Rendendo il dono altruistico, ve ne appropriate [78A]

Abbiamo già visto che per voi l’amore è dono, e che nel progettarlo e nell’offrirlo il vostro sguardo è puntato sia sul risultato dell’azione, su cui mettete il vostro marchio, sia su come l’altro risponde, vale a dire se accoglie o non accoglie, o se addirittura rifiuta; quindi se vi elogia o vi trascura, o anche se vi denigra.

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Non si può separare il sognatore dal sogno

Quando diciamo che una è l’intenzione della coscienza e un’altra può essere quella del’identità, diciamo una sciocchezza.
Distinguere la coscienza dal portatore di nome è come voler separare il sognatore dal sogno.

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Ciò che ci separa da noi stessi e dall’Assoluto

Per ciò che pensiamo, proviamo, agiamo c’è sempre un cosa, un come, un perché.
Qui voglio sostenere una comprensione: non è tanto il cosa e il come pensiamo, proviamo, agiamo, ma il perché che ci mantiene connessi al sentire, a noi stessi, all’Assoluto, o ci aliena da esso.
Il perché riguarda l’intenzione: cosi muove quel pensiero, quell’emozione, quell’azione?
Qui parliamo di una persona consapevole, che sa osservarsi, non parliamo di chi vive e impara sperimentando e sbattendo.

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Intenzione, giudizio, azione

d-30x30Intenzione. Dizionario del

Il concetto di «intenzione» è il nucleo centrale dell’insegnamento etico-morale delle Guide, dal quale prendono il via molte cose che riguardano l’individuo incarnato e la sua interiorità: dalla gratificazione ai sensi di colpa, dalla conduzione dei rapporti con se stessi alla conduzione dei rapporti verso gli altri, fino ad arrivare all’abbandono del corpo fisico e al dopo-morte.
L’esame delle proprie intenzioni in vita è parte essenziale del giudizio che l’individualità opera su se stessa alla fine della vita: le azioni sbagliate compiute convinte di essere nel giusto saranno facilmente superate, quelle, invece, sbagliate perché sbagliate erano le intenzioni che stavano alla loro base, saranno più difficili da superare e talvolta bloccheranno per diverso tempo l’individualità in una sorta di continua ripetizione all’interno di se stessa, proiettandola in quella situazione interiore di sofferenza che sta alla base del concetto di inferno.
In questo inferno personale non vi saranno fiamme o diavoli col tridente, ma il peso delle proprie responsabilità consapevolmente disattese o eluse e delle menzogne che ci si è raccontati per giustificare se stessi al di là di qualsiasi logica reale.

Messaggio esemplificativo (1)

Non giudicate gli altri, dicono le Guide, e sono pienamente d’accordo. Cos’è, infatti, che va giudicato? L’effetto di un’azione? Ma l’effetto di un’azione va – spesso e volentieri, e direi addirittura sempre – al di là della volontà di chi agisce. Quindi, l’effetto positivo o negativo come può essere causa di un giudizio di merito o di demerito? Allora il tipo di azione usata? Ma voi giudichereste un bimbo che vi tira del vetriolo in faccia perché non può sapere cos’è il vetriolo? No, certo. E chi fa una scelta sbagliata è come un bimbo che non può capire quale sia la scelta giusta da fare. Non vi pare? Allora l’intenzione che ha motivato l’azione? Ma l’intenzione non è giudicabile dall’esterno, dicono le Guide, così come non è giudicabile dall’esterno il sentire e l’evoluzione delle altre persone: come potete sapere qual è la loro realtà, come potete sapere quale esperienza una persona ha il bisogno di fare, positiva o negativa, per comprendere e migliorare se stessa?
E poi, cari miei, mi viene sempre in mente un mio caro amico molto intimo che ha avuto il coraggio di esclamare a una manifestazione pubblica contro il caro-vita: «Chi non è responsabile scagli la prima molotov!»
L’avete sentita e non era proprio così? Uffa, che pignoli!
E poi ancora: accettando ciò che le Guide vi dicono sulla reincarnazione sarebbe meglio, a volte, che vi venisse in mente che ciò che giudicate con indignazione degli altri – e supponendo che non abbiate appena finito di fare di nascosto la stessa cosa… questa frase l’ho già usata un’altra volta ma la ripeto! – con buona probabilità voi l’avete già commesso in una vita precedente. Di voi non ce n’è uno che non abbia commesso un omicidio, o un furto, che non abbia partecipato a una strage, che non sia stato adultero o lussurioso, che non abbia ingrassato le tasche imbrogliando o sfruttando altre persone… siamo tutti – sia voi che noi – un campionario più o meno «ex» di azioni perverse; e questo dovrebbe trattenere chiunque dall’esprimere un giudizio sugli altri, non vi pare?
Ma già, è comodo distrarre l’attenzione dal proprio operato, facendo notare e notando quello degli altri! Così il ladro griderà per primo al furto, l’assassino troverà indizi nei delitti altrui, il bugiardo scoprirà le menzogne degli altri, il libidinoso esecrerà il bacio in pubblico di due ragazzi, e chi più ne trova più ne aggiunga!
Per conto mio – avendo capito proprio tutto ed essendo ormai unita con l’Assoluto – mai più mi permetterei di giudicare la testardaggine di uno di voi o la presunzione di un altro o l’indecisione di un altro ancora o l’ambizione o l’irresponsabilità… no, assolutamente, sono troppo evoluta per farlo!
Tuttalpiù, posso prenderne nota e… e poi stuzzicarvi quando è il momento, in modo da aiutarvi a confessare a voi stessi le vostre intenzioni. Zifed

