La consolazione, la gioia, l’essere

Cerchiamo consolazione: un luogo, un’esperienza che ci riscaldino il cuore.
Le menti cercano appigli per non sentire il rumore dell’angoscia e del non senso e, in questo tentativo, il partner, i figli, il lavoro, un libro, una partita, un viaggio sono consolazioni, luoghi della mente e del cuore dove risiedere: il pensiero, l’aspettativa, la narrazione di tutto questo e di molto altro ancora, ci permettono di tirare avanti. Letteralmente: di tirare avanti.
Qui in quest’eremo tra i campi di girasole e di grano, tra gli olivi e l’odore forte del coriandolo, se rincorressimo le consolazioni saremmo perduti.

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Il vivere conduce all’unità

Dice Leonardo nel suo commento al Lunedì nel Sentiero: Non l’annullamento dell’io, la sua cancellazione: il suo venire meno significherebbe il venire meno del limite, ciò con cui continuamente siamo chiamati a conciliarci, in quanto porta dell’Assoluto. Piuttosto comprendere la vera natura e funzione del soggetto (del Divenire) nella sua danza con l’Essere.
Nel Sentiero non c’è la lotta, comune a tanti cammini spirituali, all’ego, all’io, all’identità: anzi, noi diciamo che una sana visione, interpretazione, manifestazione di sé è una condizione dalla quale non si può prescindere.

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“Guidati dallo Spirito”

Prendo lo spunto da questo articolo di Eugenio Scalfari apparso oggi su La Repubblica. Scalfari fa riferimento alle parole di Papa Francesco: “Lo Spirito Santo è quello che muove la Chiesa, è quello che lavora nella Chiesa, nei nostri cuori; è quello che fa di ogni cristiano una persona diversa dall’altra ma da tutti insieme fa l’unità. Dunque lo Spirito Santo è quello che porta avanti, spalanca le porte e ti invia a dare testimonianza di Gesù”.
Nella mia ignoranza, non so se i cristiani ritengano che anche noi non cristiani beneficiamo della guida dello Spirito Santo, o se è una loro prerogativa.
Provo ad immaginare che essi possano affermare che lo Spirito opera in tutti coloro che alla sua influenza si aprono.

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La casa vuota

Siamo così abituati a pensare che l’incontro con una persona sia l’incontro con qualcuno che, credo, ci sia solo parzialmente accessibile la nozione di “casa vuota”.
Cosa intendo con questa espressione? L’assenza di quel qualcuno. Come è possibile che ci sia un corpo, una relazione sostenuta da parole, pensieri, emozioni e, simultaneamente, non ci sia qualcuno dietro questo?
Quando c’è qualcuno? Quando il soggetto si ritiene tale. Quando qualcuno non c’è? Quando il soggetto tale non si ritiene.
Dunque è solo una questione relativa alla interpretazione e alla percezione di sé.

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Risiedere in sé stessi

Osservare, ascoltare, tacere, imparare, coltivare la compassione: queste sono le disposizioni interiore necessarie per risiedere in sé stessi, questa è l’essenza del Sentiero contemplativo.

Osservare ed ascoltare
Cosa giunge a me in questo momento come sensazione, emozione, pensiero, sentire di coscienza?
Cosa giunge dall’ambiente interiore e da quello esteriore?
E, su ciò che giunge, quali etichette vi appongo, quali giudizi e quali aspettative?

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Fermarsi e tacere

Il sabato molti non lavorano, la domenica quasi nessuno. Se non ci sono necessità urgenti, possono essere due giorni di raccoglimento, di gesti misurati e di poche parole.
Di ridotta frequentazione, di tempo per stare in solitudine: osservando, ascoltando, tacendo.
Affrontare la giornata sentendosi compenetrati da un silenzio che ci attraversa e ci pervade: il silenzio di noi, dei nostri bisogni, dei nostri lamenti.

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La realtà senza senso

Passano gli anni come le immagini del paesaggio viste da un finestrino di un treno in corsa.
Nulla di quello che scorre puoi trattenere: alla fine del viaggio, se non sei stato consapevole, se non ti sei lasciato modellare da quello che accadeva in te e nel piccolo ambiente attorno a te, cosa ti rimane?
Scorrono senza sosta i pensieri e le emozioni e il seguirli ci svuota; si ripetono le azioni e le esperienze e la routine ci consuma.
Vuoto di senso è il vivere.
Ci diciamo che vivere è imparare: si, certo, fino ad un certo punto è così, ma poi? Cosa c’è oltre l’imparare?

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La meditazione e lo scomparire

Dice Alessandro commentando il post L’illusione di una mente intossicataLa disconnessione senza indagine del simbolo e delle cause che ci muovono porta alla rimozione ma non alla comprensione e quindi quelle stesse cause vengono ributtate più in profondità, nel buio, dove possono lavorare indisturbate. E’ quello che intendevi?
Si, intendevo proprio questo. Dal nostro punto di vista la meditazione, e con essa la pratica della disconnessione, ha senso se è inserita nel più vasto complesso del conosci te stesso, nel processo del conoscere, divenire consapevoli, comprendere.
Al centro c’è questo processo, non la meditazione, questo deve essere chiaro.

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Sedere insieme in zazen

Ieri a quest’ora eravamo seduti in zazen. La luce del tramonto e il silenzio ci hanno accompagnati.
Al termine non ci sono state parole, ognuno è tornato a casa portando con sé il raccoglimento di quell’ora.
Sedere insieme in zazen è l’essere assisi nella gratuità: praticare senza scopo, semplicemente stare.
Praticare zazen è praticare l’Essere: il film della vita scorre e non c’è adesione, né identificazione.
I pensieri sono solo pensieri, le emozioni solo emozioni, la vita solo vita.
Sedere in zazen è la libertà dal condizionamento che diviene fatto, esperienza tangibile.

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Finire in pace

Scrive una lettrice che qui chiameremo Ina:
“Anni fa ho avuto la sensazione netta della chiamata, una forza irresistibile che mi ha dirottata dalla vita solita, ho frequentato gruppi spirituali, fatto ritiri. […] col tempo ho lasciato i gruppi […] non c’è più nessuno con cui rapportarmi […] andrebbe bene anche così se ogni tanto non pensassi (come dici tu) di essermi persa […] vuoto..quello sì, la chiamata non la sento più, sono tornata a una realtà insipida […] non ho una pratica spirituale, meno che mai ne vedo il senso, i miei compagni di pratica sono i canti dei merli, i cespuglietti d’erba […] potrei dire che vivo di questo e in questo trovo gioia […] le paure […] mi hanno lasciata da lungo tempo […] ci sono per tutti ma così lontana da tutti […] è un po’ quello che ho sempre desiderato, l’eremitaggio.. e ora ci sono per davvero nell’eremo, rabbrividisco solo al pensiero di tornare in un gruppo di pratica, non amo i ritiri e le letture si sono ridotte..non c’è più ricerca […] È qui che si arriva? Distacco dal mondo, isolamento? Sì, c’è pace….e poi

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