L’infinito frapporsi dell’identità e il suo svelamento

C’è un velo tra noi e la realtà ed è rappresentato dalla nostra pretesa di esserci e di contare con i nostri bisogni e le nostre priorità: in una parola, di esserci con la nostra identità.
È per noi così naturale partire da quel che siamo, dal come vediamo i fatti, da quello che ci abbisogna sul piano della soddisfazione e del riconoscimento che non riusciamo a cogliere la concretezza di un’altra possibilità.
Il mondo reale è oltre il nostro orizzonte personale, lontano e ignoto; noi siamo schiantati nella pervicace ricerca ed affermazione di quel che siamo e di quel che vogliamo essere.

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L’identità, il sentirsi d’esistere e l’infinita ricerca del significante

L’identità è simile ad un cane da caccia, instancabilmente alla ricerca di una traccia olfattiva il secondo, di un motivo per sentirsi d’esistere la prima.
Tutta la ricerca del nuovo, dello stimolante, dell’interessante, del curioso, dell’attraente, dell’eccitante, del significante altro non è che l’infinito simbolo di un ologramma che ricerca i segni della propria concreta esistenza: non trovandoli, essendo essa niente altro che una interpretazione, una lettura, una etichetta sul modo di vivere e di relazionarsi con i fatti, il dubbio dell’inconsistenza la pervade e la conduce ad una ricerca senza fine di conferme.

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La vita e la via della conoscenza oltre l’interesse e il non-interesse

Argomento affrontato molte volte, certamente capito, ma compreso?
Quanti dei fatti che ci accadono in una giornata, ci interessano? E quanti sono invece oltre la dicotomia interesse/non-interesse e sono da noi semplicemente vissuti in virtù di una scelta fatta a priori?
Un genitore, quando ha deciso di essere genitore, ha accettato consapevolmente e inconsapevolmente ciò che quella scelta avrebbe comportato: le notti in bianco, le ansie, le gioie, le fatiche, i conflitti, le identificazioni.

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Meditazione e contemplazione nell’ordinario quotidiano

Con il termine meditazione definiamo quella disposizione interiore alla consapevolezza, alla presenza, alla disconnessione ripetuta di ogni identificazione.
La pratica meditativa non è dunque, dal nostro punto di vista, un’esperienza più o meno lunga da coltivare in un tempo dato, ma una disposizione che si innerva nell’ordinario della vita e che illumina ogni fatto di consapevolezza e presenza e, affinché questo possa accadere, disconnette ogni contenuto mentale ed emozionale non necessario.

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