La mente può essere più indietro del sentire

A volte nella mente possono affiorare contenuti che ci disorientano, aspetti che non dovrebbero essere lì perché, evidentemente, non sono che cascami, residui del grande scorrere dei dati tra esperienza e coscienza.
Il corpo mentale, come il corpo astrale, stanno nel mezzo tra coscienza ed azione/esperienza: attraverso essi transita il flusso di dati che proviene dalla coscienza e che è da essi decodificato e reso disponibile al corpo immediatamente sottostante, come transita il flusso di dati di ritorno dall’esperienza che sale verso la coscienza ed anche in questo caso passa attraverso il sistema delle decodifiche.

continua..

Introspezione e conoscenza di sé

d-30x30Introspezione e conoscenza di sé. Dizionario del

Intanto, vorrei chiarire una cosa: introspezione non è sinonimo di psicoanalisi.
Le Guide hanno palesato più volte una certa cautela nei confronti della psicoanalisi, mai nei confronti dell’introspezione perché essa è senza dubbio indispensabile (senza però dimenticarsi di vivere la vita) per arrivare a conoscere se stessi.
Forse è il significato del termine introspezione che varia a seconda se si è in un contesto psicoanalitico o… di «insegnamento» delle Guide.
In senso psicoanalitico credo che si intenda andare alla caccia delle proprie streghe interiori, arzigogolando mentalmente fino allo spasimo, spesso finendo anche in balia delle ipotesi più inverosimili ed azzardate (famosi, in merito, gli eccessi… «sessuali» di Freud), il tutto finalizzato alla ricerca della felicità o, quanto meno, di una vita priva di grandi tormenti.
Secondo l’insegnamento, invece, l’introspezione (unita alla costante osservazione di se stessi) è intesa come il guardare i propri movimenti interiori che si traducono in comportamenti esterni come se si fosse un osservatore, quindi un porre l’attenzione a ciò che si fa, si dice e si sente, con la dichiarata finalità di far arrivare al corpo della coscienza gli elementi che gli sono necessari per raggiungere nuovi segmenti di comprensione

Messaggio esemplificativo (1)

È chiaro che su ciò che si vive ci si possa anche ragionare sopra per cercare di capire le proprie spinte più profonde, ma non è indispensabile per avere una vera comprensione: chi deve capire non è il corpo mentale ma è il corpo akasico e per il corpo akasico il fattore importante è proprio l’attenzione che si pone a questo scambio personale tra interno ed esterno, perché è in questo modo che gli pervengono i dati da elaborare per raggiungere ulteriori livelli di comprensione.
È inevitabile che l’uomo incarnato cerchi di comprendere con la mente e, armato di apparente buona volontà, cerchi di trovare una ragione a quello che lo turba.
Quello che, secondo me, dovreste capire è che il pensiero (dal momento che appartiene al corpo mentale) è una parte dell’Io, il quale tende a strutturarlo secondo i propri comodi, così, molto spesso, anche le cose più evidenti sfuggono all’attenzione della mente secondo quei meccanismi che così bene Freud (diamogli almeno questo merito!) ha codificato, quali la rimozione, la censura e così via. Ora, il discorso del «conosci te stesso» penso che debba essere osservato su due livelli diversi.

1  LIVELLO: conoscenza di se stessi a livello di consapevolezza di individuo incarnato all’interno del piano fisico.

A questo livello si può usare la mente per cercare le proprie motivazioni, basta rendersi conto che, comunque, si troveranno solo quelle più superficiali o quelle che, comunque, stanno già affiorando spontaneamente alla coscienza.
I problemi che si potranno risolvere non saranno mai i problemi più profondi, ma quelli più semplici e che, magari, porteranno a un comportamento esteriore diverso da quello che si era tenuto fino a poco prima.
Soltanto che sarà un cambiamento solo teorico, perché in profondità il problema di fondo, quasi certamente, esisterà ancora e sarà solo il suo manifestarsi nella vita di tutti i giorni che permetterà il cambiamento. Questo potrà portare a dei migliori rapporti con gli altri e con l’esterno, ma bisogna essere consapevoli che è soltanto un nuovo atteggiamento, nato principalmente dal tentativo di sfuggire delle situazioni di sofferenza, non una comprensione acquisita, e che il problema che stava alla base, comunque, è solo «costretto» a manifestarsi in maniera meno turbolenta.
È qualcosa di analogo all’ipocrisia anche se la motivazione è diversa: mentre l’ipocrita agisce in malafede per acquisire qualche tipo di vantaggio, la costrizione operata dall’Io ha il solo scopo di aiutare i rapporti ad essere una minor fonte di dolore di quanto erano in precedenza.

