L’origine degli psicosomatismi e la loro risoluzione

 Tratto da: Annali del Cerchio Ifior, 15 marzo 2011
[…] Giunti a questo punto è forse il caso di fare un’ulteriore ricapitolazione di quanto abbiamo detto fin qui nel nostro esame del sistema akasico/fisico dell’individuo incarnato, fornendo, nel contempo, ulteriori elementi che si possono dedurre dalle os­servazioni che vi abbiamo fin qui proposto.

Se si vuole cercare la genesi dello psicosomatismo è ovvio, a questo punto del nostro ragionamento, che bisogna trovarla all’interno delle incomprensioni che l’individuo non ha risolto.

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Sentire e responsabilità procedono assieme

Tratto qui di alcune perplessità espresse nei commenti al post L’umano non dà la vita, né la morte: l’appunto è che questo approccio potrebbe condurre ad una deresponsabilizzazione. Dal momento che è la coscienza che decide, io come identità posso sollevarmi dalla responsabilità del mio agire.
Questione antica, che a volte nella storia ha portato a non divulgare la conoscenza nel dubbio che questa avrebbe potuto condurre ad un uso distorto, o ad un abuso del conosciuto.
Questione che in questa nuova epoca deve essere affrontata in modo nuovo: oggi la conoscenza, anche quella più esoterica, è disponibile a chiunque, ma questo non significa che chiunque attinge ad essa.

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Esiste una sfida troppo grande per noi, troppo dura?

Avvio questa riflessione stimolato dalla domanda di Paolo in commento al post L’identità, l’opposizione, il pane duro, il non voler vedere: “Come distinguere il pane duro – da masticare pazientemente – con un sasso, che non è il caso di provare a mangiare?”
La questione è rilevante: esiste per l’umano il sasso, l’indigeribile, l’inaffrontabile?
I giorni scorsi ho incontrato una coppia di genitori che ha perduto una figlia in giovane età: esiste sasso più grande?
No, non esiste; chiunque sia genitore questo lo sa.

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La contemplazione, i suoi linguaggi e la loro evoluzione

“Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Tutto passa, solo Dio non cambia. La pazienza ottiene tutto. Chi ha Dio non manca di nulla: solo Dio basta!
Il tuo desiderio sia vedere Dio, il tuo timore, perderlo, il tuo dolore, non possederlo, la tua gioia sia ciò che può portarti verso di lui e vivrai in una grande pace”
Paolo mi ha condiviso questo brano di Teresa D’Avila, invitandomi a dire qualcosa sull’evoluzione dello spirito e del sentire contemplativo.

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I limiti della percezione affettiva ed emozionale

A., commentando il post L’uomo di oggi, ieri è stato animale, vegetale, minerale, dice:
“Chiaro, ma le evoluzioni continue a tutti I livelli dove arriveranno? Qual è lo scopo ultimo e si arriverà mai ad un traguardo? Come N. anche io faccio difficoltà con questi concetti.”
Passando i commenti per la mia moderazione, ho deciso di non pubblicarlo ma di discuterlo qui: il tema è proprio uno di quelli basici e A. dovrebbe conoscerlo; considerando che è arrivata da poco, può darsi che abbia perso alcuni passaggi fondamentali, che non abbia letto e meditato alcuni post che di questo parlavano, miei o del CI.

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L’ecologia della mente e la compassione per sé

Prendo lo spunto da questo tweet di Enzo BianchiAmico, vigila sui tuoi pensieri perché i pensieri diventano parole, vigila sulle tue parole perché le parole diventano azioni, vigila sulle tue azioni perché le tue azioni diventano il tuo comportamento il tuo stile, la tua persona.
Ho diverse cose da aggiungere, innanzitutto: le tue intenzioni divengono la tua persona.
È dalle tue intenzioni che sorge il tuo pensiero e la tua azione, e le intenzioni sono figlie del compreso e del non compreso.
Siccome il compito di una vita non è quello di mostrare il compreso, ma quello di lavorare il non compreso, ecco allora che le nostre intenzioni saranno sempre spurie, condizionate da un limite di comprensione.

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Morire giovani, la lezione dell’impermanenza

A colei che, nell’impermanenza, ha visto la vita con gli occhi di M. e che contempla il disegno dell’Architetto
Forse avrete notato che nella home di questo sito è rappresentata l’immagine di un papavero, tra tutti i fiori – assieme al soffione – uno di quelli che non fa mistero della sua inconsistenza, del suo essere effimero, transitorio, impermanente.
Mai l’umano si rappresenterebbe come un papavero, niente più dell’impermanenza lo mette in scacco.

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Il vero dare e il bisogno esistenziale dell’altro

Il piacere di ricevere un grazie, una gratificazione è un sentimento umano e normale. Tuttavia è importante riuscire ad andare oltre a questo, è importante poiché riuscire a dare ciò che si sente agli altri senza aspettarsi una risposta positiva, significa aver veramente compreso interiormente che l’importante è il dare e non il ricevere.
Capire questo significa perdere molte delle tensioni che ognuno di voi avverte nel corso delle proprie giornate: molto spesso vi adirate con gli altri perché non vi rispondono come sarebbe, magari, anche giusto che vi rispondessero: molte volte tramutate in astio un passo che avete fatto soltanto perché la persona verso cui vi siete rivolti ha rifiutato l’incontro con voi, o il vostro aiuto, o le vostre parole, arrivando a definirla superba, o stupida, o via dicendo.

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