo che si incarnano e devono avere avuto ben sette, otto, nove, dieci incarnazioni.
Bene, questo ragionamento è veramente assurdo perché in realtà ognuno di voi, ad esempio voi che siete qui presenti, siete di media evoluzione, ha alle spalle numerose vite, vissute in epoche diverse, in paesi diversi, con sessi differenti e con situazioni differenti. Questo perché specialmente all’inizio dell’incarnazione tutte le incarnazioni si succedono con molta frequenza; questo accade perché all’inizio l’individuo ha necessità di compiere il maggior numero di esperienze possibile e siccome sono tutte esperienze molto semplici, facilmente assimilabili, l’intervallo tra una vita e l’altra tende a essere ridotto.
A mano a mano invece che l’individuo procede nell’evoluzione e la sua evoluzione ha bisogno di comprendere concetti sempre più sottili, l’intervallo tra una vita e l’altra tende ad allungarsi, ad essere più lungo, perché questi concetti più sottili abbisognano di un periodo più lungo di meditazione da parte delle entità, dopo la morte. Una volta è stato detto in altri luoghi che se si dovesse fare una media teorica di tempo tra una incarnazione e l’altra, la media arriva sui trecento, trecentocinquant’anni.
Naturalmente, però, questo è un discorso generico che non è valido in assoluto; vi sono entità che anche verso la fine della loro evoluzione compiono magari due incarnazioni quasi successive, mentre ne compiono poi magari due in un secondo tempo distanti magari mille anni ad esempio tra di loro; quindi questo è soltanto un discorso teorico per far comprendere la vastità dell’arco di tempo coperto dall’evoluzione dell’individuo.
Vi sono poi i casi di coloro che muoiono in piccolissima età, in tenera età. E quasi sempre queste entità si reincarnano molto velocemente, non perché come da alcune fonti viene detto questa entità ha avuto una vita interrotta e quindi deve riprendere quello che non ha compiuto nella vita precedente (come se la vita successiva fosse la continuazione di quella precedente), no, questo non è assolutamente vero, ma semplicemente perché essendo stata una vita molto corta, l’intervallo tra la morte e la vita successiva è necessariamente breve, poiché hanno poco da comprendere da quello che hanno vissuto.
«Ma, – vi chiederete – ad un bambino vissuto soli pochi anni a che cosa può essere servito il vivere pochi anni sia sul piano fisico che sugli altri?».
Prima di tutto bisogna considerare che serve alle persone che le sono state attorno, come karma. E questo è valido per l’entità stessa; supponete che un entità che si incarna dopo pochi anni, nel corso della sua vita precedente abbia avuto ad esempio due figli e che questi due figli per incuria, disamore o disattenzione siano finiti in malo modo o siano morti in modo non piacevole, provocando quindi un karma negativo verso questo genitore che è stato la causa più o meno diretta della loro vita sprecata; questa entità allorché si incarnerà nella vita successiva è molto facile che viva una vita brevissima morendo in un momento in cui già magari ha avuto la possibilità di sentire l’attaccamento alla vita, in cui si è trovato magari con degli ottimi genitori e si trova in quel momento a dover subire la perdita di quell’affetto, a subire la perdita di quella vita per compensare ciò che non ha saputo dare nella vita precedente.
Questo perché attraverso quella perdita può arrivare a comprendere meglio ciò che ha commesso la vita prima. Oppure può capire per esempio che una entità nel corso della vita, una, due, tre volte si rifiuti di avere dei figli oppure restando in stato interessante faccia in modo da abortire tutte le volte, ecco allora che questa persona, per karma, nella vita successiva può accadere che non riesca a vivere, ovvero viva soltanto pochi anni e poi la sua vita venga in qualche modo spezzata.
È tutto un riequilibrarsi nella evoluzione di questi fattori, è tutto un compensare ciò che uno ha fatto nella vita allo scopo di fare comprendere meglio quale è stato il suo errore e ciò che ha tolto a se stesso e agli altri commettendo quell’errore. Quindi ricordatelo, non è mai una punizione, ma un insegnamento. Moti

È sicuro che quando si parla, si sente parlare così di reincarnazione si sentono dire delle castronerie che, sinceramente… vengono i capelli dritti in testa, perché persone male informate amano parlare a sproposito e di conseguenza dire cose non vere.
Ad esempio tra queste castronerie (ne citiamo così una due, tanto per semplificare un po la serata), fra queste castronerie dicevo v è quella per la quale si dice che il corpo fisico nelle varie incarnazioni mantiene inalterate determinate caratteristiche, questo non è assolutamente vero cari miei.
Non può essere assolutamente vero, ed oltretutto è impossibile, perché se una persona conosce un minimo delle teorie che le Guide sono sempre andate dicendo capirà benissimo da sola che questo non è affatto possibile, perché come già è stato detto ad ogni incarnazione il corpo fisico è completamente nuovo, il corpo astrale è completamente nuovo e così pure il corpo mentale.
Tutto ciò, tutto quello che resta invece inalterato è il corpo akasico, come voi sapete, il corpo che mantiene tutte le esperienze che vengono fatte. Quindi se si vuole in qualche modo riconoscere una determinata individualità in un corpo diverso, si potrebbe riconoscere in quello che noi così genericamente abbiamo definito carattere, oppure nelle tendenze, oppure negli interessi particolari, nel tipo di studi che uno può fare, nel bagaglio culturale che possiede e così via, cose di questo genere che hanno fatto parte delle esperienze precedenti e che sono rimaste inalterate in quello che è il corpo akasico.
Se poi per caso uno può avere anche caratteristiche somatiche o morfologiche simili a quelle di un corpo precedente, questo è semplicemente un effetto della legge karmica, non è assolutamente vero che queste caratteristiche restino inalterate per tutto il corso delle varie incarnazioni, anche perché sarebbe assurdo che un poveretto che ha il naso mal fatto se lo debba portare per mille incarnazioni in questo modo mal fatto, vi pare?
Un altra castroneria che si sente dire, e che fra l’altro mi fa ridere tantissimo, è quella che dice che ci si incarna una volta maschietti e una volta femminucce, in un numero di alternanze ben preciso, schematizzato; anche questo cari miei non è assolutamente vero.
Certamente ci si incarna qualche volta in individui di sesso femminile, qualche volta in individui di sesso maschile, ma questo naturalmente dipende sempre e soltanto dal bisogno evolutivo dell’entità, dal tipo di esperienza che deve fare e quindi uno potrebbe avere che so dieci incarnazioni una di seguito all’altra tutte femminili e poi magari cinque tutte maschili; questo, ripeto, dipende soltanto dal tipo di esperienza dell’entità, dell’individualità che sta per incarnarsi. Francesco

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume terzo, parte seconda, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior