La fine del divenire

Una spinta lunga una vita si è esaurita e quel suo essere espressione di forze creative e formative ha trovato il suo sbocco naturale nello stare, nell’essere.
La spinta ad amare è divenuta amore minuto e feriale.
La spinta a donare si è fatta comprensione che più della vita ordinaria consapevole e unitaria non si può mettere a disposizione.
Non è mai stata nostra la pretesa di essere particolarmente utili al prossimo, ma abbiamo vissuto sotto la pressione del dono.
Cos’è? Non la volontà di donare, la consapevolezza che attraverso di noi poteva accadere, e accadeva, qualcosa che sarebbe stato funzionale al cammino interiore di qualcuno. La spinta a mettere a disposizione.

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Il silenzio di sé e del mondo

Ho cenato nella casa vuota e silenziosa con le olive, un po’ di formaggio e un po’ di vino e di pane.
La casa vuota è come il mondo vuoto e questo essere senza nome e vuoto.
Quando la realtà del mondo, degli affetti, delle relazioni non è percepita, non esiste. Se la mente non la richiama, non la genera e la tiene attiva, quella realtà non esiste.
Questa sera la realtà era fatta di piccole e poche cose, quelle che ho detto: il resto non esisteva, non c’era alcun resto.

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Le vite, il divenire, la contemplazione

Guardo i miei cani e regolarmente penso: “Temo che la prossima vita vi toccherà da umani! Che sfiga!”
Tutto evolve dice la mente, tutto diviene: il sentire da limitato ad unitario; la pianta da seme a ricovero per gli uccelli.
E’ certamente così nell’ottica del divenire ma questa è solo una delle ottiche possibili, solo uno degli sguardi sulla realtà.
Diviene la legna cenere mentre brucia? Certo che sì, dice la mente.
Certo che no, dice lo sguardo altro. Come no, la legna arde, diviene carbone ardente e pian piano cenere: si vede, accade sotto gli occhi, non lo si può mettere in discussione!

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La solitudine, ciò che non si può comunicare

Il sentire non si può comunicare.
La consapevolezza della limitazione rappresentata dall’umano, non si può comunicare.
La visione unitaria non si può comunicare, non a menti che tutto dividono e frammentano.
Il senso di estraneità e di lontananza che convivono con la compassione, questo è un paradosso incomunicabile.
La danza tra identità e coscienza, tra umano e sovrumano, le mille sfumature, i micro conflitti, l’immensità del grande che contiene il piccolo asino del non compreso, questo non è comunicabile a menti che tendono al bianco e nero e non alla molteplicità colorata.
Rimane sepolto nell’intimo proprio un mondo vasto ed articolato e con esso una solitudine irriducibile.

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La forma e la sostanza della vita

Continuo ad approfondire il tema del “Vivere fino in fondo”.
Ho più volte detto che l’umano confonde il vivere fino in fondo con l’identificazione con i pensieri, le emozioni, le azioni.
Commette qui lo stesso errore di quando si alimenta: cerca e compra cibi più per la loro forma che per la loro sostanza.
Direte che non è vero, che siamo attenti alla sostanza. A quale?

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