Una identità non favorisce la sua scomparsa

Dice Maria: “La vita mi sta portando ad accelerare i processi identitari ma so che devo rispettare i tempi e il loro svolgersi. Quando affermi: “Se non si diviene consapevoli dei meccanismi che ci allontanano da ciò che in realtà già siamo” sento che parli al mio sentire, quella la feritoia attraverso cui devo passare. 

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L’esperienza esistenziale dell’estate

Le persone che possono realizzare un maggiore contatto con sé, vivono in modo particolare la stagione dell’estate: spesso essa produce disorientamenti, ansie, apatie, a volte stati di svuotamento profondo che inducono ad abbandonare situazioni e persone. Non di rado un senso di solitudine accentuato si insinua ed enfatizza gli altri stati.
Per alcuni, l’unica difesa è cercare di valicare indenni questa stagione: nel Sentiero contemplativo vediamo le cose un po’ diversamente.
Per potermi addentrare nel tema dell’esperienza esistenziale dell’estate debbo fare un parallelo con quello che accade al seme/frutto delle piante.

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La Via del monaco nel quotidiano

Il respiro di un’esistenza è governato dal ritmo conoscenza/consapevolezza/comprensione; quello di ogni quotidiano della persona che aderisce alla via del monaco, dal ritmo conoscenza-consapevolezza/analisi-disconnessione/fiducia.

Conoscenza-consapevolezza
Le esperienze producono conoscenza, vengono accolte come possibilità, mai come impedimento, di qualunque natura esse siano.

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La meditazione: pratica spirituale, processo esistenziale, mito, rimozione

Un’amica mi chiede di scrivere sulla meditazione, cercherò di farlo indagando il tema in modo non convenzionale attraverso una serie di appunti, senza la pretesa di esaurire il tema.
Una definizione:
– la meditazione è la pratica della consapevolezza di quel-che-è;
– la meditazione è la pratica della non-consapevolezza di quel-che-è;
– la meditazione è la pratica del processo della consapevolezza di quel-che-è.

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Consapevolezza, analisi, disidentificazione: la via per chi vive nel mondo

Chiede Antonella commentando il post Il sapore del reale, la contemplazione del sentire: Riferendomi a ciò che ha scritto Sandra: “E’ chiaro che il processo del sentire non si ottiene ma accade se e quando ci sono le condizioni.” Sento di dover chiedere: le condizioni e tutto il processo dell’accadere non trovano difficile svolgimento nella nostra quotidianità fatta di orari, corse convulse e quindi stress? E ancora: l’atteggiamento e la disposizione all’ascolto e all’osservazione possono esplicarsi in questa convulsa quotidianità?
La persona immersa nel mondo ha tre pilastri su cui appoggiare:
– la consapevolezza di quel che accade e di cosa produce in sé e nell’altro;

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Attraversare consapevoli il deserto interiore

Rispondo qui ad una amica e sorella nel cammino: sono temi di una discussione privata ma così universali che ciò che dirò a lei è bene che sia ascoltato anche da altri.

“Mi sono accorta di non riuscire ad immergermi nella lettura. I concetti che prima mi riempivano, condividevo e in cui mi ritrovavo, adesso restano in superficie, non scendono in profondità.”
Viene in momento in cui non si tratta più di indagare e studiare, ma di vivere, di dedicare le risorse interiori all’esperienza che, attimo dopo attimo, viene.
È come se la mente non recepisse più i contenuti, un logoramento glielo impedisce.
Inutile e controproducente insistere: la soluzione è assecondare, alleggerire la mente e semmai coinvolgerla in letture leggere, dedicarsi alle piccole incombenze quotidiane, coltivare lo stare senza appesantirlo dei suoi significati, delle interpretazioni possibili e dei simbolismi verosimili: stare e basta.

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Conoscenza, consapevolezza, comprensione nel ciclo delle vite

d-30x30Conoscenza, consapevolezza, comprensione nel ciclo delle vite. Dizionario del

Formato A4 per la stampa, 9 pagine.

