In merito allo stare

Quel semplice stare di cui tanto spesso parliamo e che è stato il filo conduttore della meditazione guidata conclusiva del secondo gruppo di approfondimento di domenica 11.10, può produrre una inquietudine nella mente: la persona sente che quello “stare” entra in conflitto e minaccia il suo bisogno di divenire una personalità compiuta ed in piena espressione.
Che la mente, la personalità, si inquieti è nelle cose, avverte questo come minaccia.
Il nostro tentativo è di realizzare, nello stesso tempo, la piena manifestazione di sé e la piena trascendenza.
Come è possibile un simile paradosso?
In ogni cosa che l’uomo compie, sente, pensa si manifesta ciò che è, la visione che ha di sé: esprime quella che chiamiamo la sua personalità. Ma se scendiamo nella profondità di ogni aspetto del suo fare, sentire, pensare entriamo non più nella espressione di sé, ma nella semplice contemplazione di ciò che è.
In altri termini: se muovo una mano questo gesto mi esprime;  se osservo dal punto zero quel movimento, questo diventa soltanto un movimento della mano, non è più ilmio gesto.
Cambiando il punto di vista e l’identificazione, viviamo nello stesso tempo le due situazioni per noi ugualmente importanti.

Mentre tutto vacilla

Mentre tutto vacilla
sotto i colpi dell’ignoranza
e della fuga da sé,
dove trova la persona della via
la sua stabilità?
Non in ciò che crede,
perchè non crede in niente.
Non in ciò che sente,
perchè sa limitato il suo sentire.
Non in ciò che compie,
perchè frutto del suo credere e sentire.
Appoggia su di un vasto
ed infinito niente!
Su di uno zero che non è costituito
né da pensiero, né da emozione, né da azione,
ma da una presenza pervadente, pregnante:
infinita forza ed infinita tenerezza.
Quello stato su cui appoggi
e che ti costituisce
è subito lì,
appena oltre l’identificazione con la mente.