Lasciamo dunque che sia valido quanto già una volta è stato detto: «Non giudicare gli altri perché non ne hai il diritto né la capacità; giudica invece te stesso perché solo tu puoi veramente e onestamente farlo, in quanto solo tu sei in grado di conoscere a fondo le tue intenzioni.
Sii comprensivo e indulgente con gli altri, perché non hai elementi sicuri per condannarli, ma sii severo ed esigente con te stesso perché, se tu lo vuoi, hai in te tutto il necessario per emettere un verdetto sul tuo aver compreso le cose. Basta soltanto che tu davvero lo voglia».
Quando ascoltate i nostri discorsi, molto spesso non li comprendete fino in fondo e vi appaiono irraggiungibili o idealisti o – addirittura – contraddittori; anche se le classificazioni e gli schematismi finiscono quasi sempre con il provocare un’immobilizzazione del ragionamento. Se non si riesce a conservare l’adeguata elasticità e apertura mentale, a volte, per aiutare la comprensione è necessario correre il rischio di creare artifizi di questo tipo; così vi darò una classificazione sommaria che vi aiuti ad accogliere, nella migliore prospettiva, ciò che vi andiamo dicendo, augurandomi però che ciò che vi dirò non abbia per voi un valore assoluto, in cui inquadrare a viva forza ogni nostro discorso.
Quando Viola vi parla dell’Amore con la «a» maiuscola è chiaro che vi parla di una meta ideale a cui prima o poi arriverete, ma che non è ancora alla vostra portata; così come il traguardo di una corsa è noto a chi sta per correre ma non è ancora da lui stato raggiunto.
Questo tipo di messaggi non è rivolto alla conoscenza del voi di adesso, ma alla comprensione e all’attuazione del voi di domani; così, non lasciatevi demoralizzare dal fatto di rendervi conto che quel tipo di messaggio – pur essendo bello e stimolante – non è alla vostra portata e non è attuabile se non in modo minimo da voi stessi.
Invece, quando io vi dico che dovete conoscere l’intenzione delle vostre azioni è un discorso proprio rivolto all’uomo di oggi perché l’uomo di oggi, così come quello di ieri e come quello di domani, ha sempre la possibilità di conoscere se stesso e solo la sua pigrizia o le sue paure o la sua poca volontà o poca disponibilità, gli impediscono di farlo. Quello che però genera più confusione è il contrasto apparente in certi temi trattati da due diverse entità; in realtà il contrasto o la contraddizione sono solo apparenti e vanno fatti risalire alla diversa prospettiva in cui il tema trattato è stato osservato.
Noi tutti abbiamo cercato, al fine di non fare discorsi troppo complessi, di scindere l’analisi di qualche argomento secondo due ottiche di base: una che tiene conto di ciò che riguarda l’argomento trattato nei suoi effetti all’esterno dell’individuo, l’altra che tiene conto degli effetti che sono all’interno dell’individuo. Abbiamo così affermato che è meglio che l’individuo agisca in modo egoistico ma consapevole, piuttosto che in modo altruistico ma dovuto solo alla paura di una punizione da parte della società; chiaramente in questo caso il messaggio va riferito alla realtà interna dell’individuo e non tiene conto degli effetti provocati all’esterno dell’individuo con la sua azione.
È accaduto poi che, in un altro momento, affermassimo che non si deve nuocere agli altri poiché ogni essere va rispettato e amato, e la cosa appare in contrasto, ma non è così: ogni uomo dovrebbe esaminare il proprio operato, osservando la sua realtà interna, ma dovrebbe riuscire anche a non dimenticare che le sue azioni si ripercuotono su tutti gli altri uomini che lo circondano, perché solo ricordando questo riuscirà a fare, prima o poi, quello sforzo che lo porterà a mutare il proprio comportamento esteriore dapprima e, in seguito, anche il proprio comportamento interiore. Moti

