Se il coniglio si fermasse a chiedersi perché l’aquila
che sta volteggiando sopra di lui lo spaventa,
la sua vita sarebbe lunga come un battito d’ali.
Se l’uomo si fermasse a chiedersi perché sta piangendo o sta ridendo,
fermerebbe le sue lacrime o interromperebbe la propria risata
e avrebbe perso l’occasione per ridere o piangere fino in fondo.
La struttura dell’esistenza dà al coniglio la paura per arrivare
a non essere più un coniglio
e all’uomo il pianto o il riso per arrivare alla fine
del suo essere uomo.
comprensione
La vita che mai riconosciamo abbastanza
Qual è questa vita che mai riconosciamo abbastanza? Quella che abbiamo.
Se la riconoscessimo non cercheremmo senza sosta altro e scenderemmo nel ventre di quello che ogni ora ed ogni giorno si presenta.
Se la riconoscessimo porremmo fine al rosario dei lamenti sulle altrui inadeguatezze e ci porremmo il problema di come accoglierle e di come valorizzarle per quello che sono.
Non metto in dubbio che esistano delle limitazioni, in noi come nell’altro, come nelle scene che bussano e chiedono di essere affrontate: esiste qualcosa che non contenga un limite nel divenire?
La questione non è il limite in sé, ma la sua funzione: ciò che viene, ciò che l’altro porta, nella sua limitazione assolve alla principale delle sue funzioni; quale?
Come avviene una comprensione, un ampliamento del sentire
Supponiamo che uno tra voi, leggendo i giornali, guardando la televisione, parlando con gli altri, scontrandosi e incontrandosi con le altre persone, sappia che esiste, che so io, l’invidia. Il sapere che esiste l’invidia può essere un fatto che non tocca minimamente l’individuo o meglio, lo tocca soltanto a livello di conoscenza: l’individuo in questione sa, conosce, che tra gli esseri umani esiste l’invidia. Ecco, questa è la conoscenza, tanto che l’individuo potrebbe affermare secondo quella successione che prima ho presentato «io conosco l’esistenza dell’invidia».
Però col passare delle esperienze, dei giorni, del tempo, ecco che l’individuo ad un certo punto s’accorge che questa invidia, che sapeva esistere negli altri, esiste in realtà anche in lui stesso, in quanto in certe occasioni si sente invidioso; e s’accorge che questa invidia gli procura un problema di qualche tipo.
Conoscenza, consapevolezza, comprensione nel ciclo delle vite
Conoscenza, consapevolezza, comprensione nel ciclo delle vite. Dizionario del Cerchio Ifior
Formato A4 per la stampa, 9 pagine.
Riparliamo per rendere più chiaro il discorso di coscienza e di consapevolezza visto che questo tema ha creato non indifferenti problemi nell’animo di alcuni di voi, e cerchiamo di fare brevemente un riassunto di quanto è stato affermato precedentemente.
Abbiamo detto che la coscienza è identificabile con il sentire.
La coscienza è identificabile dunque con il corpo akasico completamente strutturato. La consapevolezza è invece qualcosa di molto, molto diverso. Infatti la consapevolezza è la conoscenza di determinate verità indipendentemente dal fatto che queste verità vengano poi dall’individuo che ha quella consapevolezza accettate o meno.
Ma vi faccio un esempio: noi siano venuti qua per anni e anni a parlarvi di piano mentale e di piano astrale, ed ognuno di voi conosce l’esistenza di questi piani; tuttavia non avendo e non potendo avere una prova accettabile a livello razionale della realtà di questi piani di esistenza, non riuscite completamente ad accettarli.
Il fatto di essere a conoscenza di questa realtà è identificabile con la consapevolezza, la quale dunque, ripeto, è la conoscenza di determinate realtà indipendentemente dall’accettarle o meno.
Qualcuno di voi, razionale o meno, potrebbe obiettare che la consapevolezza è un fatto strettamente e squisitamente mentale, in quanto legato alla conoscenza. Ma io vi dico che non è così in quanto la consapevolezza vera e propria è anche legata ad un attività sensoria. Si può affermare, senza ombra di dubbio, senza timore di essere contestati, che la prima vera forma di consapevolezza è legata strettamente alla sensazione. Come già precedentemente vi è stato detto, avevamo affermato che il minerale ha una sua consapevolezza, in quanto egli inserito in un determinato ambiente fisico è consapevole di esistere. Questo significa che il minerale, con i suoi rudimentali apparati sensori, è in grado di ricevere da questi suoi stessi apparati sensori un certo grado di consapevolezza. Consapevolezza che logicamente, proprio in base ai discorsi che vi sono stati fatti fino ad ieri, tende ad ampliarsi via via che l’individualità si evolve, via via che l’individualità passa dunque dal regno minerale al regno vegetale, al regno animale, per arrivare al regno umano (anche se dire «regno umano» è qualcosa di facilmente contestabile).