Riparliamo per rendere più chiaro il discorso di coscienza e di consapevolezza visto che questo tema ha creato non indifferenti problemi nell’animo di alcuni di voi, e cerchiamo di fare brevemente un riassunto di quanto è stato affermato precedentemente.
Abbiamo detto che la coscienza è identificabile con il sentire.
La coscienza è identificabile dunque con il corpo akasico completamente strutturato. La consapevolezza è invece qualcosa di molto, molto diverso. Infatti la consapevolezza è la conoscenza di determinate verità indipendentemente dal fatto che queste verità vengano poi dall’individuo che ha quella consapevolezza accettate o meno.
Ma vi faccio un esempio: noi siano venuti qua per anni e anni a parlarvi di piano mentale e di piano astrale, ed ognuno di voi conosce l’esistenza di questi piani; tuttavia non avendo e non potendo avere una prova accettabile a livello razionale della realtà di questi piani di esistenza, non riuscite completamente ad accettarli.
Il fatto di essere a conoscenza di questa realtà è identificabile con la consapevolezza, la quale dunque, ripeto, è la conoscenza di determinate realtà indipendentemente dall’accettarle o meno.
Qualcuno di voi, razionale o meno, potrebbe obiettare che la consapevolezza è un fatto strettamente e squisitamente mentale, in quanto legato alla conoscenza. Ma io vi dico che non è così in quanto la consapevolezza vera e propria è anche legata ad un attività sensoria. Si può affermare, senza ombra di dubbio, senza timore di essere contestati, che la prima vera forma di consapevolezza è legata strettamente alla sensazione. Come già precedentemente vi è stato detto, avevamo affermato che il minerale ha una sua consapevolezza, in quanto egli inserito in un determinato ambiente fisico è consapevole di esistere. Questo significa che il minerale, con i suoi rudimentali apparati sensori, è in grado di ricevere da questi suoi stessi apparati sensori un certo grado di consapevolezza. Consapevolezza che logicamente, proprio in base ai discorsi che vi sono stati fatti fino ad ieri, tende ad ampliarsi via via che l’individualità si evolve, via via che l’individualità passa dunque dal regno minerale al regno vegetale, al regno animale, per arrivare al regno umano (anche se dire «regno umano» è qualcosa di facilmente contestabile).
Ma voi sapete anche che via via che l’individualità si sposta da un piano di esistenza ad un altro (intendendo per piano di esistenza in questo ambito, il regno della natura in cui è inserito), i corpi che esistono sugli altri piani si strutturano, migliorano le loro funzioni e quindi, in qualche modo, influiscono proprio sull’ambiente fisico. Questo significa che, se nel regno minerale l’individualità è costituita semplicemente dalla sua apparizione nel mondo fisico, nel mondo vegetale esiste già un qualche cosa di più strutturato a livello astrale, così come nel regno animale esiste già un qualche cosa di maggiormente strutturato sul piano mentale, così come nel regno umano esiste qualcosa di più strutturato nel piano akasico. Questo significa ancora che la consapevolezza incomincia a «sentire», a subire, ad essere diretta nel suo modo di essere, di esistere, anche dagli altri piani di esistenza, piani di esistenza che, però, proprio per essere tali, sono governati, dominati, indirizzati da quella che è la coscienza.
La consapevolezza dunque, a livello sensorio, esiste in tutti i regni della natura: nel minerale, il quale è strettamente legato ai suoi sensi fisici; nel regno vegetale il quale è ancora legato ai suoi sensi fisici; nel regno animale il quale è ancora legato ai suoi sensi fisici e così pure nel regno umano che è ancora legato ai suoi sensi fisici.

Alcune parole su questo pontificato e sulla via interiore

Oggi Papa Francesco è a Milano e, come sempre, compie alcuni gesti significativi privilegiando alcuni luoghi simbolici da visitare e da celebrare: la periferia urbana, il carcere.
Osservo stupito e ammirato questo Papa che, forse più di altri, ha posto e pone l’accento sull’ingiustizia che pervade il mondo, sui valori etici comuni a tutti, sulla necessità di essere con gli ultimi.
Ammiro e rispetto l’uomo e il suo coraggio, conoscendo i limiti della struttura entro la quale opera.
Mi suscita invece perplessità il suo indicare troppo poco la via interiore alla risoluzione dei numerosi problemi che indica e che sono all’evidenza di ogni coscienza non accecata dall’egoismo e dall’ignoranza.