2  LIVELLO: conoscenza di se stessi a livello della coscienza.

A questo livello la mente diventa semplicemente un punto di passaggio dei dati che arrivano al corpo akasico e, anzi, le stesse reazioni della mente ai pensieri che elabora arricchiscono la mole di dati che il corpo akasico riceve.
Il corpo akasico non pone più che una leggera attenzione ai pensieri elaborati dal corpo mentale, perché il suo lavorio interiore non si basa sui pensieri ma sui concetti che nascono dall’osservazione delle azioni e delle reazioni di tutti i corpi inferiori alle situazioni affrontate.
Dalle sue osservazioni nascono delle ipotesi che il corpo akasico raggruppa e che ritiene giuste salvo successivi aggiornamenti.
È così che costituisce la sua comprensione, il suo sentire: ampliandolo gradatamente a mano a mano che nuovi elementi gli vengono forniti dall’esperienza sul piano fisico.
Fare quello che dicevo prima, ovvero porre attenzione a quanto accade nel corso di un’esperienza, focalizza il risultato di quello che si è vissuto e aiuta i dati ad arrivare più rapidamente al corpo akasico. In definitiva, quindi, accelera la possibilità di comprensione del corpo akasico. Naturalmente è a questo livello che i problemi possono veramente essere risolti e superati senza semplicemente metterli in disparte o nasconderli a se stessi per dare un’immagine migliore di se stessi a sé e agli altri.
Che le cose stiano davvero così è evidentissimo da quello che ci succede: quante volte, dopo aver sviscerato mentalmente tutti gli elementi di un problema che ci assilla, il problema continua ad esistere? Oppure sembra sparire per ripresentarsi poi, inaspettatamente, in un’occasione successiva?
Quante altre volte, invece, ci capita di accorgerci che quello che era un problema fino a ieri improvvisamente non lo è più e, magari, mentalmente non ce ne eravamo neppure resi conto?
Nel primo caso si è operato un fittizio «conosci te stesso» a livello di consapevolezza dell’individuo incarnato sul piano fisico.
Nel secondo caso il «conosci te stesso» è stato messo in atto con profitto dal corpo akasico che ha messo al posto giusto i tasselli di comprensione. Margeri

1  Messaggio pervenuto sulla mailing list del Cerchio.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte seconda, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

Evoluzione della coscienza e della forma

d-30x30Evoluzione della coscienza e della forma. Dizionario del

L’evoluzione è stata definita come il passaggio da uno stato di coscienza limitato ad uno stato di coscienza più ampio.
In realtà, come vedrete nell’affrontare i volumi sull’insegnamento filosofico l’accezione del termine evoluzione è molto più ampio e complesso, e investe non solo l’essere umano ma l’intera Realtà.
Il messaggio che è stato scelto forse sarebbe stato più adatto per i volumi che seguiranno, ma i curatori hanno pensato che avere un anticipo del concetto di evoluzione proposto dalle Guide sarebbe stato utile anche in questi volumi sull’insegnamento etico-morale, in quanto anche l’etica e la morale sono sottoposte ad una sorta di evoluzione, in concomitanza col mutare degli elementi sociali e con l’ampliamento del sentire individuale.
E, tutto sommato, mi sono trovato d’accordo con loro.

Messaggio esemplificativo (1)

Fra le varie leggi sulle quali si basa l’andamento della razza umana, e non soltanto della razza umana ma dell’intero cosmo, vi è la legge dell’evoluzione.
Ma come si può definire, in realtà, l’«evoluzione»? Rodolfo

Qual è il significato più semplice che si può dare a questa parola? Osservando la realtà che si vive da incarnati, apparentemente tutto evolve, tutto cambia, tutto muta, è un continuo fermento di trasformazione; basta questo per dire che si tratta di evoluzione o vi è qualche cosa di più che dà un significato particolare al termine di evoluzione, che non la rende limitata al semplice cambiamento di forma dell’individuo che attraversa il piano fisico? Scifo

Tutto cambia, tutto muta, tutto evolve; ciò che voi siete oggi non è ciò che eravate ieri e non è ciò che sarete domani, e questo voi lo sapete per averlo sperimentato sulla vostra pelle giorno dopo giorno vedendo il vostro viso riempirsi di rughe, i vostri capelli riempirsi di fili argentei; questa è l’evoluzione della vostra materia, del vostro corpo, del vostro fisico, ma il senso in cui noi usiamo il termine «evoluzione» è qualcosa che va oltre il mutamento della forma, è qualcosa che la comprende ma che è più ampio come concetto. Moti

Per «evoluzione», creature, noi intendiamo il passaggio dell’individuo nel tempo dallo stato di non coscienza ad uno stato di coscienza, da uno stato di assenza di coscienza ad uno stato via via più ampio di coscienza e quindi di «sentire». Scifo

Tutto, nell’ambiente in cui siete inseriti, nel corso dei millenni ha subito delle metamorfosi.
Agli inizi, quando ancora il pianeta non portava in sé il germe della vita ma stava raffreddandosi per arrivare a creare le condizioni affinché le prime forme di vita incominciassero a manifestarsi, ecco che già si poteva parlare di evoluzione; certamente non dell’evoluzione di una coscienza individuale ma, quanto meno, evoluzione dello stato di coscienza della materia che prendeva coscienza di se stessa e, un po’ alla volta, sotto la spinta delle varie vibrazioni provenienti dall’Assoluto, cambiava la sua intrinseca natura. Moti

