L’ecologia della mente nella via spirituale

Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Genesi 3, 9-10
Il “dove sei” non è certo rivolto alla collocazione fisica, la domanda investiga dove l’uomo ha appoggiato la propria attenzione, la consapevolezza e la relazione che intrattiene con sé e il proprio interiore.
“Ho paura e sono nudo”: nudo davanti ai miei limiti, bisogni, desideri, giudizi, aspettative; pieno di paura perché privo di strumenti per governarli e temo di esserne travolto.

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Volontà, identificazione, disconnessione

Molte domande pone Ivana nel suo commento al post Quando non coltiviamo più il lamento:
“1- Cosa intendi quando dici che di noi non ne sarà niente, perché non ci saremo più allora?
2- Come si esce dal bisogno di apporre etichette, ecc. , cosa vuol dire se siamo pronti?
3- Non possiamo agire in qualche modo per poter essere pronti?
4- Secondo te possiamo o no cambiare i nostri pensieri in merito al lasciare andare i nostri bisogni?  
5- Come si acquisisce la capacità di osservare e lasciare andare?

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L’idea della realtà quotidiana

Scrive Nicola Lagioia, commentando l’incidente ferroviario di Bari: “Che viaggiate a bassa velocità ad Andria come a Gallarate, avrete a che fare con uomini, donne, ragazze e ragazzi i cui volti sono totalmente diversi da quelli che potreste ritrovare in una fiction televisiva, in un reality, in un talent. Sono spesso i corpi e i volti di chi è stato lasciato indietro, di chi lotta con le unghie e con i denti per non essere sbattuto definitivamente fuori dal consesso sociale”.
Conosciamo qualcosa di questo paese, dei suoi mille volti che emergono ad una parziale evidenza solo quando accade qualcosa?

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Identificazione, gioco, sentire

Dice Samuele, alla fine della sua riflessione su Novità dal Sentiero: Siamo persone che si allenano a non cadere vittime dell’identificazione, ma che al contempo hanno necessità di partecipare alle sfide della vita facendo anche ragliare l’asino in loro, finché ce n’è. È anche questa la danza tra l’essere e il divenire?
Partecipiamo della vita: ridiamo quando è tempo, piangiamo quando ci accade, seguiamo con interesse lo scorrere del film che chiamiamo vita, il nostro e l’altrui.
La tua riflessione parte dal calcio, dall’appassionarsi ad esso, dall’identificazione, dalla necessità della misura.

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L’illusione di una mente intossicata

Dice Luciana nel commento al post Sentire, mente, emozioni: “Se la mente non è più prevalente”, ma quando ti rendi conto che è lei che fa la parte del leone e ti porta dove vuole, e nonostante la ricerca della sensazione fisica, del riportare l’attenzione sul corpo, riesce sempre a farla franca? Perseverare, certo, ma mi viene il dubbio che io non stia agendo nel giusto modo…
Quando la mente non si ferma e continua a cercare, a proiettarsi, a coltivare desiderio, a generare scene e possibilità più o meno reali, significa che non si è ancora ben compresa l’illusorietà del suo operare e ad essa si rimane ancora aderenti.

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Sentire, mente, emozioni

Dice Samuele in merito al post La gestione delle emozioni e dei pensieriQuell’ancoraggio lo potremmo chiamare consapevolezza?
Certamente, consapevolezza di qualcosa di sperimentato. Non consapevolezza di qualcosa che si è capito, o a cui si aderisce per fede.
Più hai sperimentato, ti sei concesso di sperimentare quella dimensione fondante di te, più quell’esperienza si è impressa, è divenuta comprensione e come tale pietra d’angolo nella lettura di te e della tua vita.
Per questa ragione è necessario scendere nella profondità di un cammino spirituale finché esso non ci introduce nell’esperienza della radice del vivere: una volta sperimentata quella radice, siamo guidati da una fiducia autentica fondata sull’esperienza e la gestione dei flussi emotivi e cognitivi può usare appieno la disconnessione.

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La gestione delle emozioni e dei pensieri

Sorgono nell’interiore stati e pensieri, a volte sollecitati da situazioni, altre volte per loro proprio moto.
Indipendentemente dalla ragione che ne determina il sorgere, la prima domanda da porsi è: di cosa mi parla questo stato?
Di cosa è simbolo, quale aspetto di me preme per essere osservato e compreso più profondamente?
Una volta affrontata questa domanda e avendo trovato una qualche risposta, se questa è stata incerta e non risolutiva, lo stato tornerà e noi potremo di nuovo affrontarlo: ora, quel che preme, è che non ci blocchiamo nell’indagine, nell’analisi, nel rimuginio, nell’allevare lo stato emotivo lasciandoci pervadere dai suoi umori.
Qui sorge un problema: la nostra identità, la percezione che abbiamo di noi, dice che quello stato è noi, ci costituisce e le rimane innaturale non coltivarlo, non alimentarlo.

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Una ecologia interiore

Il corpo mentale e quello astrale ricevono impressioni senza sosta: il mondo propone se stesso senza mai stancarsi e lo fa con strumenti affinati e penetranti.
A noi spetta l’edificazione di una ecologia interiore quotidiana.
Di cosa nutro i miei corpi? Di cosa alimento il corpo fisico, il corpo delle emozioni, il corpo mentale?
Essi sono i veicoli della coscienza: sono incrostati di scorie, di inutile, di distorto?
Cosa sono le scorie? La risultante di stratificazioni e di sedimentazioni, di abitudini mai messe in discussione, di disintossicazioni e disconnessioni mai affrontate e coltivate.
Cos’è l’inutile? Gran parte di ciò di cui ci circondiamo e ci nutriamo interiormente ed esteriormente: ciascuno faccia il proprio elenco di ciò che gli è veramente indispensabile e scoprirà l’elenco sterminato delle fesserie di cui si circonda.

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