Ma voi sapete anche che via via che l’individualità si sposta da un piano di esistenza ad un altro (intendendo per piano di esistenza in questo ambito, il regno della natura in cui è inserito), i corpi che esistono sugli altri piani si strutturano, migliorano le loro funzioni e quindi, in qualche modo, influiscono proprio sull’ambiente fisico. Questo significa che, se nel regno minerale l’individualità è costituita semplicemente dalla sua apparizione nel mondo fisico, nel mondo vegetale esiste già un qualche cosa di più strutturato a livello astrale, così come nel regno animale esiste già un qualche cosa di maggiormente strutturato sul piano mentale, così come nel regno umano esiste qualcosa di più strutturato nel piano akasico. Questo significa ancora che la consapevolezza incomincia a «sentire», a subire, ad essere diretta nel suo modo di essere, di esistere, anche dagli altri piani di esistenza, piani di esistenza che, però, proprio per essere tali, sono governati, dominati, indirizzati da quella che è la coscienza.
La consapevolezza dunque, a livello sensorio, esiste in tutti i regni della natura: nel minerale, il quale è strettamente legato ai suoi sensi fisici; nel regno vegetale il quale è ancora legato ai suoi sensi fisici; nel regno animale il quale è ancora legato ai suoi sensi fisici e così pure nel regno umano che è ancora legato ai suoi sensi fisici.
La contemplazione del Dio vivente e la conoscenza di sé
1- Appunti dopo la riflessione contenuta nel post Alcune parole su questo pontificato.
Dal vangelo di Tommaso (il testo integrale):
2. Gesù disse: Colui che cerca non cessi di cercare, finché non trova e quando troverà sarà commosso, e quando sarà stato commosso contemplerà e regnerà sul Tutto.
3. Gesù disse: Coloro che vi guidano vi dicono: “Ecco! Il Regno è nel cielo”, allora gli uccelli del cielo vi saranno prima di voi. Se essi dicono: “Il Regno è nel mare”, allora i pesci vi saranno prima di voi. Ma il Regno è dentro di voi ed è fuori di voi. Quando conoscerete voi stessi, sarete conosciuti e saprete che siete figli del Padre Vivente. Ma se non conoscerete voi stessi, allora sarete nella privazione e sarete voi stessi privazione.
(Marcello Craveri, I vangeli apocrifi, Einaudi, pag. 484)
Il giusto atteggiamento mentre tutto cambia
Quello che segue è il commento che Leonardo di Officina Essenziale ha scritto al post “Finché ci manca qualcosa e la vita nell’essere“: per la sua rilevanza, perché parla di e a tutti coloro che percorrono il Sentiero, lo pubblico come post. Grazie.
Leggendo i post di questi giorni era comparso in me un sentimento quasi di paura e di smarrimento. Si parlava di abbandono del senso, di abbandono della propria centralità come soggetto apprendente (“per sé”), infine della scomparsa della dimensione della ricerca. Vertigine e disorientamento.
Di primo acchitto sorge la domanda: allora chi sono “io”? Cosa ne è della “mia” vita? Dov’è la “mia” umanità?
Sperimentare il non compreso alla luce del compreso
Chi ci guida, chi è il nostro riferimento quando ci inoltriamo nel vasto mare del non compreso?
Il compreso che è in noi, ovvero il sentire di coscienza acquisito attraverso l’esperienza di innumerevoli esistenze, e l’azione dei corpi superiori e della vibrazione prima che orientano la coscienza là dove essa non ha dati e navigherebbe altrimenti al buio.
Il compreso di chi ci sta a fianco, ci accompagna; di chi ci incontra e dice quella parola, offre quella testimonianza che avvertiamo come un segno per noi.
Luce del mondo, comprensioni, importanza/irrilevanza di sé
Matteo 5,14-16 : Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta, e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli. (Traduzione Nuova riveduta)
Chi accende la lampada e cosa essa è?
Chi la mette sotto un recipiente e chi su di un candeliere?
Chi fa risplendere la propria luce davanti al prossimo?
Il sale della terra è la conoscenza di sé
Matteo 5,13: Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini. (Traduzione Nuova riveduta)
“Siete il sale della terra”, per come le cose si sono messe alla fine del cammino terreno del Maestro e nel corso di questo, quando l’ottusità dei discepoli si mostrava nella sua evidenza, non sembra che il sale fosse di grande qualità.
Perché allora questa espressione?
È naturale tutte le volte che si incontra qualcuno che rivolge lo sguardo all’interiore, alla conoscenza di sé: non è la qualità della persona il sale, ma il volgere lo sguardo,
Coscienza, cristallizzazione, compulsione
Ci sono pensieri che attraversano la consapevolezza e sono niente, sorgono e scompaiono inconsistenti.
Ci sono altri pensieri che, quando sorgono, si vestono di emozione e attivano sensazioni di varia natura: anche questi possono non avere alcuna valenza particolare e possono essere disconnessi con un semplice atto di volontà.
Ci sono infine pensieri vestiti di emozioni e di sensazioni che tornano e ritornano e generano comportamenti compulsivi di varia natura, frequenza ed intensità.
Abbiamo bisogno di tempo per comprendere
I giorni altro non sono che il calendario delle possibilità di comprendere: non un’ora, non un giorno che non portino una possibilità di profondità, di discesa nel ventre del vivere e dell’accadere.
Comprendere è il frutto della discesa nelle viscere di ciò che viene.
Il comprendere inizia con lo sperimentare attraverso i sensi; prosegue con il capire cognitivamente ciò che la situazione porta; si veste, quando si è pronti, di consapevolezza e di presenza; mette in evidenza il limite del non compreso ed infine, nel tempo ed attraverso ripetuti tentativi, struttura una tessera di sentire, una comprensione che va ad assommarsi a tutte le comprensioni già acquisite e amplia il grado di sentire complessivo.