Alcune parole su questo pontificato e sulla via interiore

Oggi Papa Francesco è a Milano e, come sempre, compie alcuni gesti significativi privilegiando alcuni luoghi simbolici da visitare e da celebrare: la periferia urbana, il carcere.
Osservo stupito e ammirato questo Papa che, forse più di altri, ha posto e pone l’accento sull’ingiustizia che pervade il mondo, sui valori etici comuni a tutti, sulla necessità di essere con gli ultimi.
Ammiro e rispetto l’uomo e il suo coraggio, conoscendo i limiti della struttura entro la quale opera.
Mi suscita invece perplessità il suo indicare troppo poco la via interiore alla risoluzione dei numerosi problemi che indica e che sono all’evidenza di ogni coscienza non accecata dall’egoismo e dall’ignoranza.

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Le emozioni: osservarle per conoscersi e comprendersi

d-30x30Le emozioni: osservarle per conoscersi. Dizionario del

«Conosci te stesso».
Questa è forse una delle frasi più ripetute nelle varie forme di insegnamento e anche voi che partecipate da anni alle riunioni del Cerchio vi siete più volte scontrati con essa, arrivando ad avvertire la forza e la giustezza di tale imperativo ma trovandovi anche, di continuo, di fronte alla cruda realtà costituita dalla difficoltà di mettere in pratica quelle poche parole mentre il «voi stessi» che cercate di conoscere vi sfugge di continuo come un’inafferrabile fantasma.
Vedete, fratelli cari, conoscere se stessi è un compito che richiede pazienza, costanza, volontà e, soprattutto, coraggio perché molto spesso quello che viene alla luce non è edificante agli occhi di chi osserva. Il fatto è che il punto di partenza da cui, inevitabilmente, dovete muovervi è costituito dall’osservazione del vostro Io, il quale, per forza di cose, contiene tutti i vostri lati peggiori, quelli che derivano dalla vostre incomprensioni (ma anche qualche lato pregevole, se volete consolarvi, perché andando più a fondo riuscireste a trovare anche gli echi e i riflessi delle vostre comprensioni che, a loro volta, si proiettano sull’Io).
Se, poi, pensate che la vostra osservazione di voi stessi è fatta con gli occhi del vostro Io, vi renderete conto che il compito che vi aspetta è di impervia soluzione, perché l’Io tende a non essere obiettivo se non, addirittura, a falsificare e modificare la realtà oggettiva secondo le proprie aspettative. Mi sembra già sentire alcuni di voi pensare, demoralizzati, che allora cercare di conoscere se stessi, oltre ad essere faticoso e tormentoso, è qualcosa di impossibile e, in definitiva di inutile.
Fatevi coraggio, figli e fratelli, perché non è così: non dimenticate che l’interpretazione data dal vostro Io alle proprie azioni è certamente poco attendibile, tuttavia vi è un osservatore ben più attento che «sente» quali sono gli elementi importanti osservati, li ordina, li raccoglie, li confronta, li relaziona arrivando, comunque, a trarre da essi delle porzioni di comprensione; questo osservatore è, ovviamente, il vostro corpo akasico, il vostro corpo della coscienza, al quale non importa che arrivino dati confusi, apparentemente slegati, mal interpretati e via dicendo perché la sua necessità è che i dati arrivino ed è poi compito suo costruire con essi ciò che è utile per la crescita dell’individuo.
Questa seconda parte del ciclo va riguardata proprio in quest’ottica: il farvi osservare qualche vostro aspetto che, solitamente, osservate poco e male, per fornire nuove possibilità interpretative alla vostra coscienza e, perché no, nuove direzioni semisconosciute in cui muoversi alla ricerca del «conosci te stesso».
Cerchiamo di comprendere, nel modo più semplice e sintetico possibile, cosa significhi interpretare le emozioni e per quale motivo può essere utile farlo.
Come abbiamo visto in precedenza le emozioni nascono all’interno del corpo astrale dell’individuo sotto una triplice spinta: da un lato vi sono gli avvenimenti che l’individuo vive quotidianamente, grandi o piccoli che siano, dall’altro vi sono i desideri dell’Io che si sente più o meno insoddisfatto da quanto sta vivendo e, infine, vi è la vibrazione del desiderio di acquisire comprensione da parte del corpo della coscienza. Questa triplice spinta focalizza le emozioni individuali e fornisce ad esse, di volta in volta, connotazioni diverse, tant’è vero che accade di vivere in maniera emotivamente anche molto diversa un qualsiasi episodio ripetitivo.
Ora, osservare le proprie emozioni aiuta inevitabilmente a comprendere qualche cosa di più su se stessi perché all’occhio dell’osservatore (anche se, magari inespresse) sorgono delle domande dall’osservazione stessa e queste domande, ancorché, magari, represse dall’Io, attirano con le loro vibrazioni l’attenzione del corpo akasico su quanto sta accadendo cosicché questi può raccogliere elementi per aggiungere nuovi fattori di comprensione.