Eccessi e coscienza

d-30x30Eccessi e coscienza. Dizionario del

«La vita dell’uomo è accompagnata, nel suo svolgersi, da una catena ininterrotta di corpi fisici che fanno capo ad una stessa unità ma che, se si volesse guardare con attenzione, si noterebbero essere una successione di corpi fisici diversi: dal corpo del neonato a quello del bambino, a quello dell’adolescente; da quello del ragazzo a quello dell’uomo maturo e, infine, a quello dell’essere umano ormai vecchio.
Tutti questi corpi portano con sé degli elementi favorevoli ma anche degli elementi sfavorevoli; certo, fin che si è giovani, in condizioni perlomeno psicologiche normali, fin che non si arriva sulle soglie della vecchiaia, ci si accorge solitamente del proprio corpo fisico soltanto allorché c’è qualche cosa che non va. Pensateci un attimo, creature, e osservate il vostro passato: quando eravate più giovani, o voi che siete giovani adesso, quante volte avete ecceduto in comportamenti che, magari, sapevate anche essere sbagliati e dannosi per il vostro fisico, e avete trascurato, ignorato, anzi usato spesso, quasi per vantarvi di fronte agli altri degli eccessi compiuti, le conseguenze che ne derivavano? Questo è normale, perché in quei momenti il vostro corpo fisico dimostrava una ripresa, una capacità di ripresa tale per cui era facile soprassedere ai problemi e dimenticarsi quali erano le conseguenze degli eccessi.»
Con queste parole Scifo introduceva un messaggio sul tema dell’«eccesso», tema attualmente di triste attualità, considerati gli eccessi che vengono portati avanti nelle varie trasmissioni televisive, facendoli diventare a poco a poco delle «normalità» agli occhi di chi sta osservando, col risultato che, in nome dell’audience, si presentano sempre nuovi eccessi, un po’ più «eccessivi» di quelli ormai superati, al fine di catturare l’attenzione della massa e aumentare i proventi provenienti dagli sponsor.
Il mondo attuale è eccessivamente governato dalla brama del denaro e del potere, ma fino a quando potrà andare avanti così? Fino a quando si troveranno nuovi eccessi e nuove trasgressioni? Sarà un processo lento, ci dicono le Guide, ma anche questo avrà una fine con lo stabilirsi di un nuovo stato di coscienza. Non resta che augurarci che, quando ci incarneremo ancora fra circa trecento anni (come ci è stato insegnato essere la media tra un’incarnazione e l’altra), questa fase sarà ormai superata e ci ritroveremo a vivere in un mondo dove la norma e il traguardo non sono più l’anormalità!

Messaggio esemplificativo (1)

Intere filosofie hanno basato tutto il loro parlare sulla teoria dell’eccesso. «Portare una cosa all’eccesso – è stato detto – significa arrivare velocemente a comprendere di più, significa riuscire a superare i propri problemi».
C’era chi disse una volta: «Per far passare la gola di cioccolata, la cosa migliore è fare indigestione di cioccolata». Teoria discutibile; eppure teoria che, molto spesso, più di una persona abbraccia.
Noi, contrariamente a quanto può sembrare dalle mie parole, non siamo contrari gli eccessi; gli eccessi non sono dannosi per il corpo fisico a meno che non siano eccessi prolungati nel tempo. Scifo

Ma viene un tempo, viene un momento, figli e fratelli, in cui l’eccesso porta al corpo fisico delle conseguenze a cui il corpo fisico non riesce a rimediare o, perlomeno, non riesce a rimediare così velocemente. Accade, allora, che, per cercare di rimediare ciò che non va nel corpo fisico, le energie vengano sottratte a qualche altra funzione e questo porta a una catena, a una successione di spostamenti di energie fisiche che trasporta il problema fisico da un organo all’altro rendendo, così, il vivere delle persone un continuo susseguirsi di piccoli o grandi acciacchi, che rendono più triste la vita per chi non sa scorgere intorno a sé non soltanto quello che lo rattrista ma anche quello che lo può far gioire. Rodolfo

La propria personale salute diventa, col passare del tempo, un elemento a cui ogni individuo incomincia a porre sempre più attenzione, arrivando poi all’eccesso – ancora una volta – di ridurre la propria esistenza a qualcosa che ruota intorno alla paura di star male, di morire, di soffrire fisicamente. Quante persone vivrebbero in maniera più serena se riuscissero a ignorare per un po’ di tempo quei piccoli dolori fisici che accompagnano la loro esistenza! Ma – ahimè – l’Io di ognuno è talmente portato al vittimismo che, anche nella situazione spiacevole, cerca di fare qualcosa che possa tornare a suo vantaggio; ed ecco, allora, il crearsi di quella catena psicologica, interiore, che arriva a sfruttare i propri malanni per ottenere l’attenzione degli altri, per apparire più forti di quello che si è, per – insomma – dimostrarsi il centro dell’esistenza non soltanto propria ma anche di tutte le persone che lo circondano. Moti