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Le emozioni: osservarle per conoscersi e comprendersi

d-30x30Le emozioni: osservarle per conoscersi. Dizionario del

«Conosci te stesso».
Questa è forse una delle frasi più ripetute nelle varie forme di insegnamento e anche voi che partecipate da anni alle riunioni del Cerchio vi siete più volte scontrati con essa, arrivando ad avvertire la forza e la giustezza di tale imperativo ma trovandovi anche, di continuo, di fronte alla cruda realtà costituita dalla difficoltà di mettere in pratica quelle poche parole mentre il «voi stessi» che cercate di conoscere vi sfugge di continuo come un’inafferrabile fantasma.
Vedete, fratelli cari, conoscere se stessi è un compito che richiede pazienza, costanza, volontà e, soprattutto, coraggio perché molto spesso quello che viene alla luce non è edificante agli occhi di chi osserva. Il fatto è che il punto di partenza da cui, inevitabilmente, dovete muovervi è costituito dall’osservazione del vostro Io, il quale, per forza di cose, contiene tutti i vostri lati peggiori, quelli che derivano dalla vostre incomprensioni (ma anche qualche lato pregevole, se volete consolarvi, perché andando più a fondo riuscireste a trovare anche gli echi e i riflessi delle vostre comprensioni che, a loro volta, si proiettano sull’Io).
Se, poi, pensate che la vostra osservazione di voi stessi è fatta con gli occhi del vostro Io, vi renderete conto che il compito che vi aspetta è di impervia soluzione, perché l’Io tende a non essere obiettivo se non, addirittura, a falsificare e modificare la realtà oggettiva secondo le proprie aspettative. Mi sembra già sentire alcuni di voi pensare, demoralizzati, che allora cercare di conoscere se stessi, oltre ad essere faticoso e tormentoso, è qualcosa di impossibile e, in definitiva di inutile.
Fatevi coraggio, figli e fratelli, perché non è così: non dimenticate che l’interpretazione data dal vostro Io alle proprie azioni è certamente poco attendibile, tuttavia vi è un osservatore ben più attento che «sente» quali sono gli elementi importanti osservati, li ordina, li raccoglie, li confronta, li relaziona arrivando, comunque, a trarre da essi delle porzioni di comprensione; questo osservatore è, ovviamente, il vostro corpo akasico, il vostro corpo della coscienza, al quale non importa che arrivino dati confusi, apparentemente slegati, mal interpretati e via dicendo perché la sua necessità è che i dati arrivino ed è poi compito suo costruire con essi ciò che è utile per la crescita dell’individuo.
Questa seconda parte del ciclo va riguardata proprio in quest’ottica: il farvi osservare qualche vostro aspetto che, solitamente, osservate poco e male, per fornire nuove possibilità interpretative alla vostra coscienza e, perché no, nuove direzioni semisconosciute in cui muoversi alla ricerca del «conosci te stesso».
Cerchiamo di comprendere, nel modo più semplice e sintetico possibile, cosa significhi interpretare le emozioni e per quale motivo può essere utile farlo.
Come abbiamo visto in precedenza le emozioni nascono all’interno del corpo astrale dell’individuo sotto una triplice spinta: da un lato vi sono gli avvenimenti che l’individuo vive quotidianamente, grandi o piccoli che siano, dall’altro vi sono i desideri dell’Io che si sente più o meno insoddisfatto da quanto sta vivendo e, infine, vi è la vibrazione del desiderio di acquisire comprensione da parte del corpo della coscienza. Questa triplice spinta focalizza le emozioni individuali e fornisce ad esse, di volta in volta, connotazioni diverse, tant’è vero che accade di vivere in maniera emotivamente anche molto diversa un qualsiasi episodio ripetitivo.
Ora, osservare le proprie emozioni aiuta inevitabilmente a comprendere qualche cosa di più su se stessi perché all’occhio dell’osservatore (anche se, magari inespresse) sorgono delle domande dall’osservazione stessa e queste domande, ancorché, magari, represse dall’Io, attirano con le loro vibrazioni l’attenzione del corpo akasico su quanto sta accadendo cosicché questi può raccogliere elementi per aggiungere nuovi fattori di comprensione.

La conoscenza di sé, la contemplazione, la fiducia

Il nostro cammino appoggia sulla conoscenza di sé, ma non si esaurisce in essa.
Non basta leggere la propria vita in un’ottica esistenziale.
Non basta nemmeno cambiare lo sguardo sulla realtà e l’interpretazione di essa: tutto questo è propedeutico e prepara la disposizione contemplativa che può sorgere nella persona, insediarsi nel suo intimo e plasmarne le profondità dischiudendogli la comprensione di una vita radicalmente altra.
Se la conoscenza di sé non genera l’esperienza contemplativa, allora non parliamo di questo cammino, ma di altro.

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