Conoscenza, consapevolezza e comprensione

d-30x30Conoscenza, consapevolezza e comprensione. Dizionario del

Come abbiamo già visto nel volume precedente le Guide intendono per «comprensione» il momento finale del processo individuale che – sperimentata un’esperienza nelle sue varie sfaccettature – si fissa in maniera definitiva all’interno della coscienza dell’individuo, entrando a far parte di quel grande patrimonio di elementi che l’individualità si porta con sé da un’incarnazione all’altra, via via ampliandolo con l’acquisizione di nuovi elementi di piccola o grande comprensione che vanno gradatamente a completarlo e a precisarlo anche nelle sfumature.

Messaggio esemplificativo

 Talvolta voi pensate che la comprensione si debba precipitare al vostro interno come una valanga inarrestabile, come un’intuizione improvvisa, e non vi rendete conto, invece, che la comprensione arriva dentro di voi – lungo i percorsi che fate singolarmente – goccia dopo goccia, costruendo la vostra coscienza, molte volte senza che neppure la vostra mente cosciente, di incarnati, se ne renda conto.
Comprendere è un processo che accompagna strettamente l’evoluzione in tutti i suoi termini; comprendere è quello che rende viva la vostra evoluzione, è ciò che la giustifica, ciò che dà una motivazione al vostro esistere, al vostro vivere e – perché no? – anche al vostro dolore e alla vostra sofferenza.
Bene, figli, rendetevi conto che la comprensione difficilmente è quella valanga che voi immaginate; che la comprensione difficilmente vi trasformerà, da un momento all’altro, da un essere pieno di dubbi e tormenti ad un angelo radioso ma che, tuttavia, se saprete osservare col vostro Io «nuovo» che si va formando attimo dopo attimo ai ritmi di questa vostra comprensione, guardando indietro dovreste riuscire a rendervi conto che quel «voi» di anche soltanto pochi giorni prima non è più la stessa persona, e questo vi può dare la misura di ciò che – piccolo o grande che sia – voi avete compreso, avete aggiunto al tassello della vostra coscienza, rendendola più completa, più profonda, più ricca di sfumature e, quindi, più capace di comprendere gli altri, di legarsi agli altri, di appartenere a quell’insieme di coscienze che compiono il cammino attraverso il piano fisico.
Certo, la vostra comprensione può arrivare attraverso mille strumenti diversi, può arrivare attraverso un ragionamento, può arrivare attraverso un sentimento, può arrivare attraverso una sofferenza, così come può arrivare attraverso una gioia. Tutti questi elementi sono strumenti che il Grande Disegno ha messo a vostra disposizione per permettervi di crescere e non vi è mai un momento in cui uno di questi elementi lavora al vostro interno da solo, ma tutti tra di loro si fondono, si accrescono l’uno con l’altro; da questo lavorio interno la vostra comprensione cresce.
Questo vi dia fiducia, figli, vi faccia essere ottimisti sul vostro domani, vi faccia affrontare le difficoltà che nel corso della vostra vita incontrate con un occhio diverso da quello che usate solitamente, consapevoli che, comunque sia, l’esperienza che vivrete, anche se magari inaspettata, drammatica e dolorosa, vi porta alla fine a quella perla dall’immenso valore che è una goccia in più di comprensione nella vostra coscienza.


Conoscenza, consapevolezza e comprensione

Come abbiamo già visto «conoscenza», «consapevolezza» e «comprensione» sono le tre fasi di acquisizione di un sentire, attraverso le quali viene inscritto nella coscienza in maniera permanente quello che l’individuo ha tratto dalle esperienze che conduce nel corso dell’incarnazione.