Quando noi avevamo parlato di psicosomatismo, avevano detto che tutte le malattie dell’essere umano, praticamente tutte, avevano una loro componente psicosomatica.
Questo, cosa significava? Voleva significare che tutto quello che voi attraversate di doloroso per il vostro corpo fisico è tutto riconducibile, alla fin fine, a quelli che sono squilibri interiori di ognuno di voi; o, meglio ancora, che ogni vostra non-comprensione ha una ripercussione che arriva a manifestarsi nel vostro corpo fisico, all’interno del piano fisico in cui conducete le esistenze.
Avevamo parlato di percentuali molto alte; ma, se volessimo proprio essere precisi, vi dovremmo dire che in realtà «tutte» le malattie hanno una componente psicosomatica. Immagino che qualcuno di voi dirà: «Ma se io vado per strada e, improvvisamente, mi prendo un virus che mi fa venire … che so io … mal di gola o mal di pancia o mal di stomaco, come fa ad essere psicosomatico?». Lo psicosomatismo, se si vuole ragionare un attimo con attenzione, sta nel fatto che voi, in quel momento, avevate abbassato le vostre difese immunitarie e, quindi, avevate permesso che il virus riuscisse a penetrare in voi e a crearvi i problemi fisici che vi assillano.
Questo dello psicosomatismo è un argomento veramente vasto da trattare, così come quello della salute di ognuno di voi. La medicina, così come la conoscete, offre molte alternative; molto spesso – terribilmente spesso – alternative che finiscono per essere dannose mentre curano; tuttavia, attualmente, è diventato di moda rivolgersi alle medicine alternative. Ecco, così, il fiorire di tantissime teorie alternative, il fiorire di persone che pretendono di essere capaci di guarire, improvvisandosi (che so io?) pranoterapeuti o fitoterapisti e via e via e via, senza avere in realtà la conoscenza, la capacità e la sensibilità, per poter veramente fare ciò che vorrebbero fare.
Molti di costoro possono anche essere in buonafede; tuttavia, se pensassero con un po’ più di attenzione a se stessi, se si rendessero conto che aiutare gli altri nel campo della salute non è così facile come può sembrare, se si facessero un vero e attento esame di coscienza, si renderebbero conto che il corpo umano è così complesso, gli equilibri del corpo umano sono così delicati, che interagire con questi equilibri, influire su questi equilibri senza avere le cognizioni, l’esperienza, la capacità e – ripeto – «la sensibilità» giusta per poterlo fare, potrebbe, alla lunga, provocare anche dei danni non indifferenti.
Vi è, poi, quella parte di persone che rifiuta la medicina tradizionale per affidarsi a caso – direi quasi «a naso» – alle medicine alternative aspettandosi di avere chissà quali conseguenze meravigliose! Certamente, in buona parte dei casi, con le medicine alternative le piccole cose si possono anche curare e si riescono a limitare gli effetti che le medicine sintetiche possono avere sul fegato o su altri organi delicati del genere; tuttavia, non dimentichiamo che, se la vostra medicina scientifica non ha capito tutto dell’essere umano, se pure la vostra medicina scientifica ha ancora molte lacune e spesso va più per tentativi che per cognizione di causa, tuttavia, ha la capacità, la possibilità, di attenuare i sintomi velocemente, di far soffrire meno chi sta soffrendo; e questo, in realtà, ben poche medicine alternative riescono a farlo!
Non aspettatevi, creature, di poter essere guariti da queste medicine di tutti gli affanni che vi affliggono. Se proprio volete cercare di fare qualche cosa che migliori la vostra condizione di esistenza, partite – come sempre noi suggeriamo – principalmente da voi stessi: osservatevi attentamente, guardate quali motivi ci possono essere per ciò che state soffrendo, e vi assicuriamo che se veramente, con sincerità, voi faceste questo, riuscireste non dico a star sempre bene ma, quantomeno, a vivere con uno spirito più giusto e più in grado di aiutarvi a star meglio ogni piccolo o grande malanno che attraversate. Scifo

Cosa dirvi ancora, figli, su questo argomento? Forse ricordarvi che se avete un corpo fisico, se vi è stato dato un corpo fisico, questo corpo fisico vi è stato dato affinché voi lo usiate nel mondo in cui vi trovate; e, come tutte le cose che voi possedete per poterle usare nello scorrere delle vostre giornate, anch’esso ha bisogno di una certa manutenzione, di una certa attenzione, di una certa cura; cosa che molte volte voi vi dimenticate di mettere in atto. State quindi attenti a conservare ciò che vi viene dato, affinché domani non piangiate per non averlo saputo trattare meglio; e, a quel punto, non dovrete prendervela con nessun altro che con voi stessi. Moti

1  L’Uno e i molti, vol. Vii, pag. 43 e segg.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte seconda, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

Onestà verso sé e coscienza

d-30x30Onestà. Dizionario del

Essere onesti non è certamente una cosa semplice da attuare, in maniera particolare nei propri confronti: sotto la spinta del nostro Io che vorrebbe essere perfetto e che tende a considerarsi il «meglio del meglio» facilmente perdiamo obiettività su noi stessi e sulle nostre intenzioni nell’agire di tutti i giorni.
Non ci vengono neppure molto in aiuto le regole della società in cui viviamo: malgrado le regole etico/morali siano tutte codificate nella concezione corrente di onestà è comune modo di pensare che il disonesto è riprovevole in particolar modo quando viene scoperto, altrimenti, sovente, è dichiarato, quasi con un’ombra di ammirazione, «furbo».
Il fatto è – ci dicono le Guide – che non dobbiamo valutare la nostra onestà sul metro di ciò che ci è esterno, bensì sui parametri dettati dalla nostra coscienza.
Chi ha davvero compreso cosa significhi veramente essere onesto lo sarà sempre e comunque, che gli altri lo riconoscano o meno, e non metterà mai in atto quei compromessi che così facilmente siamo in grado di escogitare per trovare giustificazione ai nostri comportamenti, spesso veramente difficili da giustificare.

