Da: Il libro di François, Cerchio Firenze 77. Anche parlando di fusioni e di sentire bisogna sempre tenere presente che la realtà non è divenire, ma essere. E quindi se con «fusione» intendessimo qualcosa che fondendosi si ingrossa, questo sarebbe né più né meno che un bel divenire!
comunione
La comunità monastica diffusa e la comunione virtuale
In una comunità monastica residenziale i suoi membri sono in costante relazione: essi praticano, lavorano, discutono, mangiano assieme tutti i giorni di tutto l’anno, di ogni anno.
Ma una comunità monastica diffusa come lo è quella del Sentiero contemplativo, come vive?
Sentirsi parte, essere parte
Nel Sentiero non abbiamo mai coltivato il senso di appartenenza, quella sorta di coalizione tra identità aggregate in nome di un ideale, di uno scopo comune: mai coltivato il sentirsi parte di un organismo.
L’immagine e l’esperienza del reale come fatto corale
Sperimento ogni giorno come l’immagine e l’esperienza del reale che si configura in me sia il frutto del contributo di più Centri di coscienza, d’espressione e di sensibilità.
Quindi del contributo dell’altro da me, ma non solo dell’altro umano.
Tu, che mi hai condotto a Lui che mi chiama da sempre
Ero un ragazzo coperto dal dolore e il pensiero di Te, l’esempio Tuo, il richiamo inconfondibile e incontenibile della Tua dimensione di sentire mi hanno guidato e conferito fiducia.
Ti ho cercato lungo le strade di una vita intera cercando di liberarmi dei rovi che i tuoi discepoli hanno messo attorno a Te e lungo il cammino che conduce a te.
Non ho mai guardato a loro che pure si riempiono la bocca di Te: il loro invocarti e nominarti mi è sembrato troppe volte blasfemo, anche se non sempre.
Ho visto vite di tuoi discepoli di fronte alle quali mi inchino fino a terra.
La differenza tra il ringraziare e l’essere quel grazie
Durante gli intensivi a Fonte Avellana, recitiamo prima dei pasti il testo che trovate alla fine di questo post: è un testo complesso che parla al sentire più che alla mente e che descrive un principio: noi non ringraziamo una entità divina per il dono della vita, noi siamo l’entità, il dono e la vita.
Il tentativo nostro è quello di andare oltre il pensiero duale, di plasmare le menti e le interiorità con la forza della visione e dell’esperienza unitaria.
È un tentativo non semplice perché nell’umano il duale opera in modo implacabile e permea ogni piega del suo essere.
Nel ringraziare c’è chi ringrazia e chi è ringraziato, nello specifico l’umano ringrazia il Creatore di sé e di tutto l’esistente.
La comunione dei sentire oltre il tempo ed il limite personale
Quante volte è accaduto in questi anni che le interiorità vibrassero all’unisono come braccia di un diapason!
È accaduto nelle sedute di accompagnamento, nei gruppi, nelle sessioni degli intensivi, mentre si sedeva assieme a tavola, nei silenzi come nelle risa.
Il Sentiero è innanzitutto una condivisione di sentire che, a volte, diviene comunione dei sentire.
È la comunione dei sentire che tiene assieme due partner in un legame esistenziale; ed è sempre la comunione dei sentire che lega nel tempo i fratelli e le sorelle di un cammino, che li porta a perseverare nell’officina comune.
Il custodire sé, l’altro, la vita
Custodire: prendersi cura e proteggere sé, l’altro, la vita senza discriminazione perché la persona che usa quel verbo, se lo usa a ragion veduta, sa quante implicazioni ha e sa anche che non si può custodire sé e ferire l’altro, o la vita: se il custodire è divenuto natura del nostro essere, custodiremo in maniera unitaria senza distinzione tra dentro e fuori perché il custodire non conosce dualità.
Per addentrarmi nell’argomento userò la descrizione del processo intuitivo, o dell’imporsi della coscienza.
L’umano non è altro dalla coscienza che lo genera, ma sperimenta una condizione feriale del suo operare e una più intensa, più marcata.
La comunità interiore e quella esteriore: una riflessione
Molti anni fa, quando iniziammo questa esperienza in campagna, prima di strutturarci come eremo, venivano spesso a cena persone, così spesso che, col tempo, divenne faticoso ospitarle.
Notammo, con Catia, che a fronte dei nostri inviti non corrispondevano mai, o quasi mai, inviti di altri rivolti a noi: non c’era reciprocità perché, in fondo, non c’era una condivisione di sentire sufficientemente ampia.
A fronte del nostro invito motivato da un sincero desiderio di stare con l’altro, con la conseguente assunzione di responsabilità che questo comportava, da parte dell’altro c’era certamente il desiderio di condividere la nostra presenza e magari il piacere di stare in un posto in campagna, ma non l’assunzione della responsabilità conseguente.
Dietro l’assenza di reciprocità stava dunque una differenza di sentire che riverberava in una differenza di coinvolgimento responsabile.
Noi risorgiamo dal buio dell’ignoranza alla luce della comprensione
Di cosa parla la morte di Gesù figlio di Giuseppe?
Di una vita realizzata ed offerta.
Non è stato il primo, né l’ultimo tra i tanti che hanno offerto agli altri non solo la propria esistenza, ma anche la propria morte.
Quanti sono morti in virtù del compreso e delle loro azioni e quel loro morire è stato un condursi fino in fondo mettendo vita e morte nelle mani del loro prossimo affinché il messaggio fosse completo?
Chi vive comprendendo consapevolmente, non vive mai per sé.
Chi comprende non distingue tra vita e morte, non li considera opposti: un solo respiro lega i due, si muore come si è vissuti.