Messaggio esemplificativo

La prima fase che l’individuo attraversa nella scoperta di se stesso è quella che abbiamo definito con il termine conoscenza. Con esso si intende che l’individuo, nel corso delle varie vite, viene a contatto con tutte le motivazioni importanti da riconoscere per la sua crescita interiore ma, poiché non è ancora in grado di osservare con obiettività se stesso e i suoi modi di essere, le vede nelle persone che, di volta in volta, la vita gli mette a fianco.
In questa fase è importante l’influenza dell’Io. Esso, infatti, opera una selezione nelle cose che percepisce negli altri e, quasi sempre, rileva quei difetti che anch’esso possiede, puntando su di essi il dito accusatore in maniera tale da distrarre se stesso e gli altri da ciò che gli appartiene, stigmatizzando ed evidenziando la pagliuzza altrui in modo da apparire superiore e mancante di quello che, sotto sotto, riconosce come un difetto. In questa maniera l’individuo incarnato viene a trovarsi davanti il ventaglio di tutte le proprie non-comprensioni, riconoscendole in coloro che gli stanno attorno, e dal momento che aiutare gli altri, all’occhio dell’Io, è sinonimo dell’essere superiori e più potenti, l’individuo si trova ad esercitarsi sugli altri per cercare di smantellare le loro illusioni. È chiaro che in questa fase l’intenzione non può essere che egoistica: come potrebbe essere altrimenti, dal momento che è pressoché totalmente governata dall’Io?
I primi segnali di una possibile sconfitta dell’Io operata da parte dell’uomo di buona volontà si avvertono nel momento in cui vi è il passaggio alla seconda fase del processo, la consapevolezza.
Acquisita, infatti, la conoscenza delle varie tematiche interiori che lo riguardano più da vicino e personalmente, e del modo in cui sembrano manifestarsi negli altri, l’individuo può senza dubbio fare finta di niente e, per un certo tempo, continuare ad additare gli altri quali esempi di errori e di mal agire, ma, prima o poi, l’esistenza gli porrà davanti un’esperienza talmente lampante ed evidente che farà breccia nella presunzione del suo Io, costringendolo a piegarsi davanti all’evidenza che un particolare moto interiore, che tendeva a rilevare negli altri non gli è sconosciuto ma, anzi, gli appartiene senza alcuna ombra di dubbio. Pensate, per fare un esempio quotidiano, miei cari, a quante volte «bollate» con riprovazione un vostro compagno d’avventura sul piano fisico come presuntuoso e poi vi rendete conto che spesso vi comportate in maniera altrettanto presuntuosa!
Questo passaggio è un momento delicato: mentre nel corso della prima fase vi era un’apparente sicurezza e felicità sotto l’onda della soddisfazione dell’Io di sentirsi migliore degli altri, lo scoprire che si rientra nella mediocre fallacia fa traballare la sicurezza dell’Io con ripercussioni nella sua visione del mondo, facendolo sentire più instabile, più insicuro, più timoroso di ulteriori scoperte che potrebbero danneggiare la sua auto immagine. Se volete un esempio pratico di questa situazione ricordatevi il vostro passaggio dall’età infantile a quella adulta: l’immagine di voi stessi è dovuta, necessariamente, cambiare e avete dovuto abbandonare quella che era un’esistenza, per lo più, priva di responsabilità e felice perché eravate al centro dell’attenzione nel vostro piccolo ambito familiare. Il vostro Io, allora, ha dovuto radicalmente modificare la concezione di se stesso ed ha attraversato quei momenti di instabilità, dovuti al suo cercare di ricostruirsi un’immagine, che viene definita età puberale, nella quale all’Io persino il suo corpo fisico sembra diventare via via irriconoscibile come architettura e come percezioni.
La fase della consapevolezza è, dunque, quella più tormentata e, anche, la più lunga da attraversare perché accompagna tutta l’evoluzione dell’individuo come essere umano, mentre la fase della conoscenza si attua al novanta per cento nelle vite iniziali.
Il discorso si complica allorché si mette in atto la terza fase, quella della comprensione: dopo aver conosciuto le varie problematiche interiori negli altri ed essere giunti alla percezione che esse non ci sono estranee ma che agiscono anche in noi, l’accettazione di esse e la loro spiegazione è a portata di mano cosicché esse arrivano ad essere comprese e, in quanto tali, creano un ordine diverso nel sentire della coscienza, che si struttura in maniera più completa ad ogni comprensione raggiunta.
Come la conoscenza si esplica maggiormente nelle prime esistenze, la comprensione si attua in maniera più serrata verso le ultime esistenze.
Quello che non riuscite a comprendere, in questo discorso, figli nostri, è come mai nel momento in cui avete raggiunto una comprensione non sembrate diversi da un attimo prima. Ma non siete voi a non capire, è il vostro Io che cerca di strumentalizzare anche la comprensione aspettandosi da questi raggiungimenti un miglioramento della sua immagine e, quindi, un accrescimento di autostima. Non può essere così, e per vari motivi.
Prima di tutto perché la comprensione riguarda, solitamente, un aspetto del fattore e non tutto il fattore nella sua totalità (e questo dà ragione del fatto che difficilmente una comprensione raggiunta porta una modificazione radicale del proprio modo di essere). In secondo luogo perché ogni comprensione è collegata a tutte le altre attraverso sfumature in comune, cosicché, se queste sfumature non vengono a loro volta comprese, il comportamento resta incerto e non può modificarsi improvvisamente in maniera sentita. In terzo luogo i vostri corpi inferiori sono stati costruiti sulla base delle non-comprensioni che avevate prima di incarnarvi, cosicché è possibile che non abbiano i mezzi pratici per mettere in atto le nuove comprensioni raggiunte (ad esempio: se prima dell’incarnazione non avevate compreso che anche una carezza è un grande segno d’amore, nel momento in cui vi arriverà la comprensione di questo elemento il vostro corpo astrale potrebbe non essere strutturato per desiderare di manifestare, in questo modo fisico, il vostro amore per un’altra persona). In quarto luogo non è detto che voi vi rendiate conto dei cambiamenti dovuti all’allargamento del vostro sentire: ciò che avete compreso non è più un elemento disturbatore come era quando era non-compreso: fluisce tranquillamente, non vi provoca problemi e, quindi, l’Io non solo non lo ravvisa, ma non ha la necessità di farlo in quanto non costituisce un motivo di allarme per la sua esistenza.
Capiamo, figli e fratelli, le difficoltà insite in tutto questo: al contrario di quasi tutte le religioni vi diamo delle indicazioni etiche che non promettono il paradiso, ma sembra che vi prospettiamo l’idea di darvi da fare per modificare voi stessi col solo effetto di non accorgervi del risultato del vostro sforzo! Ma è l’Io, miei cari, che vi sussurra con furbizia di desistere dal fare, sulla base dell’errata idea di una ricompensa inesistente. La ricompensa esiste, amici, è insita in ogni passo che compite: forse che non è ricompensa abbastanza grande allontanare da voi la sofferenza o, quanto meno, riuscire a renderla meno aggressiva?
E se questo ancora non vi basta, tenete a mente, e serbatelo dentro i vostri cuori, che verrà il giorno in cui, dopo essere stati comparse prima e protagonisti poi, parteciperete alla grande regia che dà forma all’intero manifestato. Baba