Messaggio esemplificativo (1)

Eh già, creature; voi vi guardate attorno, restate a volte perplessi, a volte scioccati, a volte disgustati nel vedere la disonestà altrui. Nobili sentimenti, giusti; però… però… però… Nel corso di questi anni di insegnamento abbiamo fatto dell’intenzione uno dei cardini del nostro parlare, facendo risalire a questo aspetto dell’interiorità dell’individuo tutte le dinamiche che possono essere giustificate o meno nel comportamento dell’individuo stesso e, semplificando, abbiamo asserito che l’intenzione altruistica giustifica un’azione che apparentemente può sembrare egoistica, in quanto è chi osserva che può vedere l’egoismo in un’azione, ma in realtà chi compie l’azione può mettere in moto il suo agire spinto da un’intenzione benevola e altruistica. Ricordate questa parte dell’insegnamento? Un Maestro di secoli fa diceva, predicando: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra». Bene, creature, voi che siete giustamente pronti ad offendervi per la disonestà altrui, chi tra di voi in realtà è disposto a scagliare veramente una pietra? Chi tra di voi pensa davvero di essere onesto, quanto quelle persone che giudica e che critica non sono? Pensateci un attimo e poi chi tra di voi si sente onesto me lo dica, in modo da rallegrare questa serata.
C’è differenza tra ammazzare una persona o ammazzarne due?
Rubare una mela o rubare un diamante, cambia qualcosa?
No, non c’è diversità per il semplice fatto che, come abbiamo sempre detto, quello che voi vedete e vivete in realtà è un’illusione, e non è che abbia poi grande valore. Quello che conta è ciò che vivete voi all’interno, nella vostra coscienza; è quindi la vostra intenzione quella che conta, non l’azione che compite, non i risultati dell’azione che compite.
Questo è uno dei principali corollari dell’insegnamento. Tutto quello che accade, accade per voi; per farvi comprendere. Il problema è che voi aspettate sempre che siano «gli altri» a comprendere, pensando che ciò che accade agli altri accade soltanto per quelle persone mentre invece, se voi lo notate, in realtà accade per voi; perché voi in quella cosa dovete trovare qualche cosa per allargare il vostro sentire.
Senza dubbio le azioni disoneste che tutti voi, uno per uno compite, possono avere una ripercussione maggiore o minore nel mondo in cui vivete, sulle persone che vi circondano, sugli ambienti, e via e via e via, però – ripeto – non è quello che è importante; non dovete fermarvi su quell’aspetto della cosa, dovete fermarvi invece sul fatto che «voi» avete compiuto quell’azione e che quindi siete responsabili di quell’azione. Anche se gli altri non si accorgessero mai della vostra azione disonesta, ciò non toglie che voi interiormente l’azione l’avete compiuta. Se nessuno vi vedesse rubare, non per questo voi non sareste ladri! Vero? Quindi il fatto di essere ladri non è una cosa che è ratificata, sottoscritta e decisa dal fatto che gli altri scoprano il vostro furto, ma dal fatto che voi avete compiuto l’azione con l’intenzione di rubare e – ripeto – che rubiate un’arancia o rubiate un diamante l’intenzione è sempre la stessa; è soltanto la manifestazione poi nel mondo fisico, chiaramente, che cambia.
Motivazione e intenzione in gran parte si può dire che coincidano, come concetto. Certamente se tu rubi perché i tuoi figli stanno morendo di fame, per dar loro da mangiare perché non riesci a trovare un altro modo di sfamarli (anche se è abbastanza difficile che ciò accada perché, se uno vuole sfamare i figli, in qualche modo col sudore della fronte solitamente ci riesce; magari non dando loro caviale, ma dando loro patate!) tuttavia in questo caso allora l’intenzione di un furto potrebbe essere non dico giustificata al cento per cento ma quanto meno avere interiormente – di fronte al giudizio, di fronte a se stessi, che è quello poi che conta in realtà nel seguito dell’evoluzione dell’individuo – avere un peso diverso di un’azione compiuta in un altro modo, con un’altra motivazione.
Ipotizziamo (è un caso abbastanza reale) che un’azienda di trasporti aumenti i costi dei biglietti. Sappiamo benissimo che molte linee di trasporti hanno sperperato denaro pubblico. Se io non pago il biglietto e quindi risparmio mille lire e poi ne regalo duemila al povero che trovo sulla strada, ho rubato?
Io direi di sì, perché ritorniamo allo stesso punto: il fatto che chi ha predisposto quell’esosità del biglietto non autorizza ad andare contro una legge accettata, ritenuta giusta e valida se il prezzo fosse stato inferiore, e certamente non è una compensazione dare poi le duemila lire a un povero! Diventerebbe un po’ come l’assoluzione o le preghiere date in confessione per assolvere i peccati dell’individuo. Una specie di ricatto morale nei confronti della divinità, in fondo!
Se accetti di vivere in una società e accetti le sue leggi allorché ti sembrano giuste, il fatto che un particolare poi venga variato da individui disonesti non fa sì che le leggi diventino ingiuste! Fa sì soltanto che certi particolari individui le applichino in modo sbagliato, e non è evadendo la legge che compensi o ritorci qualche cosa contro quelle persone. Vi sembra? Anche perché un comportamento del genere alla fin fine si ripercuoterebbe come minimo sulle persone che devono prendere gli stipendi e che vi servono, così come voi servite per pagare la loro vita, il loro lavoro.
Sappiamo benissimo tutti che quello di moralità è un concetto molto relativo. Molto relativo perché dato dalle abitudini, dalle tradizioni, dai costumi, dal tipo di legge che viene promulgata, e via e via e via. La moralità, sotto un certo punto di vista, è anche poco definibile perché – volendo parlare in termini razionali e logici, aderenti all’insegnamento che abbiamo portato avanti fino a questo punto – la persona morale è quella che segue il proprio sentire, in quanto, seguendo il proprio sentire, è in pace con se stessa. Giusto, no? La persona morale non può che essere in pace con se stessa, tuttavia voi sapete che non vi sono due individui con la stessa evoluzione.
L’individuo non nasce già completamente evoluto, col suo corpo della coscienza strutturato, per cui commette molti errori, ha bisogno di imparare e quindi la morale varia già da individuo a individuo, quindi immaginiamoci da società a società! Si arriva, alla fine del discorso, ad affermare che una vera società morale difficilmente può esistere proprio per il fatto stesso che all’interno della società sono incarnate individualità che hanno evoluzioni differenti e quindi morali differenti.
Allo stesso modo è ben difficile che possa esistere una società veramente equa per tutti, se non forse all’ultima ondata di vita all’interno di un pianeta, all’ultimo scaglione di incarnazioni su un pianeta, finito il quale il pianeta ritornerà ad essere un enorme sasso senza vita.
Allora, in quel caso, quest’ultimo scaglione avrà raggiunto un’evoluzione tale per cui gran parte di quelli rimasti saranno quasi alla fine della ruota delle nascite, avranno quasi perfettamente strutturato il loro corpo akasico, non avranno tra di loro i primi incarnati della razza successiva e quindi più indietro come evoluzione, indietro quindi anche come morale, e avranno la possibilità di creare una società molto più equilibrata e molto più morale di quelle che l’hanno preceduta. Fa parte insomma dell’ultima fase della vita di un pianeta. Scifo

