Non sono un bonsai
l’identità è la mia prigione.
Spunterò sulle guglie dello Strega
dove la mente vede il deserto, l'esperienza contemplativa svela il seme della vita
Per essere confermati nella vostra identità?
Se è per questo, per favore, non venite, vi farete male.
Non troverete conferme ma solo l’immagine di ciò che vi sembra di essere;
Prendo spunto da una allegra battuta di Maria riferita ad un fatto tecnico: ” Questa cosa mi annoda il cervello!” e guardo la difficoltà comune a misurarci con quanto non ci stabilizza, non ci conferma, ma ci ingarbuglia o ci smentisce o, semplicemente, ci spiazza.
Metafora perfetta per descrivere l’incongruenza tra intenzione ed azione, dove la coscienza intende perseguire un certo obbiettivo ma trova impedimento nelle incapacità, nei limiti e nelle distorsioni introdotte dall’identità.
Non dell’esistere,
né dell’esserci.
Dell’essere.
L’essere non è ne io né tu,
l’essere è l’insieme.
– Scomparire come portatore di nome suona remoto, – dice Francesca.
Non solo remoto, a volte pauroso. L’identità paventa il proprio scomparire e, di necessità, ciascuno di noi attraverso questa paura deve passare.
La paura di scomparire, l’esperienza del deserto, due pietre miliari del cammino verso la libertà, entrambe conseguenza di reazioni dell’identità, della lettura/interpretazione di sé.
In riferimento al commento di Francesca di ieri.
Questo non poter appoggiare è straordinario: vera e pura libertà.
Zero punti d’appoggio; zero certezze; zero fede in qualcosa o qualcuno.
Nessuna fonte di dati/esperienza/interpretazione cui aderire.
Soli.
In merito al post di ieri Mauro dice: “Non è facile”.
Giulia afferma invece che tutto all’uomo è possibile.
Osservando la realtà, a me viene da considerare questo:
-non c’è alternativa alla fiducia, l’uomo costantemente si fida e si affida.
Vittima, carnefice; dolore, gratificazione; senso, non senso: in una certa stagione della nostra vita tutto dipende da come interpretiamo gli eventi.
La via spirituale è un lungo, lento processo in cui si allena la mente a coltivare molteplici punti di vista, dandole strumenti sempre più sofisticati per poter interpretare le scene prodotte dal sentire in continua trasformazione.
Da Francesca: “A volte, mi sembra, si ha paura che il “distacco” corrisponda ad una assenza di coinvolgimento. Forse perché l’idea di coinvolgimento che abbiamo è rivolta ad alimentare l’emotività nella quale ci identifichiamo?”
E’ così. La mente/identità, basandosi sugli strumenti interpretativi di cui dispone, considera vita soddisfacente e gratificante quella che contiene un certo tasso di cognizione, di emozione, di sensazione, di azione.