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima, pag. 57-62, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

 

 

 

In merito alla lotta interiore e all’esperienza della conoscenza

Ho letto il testo di Enzo Bianchi “La libertà nasce dalla lotta interiore“, curiosa perché avevo sentito parlare molto bene di questo monaco, e confesso che a un primo approccio mi è risultato assolutamente incomprensibile e non perché usasse un linguaggio complesso, o i concetti espressi fossero difficili.
Mi sono interrogata riguardo questa sensazione e credo che il problema stia nel fatto che dice tutto e niente, come se l’autore desse per scontate molte cose, usasse le parole nella generalità del loro significato, segno di un dire senza il peso dell’esperienza soggettiva, della responsabilità soggettiva.

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Atteggiamento meditativo, disposizione contemplativa, azione

– Atteggiamento meditativo: la disconnessione da ogni identificazione attraverso il ritorno a zero attuato con un impulso volitivo.
– Disposizione contemplativa: la risultante di una vasto complesso di comprensioni unite al frutto della disconnessione e del superamento organico dell’identificazione; non comporta impegno volitivo. La disposizione contemplativa attraversa l’essere vuoto di soggetto.
– Azione: l’attitudine al fare, all’operare, al controllare e al modificare la realtà.

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Perdonare se stessi

[…] L’unico giudice di voi stessi, figli nostri, un giudice al cui cospetto anche i più grandi inquisitori si sono sentiti tremare in maniera irrefrenabile le ginocchia non è altri che voi stessi.
Voi stessi siete giudici e carnefici, voi stessi vi condannate al tormento, voi stessi vi crocifiggete con una valanga di «se avessi voluto», «se avessi cercato», «se avessi fatto non fatto» e fate fatica a perdonarvi, finendo con rendervi impossibile cercare di porre rimedio a ciò che siete stati diventando dei voi stessi diversi, preferendo le mille corone di spine dei vostri sensi di colpa al cambiamento che, solo, potrebbe porre rimedio, per la vostra coscienza, a ciò di cui vi incolpate.