Come si può sviluppare meglio il sentire, allora, a proposito di questa presa di coscienza di onestà morale?
Compiere quell’opera è nel contempo facile e grandemente difficile, figli cari. Imparare ad essere onesti significa senza dubbio imparare a tener conto dei bisogni altrui, significa osservare se stessi e vedere se stessi di fronte alla realtà, alla realtà fisica in cui vi trovate immersi, significa non aspettarsi che siano gli altri a diventare onesti ma lavorare affinché il proprio intimo arrivi a comprendere che ciò che si possiede è già abbastanza, che ciò che si può dare è molto, perché tutti i doni che voi possedete non vi sono stati dati per tenerli chiusi nelle vostre mani ma per distribuirli attorno a voi; significa riuscire ad identificarsi con gli altri che sono attorno, riuscire a comprendere che se voi avete dei problemi e cercate di risolverli in modo disonesto, questo modo disonesto si ripercuote sugli altri facendo sì che i loro problemi non possano da essi stessi venire risolti; significa quindi domandarsi: «Se gli altri così facessero, io come mi sentirei?»; significa essere in grado di mettersi nei panni degli altri per riconoscere nel loro sguardo ciò che noi siamo; significa arrivare piano piano, lentamente, sbagliando – questo senza dubbio – ma con coraggio, ad affrontare se stessi osservandosi, e cercare di migliorare senza pretendere che siano gli altri a cambiare per noi, ma cercando in tutti i modi possibili di essere noi a cambiare per gli altri, rendendoci conto che, cambiando per gli altri, di conseguenza – come estremo passo logico e inevitabile – cambieremo anche per noi stessi. Non è facile certamente tutto questo, ma tutto questo è quello che dà la risposta ad una domanda che è sempre nelle vostre menti ed alla quale difficilmente riuscite a trovare una soluzione che vi soddisfi fino in fondo. La domanda è: «Perché siamo qua, perché viviamo, perché portiamo avanti le nostre vite all’interno di questo pianeta che molto spesso ci sovrasta con necessità e bisogni che ci fanno soffrire?» Rodolfo