La conoscenza di sé, la contemplazione, la fiducia

Il nostro cammino appoggia sulla conoscenza di sé, ma non si esaurisce in essa.
Non basta leggere la propria vita in un’ottica esistenziale.
Non basta nemmeno cambiare lo sguardo sulla realtà e l’interpretazione di essa: tutto questo è propedeutico e prepara la disposizione contemplativa che può sorgere nella persona, insediarsi nel suo intimo e plasmarne le profondità dischiudendogli la comprensione di una vita radicalmente altra.
Se la conoscenza di sé non genera l’esperienza contemplativa, allora non parliamo di questo cammino, ma di altro.

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Il sale della terra è la conoscenza di sé

Matteo 5,13: Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini. (Traduzione Nuova riveduta)

“Siete il sale della terra”, per come le cose si sono messe alla fine del cammino terreno del Maestro e nel corso di questo, quando l’ottusità dei discepoli si mostrava nella sua evidenza, non sembra che il sale fosse di grande qualità.
Perché allora questa espressione?
È naturale tutte le volte che si incontra qualcuno che rivolge lo sguardo all’interiore, alla conoscenza di sé: non è la qualità della persona il sale, ma il volgere lo sguardo,

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Introspezione e conoscenza di sé

d-30x30Introspezione e conoscenza di sé. Dizionario del

Intanto, vorrei chiarire una cosa: introspezione non è sinonimo di psicoanalisi.
Le Guide hanno palesato più volte una certa cautela nei confronti della psicoanalisi, mai nei confronti dell’introspezione perché essa è senza dubbio indispensabile (senza però dimenticarsi di vivere la vita) per arrivare a conoscere se stessi.
Forse è il significato del termine introspezione che varia a seconda se si è in un contesto psicoanalitico o… di «insegnamento» delle Guide.
In senso psicoanalitico credo che si intenda andare alla caccia delle proprie streghe interiori, arzigogolando mentalmente fino allo spasimo, spesso finendo anche in balia delle ipotesi più inverosimili ed azzardate (famosi, in merito, gli eccessi… «sessuali» di Freud), il tutto finalizzato alla ricerca della felicità o, quanto meno, di una vita priva di grandi tormenti.
Secondo l’insegnamento, invece, l’introspezione (unita alla costante osservazione di se stessi) è intesa come il guardare i propri movimenti interiori che si traducono in comportamenti esterni come se si fosse un osservatore, quindi un porre l’attenzione a ciò che si fa, si dice e si sente, con la dichiarata finalità di far arrivare al corpo della coscienza gli elementi che gli sono necessari per raggiungere nuovi segmenti di comprensione

Messaggio esemplificativo (1)

È chiaro che su ciò che si vive ci si possa anche ragionare sopra per cercare di capire le proprie spinte più profonde, ma non è indispensabile per avere una vera comprensione: chi deve capire non è il corpo mentale ma è il corpo akasico e per il corpo akasico il fattore importante è proprio l’attenzione che si pone a questo scambio personale tra interno ed esterno, perché è in questo modo che gli pervengono i dati da elaborare per raggiungere ulteriori livelli di comprensione.
È inevitabile che l’uomo incarnato cerchi di comprendere con la mente e, armato di apparente buona volontà, cerchi di trovare una ragione a quello che lo turba.
Quello che, secondo me, dovreste capire è che il pensiero (dal momento che appartiene al corpo mentale) è una parte dell’Io, il quale tende a strutturarlo secondo i propri comodi, così, molto spesso, anche le cose più evidenti sfuggono all’attenzione della mente secondo quei meccanismi che così bene Freud (diamogli almeno questo merito!) ha codificato, quali la rimozione, la censura e così via. Ora, il discorso del «conosci te stesso» penso che debba essere osservato su due livelli diversi.

