La coppia 4: la routine del quotidiano

La grande piallatrice. La convivenza dopo settimane o mesi conduce inevitabilmente all’esperienza della routine.
Per alcuni questa è rassicurante, per altri, i più, deprimente.
La mente/identità, per sua natura, ha bisogno di stimoli: la routine rende ogni aspetto del quotidiano uguale a se stesso.
L’altro che ci vive a fianco inizia a non essere visto più come colui o colei su cui è incernierato il nostro progetto d’esistenza, inizia ad apparire sbiadito nei suoi contorni, parte integrata nell’ambiente domestico incapace di produrre stimoli tali da porlo in rilievo.
Le sue manifestazioni ci appaiono come già note e mentre affiorano le etichettiamo come conosciute, ripetute, insistite, disturbanti.
Un caffè la prima volta è un’esperienza, alla trecentesima un fatto ovvio e non degno di nota; il sesso diventa una pappa riscaldata; la sclerata, una delle tante.
Ogni aspetto del quotidiano si appiattisce e si svuota di senso: noi, l’altro, gli accadimenti tutto sbiadisce e si appiattisce nel mare calmo della non rilevanza.
La routine è una delle più grandi sfide nella vita della coppia e, non di rado, porta a smarrire la consapevolezza delle ragioni stesse dello stare assieme.
In sé, come esperienza, appartiene alla fisiologia dell’identità e viene sperimentata in ogni ambito della vita, non solo nella coppia.
Da dove tre origine? Dal giudizio della mente sui fatti. Ogni fatto del quotidiano è etichettato, parametrato, archiviato: quando quel fatto si ripresenta nelle sue caratteristiche salienti non viene visto e vissuto in sé, ma viene richiamata dall’archivio la sua esperienza e la mente dice: “Lo conosco, già vissuto, non può produrre niente di rilevante!”
Quel giudizio toglie valore all’accadere, lo rende simile a tutti gli altri e crea il film sbiadito della routine.
E’ necessario vedere l’etichetta che la mente appone sui fatti e non abilitare oltre l’operazione; è necessario divenire consapevoli che la vita è fatta di piccoli fatti e se, ad uno ad uno, questi non vengono vissuti, la vita stessa non viene vissuta.
La routine ci svela uno dei meccanismi di fondo dell’identità, il suo proiettarsi nel passato o nel futuro alla ricerca di fattori eccitanti e significanti, rifuggendo dall’accadere del presente che, a priori, viene etichettato come non rilevante, tranne alcune eccezioni.
Questo conduce ad una inquietudine di fondo, alla frustrazione ed alla alienazione dalla propria vita: inizia l’inquieta ricerca dell’eccitante che porterà, il più delle volte, a farsi male.
Se la persona non comprende che la vita accade ora e mai più; che quel fatto è il primo e l’ultimo, l’unico che valga la pena di vivere; che la realtà non è quella contenuta nella mente ma quella che accade e che sollecita i sensi, l’emozione, il pensiero, il sentire proprio adesso: se questo non viene compreso la vita della coppia si immiserisce perchè la vita del singolo diviene vuota, viene da se stesso svuotata.
Non ci sono tecniche ed esercizietti, è necessario aprirsi su un dato evidente quanto banale: la mente con le sue aspettative e le sue pretese vela l’accadere della vita e la rende invisibile al nostro esperire.
Se siamo capaci di vedere il racconto della mente e da esso disconnettiamo l’attenzione, subito affiorerà ciò che è sempre stato lì: l’essere delle cose, dei fatti; il senso che essi portano, la bellezza intrinseca a ciascuno di essi, la pienezza del semplice gesto del respirare.

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La coppia 3: il progetto

Non riesco ad immaginare una coppia senza un progetto, una direttrice d’esistenza comune.
Se la coppia è l’officina in cui i due operai conoscono e lavorano il proprio limite accogliendolo, integrandolo, trascendendolo, è anche il campo base dal quale i due partono per la ricerca che sempre conduce al mondo e da esso si fa fecondare.
Se la coppia è autoreferenziale diventa asfittica; se non si nutre di cultura, di arte, di politica, di spirituale costruisce giorno dopo giorno le sbarre della propria prigione.
La coppia è il luogo della scoperta dell’altro da sé, chiunque questo altro sia: se essa non nutre questo interesse per l’altro, se di esso non sa occuparsi e con esso coinvolgersi, se si illude di essere autosufficiente, è già morta.
Il progetto comune, qualunque esso sia, nasce dalla consapevolezza che i due non si bastano: che dal campo base si parte e si ritorna e se non c’è una forte interazione con l’altro da sé, con il mondo, i viveri presto finiscono e l’acqua pure.
Il progetto è un “essere protesi”, il coltivare uno slancio, l’allevare in sé e nell’organismo costituito dai due il seme della generosità.
Una coppia senza un progetto è come un paese privo della capacità di immaginarsi diverso da quel che è: i suoi componenti/cittadini se ne andranno.
I due non stanno insieme per il sesso, per il lavoro, per pagare il mutuo, per andare a cena con gli amici, questo non basta: stanno e rimangono assieme se hanno un collante esistenziale, se sanno reciprocamente intessersi d’esistenza.
Non ci si intesse da soli, né come individui, né come coppia: chi abita di fronte a me, chi sopra? Come se la passa il mio collega d’ufficio? Perchè il giornalaio stamattina aveva gli occhi lucidi?
Una coppia di persone è come una coppia di polmoni: aspirano assieme l’aria del mondo e così facendo nutrono la linfa del loro procedere ciascuno conoscendo e trasformando innanzitutto sé.