E poi pensate un po’ alla disonestà! Per che cosa si è disonesti di solito? Forza, sentite voi, voi che siete così esperti in disonestà, piccole e grandi, ditemi – secondo voi – per cosa avete fatto i vostri fatti disonesti? In linea di massima per ottenere qualcosa, per avere qualcosa. E questo qualcosa – pensateci bene – il più delle volte in cosa si traduce? Si traduce in un credito nei confronti degli altri, in un vantaggio di qualche tipo, in un possedere qualcosa di più. E allora io mi faccio la cassaforte con i lingotti d’oro, i biglietti da visita con i diamantini sopra, la carta igienica tempestata di smeraldi (difficile da usare, quella; lo riconosco, ma non mi viene in mente altro in questo momento), diciamo di seta cinese (così va meglio!), e via e via e via direbbe Scifo, per avere ancora di più. Ancora di più! Pensate quante cose volete! Prima Rodolfo diceva che avete già tanto, che vi è stato dato tanto e questo tanto non vi è stato dato per tenerlo stretto, ma per dividerlo con gli altri quando c’è la necessità e il bisogno, eppure voi vi lamentate in continuazione .. e pagate troppe tasse, e il biglietto dell’autobus è aumentato, e il giornale costa caro, e il caffè è aumentato di ben 100 lire tutte in una volta e invece di prenderne 5 vi tocca prenderne 4 al giorno, e le sigarette guarda come sono aumentate e adesso come faccio a farmi venire un cancro! Tutte queste belle cose, e poi andate nelle vostre povere e miserabili case, vuote di tutto, e vi annoiate tremendamente, e non sapete che televisione guardare: se quella in sala, quella in cucina, quella nello studio, e non sapete se guardare un film comico, una videocassetta, una registrazione teatrale o un concerto; non sapete quale di quei 17 libri che avete lì, che avete comprato in un momento di crisi depressiva e tutti vi attirano, ma nessuno poi vi attira in modo particolare, e allora «Ma che noia in questa casa! Non ho proprio niente! Mi ci vorrebbe qualcosa di diverso: un cioccolatino!
Per comprare questo cioccolatino cosa fate? Andate fuori e imbrogliate qualcuno perché almeno trovate quelle 1000 lire per comprarvi il cioccolatino! Anni e anni fa c’è stato un bellissimo messaggio di Viola che parlava di quello che uno ha o quello che uno non ha, e diceva, molto più o meno: «Vi lamentate sempre che vi mancano tante cose, ma se voi dimezzaste le cose che già possedete in casa, e poi le dimezzaste ancora e poi le dimezzaste ancora, quello che resta sarebbe ancora più che sufficiente per garantirvi una vita dignitosa».
Pensateci, se non è vero! Quante cose in più avete in casa? Basta che apriate uno dei vostri armadi: quante camicie, quanti vestiti, quante gonne, quante scarpe, quanti calzini, ecc. ecc. ecc. possedete, e magari poi mettete sempre gli stessi?
Certamente la vita bisogna viverla perché se no non sarebbe stata data, però uno dice: «Bisogna viverla e allora, se si vive, se si è disonesti, sembra un po’ il serpente che si morde la coda, si continua a girare in circolo». No non è vero, perché se tu ti osservi, stai attento a quello che fai anche nel momento in cui fai l’azione disonesta che il più delle volte per l’individuo che la compie non è disonesta, intendiamoci eh! Mentalmente è giustificata da un milione di motivi, questo non dimenticatevelo, eh! Voi pensate che quel signore della cassaforte coi lingotti non avesse delle giustificazioni, dei motivi mentali per cui faceva tutto quello? Magari aveva già pensato che, nel momento in cui moriva e non aveva più bisogno di tutta quella roba, l’avrebbe lasciata ad un orfanotrofio e quindi lo faceva per quei poveri orfani! Voi siete e siamo stati anche noi, specialisti nel trovare delle scuse per giustificare il proprio operato! Ed è li che c’è il punto importante: sapendo che siete e siamo tutti così pronti a trovarsi queste giustificazioni, allora cerchiamo di osservarci quando compiamo l’azione.
Cerchiamo di osservarci e di eliminare queste giustificazioni, che basta un’osservazione leggermente più accurata per dimostrare quanto siano sciocche e pretestuose per quello che si compie. E allora un po’ alla volta, con l’esperienza, osservando quello che si compie, il corpo akasico riesce a comprendere quali sono le cose giuste da farsi e quelle da non farsi, e quindi un po’ alla volta l’onestà – che è poi dal corpo akasico che parte – da quel sentire del corpo akasico arriverà veramente ad essere unita in tutte le sue parti, in tutti i suoi frammenti e l’individuo comincerà ad essere sempre meno disonesto fino a diventare veramente un santo. Zifed

Infine, figli, ancora una volta non possiamo fare altro che esortarvi non a fare i rivoluzionari, non a combattere contro i mulini a vento, non a diventare delle piccole bombe all’interno del sistema, ma a cambiare, impegnandovi fino in fondo, ciò che voi siete; perché, se è vero che la società è lo specchio delle persone che la compongono, voi fate parte di quella società e anche voi avete le vostre buone responsabilità per come la società è diventata. E allora ricordate che il vero cambiamento non parte mai dall’alto per arrivare in basso, non vi è mai stato un cambiamento buono, utile e positivo che venga deciso da chi comanda e che poi abbia portato dei benefici duraturi alla base della società. I veri cambiamenti sono quelli che partono dalla base, e la base della società non è il popolo ma è l’individuo. Ricordate perciò che l’unico vero modo per modificare le cose è che tutti gli individui cambino, ognuno per se stesso, senza guardare se e quanto stan cambiando gli altri, ma accontentandosi di osservare e comprendere se e quanto egli stesso sta cambiando. Soltanto in quel momento veramente vi sarà la possibilità di creare non un’utopia ma una società quanto meno accettabile e che garantisca i principali diritti a tutti gli individui che la compongono.
Questa non è una speranza, non è un augurio, non è un’imposizione; è una consapevolezza del fatto che è ineluttabile che ciò sia perché rientra nella stessa logica dell’evoluzione che questi fatti accadano, e che da questi fatti ognuno di voi – uno per uno – tragga la comprensione per farli mutare in qualcosa di positivo. Moti