Così, quando abbiamo parlato della morale io ho affermato senza esitazione che ogni morale è relativa, soggettiva e quindi sbagliata; ciò non significa certo che le regole morali non possiedono – relativamente e soggettivamente – una loro utilità, ma significa che ogni individuo deve arrivare ad agire moralmente per evoluzione raggiunta e non per regola imposta, e che le leggi, la morale e ogni tipo di condizionamento hanno la funzione di limitare le azioni dell’individuo e di indurlo a percepire e a comprendere quei contrasti che quella legge e quella morale gli fanno vivere, obbligandolo in qualche modo a rendersi conto che esistono anche i bisogni degli altri e non solo i propri.
Così l’uomo che ha davvero superato per comprensione l’idea dell’immoralità insita – per esempio – in quell’aspetto naturale che è la sessualità, non agirà certo in modo tale da esibire a un pubblico impreparato il suo erotismo, conscio che scandalizzare chi non può accettare un’idea nuova non è certo segno di raggiunta evoluzione. Scifo

Ecco perché vi diciamo spesso di non voler convincere nessuno: proprio perché sappiamo quanto sarebbe ingiusto e immorale il fatto che noi volessimo costringere a credere – sempre che poi fosse davvero possibile farlo – qualcuno che non è pronto. Moti

Le leggi e la morale sono dunque necessarie per regolamentare i rapporti tra gli uomini, fino a quando, almeno, l’uomo non arriverà ad agire all’unisono con la moralità insita nella sua coscienza, cosicché il suo vivere tra gli altri sarà regolato da lui stesso, senza bisogno di imposizioni di nessuna sorta. Scifo

Se voi sapeste ascoltare e seguire davvero, fratelli e sorelle, ciò che la scintilla divina che è in voi, in continuazione, cerca di suggerirvi, ecco che non vi sarebbe alcun bisogno di leggi, ecco che i vostri concetti di moralità non avrebbero alcun senso, perché essa vi parla d’Amore, ed è l’Amore la concezione morale più elevata, che nobilita ogni azione, ogni pensiero e ogni sentimento. Viola

Poiché invece, amici, siete tutti tendenzialmente dei porcelloni egoisti, pronti a ricercare il piacere, la soddisfazione materiale, l’esclusività degli affetti, la supremazia, la prevaricazione a tutti i costi e con ogni mezzo, dal più sottile al più aperto, ecco che uomini di buona volontà – ma purtroppo anche loro, in fondo, ancora porcelloni – hanno creato leggi, morali e ideali morali. Zifed

Tuttavia, ricordate che tutto è necessario e nulla è casuale; così le leggi e gli ideali morali – anche se errati – hanno una loro necessità, l’hanno avuta e l’avranno; necessità del momento anche se, modificata la realtà interiore dell’uomo, dovranno subire necessariamente una modifica anche le leggi e gli ideali morali; modifica che – alla lunga – porterà proprio alla scomparsa di ogni legge e di ogni morale o ideale soggettivi.
E il segno di questo mutamento, figli cari, si avverte proprio in quei fattori che – a prima vista – appaiono negativi e involutivi, in quanto segnano proprio un risveglio della coscienza individuale a valori più elevati, anche se vissuti, per ora, in modo ancora inconsapevole e, quindi, egoistico. Moti

(1) Il canto dell’upupa, pag. 203 e segg.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

 

Curiosità e intenzione

d-30x30Curiosità e intenzione. Dizionario del

Soltanto apparentemente ciò che viene detto in queste riunioni è semplice. In realtà, esse trattano di tutte le cose che a voi sono più vicine e, quindi, alla fin fine, più importanti per comprendere la vostra vita perché ognuno di voi ha comunque la curiosità almeno di arrivare a comprendere qual è il senso del proprio esistere sul piano fisico. Ed ecco che, allora, si aggira nei labirinti della propria mente alla ricerca delle risposte, perché ricordate che non è il corpo fisico il corpo che possiede una curiosità, non è il corpo astrale che può possedere una curiosità in quanto governato e spesso travolto dalle emozioni, dai desideri e dalle sensazioni che vengono dal corpo fisico, ma è quella parte di ognuno di voi che abbiamo definito «corpo mentale», cioè la parte che governa il vostro pensiero. In esso risiedono le curiosità, quelle che sorgono dai dati che provengono dal corpo astrale e dal corpo fisico e che contemporaneamente raccolgono le spinte, gli impulsi verso la comprensione che provengono dal corpo akasico, dal corpo della coscienza. L’incontro e lo scontro tra queste vibrazioni di diversa direzione fanno nascere nel corpo mentale dell’individuo la necessità ed i bisogni, la ricerca del perché di ciò che si presenta sotto la sua esperienza nel corso di quell’esistenza.

Messaggio esemplificativo

Voi vi siete chiesti, giustamente, qual è la curiosità giusta e qual è la curiosità sbagliata. Sotto il profilo dell’evoluzione dell’individuo non vi è curiosità «giusta» né curiosità «sbagliata» ma vi è soltanto un tentativo di comprensione attraverso la curiosità a gradi, ovviamente, diversi e che tuttavia è giusta per quell’individuo in quel momento per arrivare a comprendere anche la più piccola delle cose che non aveva ancora compreso fino a quell’attimo.
Al di là, però, di questi ragionamenti strettamente filosofici e quindi lontani alla fin fine da ciò che voi siete, vivete, patite, soffrite nel corso delle vostre esistenze, c’è un modo per cercare di arrivare a comprendere non la curiosità degli altri ma, quantomeno, la curiosità che nasce in se stessi, cercare cioè di arrivare a comprendere se e fino a che punto la curiosità che vi sentite urgere dentro è giusta o sbagliata relativamente a ciò che voi avete compreso fino a quel momento.
Questo non può essere altro che dato dall’intenzione che muove la vostra curiosità.
Ecco, quindi, che nel momento in cui ognuno di voi – bene intenzionato – cerca di arrivare alla profondità del proprio essere per mettere in moto quel «conosci te stesso» che governa in via generale l’evoluzione degli individui, ecco – dicevo – che il modo migliore è quello di cercare ogni volta che vi ponete la domanda non soltanto di andare verso la risoluzione, la risposta alla domanda che vi ponete ma, ancor prima, di comprendere qual è l’intenzione con cui quella domanda ve la state ponendo. In quel modo, anche se la vostra domanda in seguito non avrà la risposta che voi aspettavate o addirittura non avrà alcuna risposta, tuttavia, quel vostro perché avrà espletato la sua funzione perché vi avrà indirizzato a raggiungere qualche cosa di voi stessi che non eravate riusciti a mettere a fuoco; e se quel qualcosa, quella vostra intenzione che potreste riuscire a scoprire è un’intenzione altruistica, bene, siate felici per voi stessi; ma se per caso, come molto più spesso accade, arrivaste a scoprire che la vostra curiosità è mossa dal desiderio di comprendere qualcosa degli altri per avere potere su di loro, è mossa dal bisogno di sentirsi superiore agli altri smascherando magari l’altrui meschinità per coprire la propria, ebbene, non vi abbattete, figli, rendetevi conto che se scoprite che è così vuol dire che siete giunti al punto in cui potete modificare questa vostra non comprensione, e partite da quel punto non per accumulare le azioni negative ma per immergervi ancora un pochino di più in voi stessi e riuscire a cambiare l’impronta del vostro «perché».
Dalla favola che avete letto (1 ) e commentato vi era qualcos’altro da poter estrapolare. Non vi siete chiesti, forse, se Krsna, nella favola, può essere definito curioso; se era davvero curioso o se la sua (curiosità) era soltanto uno strumento per attirare l’attenzione del «deva preferito». Voi avete accorciato la strada dicendo che senza dubbio Krsna stava dando una lezione al deva per riportare la sua attenzione su ciò che è importante e ciò che non è importante. Potrebbe essere così, senza dubbio, ma siccome siamo – nella discussione delle favole – nell’ambito del «potrebbe» e non dell’«è», vi è forse un’altra piccola cosa da considerare. Vedete, noi vi abbiamo spiegato che Krsna è un aspetto dell’Assoluto e voi, come bravi discepoli, avete sempre ripetuto questa piccola frase – fatta senza ben chiarirvi che cosa significhi essere «un aspetto» dell’Assoluto.
Voi sapete che, per la creazione della Realtà, l’Assoluto nel muovere la Sua volontà, la Sua vibrazione verso i piani inferiori e creare così l’esistente, un po’ alla volta si scinde, prima in due, poi si moltiplica, si moltiplica e si moltiplica fino a dare l’enorme varietà di forme che voi conoscete come «realtà fisica». Ora, Krsna appartiene – come aspetto della divinità – a una delle prime scissioni (virtuali, naturalmente), ad uno dei primi frazionamenti virtuali dell’Assoluto nel protendersi verso la creazione della Realtà; e nel momento stesso in cui quest’aspetto di Dio diventa una Sua parte che, in qualche modo, si scinde assieme alle altre parti, senza dubbio non è più completamente consapevole, al 100%, di essere ancora l’Assoluto.
Ecco, quindi, che esiste in questa parte, anche nella manifestazione divina, la tendenza a ricongiungersi con l’Assoluto, la tendenza a ritornare alla completezza dell’Assoluto e, quindi, la curiosità di arrivare a scoprire quei punti di contatto che lo renderanno pienamente, totalmente, consapevole di essere tutt’uno con Esso, come magari sta sospettando di essere.
Ecco, quindi, che in quest’ottica, nell’ottica di qualsiasi frazionamento diverso e minore del Tutto, forse può essere accettabile l’idea di un Krsna veramente incuriosito dall’assoluta e meravigliosa perfezione di quella piccola pallina di capra; tant’è vero che ne loda la meraviglia e afferma di non riuscire a comprendere quale fantasia l’Assoluto abbia potuto mettere in moto per creare anche una cosa così piccola eppure, nel suo piccolo, così essenziale e perfetta all’interno della realtà che sta osservando. Moti

1- Si fa riferimento alla “Favola della pallina di capra”che riportiamo per facilitare la comprensione del messaggio:
Il deva preferito di Krsna stava guardando il suo Signore seduto in mezzo a un prato che faceva rotolare tra le dita qualche cosa. Il sole tramontò e, ancora, Krsna stava facendo rotolare quel qualcosa di così piccolo che il suo deva non riusciva a vedere, e continuò a osservarlo attentamente, mentre il sole ancora sorgeva, e sempre Krsna non si toglieva da quella posizione. Alla fine, senza riuscire più a trattenersi dalla curiosità, si avvicinò e gli disse: «Cosa stai facendo, mio Signore? Cos’è che tieni tra le dita?»
«Come, mio caro, non vedi cos’è che ho tra le dita? E’ una pallina di capra»
«Una pallina di capra! Per due giorni, vuoi dire, mio Signore, che Tu hai giocato e guardato questa pallina di capra?»
«Sì, mio caro, e per quanto io l’abbia guardata intensamente e in tutte le posizioni non sono riuscito a comprendere quale atto di fantasia ha messo in moto il Creatore per creare una cosa così bella!» (Ananda)

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima, pag. 100-104, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior