Perché interpretare sé ed il proprio cammino esistenziale attenua il dolore?

Questa è la domanda di Alessandro nel commento al post di ieri.
Se io mi interpreto come vittima, uso cioè nella mia vita il modello interpretativo comune dove c’è il carnefice e la vittima, il giusto e l’ingiusto, il bene e il male, di fronte alle ingiustizie che mi sembra di subire reagirò con la protesta, la rabbia, il risentimento. 

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Il dolore e il suo superamento

Dice Enrico: “Il dolore, nei suoi diversi gradi di intensità è connaturato al nostro stato di “gocce separate dall’Oceano . Ma allora il dolore non è un accidente, non è un “errore di Dio”, non è un “bug”. Il dolore e la vita sono ineluttabilmente intrecciati o è possibile una vita senza dolore?

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Chi crea la realtà in cui viviamo?

Dice Eddy: “..è possibile che per capire che l’energia atomica è pericolosa si debba arrivare a tragedie della portata di Chernobyl o di Fukushima? O buttare una bomba su Nagasaky?
Sicuramente questi avvenimenti hanno permesso di comprendere qualcosa a molti esseri, ma non vi sembra eccessivo, folle, malsano?..”
L’Assoluto, se è assoluto, contiene in sé tutte le possibilità; se così non fosse sarebbe solo parte tra parti.

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Perfetto

Un riflessione a margine del gruppo di approfondimento “il Tarlo” dell’11.11.12 il cui tema era:
L’attività residuale della vittima.

Tutto è perfetto. Perfetta la pioggia che cade sulle foglie gialle e rosse del giardino.
Perfetto il pettirosso che sfreccia veloce e dice… chissà cosa dice.

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Quello che insegniamo qui

Non tanto a vivere spiragli di libertà, quanto a costruire le fondamenta della libertà.
Che cos’è la libertà? Vivere senza il condizionamento dell’identità, potendo sperimentarla quale semplice espressione della coscienza.

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Essere quel che si è

Che cosa siamo? Coscienza, gradi diversi di sentire di coscienza: dal più limitato al più vasto.
Il più limitato è ancorato a dinamiche egoiche, il più vasto si apre all’esperienza dell’amore.
Ogni grado di sentire si modifica attraverso le esperienze, nessuno nasce con un certo sentire e muore con lo stesso sentire: consapevole o inconsapevole, ognuno vive la trasformazione del proprio sentire e questo non può che ampliarsi, non regredire.

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