1  L’Uno e i molti, Vol. IV, pag. 33 e segg.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte seconda, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

Maschere, coscienza, Io

d-30x30Maschere. Dizionario del

La maschera è semplicemente un atteggiamento, il modo in cui ci si pone di fronte alla realtà che si va ad affrontare. Questo cosa significa? Significa che, volendo analizzare le maschere personali, si può notare che vi sono maschere utili, maschere meno utili, maschere che hanno un effetto positivo e maschere che hanno un effetto negativo; però la maschera in se stessa non ha alcuna connotazione, è semplicemente un modo di porsi dell’individuo di fronte all’esperienza quotidiana che si trova a dover attraversare. Ovviamente, la maschera non è una cosa concreta, ma è un risultato, un effetto, qualche cosa che l’individuo si trova a mettere in atto – da cui il fatto di riferire la maschera all’atteggiamento – sotto le varie spinte che riceve dall’interno e dall’esterno, cioè sotto le spinte che riceve dalla sua coscienza e le spinte che riceve dall’esterno e dall’esperienza che sta facendo all’interno del piano fisico. In una certa misura, può essere considerata l’aspetto visibile dell’Io dell’individuo. Si può quindi considerare la maschera come la facciata dell’Io nel momento in cui l’Io si trova a sperimentare la realtà fisica.
Ma attenzione: la maschera non è semplicemente un frutto dell’Io, pur essendo ad esso direttamente correlata e, proprio come era stato detto dell’Io, può denotare quello che non si è compreso ma può anche denotare quello che in realtà si è compreso, poiché tutto nella realtà ha sia un aspetto positivo che un aspetto negativo. Esistono, quindi, delle maschere che vengono messe dall’individuo – vuoi consapevolmente, vuoi inconsapevolmente – le quali possono avere un’origine molto positiva.
Voi direte: «Però, comunque sia, la maschera – per concetto stesso – è un coprire se stessi, un non mostrarsi così come si è; giusto? Quindi sembra, ragionandoci un attimo, che la maschera non sia mai positiva, perché impedisce all’individuo di essere ciò che veramente è!». Questo è fermarsi alle apparenze, creature, perché l’individuo molto evoluto, ad esempio, che si impone un certo tipo di comportamento per aiutare un altro, quest’individuo si mette, sì, una maschera diversa da ciò che veramente è, però è una maschera creata sotto la spinta della sua comprensione, della sua coscienza; è quindi una maschera che ha un’origine positiva, non un’origine negativa; copre, ma copre una realtà che l’altro non potrebbe comprendere; e allora, per far sì che vi possa essere un rapporto tra le due persone, la persona con una certa evoluzione è costretta magari a limitare se stessa, limitando il proprio modo di essere, di sentire, di rapportarsi con la realtà, in modo tale da poter interagire con l’altro, altrimenti, diventerebbe per l’altro magari l’immagine del santone irraggiungibile, con il quale è impossibile interagire e, tuttalpiù, ci si può affidare per chiedere una grazia, ma non si riesce ad avere uno scambio e, quindi, a crescere dinamicamente.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte seconda, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

 

Le sollecitazioni interiori e la volontà

Sorgono dall’intimo sollecitazioni di varia natura e coinvolgono gli ambiti più diversi dello sperimentare, attivate dal richiamo di un certa situazione, di determinate sensazioni ed emozioni, di certe fantasie e fascinazioni.
Sorgono come sussurri, sottotraccia, con una spinta lieve eppure evidente e persistente: da dove provengono?
E’ un argomento affrontato tante volte e ci ritorno perché mai è esaurito e mai un umano finisce di confrontarsi con quelle spinte che lo attraversano.
Abbiamo detto in passato che possono sorgere da comprensioni non completate, che dunque abbisognano di un approfondimento, come possono derivare da un moto proprio e residuale dell’identità, da abitudini, ad esempio.

continua..

Il lutto della mente nella via spirituale

Mi dice un’amica e sorella in questo cammino, di come le sia cambiato l’umore da quando pratica senza sosta la disconnessione, il ritorno a zero, al presente che accade: la pervade uno stato di neutralità con l’umore mai acceso, ma piuttosto colorato da una lieve malinconia e apatia.
E’ una condizione che ben conoscono le persone che hanno una lunga confidenza con la via interiore e spirituale e che accomuna tutti coloro che coltivano senza sosta la consapevolezza del presente e, con essa, l’incessante disconnessione dal contenuto mentale ed emozionale e dall’identificazione con ciò che accade.

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Ascolto, osservazione, abbandono e marginalizzazione di sé

E’ questo il passaggio, o per lo meno l’inizio, di una inversione (radicale) dal “protagonismo” egoico  ( le esperienze di unificazione, le vedo sempre più in questa prospettiva: corroborano il desiderio di centralità dell’io, esse dicono “guarda quanto sono profondo ed elevato”) alla marginalizzazione proprio di questo “protagonismo”?
Questo chiede Leonardo nella sezione Domande e Risposte del sito.
E’ un lungo processo di marginalizzazione quello che inizia una volta che in noi si sono create le basi di una stabilità.

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