L’importanza di ricordare:
-Che quella scena, qualunque essa sia, è per me. Dalla coscienza generata e finalizzata ai suoi apprendimenti.
Nell’eterno presente la coscienza ‘visita’ i fotogrammi e li lega in un processo il cui unico scopo è l’ampliamento
coscienza
La fedeltà nella coppia
Abbiamo avviato nel forum una discussione su questo tema nel tentativo di indagarne la complessità, affrontandolo da un punto di vista non morale, ma reale: fatto che accade e che ci interroga.
L’evolvere dell’interpretazione
Vittima, carnefice; dolore, gratificazione; senso, non senso: in una certa stagione della nostra vita tutto dipende da come interpretiamo gli eventi.
La via spirituale è un lungo, lento processo in cui si allena la mente a coltivare molteplici punti di vista, dandole strumenti sempre più sofisticati per poter interpretare le scene prodotte dal sentire in continua trasformazione.
La resistenza dell’identità al nuovo
Da Francesca: “A volte, mi sembra, si ha paura che il “distacco” corrisponda ad una assenza di coinvolgimento. Forse perché l’idea di coinvolgimento che abbiamo è rivolta ad alimentare l’emotività nella quale ci identifichiamo?”
E’ così. La mente/identità, basandosi sugli strumenti interpretativi di cui dispone, considera vita soddisfacente e gratificante quella che contiene un certo tasso di cognizione, di emozione, di sensazione, di azione.
Quello che insegniamo qui
Non tanto a vivere spiragli di libertà, quanto a costruire le fondamenta della libertà.
Che cos’è la libertà? Vivere senza il condizionamento dell’identità, potendo sperimentarla quale semplice espressione della coscienza.
L’identificazione intesa come “mi riguarda”
Quando c’è identificazione? Quando un fatto, una situazione, un qualcosa che proviamo, ci riguarda, ci coinvolge, ci interessa, ci preme, ci interroga.
Riguarda chi? Noi.
C’è un soggetto, c’è una situazione e c’è l’uso che viene fatto di quella situazione. Qual’è questo uso? La definizione di sé.
Quella situazione ci definisce, ci conferisce senso, ci gratifica, ci ferisce, ci seduce, ci offende, ci intriga, ci annoia. Reazioni anche opposte ma tutte ci conferiscono il senso di esserci come nucleo di identità.
L’identificazione
L’identificazione con il pensiero, l’emozione, il corpo, ci impedisce di vivere centrati sulla nostra essenza: siamo sentire, innanzitutto e prioritariamente, che si manifesta nel tempo e nello spazio come pensiero, emozione, azione.
Siamo questo, anzi, più correttamente bisognerebbe dire che è questo.
La rappresentazione di ciò che non siamo
Francesca dice: “Ho molta ammirazione e gratitudine per chi sa regalare la visione del proprio cadere per quello che è, uno dei fatti che ci fanno quel che siamo, senza bisogno di camuffare o giustificare”.
“Il nostro cadere testimonia ciò che siamo”. Meglio, direi che il nostro cadere testimonia ciò che dobbiamo imparare: in tutti i momenti della nostra vita si mostrano i termini e i contorni del nostro apprendistato, il nostro compito in officina.
L’amicizia, l’amore
Anna scrive: “Riflettevo sul concetto di amicizia: da una parte il tuo non averne bisogno, dall’altra il chiamare ciascuno di noi da subito amico.”
L’amicizia, come l’affetto e l’innamoramento, prefigurano l’esperienza dell’amore. Sono ciò che l’uomo vive nel quotidiano della relazione con l’altro da sé e che lo prepara, lo forgia, ad un’esperienza di ben altra natura.
La preghiera, il dialogo interiore
Presentiamo un testo illuminante del Cerchio Firenze 77 sulla preghiera e sul pregare, tratto dalla pagina Facebook del Cerchio.
In sé le parole di Kempis esauriscono l’argomento e poco possiamo aggiungere. Nella nostra didattica noi parliamo di “dialogo interiore” e preferiamo questa espressione perché meno condizionata.