L’immagine è tratta da: http://www.centroreferenzapet-therapy.it/centro/progetti


La coppia 2: conoscersi

Fino a quando i due non condividono il quotidiano non inizia il processo del conoscersi.
La prima fase del rapporto è condizionata dalla fenomenologia dell’innamoramento dove il racconto della mente, delle emozioni e delle sensazioni condizionano in modo prevalente l’esperienza.
La condivisione del quotidiano scardina il racconto della mente e apre sulla possibilità di accedere ad elementi di realtà.
Noi ci sveliamo, l’altro si svela: cos’è lo svelamento?
L’apparire del limite, e della consapevolezza di esso, nelle sue mille declinazioni.
Che cosa mostra il limite? Il cammino esistenziale nostro e dell’altro, il non compreso su cui siamo impegnati, la sfida esistenziale che diventa pungolo quotidiano.
Il processo del conoscersi è il divenire lucidamente consapevoli di dove stiamo andando singolarmente e come coppia sul piano esistenziale:
– il limite personale mostra la direttrice della ricerca;
– il talento, gli aspetti del vivere che ci risultano facili mostrano il patrimonio di partenza, sottendono il già compreso, l’ambito in cui non dovremo faticare;
– le dinamiche del rapporto tra i due svelano non solo i compiti personali ma l’ecologia più generale della coppia: il rapporto ha un valore in sé e va protetto e custodito imparando a preservarne gli equilibri.
Conoscersi è innanzitutto imparare a rispettarsi.
Il limite dell’altro mi pesa, il giudizio mi oscura lo sguardo, l’insofferenza mi scuote, poi mi ricordo: “Come sono io agli occhi dell’altro?”
Questo si ripete cento volte al giorno, pian piano i due imparano a non levare le armi affilate del giudizio, a piegare la testa nelle situazioni, a tacere.
I primi passi del rispetto.
Conoscersi è infine aprirsi al mistero: in una vita vissuta assieme ciò che dell’altro avremo conosciuto sarà soltanto un piccolo aspetto della sua superficie: ciò che invece, attraverso l’altro, avremo conosciuto di noi sarà il dono più grande che avremmo potuto ricevere.

L’immagine è tratta da: http://marescomartini.blogspot.it/2013/04/passeggiate-coop.html


 

La coppia 1: Le ragioni di un incontro

Iniziamo la pubblicazione di una serie di post sulla vita di coppia.

Sospinti da che cosa i due si incontrano?
Certamente perchè si piacciono: che cosa significa? Che hanno caratteristiche estetiche, temperamentali, culturali compatibili. Sufficientemente compatibili.
L’elenco delle ragioni pratiche, fisiche, psicologiche per cui i due si incontrano potrebbe essere lungo ma a noi non interessa approfondire, la tesi che vogliamo sostenere è un’altra.
I due si incontrano perchè solo sperimentando assieme possono conoscere se stessi e vivere le trasformazioni necessarie al loro sentire.
Nessuno si incontra per fortuna o sfortuna, nessuno incontra la persona non adatta: ciascuno incontra la persona che in modo più efficace le sarà collaboratrice, pungolo, motivo di svelamento e di trasformazione profonda in quella stagione della propria vita.
Anche quando il rapporto che poi si svilupperà sarà faticoso e pieno di conflitti, da quella fatica potrà essere estratto il necessario per il proprio cammino esistenziale.
So che non pochi rapporti sono non solo faticosi ma anche violenti, ed immagino che chi legge, a partire da queste esperienze, muova un’obiezione alla tesi che sostengo. Sarà un tema che affronteremo più avanti e di certo sarà stimolato dagli interventi.
Due persone, sospinte dalla forza dell’innamoramento, o da una affinità esistenziale – ricordo che non tutti si mettono assieme perchè innamorati – decidono di aprire la loro personale ed intima officina.
I mobili che acquistano, la casa, gli abiti, le mutande con quelle particolari caratteristiche, le lampade, le tende alle finestre, i biscotti della colazione, i programmi tv da guardare assieme, l’odore delle lenzuola, le mille abitudini e i mille riti, gli scontri e gli avvicinamenti, il perdersi e il ritrovarsi sono i componenti di questa officina.
I vestiti del giorno e il loro pigiami sono le loro tute: quando i due operai aprono gli occhi al giorno che inizia, aprono anche la porta a vetri della loro officina esistenziale. Quando, a notte più o meno tarda, scivolano nel sonno chiudono anche la porta della loro officina.
La vita di coppia è sviluppo e conoscenza di molteplici processi esistenziali. Messa così può sembrare poco romantica, forse ci piace pensare che la vita assieme sia una formidabile avventura eccitante, gratificante, profondamente fusionale. E’ un sogno che contiene in sé un brusco risveglio.
(Prossimo post: conoscersi)

L’immagine è tratta da: http://goo.gl/qgXJqK