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Il superamento del condizionamento

Chiede Sandra nel commento al post Il coraggio di creare e la ricerca di sensoIl de-condizionamento non è il liberarsi da qualcosa di esterno, è il frutto del superamento di una limitazione nel sentire ma, nel quotidiano, all’umano può apparire come un liberarsi da condizionamenti esterni e interni?
All’umano tutto appare come un liberarsi dai lacci, o come un legarvisi ma, in realtà, la cosa è più complessa.
Ogni processo che viviamo è processo di comprensione, o di verifica di una comprensione e ogni fatto che a noi sembra tanto casuale, è sempre inserito in un processo: tutti i fatti parlano dunque di comprensioni in atto o in divenire.

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Il tentativo di piegare l’altro a sé

Il tentativo di piegare l’altro a sé: le varie forme di seduzione operano questo. Molta parte del sistema educativo e della stessa formazione spirituale e religiosa, manipola l’altro con l’intento di condurlo nel nostro mondo, là dove siamo a nostro agio e riteniamo sia giusto essere per noi e magari anche per l’altro. Perché, di certo, dove siamo noi è giusto essere.
Accade nel rapporto di coppia, nella relazione con i figli: direi che accade sempre fino a quando non abbiamo compreso la sottigliezza del meccanismo, i suoi mille travestimenti, la natura profonda del nostro condizionamento che riverberiamo sull’altro.

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Lasciare che ognuno impari dalla propria condizione

Il Papa ha dato voce a quell’interrogativo sul silenzio di Dio che aveva tenuto nel cuore durante la visita di questa mattina ad Auschwitz-Birkenau. “Dov’è Dio? Dov’è Dio se nel mondo c’è il male, se ci sono uomini affamati, assetati, senzatetto, profughi, rifugiati? Dov’è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre? Dov’è Dio, quando malattie spietate rompono legami di vita e di affetto? O quando i bambini vengono sfruttati, umiliati, e anch’essi soffrono a causa di gravi patologie? Dov’è Dio, di fronte all’inquietudine dei dubbiosi e degli afflitti dell’anima?”, ha detto papa Bergoglio dopo aver letto il versetto del Vangelo di Matteo in cui Gesù dice: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.

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Andare via senza rimpianti

Pubblico il messaggio di addio ai colleghi di Letizia Leviti, giornalista di Sky, trapassata a 45 anni.
Il suo è un andare via a mani basse, con gli occhi chiari su ciò che nella vita conta: l’amare, il cercare di amare come a ciascuno è dato.
Le sue parole semplici ci portano al centro dell’esistere, in quell’equilibrio cui tendiamo e che mai completamente realizziamo tra il dentro e il fuori, il fare e lo stare, l’alto e il basso e il superamento di tutto questo che avviene nel momento in cui l’amore ci attraversa.

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La mancanza di coerenza

Chiede Nadia in Domande e Risposte: “Perché l’umano si contraddice? Perché dice una cosa e ne fa un’altra?”
Perché quello che dice non è che una delle rappresentazioni di una delle spinte interiori che avverte.
Quante sono le spinte interiori di una persona e quante le possibili rappresentazioni per ciascuna spinta?
Prenderei in considerazione le spinte proprie di almeno tre ambiti:
– le spinte che provengono dal sentire, quelle con caratteristiche esistenziali che portano la necessità di fare esperienze e di estrarre dati da esse;
– le spinte che vengono dalle convinzioni, ovvero dagli archetipi transitori cui si aderisce;

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La volontà di Dio e il pane quotidiano

Un tempo l’umano credeva che le forze delle natura esprimessero la volontà di Dio.
Oggi, ad esempio, crede che una guarigione inspiegabile sia dovuta all’intervento divino.
E’ sbagliato questo credere? Dipende.
Se l’umano ritiene che all’origine di tutta la manifestazione ci sia l’intenzione divina e quindi ogni fenomeno ed ogni fatto non siano altro che la rappresentazione di quella intenzione, direi che c’è poco da obiettare, semmai c’è da intendersi.

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