Finire in pace

Scrive una lettrice che qui chiameremo Ina:
“Anni fa ho avuto la sensazione netta della chiamata, una forza irresistibile che mi ha dirottata dalla vita solita, ho frequentato gruppi spirituali, fatto ritiri. […] col tempo ho lasciato i gruppi […] non c’è più nessuno con cui rapportarmi […] andrebbe bene anche così se ogni tanto non pensassi (come dici tu) di essermi persa […] vuoto..quello sì, la chiamata non la sento più, sono tornata a una realtà insipida […] non ho una pratica spirituale, meno che mai ne vedo il senso, i miei compagni di pratica sono i canti dei merli, i cespuglietti d’erba […] potrei dire che vivo di questo e in questo trovo gioia […] le paure […] mi hanno lasciata da lungo tempo […] ci sono per tutti ma così lontana da tutti […] è un po’ quello che ho sempre desiderato, l’eremitaggio.. e ora ci sono per davvero nell’eremo, rabbrividisco solo al pensiero di tornare in un gruppo di pratica, non amo i ritiri e le letture si sono ridotte..non c’è più ricerca […] È qui che si arriva? Distacco dal mondo, isolamento? Sì, c’è pace….e poi

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L’intima gioia di essere

L’intima gioia di essere sorge come nota di fondo che orienta ogni aspetto dell’esserci, del fare, del condurre a manifestazione e a compimento.
Si muovono i contenuti della mente, l’emozione colora e la sensazione conferisce fondamento: nel profondo, quella nota che tutto pervade e sostiene.
Qualunque intenzione, pensiero, emozione ed azione sono limitati: mentre accadono li osservi e ne vedi l’incompiutezza e l’effimera sostanza, ma questo non è motivo di sconforto.

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Ciò che accade e niente altro

Una cosa alla volta accade e una cosa alla volta riconosciamo come la nostra vita.
Quell’accadere è il determinante: ciò che insegna, ciò che è.
Ogni fatto ci insegna, ci cambia e, anche se a noi non sembra, ci rende migliori.
Ogni fatto accade e, da un punto di vista più ampio di quello appena descritto, è quel che è, accadere senza tempo e senza senso, pura gratuità.
Ogni fatto lo riconosciamo e ci disponiamo ad imparare fino in fondo la lezione che porta.

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Un gesto, una vita

Se tutto inizia e finisce in un gesto?
Può essere il semplice sbucciare un’arancia l’alfa e l’omega?
Può il semplice camminare saturare di senso il presente?
Può la vita essere semplice fatto, priva di un soggetto che immagini di generarla con la propria volontà?
Può l’esperienza del presente essere tanto vasta da non poter essere contenuta dalla comprensione?

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Le stagioni dell’umano

Mille stagioni dell’umano legate al divenire, al fare, all’esserci. Altrettante stagioni in cui si insinua il tarlo del superamento del divenire, l’affacciarsi progressivo dell’esperienza dell’essere.
Quando la realtà non è più colta nel suo divenire, cosa diviene?
Quello che è, adesso. Non quello che è stato, né quello che sarà.
Senza via di scampo la realtà è quel piccolo accadere senza aggiunte, senza coloriture.
Solo fatti che accadono.

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La fine del divenire

Una spinta lunga una vita si è esaurita e quel suo essere espressione di forze creative e formative ha trovato il suo sbocco naturale nello stare, nell’essere.
La spinta ad amare è divenuta amore minuto e feriale.
La spinta a donare si è fatta comprensione che più della vita ordinaria consapevole e unitaria non si può mettere a disposizione.
Non è mai stata nostra la pretesa di essere particolarmente utili al prossimo, ma abbiamo vissuto sotto la pressione del dono.
Cos’è? Non la volontà di donare, la consapevolezza che attraverso di noi poteva accadere, e accadeva, qualcosa che sarebbe stato funzionale al cammino interiore di qualcuno. La spinta a mettere a disposizione.

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Il silenzio di sé e del mondo

Ho cenato nella casa vuota e silenziosa con le olive, un po’ di formaggio e un po’ di vino e di pane.
La casa vuota è come il mondo vuoto e questo essere senza nome e vuoto.
Quando la realtà del mondo, degli affetti, delle relazioni non è percepita, non esiste. Se la mente non la richiama, non la genera e la tiene attiva, quella realtà non esiste.
Questa sera la realtà era fatta di piccole e poche cose, quelle che ho detto: il resto non esisteva, non c’era alcun resto.

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Le vite, il divenire, la contemplazione

Guardo i miei cani e regolarmente penso: “Temo che la prossima vita vi toccherà da umani! Che sfiga!”
Tutto evolve dice la mente, tutto diviene: il sentire da limitato ad unitario; la pianta da seme a ricovero per gli uccelli.
E’ certamente così nell’ottica del divenire ma questa è solo una delle ottiche possibili, solo uno degli sguardi sulla realtà.
Diviene la legna cenere mentre brucia? Certo che sì, dice la mente.
Certo che no, dice lo sguardo altro. Come no, la legna arde, diviene carbone ardente e pian piano cenere: si vede, accade sotto gli occhi, non lo si può mettere in discussione!

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