1  LIVELLO: conoscenza di se stessi a livello di consapevolezza di individuo incarnato all’interno del piano fisico.

A questo livello si può usare la mente per cercare le proprie motivazioni, basta rendersi conto che, comunque, si troveranno solo quelle più superficiali o quelle che, comunque, stanno già affiorando spontaneamente alla coscienza.
I problemi che si potranno risolvere non saranno mai i problemi più profondi, ma quelli più semplici e che, magari, porteranno a un comportamento esteriore diverso da quello che si era tenuto fino a poco prima.
Soltanto che sarà un cambiamento solo teorico, perché in profondità il problema di fondo, quasi certamente, esisterà ancora e sarà solo il suo manifestarsi nella vita di tutti i giorni che permetterà il cambiamento. Questo potrà portare a dei migliori rapporti con gli altri e con l’esterno, ma bisogna essere consapevoli che è soltanto un nuovo atteggiamento, nato principalmente dal tentativo di sfuggire delle situazioni di sofferenza, non una comprensione acquisita, e che il problema che stava alla base, comunque, è solo «costretto» a manifestarsi in maniera meno turbolenta.
È qualcosa di analogo all’ipocrisia anche se la motivazione è diversa: mentre l’ipocrita agisce in malafede per acquisire qualche tipo di vantaggio, la costrizione operata dall’Io ha il solo scopo di aiutare i rapporti ad essere una minor fonte di dolore di quanto erano in precedenza.

2  LIVELLO: conoscenza di se stessi a livello della coscienza.

A questo livello la mente diventa semplicemente un punto di passaggio dei dati che arrivano al corpo akasico e, anzi, le stesse reazioni della mente ai pensieri che elabora arricchiscono la mole di dati che il corpo akasico riceve.
Il corpo akasico non pone più che una leggera attenzione ai pensieri elaborati dal corpo mentale, perché il suo lavorio interiore non si basa sui pensieri ma sui concetti che nascono dall’osservazione delle azioni e delle reazioni di tutti i corpi inferiori alle situazioni affrontate.
Dalle sue osservazioni nascono delle ipotesi che il corpo akasico raggruppa e che ritiene giuste salvo successivi aggiornamenti.
È così che costituisce la sua comprensione, il suo sentire: ampliandolo gradatamente a mano a mano che nuovi elementi gli vengono forniti dall’esperienza sul piano fisico.
Fare quello che dicevo prima, ovvero porre attenzione a quanto accade nel corso di un’esperienza, focalizza il risultato di quello che si è vissuto e aiuta i dati ad arrivare più rapidamente al corpo akasico. In definitiva, quindi, accelera la possibilità di comprensione del corpo akasico. Naturalmente è a questo livello che i problemi possono veramente essere risolti e superati senza semplicemente metterli in disparte o nasconderli a se stessi per dare un’immagine migliore di se stessi a sé e agli altri.
Che le cose stiano davvero così è evidentissimo da quello che ci succede: quante volte, dopo aver sviscerato mentalmente tutti gli elementi di un problema che ci assilla, il problema continua ad esistere? Oppure sembra sparire per ripresentarsi poi, inaspettatamente, in un’occasione successiva?
Quante altre volte, invece, ci capita di accorgerci che quello che era un problema fino a ieri improvvisamente non lo è più e, magari, mentalmente non ce ne eravamo neppure resi conto?
Nel primo caso si è operato un fittizio «conosci te stesso» a livello di consapevolezza dell’individuo incarnato sul piano fisico.
Nel secondo caso il «conosci te stesso» è stato messo in atto con profitto dal corpo akasico che ha messo al posto giusto i tasselli di comprensione. Margeri

1  Messaggio pervenuto sulla mailing list del Cerchio.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte seconda, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior