La resistenza dell’identità al nuovo

Da Francesca: “A volte, mi sembra, si ha paura che il “distacco” corrisponda ad una assenza di coinvolgimento. Forse perché l’idea di coinvolgimento che abbiamo è rivolta ad alimentare l’emotività nella quale ci identifichiamo?”
E’ così. La mente/identità, basandosi sugli strumenti interpretativi di cui dispone, considera vita soddisfacente e gratificante quella che contiene un certo tasso di cognizione, di emozione, di sensazione, di azione.

continua..

Quello che insegniamo qui

Non tanto a vivere spiragli di libertà, quanto a costruire le fondamenta della libertà.
Che cos’è la libertà? Vivere senza il condizionamento dell’identità, potendo sperimentarla quale semplice espressione della coscienza.

continua..

Tutto può essere perduto

Ogni interpretazione di sé, dell’altro, della vita, viene scalzata da una interpretazione più sofisticata: non esiste l’interpretazione autentica, l’identità originale, esistono processi mutevoli, spesso, quasi sempre, aleatori. Istantanee di noi che ci piace appendere allo sportello del frigorifero. Patacche da appuntarsi al petto.
Quando non c’è più interpretazione che cosa diventiamo noi, l’altro, la vita?

continua..

Ciascuno vive niente altro che la vita che può vivere

Dice Anna: “Conosco persone che si lasciano condurre solo dal senso del dovere, almeno, così dicono e, in effetti, pare proprio questo che trasmettono. E’ possibile che sia realmente così?”
Quale aspetto, livello di consapevolezza, genera il senso del dovere?
L’identità, con il suo programma morale, e la coscienza.
Come si manifesta il senso del dovere? Faccio una determinata cosa, anche una determinata vita, non perché l’ho scelta, ma perché le circostanze, che non riesco o non voglio cambiare, mi inducono a farla.

continua..

Essere quel che si è

Che cosa siamo? Coscienza, gradi diversi di sentire di coscienza: dal più limitato al più vasto.
Il più limitato è ancorato a dinamiche egoiche, il più vasto si apre all’esperienza dell’amore.
Ogni grado di sentire si modifica attraverso le esperienze, nessuno nasce con un certo sentire e muore con lo stesso sentire: consapevole o inconsapevole, ognuno vive la trasformazione del proprio sentire e questo non può che ampliarsi, non regredire.

continua..

La fine della ricerca non è la fine dell’imparare

Disteso sul prato guardo il cielo tra i rami pieni di germogli di un’acacia. Giorni fa, parlavo con una persona che mi raccontava della sua formazione e di come, ad un certo punto, fossero in lei morte le domande.
Ho parlato anch’io, più volte, della fine di quella spinta interiore che ci porta a cercare e a porre domande, a sé e agli altri.

continua..

Il presente e la sua interpretazione

Non poco di ciò che pubblichiamo ha carattere filosofico e riguarda la natura della persona, della realtà, dell’Assoluto.
Pubblichiamo l’orizzonte nell’impossibilità di parlare del singolo passo: come poter raccontare del gesto del lavarsi i piedi e riporre l’asciugamano che canta l’essere nell’assenza di sé?
E che senso avrebbe parlare dei passi senza riflettere su ciò da cui sorgono e ciò che generano?

continua..

La vita è il dispiegarsi della consapevolezza dell’Assoluto

Questo post, non semplice, prende le mosse da uno stimolo di Matteo relativo all’articolo del 18.1:
Allora, seguendo sempre Zenone e parafrasandolo, finché si parla di cogliere l’essere nel presente, nell’istante, nel singolo fatto, ciò è possibile. Ma se poi si vuole trovare la consistenza del divenire, dell’essere del divenire, allora questo sembrerebbe impossibile (sempre logicamente parlando). Esiste un modo, con le parole, per superare questa impasse della razionalità e spiegare più chiaramente “il divenire è l’essere”?

continua..